sabato 28 giugno 2014

Comizi d’amore a Berlino

da il manifesto

Comizi d’amore a Berlino

Moscow Mule. Un reportage di un magazine tedesco - in cui si parla delle donne single - crea una discussione in rete e non solo
Si pen­sava che fosse una ciarla come tante al ban­cone del bar, poi la discus­sione si allarga e con­ta­gia intere cer­chie di amici fino a quando un popo­lare maga­zine in lin­gua inglese, «ExBer­li­ner», sfo­dera un repor­tage sulla piaga delle donne sin­gle a Ber­lino. «Sono sve­glie, sexy e non tro­vano nes­suno. Per­ché Ber­lino è la capi­tale delle donne sin­gle in Europa?».
Una lunga serie di testi­mo­nianze di donne tra i 25 e i 40 anni, anche pro­ve­nienti da altre città, sve­lano quello che chi vive qui da un po’ già sa per espe­rienza più o meno diretta: l’autarchia affet­tiva non rispar­mia nes­suno. L’individualismo chiuso nel pro­prio­ba­locco quo­ti­diano dove già il pro­prio giro ami­cale esau­ri­sce tutta la voglia dell’ «altro» , la comoda soste­ni­bi­lità eco­no­mica per chi vive solo,hic et nunc come se non ci fosse un domani, sono que­ste le rotte della vita di rela­zione. «Non ne posso più», si sfoga una ragazza fran­cese di 34 anni, che chia­me­remo Anita per­ché non vuole essere iden­ti­fi­cata, «non si rie­sce a fre­quen­tare qual­cuno per più di tre volte, spesso sono pure impe­gnati, se cer­chi un con­fronto per capire meglio ti guar­dano come fossi un alieno, per non par­lare degli arti­sti: se li cono­sci li eviti.
E comun­que ci tengo a dire che io non sto cer­cando marito». Insomma, un bol­let­tino di guerra. Ma non sarà una que­stione di spi­rito del tempo, piut­to­sto che un pro­blema solo ber­li­nese? Alcuni cono­scenti a Lon­dra o a Bru­xel­les espri­mono le stesse per­ples­sità per cui nean­che que­sta volta si può addi­tare il pro­to­tipo del tede­sco algido e la solfa della grande città non regge più. Ma è troppo pre­ca­ria e iti­ne­rante que­sta gene­ra­zione, forse, per non con­si­de­rare il qui ed ora come un dato di fatto, più che una scelta non neces­sa­ria­mente sof­ferta. Anita si chiede cosa fare.
Nel momento in cui il repor­tage di Exber­li­ner è stato pub­bli­cato online i com­menti hanno disin­te­grato il vaso di Pan­dora. I più inte­res­santi sono quelli degli uomini che si chie­dono per­ché le donne non abbas­sino i loro stan­dard e per­ché appli­chino lo stesso approc­cio verso il lavoro a que­stioni asso­lu­ta­mente non orga­niz­za­bili, «e comun­que tengo a pre­ci­sare che anche io ho lo stesso pro­blema con le donne che non sanno quello che vogliono». No non lo sapete voi, risponde qual­cuno. C’è chi azzarda la teo­ria della troppa, grande, offerta, Anita si inal­bera: «Dove stiamo? Al supermercato?».
A pla­care il furioso dibat­tito ricco di acute pro­vo­ca­zioni («se sei sola fatti una domanda e datti una rispo­sta») arri­vano i teo­rici della recente forma di urba­niz­za­zione ber­li­nese. Secondo que­ste teo­rie la bor­ghe­sia crea­tiva ha inne­stato in città, oltre a un giro per­verso di danaro e mar­ke­ting, anche depre­ca­bili valori altret­tanto bor­ghesi come l’omogamia. Per altri è il neo­li­be­ri­smo stesso che con la sua costola, la gen­tri­fi­ca­zione, e la sua coper­tura, la crea­ti­vità, fago­cita nei mec­ca­ni­smi del con­su­mi­smo qual­siasi tipo di rap­porto umano.
Anita è con­fusa, lei voleva solo andare al cinema con un ragazzo gen­tile. Cosa cerca dun­que Anita? Al di là dei vari isti­tuti di aggre­ga­zione umana come i fidan­za­menti e matri­moni, che non sono obbli­ga­tori per nes­suno, resta la cabala delle per­sone che girano intorno a tutti noi e alla sua tenera età Anita dovrebbe già aver capito che su quello non c’è geo­gra­fia che tenga.

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