Da leggere: Betty Friedan, La mistica della femminilità
E'
stato finalmente ristampato un libro, da anni introvabile anche sulle
bancarelle dell'usato, fondamentale per capire chi siamo e da dove
veniamo. Ha quasi cinquantanni, ma se li porta davvero bene.
Sebben che siamo femmine. Il ritorno del saggio che ci liberò da Liala
Una
nuova edizione della "Mistica della femminilità" di Betty Friedan: ecco
perché nel 1964 fu rivoluzionario. Quella lettura spazzo via l'idea che
si dovesse entrare in un ruolo codificato.
Poi
all'improvviso piombò anche sulle italiane questa idea torva e
inquietante che la femminilità esemplare e totale, fatta di
sottomissione e inferiorità, massima e forse unica virtù anni '50 cui
aspiravano, già inconsapevolmente innervosite, le ragazze di allora, non
era che una gran fregatura, una punizione immeritata, un'invenzione
innaturale, una prigione odiosa, in cui si sarebbero spente, perse,
annullate. Era un'idea certo malvagia ma in qualche modo misteriosamente
attraente, soprattutto perché veniva dall'America, il grande paese
lontano che aveva vinto la guerra da noi persa, e che ci aveva subito
conquistato con aiuti materiali e sogni, quali le sue cucine (appunto
all'americana) e gli enormi frigoriferi che davano anche alla nostra
dissestata casalinghità un'attesa di futura eleganza.
All'inizio
degli anni '60, le italiane meno avvedute erano ancora intrise di
ammirazione per quelle vite leggiadre che da noi venivano raccontate
negli entusiasmanti romanzi di Liala, e che invadevano i film americani,
in cui signore mai troppo belle (tipo June Allyson) dalla ferrea
pettinatura, coi guantoni in tinta con il pavimento, estraevano dal
forno enormi tacchini, il grembiulino inamidato sulla gonna a corolla, e
i piccini! Massimo due, birichini ma simpatici: e poi Lui che tornava
col cappello in testa e la borsa da manager in mano, e lei gli andava
incontro beata porgendogli un martini (con oliva). Curiosa novità, gli
sposi eternamente felici dormivano non in uno ma in due lettini gemelli,
lussuosamente trapuntati, ognuno il suo! Alla ferale notizia che tutto
quel paradiso esotico della casalinga di lusso, era in realtà un
inferno, (cosa che le inquiete già sospettavano) le italiane ci rimasero
malissimo, soprattutto pensando a quanta naturale ipocrisia si era
impegnata per simulare quella maledetta femminilità codificata senza
chiedere il loro parere, e senza la quale non si era né donne né umane;
quante volte non si era riso, spudoratamente finte ingenue, quando i
ragazzi raccontavano barzellette, o non si era osato intervenire nei
loro discorsi per non sentirsi dare della saccente, o si erano lasciati a
casa gli occhiali rinunciando a vederci perché, come dicevano le
provvide mamme allenate più di noi alla costante menzogna, se no pensano
che leggi, e non è femminile. Accadde nel 1964, quando Le Edizioni di
Comunità pubblicarono La mistica della femminilità (ripubblicato adesso
da Castelvecchi con in più l'ultima introduzione dell'autrice) uscito
l'anno prima negli Stati Uniti (l'anno in cui se ne era andata Marilyn
Monroe, simbolo crudele della bellissima donna-giocattolo) con immenso
clamoree gloria immediata per la sua autrice, Betty Friedan; dunque era
vero, sbattersie arrancare al solo scopo di diventare una signora
sposata con chicchessia purché maschio possibilmente benestante, ed
entrare nel ruolo di perfetta massaia, era un progetto patibolare:
persino laggiù, negli USA dove si diceva che le donne fossero molto
emancipate. Avremmo dovuto saperlo, anzi lo sapevamo già, ma si era
tentato di far finta di niente.
