La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

giovedì 31 luglio 2008

La logica del mescitore di vino

Cagliari.
Mattino di una primavera di tanti anni fa.
Ore 8.
Esco e decido di fare una passeggiata per la citta’. Lo faccio spesso. Mi rilassa. Posso poi affrontare con serenita’ la mia giornata di cronista. Camminare per le vie della citta vecchia mi aiuta a conoscere la gente del popolo. Ha sempre qualcosa da raccontarti. I suoi fatti sono spesso oggetto dei miei articoli, delle mie inchieste.
Mi trovo immerso nel vecchio quartiere di Villanova passando per la via Garibaldi, limite orientale del borgo. Vi sono alcuni interessanti villini costruiti tra il 1922 e il 1928.
Il quartiere fu l'ultimo ad essere urbanizzato a partire dal XIII secolo, ed il suo sviluppo fu molto lento. Era una tipica borgata agricola, con edifici privati che si intervallavano a grossi appezzamenti di terreno tenuti ad orto. Oggi non esiste piu.
Era un borgo densamente abitato e industrioso. Basta dare uno sguardo alle numerose chiese che si addensano una vicina all'altra. Gli abitanti dell’ attuale Villanova sono artigiani e mercanti.
Raggiungo l’ ‘’Antico Caffe’’, una volta ‘’Caffe’ Genovese’’, nella piazza Costituzione, elegante ritrovo di artisti, letterati, per la colazione e la lettura dei giornali.
Qui Sibilla Aleramo attendeva il suo innamorato. Qui hanno gustato il caffe’ e l ottima pasticceria Grazia Deledda, Emilio Lussu, che abitava poco distante, nella piazza Martiri d’ Italia, Lawrence, Gabriele D’ Annunzio, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Beniamino Gigli, Francesco Cossiga. Tutti l’ hanno frequentato e amato.
L’ Antico Caffe’, nel cuore del centro storico della citta’ continua ad essere un luogo di ritrovo, pretesto alla lettura, alla chiacchera e ai riti della vita sociale.
Dopo la rapida scorsa alla mazzetta dei quotidiani. Rilevato che non avevo preso buchi, lo lascio. Salgo sul Bastione di Saint Remy, che si affaccia sulla piazza Costituzione, dalla cui terrazza si gode una vista spettacolare del porto e del golfo di Cagliari.
Cammino adesso per le viuzze del Castello il piu’ antico quartiere della citta’, quello che, meglio di ogni altro, ha conservato il proprio passato. In realtà si tratta del prodotto della stratificazione delle varie dominazioni che si sono succedute nel lungo volgere dei secoli.
Posto sulla sommità di un massiccio calcareo, è il più antico quartiere della città e quello che, meglio di ogni altro, ha conservato le vestigia del proprio passato. In realtà si tratta del prodotto della stratificazione delle varie dominazioni che si sono succedute nel lungo volgere dei secoli. Arrivo in piazza Palazzo, dominata dalla Cattedrale, dall’ Arcivescovado, dall’ ex Palazzo della citta, dal Palazzo Regio, sede della Prefettura.
Discendo di nuovo la scalinata del Bastione.
Mi tuffo nel quartiere della Marina (anticamente Lapola, forse dal nome della palizzata che cingeva il porto). Ancora oggi le sue strette viuzze trasudano non solo di storia, ma anche di quella particolare atmosfera che le conferisce i tratti tipici di un borgo di mare. Parzialmente risparmiata dagli scempi edilizi del XX secolo sta lentamente cercando di recuperare il suo volto.
Ormai siamo a meta’ mattina.
Entro in un bar per una bibita.
Sto sorseggiando la mia acqua tonica quando sono avvicinato da un vecchio. Mi ha riconosciuto e vuole espormi la sua vicenda. Desidera che sollevi il suo caso sul giornale.
- Sono stato condannato ingiustamente, comincia, prima ancora che possa dire parola.
- No appu fattu nudda, continua, eppure il giudice mi ha condannato. Sa giustitsia esti mala. Due mesi di prigione mi hanno dato. Hanno detto che vendevo vino sofisticato. Non esti beru.
- Mi racconti come e’ andata.
- Vedi, per prima cosa il presidente del Tribunale mi ha chiesto se ero colpevole. Nossi, ho detto. Posso dimostrarlo. Allora ho chiesto al giudice ‘’lei conosce la chimica’’, ‘’no’’, ha risposto. Ho chiesto poi al perito del Tribunale se conoscesse il codice. Issu puru di no ha detto. Allora, se due persone istruite come voi, non conoscete la chimica e il codice, come si puo’ pretendere che un vecchio mescitore di vino come me li conosca?
Mi vede perplesso.
- E tu signor giornalista conosci la chimica e il codice.
- No.
- Inzandus, ragione ho. Allora lo scrivi questo articolo?
Non rispondo. Esco.
Sono nella via Roma, l’ antico passeggio, fronte mare, dei cagliaritani.
Mi dirigo verso la redazione.
Non posso fare a meno di pensare alla ferrea logica del vecchio.

