La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

sabato 17 gennaio 2009

Con Stockausen nell' alto dei cieli

17/1/2009 (8:38) - MUSICA E SCIENZA


Con Stockhausen nell'alto dei cieli

Karlheinz Stockhausen, musicista e scienziato

In scena “Helicopter Quartet” il capolavoro nato da un sogno
PIERGIORGIO ODIFREDDI
Domani, nell'ambito del Festival delle Scienze, all'Auditorium di Roma va in scena per la prima volta in Italia Helicopter Quartet, il capolavoro «cosmico» di Stockhausen: 4 elicotteri, con a bordo i solisti del Quartetto Arditti, voleranno sopra la città: il commento a terra è del matematico Piergiorgio Odifreddi, di cui pubblichiamo uno scritto su Stockhausen.Era l'autunno del 2004, e la Regione Emilia Romagna aveva organizzato una Settimana Stockhausen in onore del compositore tedesco, con sei concerti e tre incontri pubblici distribuiti in tre città. La piovosa sera del 9 novembre, inzuppato d'acqua, entrai nel Comunale di Modena ancora deserto, per incontrare prima dello spettacolo quel mostro sacro della musica contemporanea, tanto famoso da essere finito tra le celebrità canonizzate dai Beatles sulla copertina del mitico album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Poco dopo arrivò pure Karlheinz Stockhausen, bagnato come me, e mentre andavamo verso il suo camerino scivolò e diede una bella testata contro il muro. A me venne in mente un episodio che mi aveva raccontato Gianni Vattimo, di quand'era andato a trovare Martin Heidegger e questi era rotolato giù per le scale. Entrambi (noi) avremmo potuto passare alla storia come testimoni oculari della morte di un grand'uomo, ma invano: entrambi (loro) erano sopravvissuti, anche se Heidegger si era ripreso subito come se niente fosse, mentre Stockhausen era invece rimasto stordito e piuttosto nervoso per un po'. Man mano che gli passava, però, si riprendeva e mi raccontava della sua musica. I primi esperimenti di composizione elettronica, ad esempio, in cui elaborazioni teoriche quali la suddivisione equabile dell'ottava in cinque parti (matematicamente corrispondente alla radice quinta di due) si mescolavano a manipolazioni pratiche quali tagliare il nastro registrato e collegarne gli estremi in un loop da far passare nel riverberatore. E io ero lì proprio per sentire di questi aspetti da un musicista che, avendo anche studiato informatica, sapeva aggiungere alle ricette musicali ingredienti scientifici quali la successione di Fibonacci, le catene di Markov o le produzioni delle grammatiche di Chomsky. Alla fine il discorso era inevitabilmente caduto sulla sua grande opera Luce. I sette giorni della settimana, che aveva iniziata nel 1977 e terminata da poco, dopo 26 anni di lavoro: un'eptalogia della durata complessiva di 29 ore, che surclassa la tetralogia di Wagner e ambisce ad essere una composizione multisensoriale. Ad esempio, a ciascuno dei sette giorni a cui è dedicata ciascuna delle opere è associata una fragranza, e in una scena della Domenica ciascuno dei solisti diffonde durante un assolo o un duetto il profumo della giornata, associato a un paese (il cuchulainn celtico, il kyphi egiziano, il mastix greco, la rosa mistica italo-tedesca, il tate yunanaka messicano, il legno di Ud indiano, e l'incenso africano). Secondo i sottotitoli originari, che danno solo una vaga idea della struttura di un ciclo che comprende ben 80 scene, Lunedì è il giorno di Eva, della donna e della nascita, Martedì della guerra tra Michele e Lucifero, Mercoledì della cooperazione tra Lucifero, Eva e Michele, Giovedì del solo Michele, Venerdì della tentazione di Eva da parte di Lucifero, Sabato di Lucifero e della morte e Domenica dell'unione mistica di Eva e Michele. Luce ruota attorno a tre personaggi archetipici (Eva, Michele e Lucifero), che dominano tre delle opere, mentre in altre tre appaiono a coppie e in una tutti insieme: essi sono associati a tre strumenti (clarinetto tenore, tromba e trombone) e tre melodie, continuamente riproposte e trasformate. La complessa combinazione