Anche
se era già successo un ristretto, aristocratico finimondo nel 1961,
quando finalmente era stato tradotto in italiano Il secondo sesso, il
saggio sconvolgente di una signora, mitica in Francia, e da noi temuta
per l'invereconda vita erotica e appena tollerata, a dispetto del suo
eterno turbante, in quanto compagna del venerato filosofo Jean-Paul
Sartre. Il ponderoso, coltissimo studio, che sprofondava nel pozzo
inesauribile e sconosciuto dell'invenzione della donna e delle sue
ignorate pulsioni sessuali, era stato pubblicato da Gallimard nel 1949,
scandalizzando maschi intellettuali francesi e mandando in bestia
critici maschi mondiali, rifiutato da molti librai, infine messo
all'Indice dal Vaticano nel 1956. Ne aveva acquistatoi diritti Arnoldo
Mondadori, che lo aveva anche fatto tradurre, ma era una bomba che
andava disinnescata e il modo più semplice fu lasciarlo lì, a
impolverarsi, e dimenticarlo. Non lo dimenticò il figlio Alberto, che
fondando una sua casa editrice, Il Saggiatore, lo pubblicò 12 anni dopo,
(ed è stato ripubblicato più volte, l'ultima nel centenario della
nascita dell'autrice, con prefazione di Julia Kristeva e postfazione di
Liliana Rampello). In lingua originale, era già stato letto da quelle
italiane colte, impegnate politicamente nei partiti (PCI, PSI, DC) e
nelle organizzazioni femminili di massa, per le quali era ancora
difficile pensare a uno scontro di genere quando si era in piena lotta
di classe, fuse con gli ideali degli uomini al punto da non sentirsi
secondarie e di non vedere per sé oltre una sia pur faticata
emancipazione.
La
mistica della femminilità si adagiò da noi nell'anno del VII Congresso
nazionale dell'UDI, l'Unione Donne Italiane che avevano cominciato a
porre con determinazione "la questione femminile" e il saggio americano
fu subito accusato di ignorare le donne lavoratrici, le proletarie, le
nere: perché infatti reclamava la liberazione di una sola classe, quella
della donna borghese, apparentemente emancipata, in una società ricca o
comunque benestante, ancorata al matrimonio, alla casa, alla maternità,
alla dipendenza economica, al predominio sessuale degli uomini. Questa
limitazione, questa separazione tra donne, è il fulcro di The Help un
romanzo di Kathryn Stockett che è diventato un film di Tate Taylor,
arrivati anche da noi, che racconta nell'America ancora segregazionista
del 1963 (appunto l'anno della pubblicazione di The feminine mystique,
ma anche dell'assassinio di John Kennedy, del movimento peri diritti
civili, delle marce di Martin Luther King e dei linciaggi) di un gruppo
di giovani signore di Jackson, nel Mississipi, impegnate a non far
nulla, circondate da cameriere di colore trattate come schiave.
In
Europa Betty Friedan si rivelò meno ostica, meno impegnata, meno
pericolosa, meno temuta della de Beauvoir, così il suo saggio si diffuse
anche tra le donne lontane dall'impegno politico, ma comunque scontente
e logorate da ciò che era sembrata la meta più ambita, e che si
rivelava molto deludente; non per niente i romanzi per signore e i
racconti nelle riviste femminili di quegli anni finivano con le nozze, e
quel che succedeva dopo veniva del tutto ignorato. Quando la saggista
americana arrivò a Milano per una molto attesa conferenza, noi eravamo
già più scaltre: adoranti, certo, ma in molte con un lavoro che
consentiva di saggiare il mondo e noi stesse e di abbandonare per ore le
case al loro disordine. Malgrado le defezioni alla femminilità
codificata, ci si sentiva donne, se non proprio persone, dato che le
leggi non ci avevano ancora concesso la parità neppure in famiglia.
Certo la conferenza era sommamente entusiasmante, andava però per le
lunghe, e a un certo punto, dopo alcuni silenziosi sgattaiolii, la
maggior parte del pubblico femminile si alzò come un sol uomo. Si era
già in ritardo per preparare la cena!
(Da: La Repubblica)
Betty Friedan
La mistica della femminilità
Castelvecchi, 2012
22 euro
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