da La scrittura dell' eternita' dorata, di Jack Kerouc


Did I create that sky? Yes, for, if it was

anything other than a conception in my mind

I wouldnt have said ''Sky'' -That is why I am the

golden eternity. There are not two of us here,

reader and writer, but one, one golden eternity.

One-Which-It-Is, That-Which-Everything-Is.


....


That sky, if it was anything other than an

illusion of my mortal mind I wouldnt have said

''that sky''. Thus I made that sky, I am the

golden eternity. I am Mortal Golden Eternity.


...




Ho creato quel cielo? Si', perche', se era

cosa diversa da un concetto della mia mente

non avrei detto ''Cielo'' - Ecco perche' io sono

l' eternita' dorata. Qui non siamo in due,

lettore e scrittore, ma uno l' eternita' dorata,

Uno-Che-E'-Quella, Quello-Che-E'-Tutto.

....

Quel cielo, se era cosa diversa da una

illusione della mia mente mortale non avrei detto

''quel cielo''. Dunque ho fatto quel cielo, io sono

l' eternita' dorata. Sono Dorata Mortale Eternita'.

...

mercoledì 30 luglio 2008

Un magnifico futuro

Hotel Napoleon, Torino. Stanza 203. Ore 2:25.
Sono in piedi. Davanti al letto. La mia immagine si riflette nello specchio. Al di la’ di quella l’ immagine di una donna. E’ di schiena e sta sfilandosi la T-shirt. Finisce di sfilarla e comincia a slacciarsi il reggiseno.
Sparisce dietro la mia immagine.
Si chiama Hallia. L’ ho incontrata in una vineria dopo avere lasciato i Murazzi. Era sola e mi ha agganciato, chiedendomi di uscire perche’ aveva paura della gente, una vera moltitudine che affollava il locale.
Siamo stati fuori in silenzio, a guardarci, a interrogarci con gli occhi se potevamo fidarci. I bicchieri, come appiccicati alle mani, il vino, un ottimo Bardolino, e’ ormai caldo, ma non sgradevole.
Parliamo del piu’ e del meno.
E’ russa e e’ a Torino per un master al Politecnico. E’ un architetto, specializzata in interni. E’ affascinata del fatto che sia un giornalista. Mi parla della giornalista russa Anna Politkovskaya, sua amica, e dei sospetti che dietro all'uccisione della coraggiosa cronista possa esserci il governo di Vladimir Putin.
Mi racconta delle confidenze ricevute sugli abusi sui diritti umani commessi dal governo Putin, in particolare in Cecenia.

- Era, dice, coraggiosa e impegnata nella ricerca della giustizia anche di fronte a precedenti minacce di morte.. . Non c'è nessuna speranza che le indagini diano risultati, come dimostrano casi precedenti...’

Smette di parlare di Anna.
- Basta parlare di morte. Stanotte voglio vivere la ‘’movida’’ torinese. Andiamo da te.

