lunedì 16 gennaio 2012

La classe operaia non va in paradiso

CULTURA

La classe operaia non va in paradiso

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La classe operaia è nel limbo - che si chiami Alcoa o meno - e non va in paradiso come voleva Elio Petri nel film da lui diretto e sceneggiato da Ugo Pirro (l’indimenticato Pirro di Osteria dei pittori). Era il 1971, e Lulù-Gian Maria Volonté (nella foto) aveva 31 anni, lavorava in fabbrica e aveva due famiglie da mantenere. E Teodoro? «Teodoro - scriveva Carlo Bernari nel capolavoro d’esordio Tre operai (1934) - è già un operaio. Sabato prenderà la paga e con la paga comprerà molte cose; forse un paio di scarpe, e gli occorrerebbero anche delle mutande, e possibilmente un paio di calze di filo. Si sente felice per le cose nuove che indosserà domenica; “se mi sarà possibile comprerò anche una cravatta”».

A distanza di parecchi anni dall’ultima edizione Marsilio ripubblica Tre operai (pp. 207, euro 12,50), con prefazione di Antonio Franchini. Romanzo ambientato in una città, Napoli, «amara - scrive Franchini - senza sole, senza retorica». L'uomo moderno, personaggio in cerca d’autore in una realtà tragica, si trova in Bernari davanti a fatti sociali nuovi: la fabbrica, la città. La miseria. «È un romanzo - precisa Franchini - che, nel pieno del fascismo, anticipa i temi e le voci del neorealismo italiano». Ma oltre al romanziere c’è un Bernari meno noto, direttore editoriale e di riviste, attraverso la cui conoscenza è più semplice risalire ai legami con il sardo Antonio Gramsci. Si scopre così che le problematiche che lo scrittore affrontava in Tre operai, oltreché rivelarsi ancor oggi di drammatica attualità, erano per lui materia di studio che andava oltre la forma-romanzo se, come ha scritto Valeria Leo dell’Università di Bari, Bernari è il «mancato editore di Gramsci»: lo dimostrerebbero gli elementi di continuità tra “La Settimana”, periodico di cui Bernari era direttore, e «l’Ordine Nuovo», entrambi intesi come luoghi di organizzazione del consenso e organi promotori di cultura.

Non solo: «Tra i libri e le carte conservati nello studio di Bernari - spiega Silvia Acocella, studiosa che ha vagliato l'orientamento letterario del periodico romano “La Settimana” fondato nel 1944 da Bernari e Vasco Pratolini - il figlio Enrico ha recuperato una copia del catalogo delle edizioni de “La Nuova Biblioteca». Ovvero, il progetto letterario cui stava lavorando Bernari: «Pubblicato nel ‘44, nella Roma appena liberata - continua la studiosa - è un testo che riflette l’organicità di un progetto dagli orizzonti vasti, fondato sul confronto tra culture e saperi diversi». Un documento che si fa ancora più prezioso se anticipa la circolazione di opere destinate a diventare patrimonio di tutta l’umanità: «La testimonianza di Bernari - continua Acocella - ruota intorno a quello che, se fosse stata condotta a termine, sarebbe stata la pubblicazione più importante della “Nuova Biblioteca”: veniva infatti presentata, per la prima volta in Italia, l’opera omnia di Antonio Gramsci, raccolta in cinque volumi a cura di Togliatti».

Questa l’intenzione di Bernari, che sarebbe diventato così, come dice Acocella, «un canale parallelo per l’opera omnia di Gramsci». Tutto ciò tre anni prima che Einaudi iniziasse la lunga divulgazione degli scritti dell’intellettuale sardo. Ecco cosa scriveva Bernari nella sua nota-programma di edizione: “Gramsci, A., Scritti nel carcere (due volumi) A cura di P. Togliatti. La funzione degli intellettuali italiani nello sviluppo di una coscienza nazionale- popolare nel nostro paese. Critica del crocianesimo come ideologia della reazione nei tempi nostri. Esame critico delle fasi principali della storia d’Italia prima della guerra mondiale. Note correnti di politica e di vita morale”. «Questo catalogo - conclude Acocella - emerso solo in parte dalla clandestinità, finisce sostanzialmente con l’anticipare la futura edizione dei Quaderni dal carcere». Infine, allo studioso sardo Nicola Tanda si deve il numero unico, dedicato a Bernari e curato insieme a Niccolò Gallo, della prestigiosa rivista “La fiera letteraria” (1958): «La vocazione del saggista e romanziere - spiega Tanda - l’ha spuntata su tutte le altre, perché meglio obbediva alle sue esigenze di libertà interiore. Tre operai mostra ancora la validità e l’attualità della sua visione del mondo». (Giambernardo Piroddi)
da Sardegna24

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