giovedì 29 gennaio 2009

'A Tiana, di Gaetano Barbella

L' amico Gaetano Barbella (http://www.webalice.it/gbarbella/, "Il Geometra Pensiero in Rete") ha scritto un articolato commento alle poesie di Annarita e Teoderica , il quale merita un post tutto suo




'A Tiana




È vero, “A volte uno specchio può aiutarci a guardare dentro di noi, ben oltre l’immagine che riflette”. Mi sovviene di quando ero meno di un ragazzino. Insieme a tre fratelli, più piccoli di me, ci piaceva ascoltare le storielle, di maghi, di fate e di orchi, che raccontava con dolcezza 'a zi' Maria, un’anziana persona paralitica. A quel tempo si viveva a Puccianiello un paese della periferia a nord di Caserta, proprio in prossimità del limite del parco della nota Reggia di questa città. Qui il parco è particolarmente avvincente, quasi fuori dal tempo, perché vi è dislocato il famoso «Giardino Inglese» pieno di piante esotiche e più a monte, dal punto dove poi viene giù una caratteristica cascata, si estende sul retro il cosiddetto bosco di San Silvestro. Chi si addentra in questi luoghi è come se fosse trasportato in un mondo surreale legato al mito, a meravigliose favole. Un fantastico mondo in cui strani esseri pare che si sentano girare qua e là, giusto il risvolto alle favole di zi’ Maria.Di quelle favole mi è rimasto impresso nella mente una curiosa filastrocca, detta in napoletano, che spesso le precedeva. Chissà perché, mi sono chiesto in seguito da grande, ogni volta che mi ritornava in mente. Ma era talmente radicata in me da provare gusto nel ripeterla mentalmente, ma a volte anche a bassa voce. Perché? Forse doveva costituire, per mano del fato, un’amorevole azione protettiva o qualcosa del genere. Forse anche perché potessi ora raccontare, a chi potesse recepirla, la filastrocca in questione per trarre illuminazioni mentali. Quasi che fosse il famoso bacio del principe per disincantare la bella principessa addormentata ed il suo reame della nota favola. Viene da sorridere? Eppure quanti “reami” sepolti nella mente, ad un tratto, riemergono per semplici ed inspiegabili stimoli. Perché proprio in questo modo potrebbe essere concepita la riflessione poetica di Annarita. Dunque sentite la filastrocca napoletana:


«Ce steve 'na vota 'nu viecchie,
e 'na vecchia areto a 'nu specchio,
areto a 'nu monte...
Statte zitte che mò tu conte.
E tu conte dint' 'a tiana,
mammeta e patete i ruffiani».

Tradotta fa così:«C'era una volta un vecchio, / ed una vecchia dietro uno specchio, / dietro un monte... / Stai zitto che or te lo racconto. / E te lo dico dentro un tegame, / mamma e papà i ruffiani».

Come sembra ravvisarvi, c'è l'essenziale del minimo della vita se non di più, che io intravedo nel modo seguente. Il passato, che è anche punto di termine della vita in quei due «viecchie» quando facciamo riflessioni davanti allo specchio, vuol indicare al limite la nostra coscienza, ma è anche la normale attività di pensiero. Il presente è il superamento del monte delle asperità della vita riconducibile anche alla prospettiva del mistero riposto nella fine di ogni cosa, la morte. Nel presente l’emblema dei due «ruffiani» in noi che sono sempre i due «viecchi», ci aiuta a svincolarci dalla superbia causa dello svanire dell'amore per dar luogo ad un incerto e periglioso «fai da te» che si ravvisa nella raccomandazione di «statte zitte», ossia rifletti prima di svincolarti dai due in questione, ovvero prima di costituirti artefice di te stesso, se non vuoi sperimentare la mortale solitudine del vuoto dell'anima. E poi si tocca terra raccomandabile con la «tiana», col vaso delle cose che sembrano amabili, ma anche delle cattive sorprese frammischiate sapientemente (se si sta “zitti”, però). Può servire il “digiuno” per evitare l’amarezza che potrebbe trapelarsi in questa o quella ciotola del nutrimento, che, gira e rigira, non è possibile evitare? O forse altre «tiane», più in là, ci sembrano migliori come amori che riteniamo ci spettino, risolvino ogni cosa non più gradevole dei vecchi orcioli? Ma se ciò fosse, come sembra che avvenga oggi, non restano che lo specchio ed il monte, come voler dire attenzione a non corrompere anche questi “due” dalle apparenze poco o nulla incisive, ma che costituiscono le sostanziali “radici” delle nostre origini divine.