Mentre ripenso al nostro incontro, Hallia riemerge da dietro la mia figura riflessa nello specchio. E’ nuda.
Mi giro e la guardo. Ha un’ aria compiaciuta.
- Accidenti. Sei bellissima. Hai un corpo molto provocante.
Aiutandomi con i piedi mi libero dei mocassini. Allento la cintura dei pantaloni che scivolano a terra senza problemi, non porto intimo sotto. Mi stringe a se’. Mi bacia dolcemente il collo, mi mordicchia le orecchie mentre mi toglie la camicia. Mi spinge sul letto.
E’ su di me. I suoi seni premono sul mio petto. Accarezza il mio volto. Le nostre labbra si cercano. Si incollano. Le nostre lingue si attorcigliano. Un lungo bacio, carico di passione, di bramosia.
Le mie mani, lentamente, esplorano il suo corpo.
Continuiamo a baciarci.
Poi stacca le sue labbra dalle mie.
La sua bocca va verso i miei capezzoli e li mordicchia. Bacia il mio petto, il mio ventre, il mi pube. Senza aiutarsi con le mani comincia una delicata fellatio. Risale alle mie labbra. Le chiude con le sue. La sua lingua cerca la mia.
Sono sopra di lei.
Ora e’ la mia bocca ad assaporare il suo corpo, il suo seno, il suo monte di venere leggermente prominente, voluttuosamente invitante.
La spingo indietro verso i cuscini. Le mie dita accarezzano l’ interno delle sue cosce. Poi la lingua si sostituisce alle mani. Succhio delicatamente il suo clitoride. Mordicchio le sue grandi labbra.
Leggeri gemiti di piacere.
La mia mente veleggia nell’ aere della passione.
Mi faccio strada con le ginocchia fra le sue gambe mentre la bocca si incolla alla sua in un altro lungo bacio.
Entro dentro di lei.
I nostri corpi aderiscono sempre piu’. Ogni parte del mio corpo e toccato da ogni parte del suo. Tutto viene percepito col tatto. Ci muoviamo lentamente. Ogni tanto lei inarca la schiena per sentire meglio il mio pene. I nostri gesti sono lenti. Ogni movimento provoca nuove ondate di piacere.
Esausti giacciamo una affianco all’ altro. Le nostre mani continuano ad accarezzare i nostri corpi.
Scivoliamo in un nuovo abbraccio. Ci stringiamo forte l’ una contro l’ altro. Vedo le nostre immagini riflesse nel grande specchio davanti al letto.
Si gira su un lato e cade in un sonno profondo.
Un mio braccio le cinge le spalle.
La mia mente corre ai fatti della giornata.
Sorpresa. Bellezza.Vita. Morte. Passione.
Una bella giornata.
Preludio di un magnifico futuro.