di testi, canti, danze, suoni, colori e odori è concepita in modo da permettere allo spettatore di apprezzare le tre melodie in maniera via via più sofisticata ed elevata, in una costruzione che per esplicita ammissione del compositore si avvicina più alla tradizione rituale della musica orientale che a quella concertistica occidentale. Mentre Stockhausen mi raccontava queste cose dietro le quinte, il pubblico affluì lentamente nel teatro e al momento opportuno fu chiamato in sala non dall'usuale campanello che annuncia l’inizio del concerto, bensì dall'apposita composizione Chiamata da Luce del 1995. Quella sera il concerto diede un assaggio di scene tratte da Venerdì e Domenica, compresa la Rosa mistica che prevede il dispiegamento della relativa fragranza, e Stockhausen armeggiò personalmente al mixer per realizzare la proiezione dei suoni in base alle e spazializzazioni che aveva deciso, che nel ciclo arrivano fino all'ottofonia del suono che giunge dagli angoli della sala da concerto. Alla fine salì sul palcoscenico per gli applausi, fisicamente imponente e vagamente reminiscente di Dario Fo, e mentre lo osservavo ormai mescolato alla folla sentivo che probabilmente non avrei più avuto occasione di averci a che fare da vicino. Morì quasi esattamente tre anni dopo, e a tutt'oggi il ciclo di Luce non è ancora mai stato eseguito integralmente. Nonostante il proliferare di situazioni immaginifiche, dalla sovrapposizione temporale della Tentazione del Venerdì allo sdoppiamento spaziale dei Matrimoni della Domenica, il suo pezzo più singolare è sicuramente il Quartetto d'archi per elicotteri del Mercoledì. Per tutta la vita Stockhausen ha avuto il sogno ricorrente di volare e una notte, dopo aver ricevuto la commissione di un quartetto, sognò appunto quattro elicotteri trasparenti, che trasportavano quattro musicisti che lui poteva vedere e udire. Sentendo che «qualcosa gli era stato comunicato», decise di realizzare il sogno, in una composizione suonata da quattro musicisti in volo su quattro elicotteri, equipaggiati di tre microfoni e una telecamera che riprendono la musica e le immagini e trasmettono il tutto a quattro altoparlanti e quattro schermi nell'Auditorium . Il rumore degli elicotteri diventa parte integrante della composizione, e le pale costituiscono i giganteschi metronomi che battono il tempo di questo singolare concerto. Prima dell'esecuzione il primo violino saluta il pubblico e si avvia al suo elicottero come un'astronauta che si avvia a un viaggio spaziale (non a caso, il quartetto è dedicato «a tutti gli astronauti»), mentre gli altri tre componenti del quartetto lo aspettano già posizionati sui loro. La formazione si alza simultaneamente, e per una ventina di minuti (più precisamente, 21' e 37,8'') i quattro eseguono la partitura, che è già essa stessa un'opera d'arte e rappresenta le quattro voci del quartetto con quattro linee colorate (in rosso, blu, verde e arancio). I musicisti sono coordinati da un segnale trasmesso tramite un auricolare, ma immagino che saranno spiritualmente diretti da Stockhausen stesso, che credeva a queste cose e nel nostro colloquio affermò testualmente che «noi siamo degli spiriti». Dimenticavo. Il compositore ha previsto che il quartetto sia preceduto dall'introduzione di un «moderatore ad libitum», che prima che i musicisti prendano il volo «spieghi cosa succede». E così, a quattro anni da quella sera piovosa in cui ho avuto la fortuna di poterlo ascoltare, eccomi qua a parlare di lui e del suo Quartetto d'archi per elicotteri, eseguito in prima mondiale ad Amsterdam il 26 giugno 1995 dallo stesso Quartetto Arditti che lo eseguirà domani in prima italiana. E, per introdurvelo, vi chiederei di permettermi di iniziare da un ricordo personale che mi accomuna a Stockhausen: «Era l'autunno del 2004 ...»

2 commenti:

  1. Grazie anche a te. Scusa se rispondo solo mora, ma tutto il giorno sono stato in una tenuta agricoladove non navevo pc.
    Vale

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.