«’A tiana» dei racconti di «zi' Maria» ci potrebbe ricondurre al mitico Graal dei cavalieri del Medio Evo, considerando che questo termine dialettale, «tiana», è relativo ad un tegame molto somigliante con un altro a forma di bacile in uso nel Medio Evo. Dai primi racconti sul Graal questo calice in principio era - ed è ancor oggi, in parecchi dialetti tra la Catalogna e le Fiandre - un bacile largo e basso, di materiale prezioso e pregevole fattura, destinato a piatti di pesce e al loro elaborato intingolo, detto anche «gradalis» o «gradale», «caro e gradito a chi vi mangia». Il resto della storia a ritroso su questa incerta coppa senza tanta apparente nobiltà, ci viene così tramandato dal passato, ma anche tutt’ora sono in molti a cesellarla con contorni persino fantasiosi. Che dire del Graal? Meglio: cosa conta come emblema, al di là delle fantastiche concezioni ingigantite oggi dai media della carta stampata e dai cineasti? L'opinione che raccolgo dai diversi scrittori a riguardo si impernia sullo slancio umano alla ricerca della verità su se stessi e sugli altri; il simbolo del dono di sé, dell’imitazione di Cristo nell’Incarnazione e nella Passione, della Creazione stessa intesa come dono; perché il Graal è la figura medievale dell’eterno mito di Ulisse, archetipo dei moderni ideali di pace tra tutti i popoli, nel progresso e nella libertà. Ma intanto in quest’epoca preme il rovescio di tutto ciò, con cavalieri di un anti-Graal che sembrano addirittura prevalere: sapranno i primi cavalieri ricacciare gli spiriti della superbia e del malcostume dei secondi ed incatenarli all’abisso ove prima si trovavano? È vero anche che c’è di mezzo il Cristo e questo ci riporta a tutto ciò che egli ha detto al suo tempo in Palestina, poi riferito dai suoi apostoli attraverso i Vangeli. Gesù Cristo mentre procedeva durante la festa della Palme in questione, fu rimproverato da alcuni farisei che ritenevano blasfemo il fatto che egli era acclamato e benedetto perché ritenuto un Re mandato dal Signore. Da qui la secca frase del Cristo di rimando: «Vi dico che se essi taceranno, grideranno le pietre». Ora per chi non sorride quando parlano i “filosofi”, che si occupano della “pietra” appunto, sanno che si tratta di una sostanza vetrosa che passa sotto il nome do V.I.T.R.I.O.L. Si tratta di un termine usato nella letteratura alchemica, ed è formato dall’espressione latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, che significa “Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina”.








E così toccando i piedi a terra ritorniamo allo specchio di Annarita, non prima di esserci resi conto che la “pietra-tiana” dei racconti di “’zi Maria” è uno dei tanti modi di portare a conoscenza di un certo “mare” che il cristianesimo ravvisa nella Madonna. Ma, nel nostro piccolo è bastato una donna per esorcizzarlo attraverso l’arte, Teoderica con il suo semplice ma profondo «Mare” su un banale cartone.




Ma non basta perché Pier Luigi Zanata, preso per le poesie di Annarita e Teoderica, ha fatto il resto. Le ha unite per sempre col suo sigillo fondendo la pietra che prima non si poteva portare al calore di fusione. Questa è l’opera regia dei nostri tempi senza l’uso di micidiali crogiuoli alchemici.