martedì 29 luglio 2008

Una bella serata

Sto davanti alla finestra della mia camera, nell’ Hotel Napoleon, di Torino, in via XX Settembre. E’ all’ ultimo piano di un palazzo gentilizio nel cuore della citta’
Guardo il via vai della gente. In prevalenza sono persone eleganti. Siamo vicinissimi a via Roma, piazza S. Carlo, piazza Castello e via Po, dove sono i negozi piu’ eleganti.
E’ meta mattina. Mi sono svegliato da poco. Ero solo sul letto. Rifletto su quanto ho vissuto ieri sera e questa notte.
Vissuto?
O si e’ trattato di un sogno dalle trame sfilacciate?
Mi colpisce una donna ferma alla fermata del tram.
E’ lei?
Dall’ alto non riesco a vederla bene.
Aspetta. Cosa non so. Il tram no di certo perche’ non sale su quello che si ferma davanti a lei.
Alza lo sguardo. Intuisce di essere osservata o guarda l’ azzurro intenso del cielo?
Non e’ lei.
Faccio il suo numero di cellulare, ma una voce metallica risponde che il numero non e’ attivo.
Ricordo di una realta’ o frammenti di trame sfilacciate di un sogno.
Decido di uscire. Voglio visitare la citta’. Soprattutto i luoghi affollati: caffe e mercati. Li’ si conosce la gente, i loro pensieri. Li’ vivi l’ intimita’ di un posto.
‘’Che si dice stamattina nei Caffè?” Per essere informato sulla situazione politica, Carlo Alberto di Savoia-Carignano, rivolgeva spesso questa domanda ai propri consiglieri.
E’ vero la storia di una citta’ e’ scritta proprio nei caffe’.
Da cronista la mia prima uscita era andare a far colazione nel caffe’ storico di Cagliari, il ‘’Caffe’ Genovese’’, oggi ‘’Antico Caffe’’, nella centralissima piazza Costituzione. Molti dei miei articoli sono stati ispirati, suggeriti dalle persone che riconoscendomi mi avvicinavano per raccontarmi i problemi della citta’. Lo stesso avveniva ad Ancona quando mi fermavo al ‘’Caffe’ Torino’’.
Come Alessandro Dumas decido di far colazione al ‘’Bicerin’’, in piazza della Consolata.. Mi attira la sua cioccolata in bevanda detta il "bicerín": miscela di caffé, cioccolata calda fondente e crema di latte. Non si può essere a Torino senza averlo assaggiato.
Volutamente tralascio i ‘’Caffe’ Fiorio’’, preferito da Cavour, ‘’Baratti & Milano’’, sosta abituale di Giolitti e Einaudi, ‘’Caffe’ Torino’’, dove si rilassava De Gasperi, ‘’Mulassano’’ con le sale Art Nouveau predilette da Gozzano. Nel pomeriggio andro’ al ‘’Platti’’, in Corso Vittorio Emanuele, il locale di Cesare Pavese, uno dei miei autori preferiti.
Mentre gusto il ‘’bicerin’’ rifletto: la storia d’ Italia, politica e letteraria e’ stato scritta nei caffe’, non solo torinesi. Oggi, squallidamente, si cerca di farla nei salotti rissosi della TV.
Comincia la mia visita nei mercati.
Porta Palazzo in primo luogo: il piu’ grande mercato d’ Europa. Siamo a pochi passi dal Duomo e dalle porte Palatine.
Nelle bancarelle di piazza Repubblica, si trova di tutto: dalle scarpe all’abbigliamento, dai casalinghi ai giocattoli, dai prodotti alimentari di tutte le regioni d’Italia alle specialità di ogni parte del mondo. Gente di ogni dove.
La descrizione che Gabriel Garcia Marquez fa del mercato di Macondo, nel suo ‘’Cent’ anni di solitudine’’ si attaglia al melting pot di facce, idiomi, dialetti, etnie, presenti tra le bancarelle.
Dietro Porta Palazzo il mercato del Balôn prende il nome dall’omonima zona. A metà dell’Ottocento il luogo era frequentato dai rigattieri torinesi; oggi è il posto ideale per scoprire le botteghe che propongono prodotti e manufatti di ogni specie. Un punto di attrazione per i turisti. Piu’ bello e piu’ interessante di Porta Portese di Roma, Portobello di Londra e Mercatino delle pulci, dietro le Porte Clignancout a Parigi.
Avverto una mano che si posa delicatamente sulla mia spalla.
E’ lei. Di certo. Allora e’ realta’, non un sogno dalle trame sfilacciate.
Mi giro.
- Peter cosa ci fai qui a Torino? Quanti anni senza vederci.
Mi lancia un’ occhiata perplessa-
- Sono Anne Thoya.
- Certo che so chi sei. La sorpresa e’ grande. Non pensavo di incontrarti qui in Italia. Vivi sempre a Parigi. Lavori sempre con Roman, il grande chirurgo plastico francese?
- Certo che si’. Sono a Torino per un corso di aggiornamento con il prof. Hastings, il ‘’mago delle dive’’ di Hollywood. Un’ occasione unica. E’ la prima e unica volta in Europa. E tu?
- Sono a Torino alla ricerca della bellezza della vita. Ero certo di averla trovata … non ne sono piu’ sicuro …
- Il solito idealista.
Ascolto in silenzio. E’ piacevole l’ italiano perfetto di Anne con quella sua inflessione parigina.
C’ eravamo conosciuti, forse una decina d’ anni fa, a Parigi, a un congresso mondiale di chirurgia estetica. Ero sposato con Anna, una sua collega.
- Si’, prosegue, sei il solito idealista. Ti ho sempre visto come un uomo nobile, un uomo coraggioso, d’ azione anche, ma con una debolezza che forse e’ il tuo tallone d’ Achille: l’ idealismo. Questo e’ anche il pensiero di Anna.
