giovedì 2 maggio 2013
“Tornerò quando tornano le rose”, di Gianni Zanata
“Tornerò quando tornano le rose”.
Ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, magari non proprio ogni anno ma quasi ogni anno, in genere a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, a me viene in mente “Era de maggio“, la bellissima canzone basata sui versi di una poesia di Salvatore Di Giacomo.
Beh, è scontato, banale, lo so.
Sarebbe meno scontato, meno banale, se ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, mi venisse in mente “September” degli Earth, Wind and Fire, o “November Rain” dei Guns N’ Roses, o “Agosto” dei Perturbazione.
Sarebbe meno scontato, meno banale, è vero. Ma fa niente. La banalità non sempre è da disprezzare. C’è banalità e banalità, tra l’altro. Non tutto ciò che è banale è così banale, o per lo meno non nel senso più negativo del termine, per dire.
“L’apparizione della banalità è spesso utile nella vita, perché serve a rallentare delle corde troppo tese e fa ritornare in sé chi si era abbandonato a sentimenti troppo fiduciosi”.
Così ha scritto il drammaturgo Ivan Turgenev nel suo romanzo “Padri e figli“, pubblicato nel 1862.
Che poi non lo so se sia davvero utile o meno rallentare le corde tese. Non lo so. La cosa in fin dei conti non è che mi interessi più di tanto, ché non son tipo da abbandonarsi a sentimenti troppo fiduciosi, tutt’altro.
A ogni modo, giusto perché non perda il filo del discorso, Turgenev è anche l’autore di un racconto che non ho mai letto ma che prima o poi mi capiterà di leggere perché il titolo mi piace assai: “Diario di un uomo superfluo“, che è la storia di un uomo che sta per morire e al quale non restano che pochi giorni prima di lasciare il mondo che lui conosce; la storia di un uomo che decide di tenere un diario attraverso cui potersi liberamente raccontare.
Che poi, al di là del racconto che non ho mai letto ma che prima o poi mi capiterà – ci sono romanzi e racconti che mi si presentano nei tempi, nei modi e nelle forme più bizzarre – la parola superfluo secondo me sta pure tornando di moda. Come certi modelli di jeans, o certe cravatte, o certi mestieri, o certi piatti. Io, per esempio, mi ricordo che negli anni ottanta andava molto di moda il cocktail di scampi, o il cocktail di gamberi, che te lo servivano a mo’ di antipasto in una ciotola dentro la quale scampi o gamberi sprofondavano avvolti da una brodaglia densa e rosa.
Ecco, non so se il cocktail di scampi, o il cocktail di gamberi, stia tornando di moda, ma non è una di quelle cose di cui si sente la mancanza, delle quali non se ne può fare a meno.
E comunque, volevo dire, ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, magari non proprio ogni anno ma quasi ogni anno, in genere a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, a me viene in mente “Era de maggio“. Che mi fa sempre emozionare.
Era de maggio e te cadéano ‘nzino,
a schiocche a schiocche, li ccerase rosse.
Fresca era ll’aria, e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciento passe.
Era de maggio; io no, nun mme ne scordo,
na canzone cantávemo a doje voce.
Cchiù tiempo passa e cchiù mme n’allicordo,
fresca era ll’aria e la canzona doce
(…)
Salvatore Di Giacomo, 1885
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