Ho preso un cartone
ho preso un cartone gettato via.
L’ho riempito di mare
vi ho fatto un sole.
Non so se alba o tramonto.
Vi ho messo dei pezzi di vetro
l’ho sigillato
lì ho fermato il tempo.
Ho preso l’alba
ho preso il tramonto
ho preso me stessa.


E poi...

Lo sguardo impaziente
si placa cogliendo
un profilo riflesso
di donna,
immagine forte che emerge
e richiama la vita.

5 commenti:

  1. LA NOTTE PORTA CONSIGLIO

    La notte porta consiglio. La notte ha la sua “regina” ed una “figlia” da salvare, una fiabesca Pamina. La notte è blu, per rispondere a Paola che ha fatto un disegno apposta per me. Non vedeva altro colore. Pier Luigi così ha posto il suo sigillo in musica nel mezzo del mio commento poi diventato post.
    Ecco “‘A tiana” con i suoi intingoli buoni e cattivi di un desco notturno. Di specchi scintillanti, anzi di “Astrifiammanti”, la regina mozartiana del sigillo suddetto.
    Chi potrebbe essere il principe Tamino? Ma Ta..no no può rispondere perché sottoposto alla prova del silenzio. E poi in Pamigeno e la vecchina Pamigena sembra di vedere quei due del racconto, «Ce steve 'na vota 'nu viecchie, /e 'na vecchia areto a 'nu specchio, /areto a 'nu monte...».
    Finalmente l’alba si approssima, facendo inabbissare Astrifiammante e si propone cosi il regno solare di Sarastro che accoglie Pamina salva dalla prigionia degli specchi d’inganni.

    «...un profilo riflesso
    di donna,
    immagine forte che emerge
    e richiama la vita.».

    E quel flauto e carillon magici della favola mozartiana?
    La risposta ci può venire da un altro grande della musica, Bach dalle mirabili capacità matematiche che lui ha saputo esprimere con le note.
    Ecco che sorge, appunto, l’alba per far profilare un certo “il riflesso di donna” in Annarita con la matematica, appunto. Prima ha fatto tutto un altro “riflesso di donna”, quello di Sarastro notturno in Paola, in arte Teoderica.
    Di J.S. Bach pensiamo al “canone eternamente ascendente” dalla sua Offerta musicale, in cui il grande compositore riesce a cambiare tonalità senza che l’ascoltatore se ne renda conto ed a ritornare dopo sei modulazioni alla originaria tonalità di DO con le tre voci che si trovano esattamente un'ottava sopra.
    Non intravedete i due strumenti mozartiani del piffero e del carillon qui all’opera? Le note del piffero e il ritornare a ripetere continuamente la stessa musica del carillon. Come pure la filastrocca della “Tiana”?
    È un’ambiguità questa del paradosso «Canon triplex a 6 voci », come anche quella del pittore Escher che ha eseguito molte opere improntate sul simili paradossi. Alcune di queste si ispirano ai nastri Möbius, ma che la matematica ha voluto affrontare razionalmente e risolvere. Russel e Whitehead, due personaggi che hanno dato contributi fondamentali alla formazione della logica moderna, ci hanno spiegato bene con la loro “teoria dei tipi” come si formano e quindi come si possono evitare questi “strani anelli” che collegando e confondendo realtà ed illusione finiscono spesso per partorire pericolosi paradossi.
    Basta creare infatti una gerarchia organizzatrice delle strutture matematiche e non solo matematiche per cui una struttura (l’insieme di tutti gli insiemi) non può appartenere a sé stessa in quanto è di un tipo superiore a quello degli oggetti che la costituiscono.
    Il principe Tamino poi, si rivela anche lui per aver superato il paradosso degli “strani anelli” in un modo tutto suo matematico di unirli con una sua teoria originale nel dar vita ad un moto oscillante generato da due leoni cibernetici numerici.
    Resta Pier Luigi, in arte occulta SK sempre pronto a svolgere il suo ruolo, ma ora ha due modelli di donna cui conformarsi quali pietre di paragone, Paola ed Annarita.

