Cammino con i cani, Susi, come al solito libera, e Pepe al guinzaglio. L’ anima delle cose mi da’ un’interminabile freschezza.
Sono in via della Pineta, ho appena lasciato alle mie spalle lo stadio Amsicora.
Vado verso via Scano.
Cammino nella parte sinistra della strada. Sono diretto la’ dove trionfa l’ azzurro.
Conosco il percorso. Tante volte ho fatto quella strada. Ogni palazzo, case popolari, finestra, donne che stendevano i panni, pensionati affacciati ad osservare le macchine, i pedoni che vi passavano, le persone ferme ad aspettare il bus, i negozi, gli uffici dei consulenti finanziari, non c’ era niente che fosse sfuggito al mio interesse. Riconoscevo a distanza il rombo dei motori, il battere del gommista sulle ruote da controllare, il canto degli uccellini in gabbia, l’ abbaiare dei cani al mio passaggio, specie quando ero accompagnato dai miei, il profumo della pescheria, gli aromi della rosticceria. Tutto mi era familiare.
Anche nella notte piu’ profonda li indovinavo.
Oggi non e’ cosi’.
Tutto e’ corrotto, come le acque stregate. Nella via e’ tenebra, morte.
Il ricordo e’ miseria, a goccia a goccia di rubinetto che perde, a foglia a foglia che cadono nell’ autunno dai rami, si spegne come si spegne lo sguardo di chi abbandona la vita.
La memoria, come puro giglio, e’ recisa da un fatale destino.
Tutto e’ in falso blu notturno.
Il percorso e’ accidentato, l’ asfalto non esiste piu’. Al suo posto fossi, scavi come di trincea, acquitrini per le recenti piogge, fango dappertutto, catrame fuso, pezzi di marciapiede e poi scatole, scatoloni. Davanti ho fantocci, spettri, vermi.
Un silenzio misterioso sale per l’ aria e avvolge le mie speranze, le mie illusioni. Si fa pauroso.
Cammino con difficolta’. Inciampo. Non cado. Resto in piedi. Mi sporco le scarpe, i pantaloni con il fango. Metto i piedi in una pozza di catrame disciolto. Riesco a liberarmi, ma le mie condizioni sono disastrose, le scarpe sono incrostate di bitume, cosi’ pure i pantaloni.
Cammino come in un parco desolato.
Vivo l’ atroce amarezza di non godere nulla, di non sapere dove dirigere i miei passi, mentre mi sento avvolgere da un povero schifo. L’ uragano agita il mio cuore, i miei pensieri.
Ho paura di andare verso la morte. Soffro per le ombre che mi avvolgono. Ignoro dove vado e da dove vengo. Mi sembra di andare verso la tomba che mi attende coi suoi funebri fiori.
Cerco Susi, che si era allontanata e la vedo dall’ altra parte della strada, dove tutto e’ a posto. Il marciapiede e’ ben piastrellato, non ci sono buche, l’ asfalto e’ ben steso, la carreggiata e’ liscia e i pedoni e le auto camminano spediti senza problemi.
L’ azzurro del cielo e’ intenso.
Nelle persone c’ e’ allegria nei gesti. Mi chiamano.
Dopo il lungo faticoso cammino fatto, una musica di tromba, festante, m’invita ad andare da quella parte.
Un rullo di tamburo, suonato da un bambino a bordo di un’auto, al centro del distributore di benzina, mi porta la’ dove ci sono i giardini, la musica, le parole, la serenita’ riflessa del mondo.
La mente si risveglia. Gli occhi della memoria hanno un nuovo orizzonte, tutto raggiante e puro.
Il giorno e’ di nuovo. E’ di piu’
Mi dico. Che scemo! Perche’ non ho seguito Susi.
Attraverso la strada, raggiungo la parte buona della via.
Faccio un segno alla cagnetta.
Viene.
L’ abbraccio, mi commuovo.
Che importa. Mi commuovo. Mi commuovo.Ora cammino spedito, senza problemi. Mentre avanzo con Susi al fianco e Pepe al guinzaglio il catrame, il fango si staccano dalle scarpe dai pantaloni.
Ritorno pulito, come non mi fossi mai sporcato.
E’ come mi fossi cambiato d’ abito e di pianeta.
La compagnia della gente mi rinfranca. Il mondo cresce intorno.
Le difficolta’ non esistono piu’. Sono un ricordo lontano. Non sono mai esistite.
Sono passato attraverso al duro della vita e il mio cuore ricorda.
L’ aria si muove, si alza verso il cielo, in un dorato azzurro.
Il leggero vento che muove l’ aria mi fa fiutare di nuovo il passato, il mio mondo.
Sollevo di nuovo la testa.
Procedo, senza sforzo, dolcemente, nel cammino.
Mi sveglio e apro gli occhi.
E’ l’ ora in cui si accende il sole.
I suoi raggi cadono sul letto. Mi baciano. Mi riscaldano.
Mi alzo.
Esco in giardino a godere il sole. Ascolto la melodia del giorno, il canto degli uccelli.
Il cuore e l’ anima splendono.
La vita vibra, irrompe grande e dolce, inebria la mia anima, il mio cuore.
Felice in mezzo alla festa.
Mi piacciono molto i tuoi ultimi post. Racconti? Non saprei come definirli...a volte mi spiazzano...
RispondiEliminaFelice e radiosa domenica.
(Chissà dovre l'avrò letto!)
Sere i miei post, racconti, sogni li definirei semplicemente ''Corsa verso la libertà''.
RispondiEliminaFelice e radiosa domenica
Vale
Ciao Pier L.Z, passo per augurarti una felice domenica, grazie per le belle "corse verso la libertà" che ci regali;)
RispondiEliminaRoberta
Roberta felice e radiosa domenica anche a te.
RispondiEliminaVale