Equitalia e Entrate, c'è differenza
Vito Piepoli
Alberto Goffi ha scritto un libro interessante su Equitalia utile sopratutto per capire
la differenza con l’Agenzia delle Entrate. La prefazione è di
Antonio Lubrano. Si tratta di “E’ qui
l’Italia?” edito da Ananke. C’è un po’ in gioco una grande confusione da diradare sulla questione
dell’evasione fiscale, la cui lotta è
sacrosanta. Bene fa l’Agenzia delle Entrate ad essere sempre rigida, severa nel
controllare, con il grande contributo
della Guardia di F
inanza. Poi però vi sono delle storie
in cui si confondono e si mischiano un po’ le carte, quando entra in ballo la
famosa Equitalia. Ciò che genera la rabbia degli imprenditori veneti (vedi i
tanti suicidi) che è identica a quella di tutta Italia, non è solo il problema
di contare in banca, ma la mancanza di parità di trattamento tra lo stato ed il
cittadino. Perché è vero che i mancati pagamenti e i loro ritardi non
costituiscono un fatto nuovo, però c’è una novità inserita pochi mesi fa, dal
primo ottobre 2011, dal ministro Tremonti per cui - secondo l’autore - lo stato e le Asl si possono permettere di
pagare il cittadino dopo milleseicento giorni, però se quest’ultimo non paga
entro sessanta giorni le tasse, le sanzioni che gli vengono applicate vanno dal
40 al 120 per cento. E al 91° giorno ha l’ipoteca sulla casa , non può
usufruire dei mutui dalle banche, non può più utilizzare l’auto perché su
questa ha il fermo amministrativo e al 180° giorno la sua azienda ha chiuso e
diventa un fallito nella vita. L’Italia non ha ancora recepito la normativa europea
sul ritardo dei pagamenti, per cui quando si presentano le difficoltà l’imprenditore
per non licenziare i dipendenti fa dei debiti verso l’erario. Questi poi
raddoppiano e triplicano e anche se viene proposta una rateizzazione la cifra
mensile rimane impossibile, per esempio su un debito da 2 milioni e mezzo viene
proposta una cifra da 51 mila euro al mese. Questa è una storia delle tante. Goffi,
l’avvocato che da anni combatte i soprusi del fisco, ha scritto un libro
raccogliendo storie analoghe. La gente può pensare che visto che questi soldi
erano dovuti, sono stati evasi , quindi si tratta di evasori. Ma non è così.
Questa è la grande confusione. Su questo punto sono settimane che si fa
confusione tanto più dopo il caso Cortina. Si confonde l’Agenzia delle Entrate
con Equitalia. Sono due cose completamente diverse. Forse perché il direttore è
lo stesso. Questo è l’unico collegamento che c’è tra i due enti oltre al fatto
che c’è una partecipazione dell’Agenzia delle Entrate in Equitalia .
Quest’ultima è una società di recupero crediti e non scova neanche per sbaglio
un evasore, non ha meriti per scovare gli evasori. Questi vengono ricercati e
trovati dall’Agenzia delle Entrate e
dalla Guardia di Finanza come è successo a Cortina. Equitalia oltre a non
scovarli non può nemmeno aggredirli perché l’evasore ha mezzi straordinari
quando viene beccato. L’evasore che c’era a Cortina che magari riceverà un
accertamento a casa di 500 mila euro, non aspetta l’arrivo di Equitalia, perché
ha la possibilità di rivolgersi all’Agenzia
delle Entrate ed avere uno sconto del 50 o 60 per cento. Quindi invece di
pagare 500 mila euro se ne esce pagandone magari solo 200 in comode rate.
Allora quali sono le vittime di Equitalia? Sono gli imprenditori che regolarmente dichiarano e poi al momento
di versare si trovano in difficoltà. A queste persone lo stato non concede né
il 5 per cento dello scudo fiscale né lo sconto che concede l’Agenzia delle Entrate,
non solo, ma aggiunge loro delle sanzioni e degli interessi, che vanno dal 40
al 120 per cento. È questo che crea le
tensioni. In Italia negli ultimi 50 anni non si ricordano atti di intimidazione
o violenza nei confronti dell’Agenzia delle Entrate o nei confronti della
Guardia di Finanza , con questo non si vuole giustificare nessun atto intimidatorio
nei confronti di Equitalia, ma i suoi vertici e la classe politica – secondo
l’autore - dovrebbero porsi il problema.
È successo anche a qualcuno che dopo aver messo su dal nulla una fabbrica con
suo padre, non facciamo nomi, forgiando blocchi d’acciaio per 24 anni per le
case automobilistiche d’Europa, si è ammalato. Cose che possono capitare a
tutti e dopo essersi ammalato nel 2006 non è riuscito a pagare 40 mila euro di
tasse. Oggi che il debito è finito nelle mani di Equitalia , dovrebbe versare
140 mila euro. Può succedere quindi che quello che sei riuscito a guadagnarti
in 30 anni di lavoro puoi perderlo in un solo giorno. Non è possibile che il
grande evasore, cioè colui che poteva pagare e non ha volutamente pagato, sia trattato con le stesse
condizioni, anzi meglio di colui che non ha potuto pagare, in molti casi, tra
l’altro, proprio perché non ha incassato dallo stato. Equitalia raccoglie 13 miliardi
l’anno ma con quali metodi? In sessanta giorni può bloccare conti correnti,
automobili e mettere ipoteche persino sulle prime case. C’è un problema quindi
sul metodo utilizzato da Equitalia. Quando si parla di evasione non si parla di
quell’imprenditore che per trent’anni è stato un ottimo contribuente e che ad
un certo punto si ammala di Sla. Uno stato civile, e dato che ci sono dei morti
suicidi in ballo bisogna parlarne con grande attenzione, dovrebbe mettere
questo imprenditore nelle condizioni di poter pagare il suo debito senza
lasciarci la pelle. Invece costui deve pagare delle sanzioni che vanno fino al
120 per cento. Ed altri pur non avendo una malattia invalidante sono sottoposti
allo stesso trattamento avendo come unica colpa quella di essere stati fornitori
dello stato, quella quindi di aver lavorato per lo stato. Ora come bella
ricompensa hanno quella di non essere pagati dallo stato che non solo non li
paga ma pretende da loro i pagamenti puntuali delle tasse imponendo in aggiunta
sanzioni ed interessi. I casi normalmente vittime di Equitalia sono sostanzialmente
tre: quando il lavoratore autonomo si ammala (tanto più se la malattia è
invalidante), quando lo stato o le Asl non l’hanno pagato, oppure quando vi
sono difficoltà per la crisi economica. Se uno aspetta dei soldi dallo stato la
compensazione debiti-crediti sembra una cosa assolutamente ragionevole, invece
non si attua. L’aspetto poi che più direttamente colpisce il paese sono gli
effetti collaterali che si stanno già manifestando dal punto di vista
finanziario e fiscale. Vi è la ripresa dell’uscita di capitali nei confronti di
quei paesi che hanno una elasticità finanziaria maggiore rispetto al nostro ed
un fisco meno aggressivo. Inoltre dai paesi confinanti, per esempio in Lombardia
dal Ticino, in Veneto dall’Austria o dalla Slovenia, vengono direttamente i
rappresentanti delle autorità produttive estere a bussare alla porta degli
imprenditori locali. Basta che questi si spostino di venti chilometri e ricevono
concordati fiscali, manodopera desindacalizzata e così via. Pertanto si può
pensare che nel medio e lungo termine il nostro paese subirà un danno devastante,
non solo di immagine ma anche in termini di minor gettito fiscale.
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