    Gaetano

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  2. Caro fratello Gaetano sai benissimo perche' ho scelto la favola mozartiana per chiosare il tuo commento, divenuto poi, anche su suggerimento della sorellina, post autonomo.
    Svariati elementi culturali sono confluiti nel Flauto magico:

    - Il fiabesco-meraviglioso settecentesco (flauto e glockenspiel dalle proprietà magiche, apparizioni di animali e di genietti (per esempio zi' Maria), montagne che si aprono svelando meravigliose sale);
    - L’illuminismo e il giusnaturalismo (aspirazione dell'uomo alla saggezza, alla ragione e al rapporto armonico con la natura);
    - La massoneria (riti d’iniziazione per accedere ai misteri e alla luce, invocazioni delle divinità egizie Iside e Osiride, comunità dei seguaci di Sarastro, ricca simbologia con particolare riferimento ai numeri e alla misteriosofia);
    - L'Hanswurst e il Kasperl popolar-viennese (l'umile, il popolaresco, il comico, il semplice, il naturale e il bonario che sono racchiusi nella figura di Papageno, ma anche in zi' Maria e la filastrocca ricordata).

    Il flauto magico può essere letto sia come fiaba per bambini sia come racconto massonico o come storia a contenuto illuminista.

    La vicenda racconta però anche lo sviluppo di un individuo che, da giovane, ignorante e debole che era, diventa saggio, sapiente e uomo attraverso la scoperta dell'amore e il superamento di varie prove iniziatiche.

    Durante questo percorso formativo, il giudizio di Tamino sui due Regni nemici si capovolge: il bene, inizialmente identificato con il Regno lunare della Regina della notte in quanto vittima del rapimento della figlia condotto da Sarastro, finirà per essere identificato nel Regno solare di quest'ultimo, inizialmente giudicato come malvagio. Nel Regno di Sarastro, Tamino troverà ragione e saggezza. Si scoprono così le buone intenzioni di Sarastro nel portare a sé Pamina, non togliendole libertà ma sottraendola con intento protettivo alla malvagia madre onde poterla destinare al giovane predestinato ed eroe della vicenda, ovvero lo stesso Tamino.

    Oltre ad un'interpretazione incentrata sulla contrapposizione orizzontale fra i due Regni, si può interpretare in un'ottica verticale dove la contrapposizione è fra il potere, l'autorità, i Regni e il sotto-mondo popolare, semplice e genuino rappresentato da Papageno. L'antitesi è allora fra il concreto uomo-animale allo stato naturale e l'eletto, aristocratico ed astratto Tamino. Il Regno della luna e quello del sole sono nemici ma, allora, sostanzialmente uguali.

    Entrambi rappresentano l'autorità e l'ordine, mentre Papageno - che non ha superato le prove iniziatiche ma che di ciò se ne infischia beatamente - è l'uomo di tutti i giorni capace di servire allo stesso modo la Regina della notte come Sarastro, consapevole che la bontà e la felicità, seppur materiale, stanno dalla sua parte. (da http://it.wikipedia.org/wiki/Il_flauto_magico#Elementi_culturali).