Sto sempre in silenzio. Sto ad ascoltare.
- Pranziamo insieme? Ho alcune ore libere. Non avevo voglia di mangiare in ospedale e sono venuta a curiosare per mercati con la speranza di trovare qualcosa di utile per la mia casa.
- Con piacere. Ti propongo il Caffe’ Platti, il locale di Cesare Pavese. Avevo deciso di visitarlo nel pomeriggio.
Ci facciamo Tentare dalla Torta Platti, specialita’ della casa, una golosa abbondante monoporzione di delizioso gianduia servita con frutta. Chiudiamo con un caffe’. Niente liquori. Vogliamo stare ben svegli.
Ci diamo appuntamento per la serata.
- Torino, dice, ha una nuova regina, la notte. Ho non uno, ma mille desideri per rivederti e far tardi con te. Domani pomeriggio ritorno a Parigi.
- Va bene, rispondo, appuntamento al Caffe’ Mulassano, in piazza Castello. Alle 21.
Rientro al Caffe’ Platti. Ordino un altro caffe'. Penso al mio rapporto letterario con Cesare Pavese.
Non ci accomuna nulla. Io ho gran voglia di vivere. Non ho avuto un’ adolescenza difficile, ì traboccante di solitudine e di isolamento.
Come lui ho una orgogliosa voglia di affermazione ma diversamente da lui mi ritengo adattabile alla vita. I suoi libri, a partire dal ‘’Il mestiere di vivere’’, mi avvincono.
Ci unisce forse il gusto nelle discussioni, il trovarsi a suo agio nelle trattorie, assieme agli operai, ai venditori ambulanti, alla gente qualunque, tutti aspetti, al contrario di lui, che mi fanno amare la vita.
Mentre penso a Pavese, mi accorgo che altri punti ci uniscono: la poesia di Walt Whitman, Sinclair Lewis, la letteratura nordamericana.
Come lui amo la liberta’, gli orizzonti culturali, il desiderio di smuovere le incrostazioni, vecchie e nuove della societa’ italiana.
I suoi libri, ‘’Il carcere’’, ‘’Paesi Tuoi’’, ‘’La casa in collina’’, ‘’Dialoghi con Leucò’’, ‘’Verra’ la morte e avra’ i tuoi occhi’’, ‘’La bella estate’’, ‘’La luna e il falo’’, mi affascinano, mi intrigano, come contenuti, come stile. Grandi opere letterarie.
Ci divide la sua depressione, la sua inadattabilita’ alla vita, la sua voglia di suicidio.
Caffe’ Mulassano. Ore 21.
Anne e’ puntuale.
Bella, elegante. Un vestito di seta bianca a fasciarle il corpo. Uno scialle provenzale, di seta, per ripararsi dall’ umido della notte.
- Andiamo, dice, deve essere una notte straordinaria.
- Si’! Dovra’ essere uno sballo da morire.
- Vinerie, eccoci. Arriviamo.
Giriamo in lungo e in largo per il Quadrilatero Romano, un centro storico dal fascino antico, oggi invaso da localini, gallerie d'arte, vinerie, ristoranti, boutique aperte fino a tardi.
Anne sembra a suo agio e dimostra di conoscere molto bene la zona. E’ incurante della folla. Mi prende per mano per evitare che la gente possa dividerci.
Entriamo in una vineria. A stento riusciamo ad arrivare al bancone mentre una coppia si allontanava. Ci infiliamo nel posto vuoto. Siamo attaccati l’ una all’ altro per la mancanza di spazio.
Non ci importa. Accentuiamo il contatto fisico.
- Tutto bene?, chiedo.
Lei sorride. Uno splendido sorriso a illuminare il suo bel volto.
- Col tuo braccio intorno a me. Con la tua spalla contro la mia …oh, Peter, sono disposta ad affrontare anche la morte.
Sorrido.
Anne prende il suo bicchiere di vino, un Nebbiolo d’ Alba. Lo porta alle labbra e vi lascia le sue impronte. Poi fa appoggiare le mie labbra sulle sue sul vetro del bicchiere e mi offre un sorso. Tiene gli occhi chiusi, languida. Non e’ un contatto fisico, eppure e’ un gesto di una intimita’ sconvolgente. Un brivido di emezione percorre i nostri corpi. A quel punto potevamo metterci a fare l’ amore sul bancone.
- Che ne dici di un po’ di giochi d’ amore?, dice a voce alta, che solo io sento perche’ la sua bocca e’ attaccata al mio orecchio. Il frastuono del locale copre la sua proposta.
Usciamo. A fatica, ma usciamo. Mentre uscivamo dalla vineria, riesco a scambiare un solo sguardo con Anne, nel suo leggo il desiderio.
Camminiamo. Ci teniamo per mano, ci baciamo. Cammina sottobraccio. Sceglie la strada da percorrere. Arriviamo ai Murazzi, le arcate che costeggiano il Po, un tempo ricovero di barche.
Ci rifugiamo sotto un’ arcata, al buio.
- I giochi d’ amore dopo. Da me o da te. Oppure da me e poi da te.
Mi tira a se’, mi cinge con un braccio e dice
- Ti desidero. Lo sai? Si’ lo hai sempre saputo.
- Ti desidero anch’ io, rispondo.
Ci baciamo per piu’ di un minuto, dapprima con bramosia, poi con tenerezza, con la mia mano affondata sui suoi capelli e la sua che mi carezza il collo.
- Sono felice, dice, mi rendi tutto cosi’ felice, indimenticabile. E’ una bella serata per l’ amore.
La bacio ancora, con passione.
Improvvisamente si affloscia davanti a me come uno zampillo d’ acqua che finisce e giace raggomitolata ai miei piedi. E’ bellissima.
Mi inchino e lentamente tolgo dal suo petto il mio coltello a serramanico. E’ come succhiarle la vita.
E’ una bella serata per la morte.

