IL FATTO
«Scelte miopi, con la cultura si può uscire dalla crisi»
Il tema dei tagli si propone in modo drammatico anche in Sardegna e rivela, secondo Sacco, un problema di mentalità che in realtà è tutto italiano. «La cultura è classificata come un'attività voluttuaria che si svolge nel tempo libero», dice l’economista, «e questo dimostra non solo un atteggiamento miope, ma una mancanza di comprensione di come funzionano le cose in Europa oggi. Non si capisce che la cultura è un metasettore che a livello europeo fattura più dell'industria automobilistica, crea occupazione e produce nuova imprenditoria. A livello nazionale manca una strategia, e questo poi si traduce il più delle volte anche a livello regionale». Investire soldi nella cultura - «e non solo sull’intrattenimento effimero» - vuol dire «creare le condizioni per uscire dalla crisi», dice Sacco, «puntando ad esempio su settori come design e multimedialità. Alcuni dei settori in cui si possono porre le basi perché si faccia impresa e quindi si producano utili e si creino posti di lavoro. In Italia, malgrado tutto, l'industria culturale creativa funziona.Maquesti settori producono valore aggiunto senza strategia e in totale assenza di una politica nazionale».
Se poi diamo uno sguardo ai settori tradizionali, in generale cultura e produzione culturale hanno anche un impatto fortissimo sulla qualità della vita percepita. Su coesione sociale, innovazione, welfare. «Facciamo un esempio. La Sardegna ha un' età media piuttosto alta. È dimostrato che la partecipazione culturale riduce i costi di ospedalizzazione. Gli anziani che fanno vita culturale sideprimono meno e si ammalano meno. I tagli alla cultura diventano costi maggiori per il welfare », spiega. «Poi, l'accesso alla cultura è fondamentale per ridurre le problematiche della devianza giovanile e anche per orientare le persone che sono a rischio abbandono scolastico. La Giunta sarda dovrebbe essere più sensibile a questi temi». (Andrea Tramonte)
da Sardegna24
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