    Questi elementi sono tutti racchiusi nei tuoi commeni.
    Con il Flauto Magico e anche con le tue considerazioni (non ultimo il richiamo a J.S. Bach, dalle mirabili conoscenze matematiche trasposte in note) conosciamo la ragione intima dell' esistenza. Per tutto c' e' una ragione. L' azione piu' insignificante ha una sua funzione occulta e musica nella logica progressiva delle cose. Anche il SK che e' in me. Perche' mai, in tutte le sue nobili gesta, il SK che e' in me non e' stato mai sfiorato dalla possibilita' di essere scoperto, pur lasciando evidenti tracce? Perche' la sua nobile arte ha una sua funzione occulta e musica nella logica progressiva del suo dare alle donne felicita', bellezza, amore...eterni.
    Plutarco nel mito di Tespesio da Soloi scrive:
    "la sua anima sorti' dal corpo ed egli ebbe la sensazione che puo' provare un pilota precipitato dalla sua nave nel profondo del mare. Egli respiro' profondamente e la sua anima si apri' come un unico occhio".
    I due modelli di donna cui conformarmi quali pietre di paragone, Paola ed Annarita, potrebbero avere questa azione salvifica. La vista della loro aurea in forma completa puo' essere per il SK una fiamma e come una bolla di fuoco che hanno in se' una specie di forza umana, facendogli acquistare una possanza completa, una piu' grande espansione. Anche se non deve dimenticare l' avvertimento di un Maestro di Magia:"Ho visto Iside. L' ho toccata. Eppure non so se
    esiste".
    Per quanto riguarda me, Annarita, Paola e te affermo modificando leggermente una massima Sufi:
    "Quattro canne bevono da un ruscello.
    UNA e vuota dentro,
    le ALTRE sono canne da zucchero"

    Vale

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  3. Venni, lessi , non dissi niente per non far brutta figura. Un bacio a ciascuno .

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  4. Teo grazie. Co la tua visita come direbbe Jack Kerouac
    "We're all in Heaven now" (Adesso tutti siamo in Paradiso).
    Vale

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  5. VINCOLI NODALI SUL WEB

    Mi appressavo a perfezionare il mio secondo commento sul primo, ed ho letto il tuo commento che non mi ha sorpreso, me l’aspettavo e abbastanza nutrito. Così si è allargato lo scenario su temi interessanti che costituiscono paralleli di paragone in stretta aderenza a noi “quattro”, in particolare.
    Quale il perfezionamento? Si capisce da solo, è la ritualistica che ci suggerisce la mia filastrocca, simile ad un ritornello di tante strofe-operazioni che noi stiamo facendo sull’onda del web. Il web può assimilarsi ad un insieme di tante interiorità, la mia la tua, di Annarita, di Paola e così via, appena, appena vincolate alle relative singole realtà terrene. “Sdoppiamenti occulti” ma in piena coscienza.
    Si è visto quanto conti la matematica, ma anche il mondo occulto attraverso le fiabe, i racconti ed altro del lato umanistico, non trascurando la musica, l’arte che sembrano imparentate con la matematica.
    Più andiamo avanti con le nostre conoscenze tecniche, fisica quantistica, fisica delle particelle, teorie delle stringhe e delle super-stringhe, antimateria, ecc. e più troviamo conferme al fatto che tutto il nostro universo sembrerebbe scritto secondo un linguaggio matematico. La qualcosa non smette di stupire gli stessi scienziati.
    Di Eugene Paul Wigner, che è stato un influente fisico e matematico ungherese naturalizzato statunitense, Nobel per la fisica nel 1963, colpisce questo suo pensiero sulla matematica.
    «Vorrei affrontare due punti. Per cominciare l'incredibile utilità della matematica nelle scienze naturali è un fatto che ha del misterioso e che non ammette alcuna spiegazione razionale. In secondo luogo è proprio l'inquietante efficacia delle idee matematiche che ci spinge a chiederci se le nostre teorie fisiche siano davvero uniche.


    Il fatto che il linguaggio della matematica sia miracolosamente adatto a formulare le leggi fisiche è un dono meraviglioso, che non comprendiamo e non meritiamo. Dovremmo esserne grati e sperare che rimanga con noi anche nelle ricerche future, e che questa fonte di gioia ma anche di stupore allarghi il raggio di azione, nel bene e nel male, ad altri settori più vasti del sapere.».

