sabato 31 ottobre 2015

Una disperata vitalità

da il manifesto
VISIONI

Una disperata vitalità

A teatro. «Sono Pasolini» un viaggio tra parole e musica dove Giovanna Marini attraversa un altro territorio del poeta, quello dell’infanzia e della giovinezza friulana

 
una scena da Sono Pasolini, con Giovanna Marini
Gianfranco Capitta
Siamo arri­vati alla fati­dica ricor­renza, da molti paven­tata, dei quarant’anni dall’assassinio di Pier Paolo Paso­lini all’Idroscalo di Ostia. Le vicende giu­di­zia­rie per fare luce uffi­ciale sui fatti, sem­brano essersi richiuse per l’ennesima volta. Resta vivis­sima l’eredità poe­tica, cine­ma­to­gra­fica, pole­mica e intel­let­tuale di una per­so­na­lità unica, che ha saputo su ogni cosa scuo­tere que­sto paese «orri­bil­mente sporco». E le «cele­bra­zioni» di que­sti giorni ripro­pon­gono la reat­ti­vità dif­fe­ren­ziata dell’intera cul­tura ita­liana davanti al vasto cor­pus della sua atti­vità. Ce ne sono di sti­mo­lanti e poe­ti­che, e altre che fanno pen­sare a certe feroci scrit­ture grot­te­sche del poeta (cui dava voce la sua sublime Laura Betti, come la petu­lante e ignara inter­vi­sta­trice di Una dispe­rata vita­lità). Una per tutte, la par­te­ci­pa­zione a un rea­ding com­me­mo­ra­tivo pre­vi­sto a Roma per lunedì, del mini­stro della cul­tura del mede­simo paese «sporco»…
Intanto però si può regi­strare un primo debutto felice di que­sti «omaggi» com­me­mo­ra­tivi, che potreb­bero almeno spin­gere nuove gene­ra­zioni di let­tori ad avvi­ci­narsi ai testi del poeta. Sono Paso­lini (al tea­tro India ancora sta­sera e domani) è un viag­gio tra parole e musica com­po­sto da Gio­vanna Marini attra­ver­sando un altro ter­ri­to­rio paso­li­niano, quello del «paese di tem­po­rali e di pri­mule» dell’infanzia e della gio­vi­nezza friu­lana a Casarsa.
Si tratta di una com­po­si­zione per coro e voce reci­tante, che instaura una sorta di dia­logo con­trap­pun­tato tra le parole del poeta e le voci dei venti can­tanti del coro. Il testo è quello scritto agli inizi del’75, I gio­vani infe­lici, pub­bli­cato poi nelle Let­tere lute­rane. Ed è un’analisi strin­gente e dolo­rosa della con­di­zione di chi sente il mondo intero attorno a lui farsi inghiot­tire dal con­su­mi­smo tota­liz­zante: un ragio­na­mento lucido e ine­lu­di­bile, come Paso­lini sapeva fare, sulle tra­sfor­ma­zioni che cam­bia­vano irri­me­dia­bil­mente la con­di­zione umana.
Ma a rispon­dere ai brani del testo sono i com­po­ni­menti in musica che il Coro favo­rito (una scelta sele­zione degli allievi di Gio­vanna Marini alla Scuola popo­lare di musica del Testac­cio, in que­sto caso diretti da Patri­zia Rotonda), sono le «can­zoni» dol­cis­sime, strug­genti, spesso sor­pren­denti, e sem­pre emo­zio­nanti, che la Marini ha com­po­sto dalle poe­sie friu­lane del poeta, tratte da La meglio gio­ventù. E che fanno sco­prire anche ai distratti come quei sen­ti­menti, quei dolo­rosi pre­sen­ti­menti alber­gas­sero già in un’epoca pure felice e incan­tata della sua vita. Anche se non hanno ovvia­mente il tono severo e indi­scu­ti­bile delle affer­ma­zioni della maturità.
Gio­vanna Marini è abi­lis­sima, nell’introdurre i diversi momenti del con­trap­punto a sot­to­li­neare toni, sfu­ma­ture, cro­ma­ti­smi di quell’infanzia curiosa e gau­dente. Grande musi­ci­sta, l’artista è anche una grande didatta, capace di comu­ni­care sen­sa­zioni e intui­zioni a tutto il pub­blico, senza nessun’ombra dida­sca­lica o pedante. Quella decina d’anni tra il sog­giorno in Friuli e la venuta a Roma, in cui il poeta sco­priva l’eros e la poli­tica, il peri­colo e il con­for­mi­smo blin­dato e ipo­crita di una società ancora bar­ri­cata nella bigot­te­ria, sono un per­corso di for­ma­zione straor­di­na­rio, che prende non solo voce ma cuore e corpo nei com­po­nenti del coro, capaci di can­tare, sus­sur­rare, e per­fino dan­zare con cre­scente sicu­rezza. Men­tre Enrico Frat­ta­roli, voce di Paso­lini, vince gli ini­ziali peri­coli di spea­ke­rag­gio nella ade­sione sem­pre più pro­fonda alle pro­vo­ca­zioni del testo.
Una serata frut­tuosa si rivela lo «spet­ta­colo», che per altro Marini sug­gella col colpo basso delle due can­zoni che tanti anni fa com­pose per il poeta ucciso: Lamento per la morte di Paso­lini e Ragazzo gen­tile. Due ferite musi­cali che già trent’anni fa rive­la­vano il rap­porto misu­rato e pro­fondo che tra i due arti­sti si era instau­rato a suo tempo, e che oggi si fanno col­let­tivi momenti di rifles­sione e com­mo­zione struggente.

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