lunedì 28 luglio 2008

Trasformazione

Una immagine nel web. Sorriso radioso, dolce, tenero ad illuminare il volto.
Le sue parole. I suoi scritti. Grande sensibilita’. Rispecchiano il sorriso.
La sua voce al telefono.
Grande emozione.
E’ come se ci conoscessimo da tempo. Parliamo a lungo con grande confidenza. Siamo un torrente in piena. Ci raccontiamo con intimita’ senza remore.
Oggi ci incontreremo. Appuntamento in piazza Castello al Caffe’ Mulassano. Locale ricco di storia, il primo ad essere eletto locale storico della città dall’Associazione Locali Storici d’Italia. Caffe’, dove Re Vittorio con Garibaldi fecero un brindisi con del vermouth.
Arrivo per tempo. Non amo fare tardi.
La vedo entrare.
Il gioco di specchi, all’ interno del caffe’, moltiplicano la sua immagine all’infinito, ed il riflesso nei suoi occhi dei legni su cui spiccano gli ornati in oro, impreziosiscono il suo volto. E’ di buon umore. Lo si capisce. Sa di essere bella.
Mi alzo. Le vado incontro. Ci abbracciamo e ci baciamo, preme la sua guancia contro la mia, per un attimo i nostri due visi aderiscono come incollati. Ci guardiamo. In silenzio. A lungo.E’ la prima volta che ci vediamo, ma i nostri sguardi e’ come se cercassero i cambiamenti avvenuti nel periodo i cui non ci siamo viti. Sorridiamo. L’ esame e’ stato positivo. Non siamo cambiati molto. E’ come ci ricordavamo. Il tempo sembra non essere passato.
La sua mano si posa delicatamente sulla mia spalla. L’ abbraccio, di nuovo, forte.
- Andra’ tutto bene, dico.
- Lo so.
- Ssst!, dico sottovoce.
Fino a quel momento non mi ero accorto di stare intensamente bene con lei. Avrei dovuto notarlo subito, e invece la cosa mi era sfuggita. L’ averlo finalmente appreso mi fa sentire bene, mi da' la sensazione di essere un uomo fortunato. E mi rende anche un po’ umile, in fondo. Mi fa dimenticare di essere un serial killer.
Siamo in piedi. Siamo ancora vicinissimi. Attaccati.
- Dai forza, protesto garbatamente, la gente ci guarda.
Vedo il cameriere ridacchiare.
Ci sediamo.
Parliamo. Parliamo. Le nostre vite si dipanano senza reticenze, pudori. Ci alziamo e usciamo.
Piazza Castello vero cuore pulsante della città sulla quale si affacciano gli edifici più prestigiosi del capoluogo piemontese. La grande piazza quadrangolare, da sempre fulcro storico e politico della città. Al centro palazzo Madama, l'antico castello da cui la piazza prende il nome, circondato da tre monumenti: dedicati all'Alfiere dell'Esercito sardo,ai Cavalieri d'Italia e a Emanuele Filiberto duca d'Aosta.
Camminiamo. Attraversiamo la piazza e ci dirigiamo verso i Giardini Reali, all’ interno delle antiche fortificazioni. Passeggiamo tra le aiuole ammirando le fontane del Tritone e delle Nereidi.
Si ferma e con il braccio fa fermare anche me. Mi mette un dito sulle labbra con estrema delicatezza e dice ‘’Ssst!’’. Poi fa scivolare la sua mano nella mia cosi’ che le nostre dita si serrano e riprendiamo a camminare. Mi si fa accanto con tutto il corpo. Poco piu’ avanti si avvicina ancora di piu’. La sue labbra sfiorano lievemente il mio orcchio. Dopo comincia a mordicchiarlo. L’ abbraccio. Inostri corpi si avvinghiano. Cerco le sue labbra. Un lungo e appassionato bacio. Le nostre lingue si cercano, si trovano, si attorcigliano. E’ come succhiarsi la vita. Un lungo, infinto bacio.
A stento ci stacchiamo.
Ci guardiamo. I nostri occhi quasi toccano.
- Cosa ci e’ successo, dice.
- Luce del sole, buongiorno. Mi sento bene.
- La luce si e’ accesa.
- Si’! Mi sento bene in un modo speciale. Sono innamorato. E’ un giorno pieno di sole.
- Buon giorno luce, dice e cerca di nuovo le mie labbra.
Riprendiamo a camminare. Arriviamo alla Mole Antonelliana. L’ ascensore sale e lo sguardo si confonde nello spettacolo dell’ Aula del Tempio, nella cupola disegnata di luci e colori fino ad aprirsi al panorama: Torino, i suoi palazzi e i suoi giardini visti dalla cima del museo piu’ alto del mondo.
Mi stringo a lei:
- Di’ la parola e sii come me, dico, pronuncia la parola a cui stai pensando. E’ cosi’ bella, piena di sole. Di’ la parola e sarai libera.
- Amore. La parola e’ amore.
- Si’!
Il suo viso irraggia calore, come se un qualcosa di trasparente la illumini dall’ interno. La stringo forte a me e la bacio a lungo, incurante degli altri visitatori. L’ aria si muove, azzurra, felice come la luce sugli edifici della citta’.
Usciamo.
In un modo o nell’ altro raggiungiamo l’ hotel Napoleon in via XX Settembre, dove ho prenotato per due.
Entriamo in camera e i nostri corpi si cercano immediatamente. Ci aiutiamo a spogliarci.
Sul letto i nostri corpi aderiscono, si attorcigliano, si contorcono l’ uno sull’ altro. Ogni parte del mio corpo e’ toccato da ogni parte del corpo di lei. Tutto viene percepito con il tatto. Le bacio i seni, stringo delicatamente i suoi capezzoli e le mie labbra e la mia lingua godono del suo corpo, del suo ventre delle sue natiche, dell’ interno delle sue cosce. Nel calore del letto ci dimeniamo lentamente, dolcemente, traendo da ogni movimento nuove ondate di piacere. Per ore, i nostri corpi vibrano in un’ armonia misurata.
Ci stacchiamo. Restiamo sul letto. I corpi continuano ad essere toccati con tenere mani