    Ecco che vengo al perfezionamento, poiché il potere della filastrocca-flauto-carillon ha questo di bello, quello di fare da paraninfi a tutto un intreccio nodale a nostra insaputa. Di qui le antiche conoscenze esoteriche delle colonne ofitiche a due, tre, quattro elementi; di qui il nodo di Salomone; e andando nei misteri antichi tibetani, IL NODO SENZA FINE
    (Nodo Dell'Amore Infinito)
    .
    Il nodo-senza-fine rappresenta l'unione della Saggezza e del Metodo (tibetano thab-shes zung-'brel), tantricamente l'unione della energia femminile e di quella maschile, la loro armonica inseparabilità, rappresentando l'amore infinito, la vita infinita, la realizzazione della loro unione. Il nodo infinito è un nodo chiuso composto da linee intrecciate ad angolo retto. E' uno dei simboli preferiti e maggiormente utilizzati dall'iconografia tibetana.


    La sua origine iconografica non è nota con certezza. Probabilmente è connesso in qualche maniera al simbolo nandyavarta, una variante della svastika, che assomiglia molto al nodo dell'infinito.


    Esso simboleggia il modo con il quale tutti i fenomeni sono interdipendenti tra loro e dipendono da cause e condizioni, ovvero la continuità degli eventi che sta al di sotto del piano reale dell'esistenza.


    Non ha inizio nè fine e rappresenta anche l'infinita conoscenza e saggezza del Buddha e l'eternità dei suoi insegnamenti.


    Il nodo-senza-fine è usato non solo in connessione con i Simboli di Buon Auspicio ma anche da solo come il più alto segno di buon auspicio, per esempio posto assieme a un dono o in uno scritto significa la connessione tra chi dona e chi riceve, stabilendo legami per favorevoli circostanze per il futuro, ricordando che ogni effetto positivo e favorevole per noi in futuro ha le sue radici, le sue cause dalle nostre azioni presenti.

    E si chiude la parata dei nodi con quelli contemplati dalla matematica.

    La teoria dei nodi è una branca della topologia, a sua volta branca della matematica, che si occupa di nodi, ovvero di curve chiuse intrecciate nello spazio. La teoria ha applicazioni in fisica subatomica, chimica molecolare e biologia.

    Il primo impiego in fisica è però dovuto a William Thomson, ossia Lord Kelvin: in pieno dibattito tra teoria ondulatoria e corpuscolare, egli propone nel 1867 gli atomi vortice[1]. Essi sono formati da un'onda intrecciata in un nodo chiuso, come una dei tanti il nodo a trifoglio
    .

    Annodandosi in maniere più o meno complicate, si determinerebbero le proprietà chimico-fisiche degli atomi. Da notare come, traslato alle particelle subatomiche e allo spaziotempo, il concetto sia identico nella teoria delle stringhe menzionata prima. Le molecole deriverebbero dall'unione dei nodi.

    Per concludere, in relazione alla realtà della vita, l’“idea” (ammettiamola per ipotesi) del possibile nascere su piani interiori potenzialità come questa nata in crescendo su questo blog, ma anche su altri e questi ramificandosi in modo apparentemente autonomo, meraviglia tanto? Può accadere che in qualche modo si profili anche un’infiorescenza terrena notata dagli stessi interpreti qui presenti, ma questo non significa che il VINCOLO NODALE che ora sembra nato, al contrario abortisca e resti in un limbo senza mai venir fuori in qualche modo.
    Com’è che possono nascere? Allora vi dico che oggi ho parlato di cose che ieri neanche le sapevo, eppure, come ho già detto, “la notte porta consiglio” e questa mattina mi sono svegliato e man mano mi sono venute le parole ed il loro giusto senso. Ma posso assicurare che i fatti della notte, di tutte le mie “notti blu”, sono in piena coscienza anche se frammentati e confusi. Ecco perché quel principe Tamino non poteva parlare.

    gaetano

    RispondiElimina

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