lunedì 10 ottobre 2011

Il destino segreto delle sorelle di Freud dimenticate a Vienna

Repubblica 9.10.11
Goce Smilevski fa una finta autobiografia tratta da una storia rimossa La protagonista è Adolfine che ripercorre la sua vicenda dal lager
Il destino segreto delle sorelle di Freud dimenticate a Vienna
di Leonetta Bentivoglio


Rosa, Marie, Adolfine e Pauline furono le sorelle immolate al nazismo da Sigmund Freud. Le condannò per ignavia, trascuratezza, egoismo o per chissà quali segreti rancori familiari. Soltanto Anna, la maggiore, evitò i lager, emigrando in America nel 1889. Le altre quattro perirono in modo tragico e umiliante, in campo di concentramento, tra il 1942 e il 1943, mentre il loro celebre fratello si era spento nella quiete della sua bella casa inglese nel 1939, un mese dopo l´inizio della guerra. Semplicemente Sigmund aveva deciso di abbandonarle alla sventura. Già molto infragilito dal cancro, lo scienziato, dopo l´Anschluss, aveva ceduto alle pressioni della sua cerchia di devoti, che lo spingevano a lasciare l´Austria. In principio aveva fatto resistenza, sentendosi troppo debole e anziano per andarsene da Vienna; poi convenne che era la cosa giusta. Per un personaggio tanto noto internazionalmente, non fu difficile trovare, in un paese come l´Inghilterra, la disposizione ad accoglierlo, e affinché i nazisti gli consentissero di partire vennero sollecitate molte prestigiose intercessioni, tra cui quella di Roosevelt. Ci fu tra l´altro il benevolo intervento di Mussolini, grande ammiratore di Freud. Quest´ultimo riuscì a salvaguardare la fetta più sostanziosa del suo patrimonio, incluse le amate collezioni di antiche statuette, che approdarono intatte a Londra, e si permise l´acquisto di Maresfeld Garden, l´abitazione oggi divenuta un museo, che in suo onore guadagnò un accessorio prezioso come l´ascensore. L´aspetto incredibile di questa storia è che, lasciando Vienna, Freud aveva avuto la possibilità di portare con sé i propri cari, e nell´elenco che stilò per l´occasione figuravano la moglie, i figli, la cognata, le due assistenti, il medico personale con famiglia al seguito e persino il cane. Ma non le quattro povere sorelle.
Pur nel continuo proliferare di omaggi ad un eroe che non passa mai di moda (l´ultimo è il film, fastidiosamente iconografico, A Dangerous Method, di David Cronenberg, dedicato al suo incontro-scontro con Jung), è mancata sempre un´indagine seria riguardo alle cause di quest´inspiegabile episodio, sul quale le biografie tendono a sorvolare. Il principale agiografo del fondatore della psicoanalisi, Ernest Jones, scrisse, a proposito dell´orrenda fine delle quattro donne: «Freud, per fortuna, non avrebbe mai saputo nulla di ciò che sarebbe accaduto loro». D´altra parte Sigmund, commentava con ipocrisia lo stesso Jones, «non aveva alcun motivo di preoccuparsi delle sorelle, visto che all´epoca del suo trasferimento a Londra la persecuzione degli ebrei era appena cominciata».
Il giovane scrittore macedone Goce Smilevski (è nato nel 1975) si è ispirato a questa strana e rimossa vicenda per un romanzo di evidente asprezza, votato all´esplorazione della sorte di Adolfine. È alla sua voce che si affida l´intero racconto, plasmato come una finta autobiografia, e oscillante tra verità documentate e liberissime invenzioni. Pubblicato nel 2007, La sorella di Freud è stato subito un successo, e nel 2010 un suo estratto è apparso nell´antologia "Best European Fiction 2010", con un´introduzione di Zadie Smith. L´hanno comprato vari paesi, tra cui Inghilterra, Francia, Spagna e Stati Uniti, e ora sta per uscire in Italia per Guanda.
Nel lager di Terezin, dov´è rinchiusa in un assoluto stato d´infelicità e rimpianti, e dove si prepara con stoicismo alla morte (che sopraggiunge, nell´ultimo capitolo, come un tuffo finalmente lieve nell´oblio), Adolfine ripercorre la sua vita. Scorrono gli anni dell´infanzia, le tensioni all´interno della famiglia e lo speciale rapporto instaurato con Sigmund, poi sfociato in un allontanamento nell´adolescenza, quando tra loro si frappose un "qualcosa" che aveva molto a che vedere con la differenza di genere sessuale. C´è l´amore disperato di Adolfine per Rajner, un ragazzo malinconico fino al torpore e con tendenze autodistruttive, e l´ansia martellante di una maternità mai realizzata. C´è la lunga amicizia con Klara Klimt, sorella del pittore Gustav, protesa in modo agguerritissimo e totalizzante, fino al martirio o al fanatismo, verso l´obiettivo di un mondo diverso per le donne, più paritario e giusto. C´è soprattutto il legame di Adolfine con sua madre, presenza angosciosa e punitiva al massimo, vera fonte del dolore esistenziale della figlia, perché in ogni vita ci sono ferite che scompaiono e altre che restano, ed è questo, forse, il tema-cardine del libro: l´idea di un danno primario, da considerare come il più autentico. Gli altri, andando avanti, ci colpiscono per suo tramite, e ogni seguente sofferenza trova la sua forza fin tanto che gli si avvicina. Il dolore di Adolfine aveva un nome, quello della madre, siglato nella sua memoria più profonda, e intimamente connesso ai tormenti successivi, come sgorgati da un´unica radice.
La sorella di Freud non è un romanzo "d´ambiente". Sprazzi della Vienna di quel periodo affiorano nelle dissertazioni sulla sessualità, sull´ebraismo e sul nascente femminismo, così come negli accenni all´opera freudiana. Ma Freud e Vienna sono soltanto un´occasione per un viaggio lungo il male oscuro di una donna schiacciata da un destino di passività. Ce lo restituisce una scrittura ruvida, insidiosa, ossessiva. E sempre consapevolmente disattenta alle ripetizioni. Un po´ come nello stile di autori quali Saramago, che sembrano voler abbattere i più gentili criteri della forma per dimostrare che è importante la sostanza.

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