domenica 20 luglio 2008

La dorata eternita'

Stacco le mie labbra dalle sue.
Prendo un attimo per respirare.
- Ti amo. Ti ho amata da quando ti ho incontrato in ospedale per la prima volta. Solo che non me n’ ero mai accorto fino a questo momento.
Avevamo fatto l’ amore, totalmente disinibiti, con foga travolgente, senza nessuna vergogna, senza avere voglia di smettere.
Ancora le nostre labbra si cercano. Un bacio lungo, appassionato.
Siamo distesi accanto.
- This is the knowledge that sees the golden
Eternity in all things, wich is us, you
Me, and wich is no longer us, you, me
Dico, citando una poesia di Jack Kerouc.
- E’ vero, risponde, questa e’ la conoscenza che vede in tutte le cose una dorata eternita’, che e’ noi, te, me, e non piu’ noi, te e me.
Quanto ci vuole, penso, per vivere una vita, e come si fa in fretta, invece, a raccontarla. Morire … e’ poi un attimo. E’ sufficiente affondare il coltello nel petto sotto la mammella sinistra. Il cuore diviso in due … neanche l’ attimo per un ultimo pensiero.
Mentre la mia pattadese entra lentamente nel suo petto, dico:
- Aspetta un poco, chiudi gli occhi, ascolta l’ intrinseco silenzio del grembo del mondo…

sabato 19 luglio 2008

Pensieri


Sono nervoso. Non sono mai stato cosi’ nervoso in vita mia.
Sono a letto.
La svolta!
Perche’?
Sono costretto ad alzarmi.
Cammino e ricammino avanti e indietro per la stanza.
Mi fermo. Resto immobile.
Mi butto sul letto.
Ora ho una espressione impassibile, quasi raggelata.
Le vittime, penso, e’ meglio sceglierle che trovarle.
Ogni volta e’ un’ emozione, come la prima volta. Resto sempre senza fiato.
Il delitto, l’ assassinio, la morte non e’ una vicenda che affonda le sue radici nel male piu’ profondo dell’ uomo. E’ un momento esaltante: la vita e la morte nelle tue mani. Un potere supremo: dispensare la vita o la morte.
Chiudo gli occhi.
Immagini si affollano nella mia mente. I loro contorni emergono con sempre maggiore precisione, i dettagli si fanno sempre piu’ evidenti, come una pellicola fotografica che si sviluppa.
Il corpo e’ supino. Un coltello piantato nel ventre.
Il coltello la trafigge. La lama dalla schiena entra nei polmoni e continua un po’ di traverso, tagliando in due parti uguali il cuore. Per la vittima neanche il tempo per ul ultimo pensiero.
La punta metallica preme sulla pelle. Ancora una piccola spinta e la punta si conficca nell’ arteria giugulare. Il sangue sgorga a fiotti, scende sul petto e si ferma sul ventre bloccato dai peli del pube.
Atti perfettamente compiuti, anche se in episodi diversi. Esaltanti.
La svolta!
Mi placo.
E’ bello poter contare su una persona che si conosce. Da sempre.
La svolta!
La trasformazione ha del prodigioso!

