Padiglione Rom alla Biennale, pregiudizi addio
«In democrazia ogni cittadino è considerato innocente finché la giustizia non abbia provato la sua colpevolezza. I Rom, invece, sono condannati sin dalla nascita per ciò che sono, non per ciò che hanno commesso. Sono vittime della propria condizione, del pregiudizio e dello stereotipo che li raffigura». E’ quanto ha detto ieri a Venezia Robert Palmer, direttore del patrimonio artistico e naturale del Consiglio d’Europa, inaugurando il padiglione d’arte Rom Call the witness, nato per iniziativa dell’Unesco, alla Palazzina Zorzi, come evento collaterale della 54/ma Biennale. Da tempo il problema della integrazione di questa etnia è un nodo da sciogliere e un tema cruciale per l’istituzione di Strasburgo. «Questi 15 milioni di cittadini, per di più europei, molti dei quali senza neppure documenti, non godono di alcun diritto civile: dalla sanità all’istruzione, dall’assistenza agli ammortizzatori sociali», ha aggiunto poi. Il suo intervento, nel corso di una tavola rotonda, ha concluso i tre giorni di testimonianze di artisti, intellettuali e uomini politici sulla condizione dei Rom «che pesa sulla coscienza di tutti noi in Europa». Sedici i «creativi» invitati e molte le testimonianze, fra cui anche quella dello scrittore Salman Rushdie. Da oggi, fino alla fine di ottobre, ci sarà anche la mostra delle artigiane Rom: vivono in Alsazia e hanno realizzato uno speciale arazzo a mosaico.
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