lunedì 6 aprile 2009

Terremoto, ricordo di un cronista

Avevano passato indenni quasi un secolo. Lui, Francesco Ricci, era sopravvissuto a due guerre e non ne aveva voluto sapere di lasciare Collecurti quel grappolo di case sull'Appennino umbro - marchigiano dove era nato 84 anni fa e dove, ancora bambino, aveva conosciuto la sua futura moglie. Lei, Marietta Innocenzi, era una contadina piccola e ancora in forze nonostante gli 86 anni. Era lei a tirare avanti la carretta: si occupava del marito invalido, lo prendeva sotto braccio per fargli fare la "passeggiatina", non lo perdeva di vista un attimo. Sempre insieme, Francesco e Marietta, 170 anni in due e un amore ancora vivissimo. E insieme, abbracciati come fidanzatini, sono morti alle 2.33 dell'altra notte. I primi soccorritori, amici e parenti della minuscola frazione montana spazzata via dal terremoto, hanno scavato fino all'alba tra le macerie della vecchia casa a due piani. "Eccoli", ha gridato qualcuno.
Questo il mio primo ricordo di cronista che il 26 settembre 1997, quando ero uno dei responsabili della redazione Ansa delle Marche, ha vissuto il suo primo e unico terremoto.

Ore 2.33 di venerdì 26 settembre 1997 prima scossa di terremoto, a cui ne seguono altre due, alle 11.40 e alle 11.46. Siamo intorno al nono grado della scala Mercalli. In seguito, un susseguirsi di scosse farà parlare di sciame sismico e continuerà ad insistere sulla dorsale appenninica tra Marche e Umbria. Undici morti, 22mila sfollati e danni ingenti al patrimonio artistico umbro-marchigiano a cominciare dal crollo della Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, in cui morirono due esponenti della soprintendenza e due frati francescani rimasti schiacciati dalle macerie proprio mentre verificavano i danni di una delle scosse precedenti.

Abitavo a Torrette, in una casa colonica, alla periferia di Ancona.
E’ piena notte. Improvvisamente mi sveglio.
A svegliarmi e’ un cupo rumore sotterraneo. Dura una decina di secondi. Non capisco, forse perche’ provenivo dalla Sardegna, regione non a rischio sismico.
La prima cosa che noto e’ che Susy, la mia cagnetta, che dormiva su un tappeto davanti al letto, si e’ rincantucciata nell’ anticamera, sul pianerottolo delle scale che collegano la zona giorno con la zona notte della casa.
Mi alzo.
Squilla il telefono.
Sono i Carabinieri della Regione Marche.
Il centralinista mi avverte che una scossa di terremoto ha raso al suolo Collecurti, in provincia di Macerata.
Mi vesto e corro in redazione. Ci siamo tutti.
Collecurti, il paese non c'e' piu' Come un bombardamento: un mare di macerie copre tutto.
Fino a ieri era un puntino nella carta geografica delle Marche. Adesso non c'e' piu'. Collecurti, frazione di Serravalle di Chienti, 870 metri sul livello del mare, provincia di Macerata, non e' piu' un borgo ridente e tranquillo; ma un mare di calcinacci polverosi che nasconde vuoi i risparmi di una vita, vuoi i ricordi di tanti anni passati insieme, vuoi ancora la vita di Francesco e Maria, sorpresi nella notte dal sisma crudele e improvviso.
Squilla ancora il mio cellulare.
Questa volta e’ il mio fraterno amico Emanuele Fiorilli, inviato del TG3, oggi corrispondente della Rai da Madrid, che mi chiede informazioni come arrivare a Collecurti.

I miei colleghi, inviati sul posto e i nostri corrispondenti di zona, mi raccontano, con i loro pezzi, dettati al volo, che tutto e’ successo in una frazione di secondo, il paese dormiva, non aveva la possibilita' di mettersi al riparo e di difendersi. Raccontano di persone che hanno ancora nello sguardo il terrore , di persone con disperazione ha cercato di farsi largo tra le macerie, cercando la mamma.
Sono i colori a portare i giornalisti dentro il ventre del sisma. Il Rosso, dei camion dei vigili del fuoco. L'Arancione delle ambulanze. L'Azzurro delle auto della polizia. E il Bianco delle roulotte.
La redazione di Ansa Marche, in Ancona, e’ in fibrillazione. Tutti siamo impegnati a trasmettere le notizie che ci arrivano a getto continuo dagli inviati e corrispondenti, i quali ci dicono che c'e' il sole a stemperare il gelo che si e' impadronito dei cuori, la notte.
Alle 11:40 si sente un prolungato boato sotterraneo. In redazione le finestre e i lampadari si muovono. Dalla mia stanza vedo il porto di Ancona tremare.
E’ una frazione di secondo. Terribile .
E’ la scossa che fa crollare la Basilica di Assisi.
La seconda potentissima scossa (nono grado della Mercalli) squassato Umbria e Marche proprio mentre decine di persone stavano ispezionando la basilica di San Francesco per visionare i danni. Sono crollate due volte: quattro persone, due frati e due funzionari della Soprintendenza, sono morte sotto le macerie. Distrutti gli affreschi di Cimabue e alcuni di Giotto.
Da quel momento l’ attenzione dei media nazionali e internazionali punta i riflettori su Assisi.
Stamane ho rivissuto quei momenti.
In Abruzzo ho molti amici (tutti salvi), tra l’ altro mi sono laureato in Sociologia nell’ Universita’ ‘’Gabriele D’ Annunzio’’ di Chieti-Pescara.
La storia si ripete.
Guardo le immagini in TV, ascolto i resoconti dei colleghi della Rai.
Le immagini raccontano di rioni, di borghi svuotati, di strade invase da mattoni e calcinacci. Gli intervistati affermano di avere visto l’ inferno. In tutti ci sono lacrime, rabbia e senso di impotenza.
Allora come oggi.
Con questo mio ricordo voglio portare la mia solidarieta’ agli abruzzesi cosi’ duramente colpiti in affetti e cose.

6 commenti:

  1. Ho dedicato un post su scientificando all'immane tragedia e linkato questo post.

    Vale
    annarita

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  2. Sorellina grazie

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  3. pensate, da quanto era forte l'ho avvertito anche io ieri notte....abito in toscana confine con l'umbria dall'altram parte della dorsale appenninica...
    preghiamo per quella povera gente ..
    lo so, le preghiere non bastano...

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  4. Le preghiere per chi ha fede sono un buon balsamo.
    Vale

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