NON DI QUESTO PRESENTE ORA BISOGNA VIVERE (di Giovanni Raboni)
a cura di Rosalba Platini
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Non di questo presente ora bisogna
vivere – ma in esso sì – non c’è modo
pare, d’ averne un altro, non c’è chiodo
che scacci questo chiodo. Né chi sogna
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Non di questo presente ora bisogna
vivere – ma in esso sì – non c’è modo
pare, d’ averne un altro, non c’è chiodo
che scacci questo chiodo. Né chi sogna
va meglio, che più le volte si infogna
a figurarlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna
a figurarlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna
ma con che lama? troncarlo. La mente
infortunata non ha altra fortuna
dunque, che nel pensiero? Certo a niente
infortunata non ha altra fortuna
dunque, che nel pensiero? Certo a niente
più la mia si consiglia che se in una
deposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s’aduna.
deposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s’aduna.
[da: “Altri sonetti”]
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IL COMMENTO
di Rosalba Platini
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Giovanni Raboni, poeta milanese scomparso nel 2004 è autore di una poesia ricca di connotati etici e civili, caratterizzata da riflessioni sulla morte, sull’eros, sulla cronaca e sui tanti elementi che costituiscono la vita di un uomo.
Il tono delle sue poesie è colloquiale, con espressioni a volte gergali, con una predilezione per i toni bassi, allusivi e discreti:”…un linguaggio diverso da quello che usiamo per comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più ricco, più completo, più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso accuratamente premeditato e profondamente involontario, capace di connettere tra loro le cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in relazione ciò che sappiamo con ciò che non sappiamo…”
In questo sonetto Raboni riflette su una doppia constatazione: l’ineluttabilità di vivere nel presente e il desiderio, salvifico, di estraniarsi dal presente attraverso il sogno. Ma neanche il sogno può colmare uno stato di insoddisfazione, certo non può bastare la funzione di “chiodo scaccia chiodo”. Non solo, facendoci balenare aspettative lontane dalla realtà, non fa che ingarbugliarla, rendendone inestricabili i nodi .
“La mente infortunata”, dovendo consistere “in” questo presente, ha come solo rifugio il pensiero. Non il sogno, dunque, creatore di illusioni, ma l’estrema libertà del pensare consente all’uomo di vivere “nel” tempo e non “del” tempo, difendendo la propria unicità tra la “gente” che “solennemente s’aduna”.
Il tono delle sue poesie è colloquiale, con espressioni a volte gergali, con una predilezione per i toni bassi, allusivi e discreti:”…un linguaggio diverso da quello che usiamo per comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più ricco, più completo, più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso accuratamente premeditato e profondamente involontario, capace di connettere tra loro le cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in relazione ciò che sappiamo con ciò che non sappiamo…”
In questo sonetto Raboni riflette su una doppia constatazione: l’ineluttabilità di vivere nel presente e il desiderio, salvifico, di estraniarsi dal presente attraverso il sogno. Ma neanche il sogno può colmare uno stato di insoddisfazione, certo non può bastare la funzione di “chiodo scaccia chiodo”. Non solo, facendoci balenare aspettative lontane dalla realtà, non fa che ingarbugliarla, rendendone inestricabili i nodi .
“La mente infortunata”, dovendo consistere “in” questo presente, ha come solo rifugio il pensiero. Non il sogno, dunque, creatore di illusioni, ma l’estrema libertà del pensare consente all’uomo di vivere “nel” tempo e non “del” tempo, difendendo la propria unicità tra la “gente” che “solennemente s’aduna”.
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