venerdì 18 luglio 2008

La svolta






Davanti a me il Palazzo Reale.
Piazza Castello o Piazza Palazzo?
Due diverse citta’, ma un’ unica casa regnante, i Savoia del Regno di Sardegna.
Piazza Castello o Piazza Palazzo?
Soffia un venticello sbarazzino, svogliato, ma piacevole e voluttuoso. Ozio languidamente. Godo della frescura.
- Peter!
Mi giro. Davanti a me una bella signora.
- Peter!, ripete.
Il mio nome si rincorre con altre voci nell’ aria viola, pallida di una sera di luglio. Voli di rondini impazzite nel cielo sulla piazza.
-Peter. So chi sei. Non puoi sfuggire e fuggire.
I suoi occhi sono come il drospide, iridescenti o come il gefide celeste.
Arrivano a noi sussurri e risa di giovani che affollano la piazza. Le promesse della vita.
- Anche io so chi sei, rispondo, ti aspettavo da tempo. Non fuggo. Io ci sono sempre, ci sono sempre stato.
Camminiamo insieme. In silenzio.
E’ la prima volta che ci incontriamo, ma e’ come se ci conoscessimo da tempo.
Il pavimento della piazza e’ come divorato dai passi della gente. Ascoltiamo la loro eco sul selciato sonoro.
Fiotti di luce accecante arrivano dai negozi: piccoli occhi rossi, un rosso intenso come il sangue che esce a fiotti da una ferita da coltello, guide misteriose…
Il tramonto acuisce le luci. Tra un’ ora il giorno non ci sara’ piu’. Solo quelle colline lontane, Superga?, monte Urpinu?, figlie del tempo, lo sanno che arriveranno presto i veli della notte.
La vedo e sento rabbrividire.
Paura o e’ stato per il leggero vento della sera.
- Terrore di stare con un serialkiller?, dico.
- No! In te leggo dolcezza e non crudelta’. Vedo insofferenza e ribellione, ma sei mansuetudine, tenerezza, amore. Non ho paura. Ho il magone perche’ credo di essermi innamorata di te.
Muta, nascosta, una massa incandescente preme violenta nel mio petto. Ribolle. Quelle parole, ora mie, tornano a lei di rimando.
Continuiamo a camminare in silenzio. Sentiamo la musica di un archetto: note di dolcezza.
Sentiamo gettiti improvvisi di lapilli fosforescenti.
E’ un’ esplosione. Una suprema alchimia.
Le nostre anime, i nostri corpi si allacciano. Sono cavalli senza briglia in corsa selvaggia.
Il Palazzo Reale, di piazza Castello?, di piazza Palazzo?, stupito guarda l’ abbraccio.
Il mare lontano?, il colle di Superga?, affacciato nell’ immenso, suscita echi di felicita’, di un paradiso trovato.
L’ attesa si e’ conclusa?
La bellezza rivive?
O sono trame sfilacciate di sogni … ?



domenica 13 luglio 2008

''Games''









Il caldo della notte e’ tanto e e’ reso appiccicoso dalla gente che assiepa il centro storico di Chieti nella serata conclusiva della Settimana Mozartiana.
Corso Marrucino, piazza Umberto I, piazza Vico, l’ Antica Pescheria, Porta Pescara, il cuore della citta’ e’ sovraffollato. La densita’ della gente impedisce per qualche istante di camminare.
Sono davanti al Teatro Marruccino. Sono diretto verso porta Pescara dove e’ in programma un concerto del Marcello Sebastiani Alice Projec, una indovinata fusion tra jazz e musica mozartiana.
Mi sento toccare leggermente una spalla. Non e’ un contatto casuale dovuto alla calca.
Mi giro per vedere chi mi cerca.
Athijn!
‘’Hi, Peter. Do you remember me?’’
‘’Of course, Athijn! Certamente che ti ricordo. Come dimenticare la giovane, dolce, deliziosa, bella compagna di un viaggio da Roma a Chieti. L’ indianina, il medico di Mombay, che fa ricerche sull’ invecchiamento, alla quale il governo del suo paese ha concesso una borsa di studio per perfezionare i suoi studi nell’ Universita’ teatina’’.
‘’Sono sola. Mi fai compagnia?’’
‘’Sola? Una cosi’ giovane e bella donna sola? E’ possibile? Sei qui da sei mesi avrai fatto delle amicizie?’’
‘’Passo tante ore in laboratorio. I miei colleghi italiani sono tutti sposati. Le loro mogli sono gelose. Hanno paura dell’ esotico’’.
‘’Dai forza, andiamo. Quale concerto vuoi seguire’’.
‘’Non avevo una meta precisa. Mi intrigava ‘’Games’’, lo spettacolo di balletto al parco della Villa Comunale. La coreografa e regista Anna Palmieri, con Corpo di ballo del Teatro Marrucino musica di W.A. Mozart ha realizzato un balletto sui giochi, una metafora della vita e della morte’’.
Prendo l’ idea al volo. Mi piace.
‘’Per me va bene’’.
Avevo sempre sperato di incontrare di nuovo Athijn. Una volta ero andata a cercarla alla facolta’ di medicina. Avevo desistito per la nostra differenza d’ eta’.
Camminiamo per tutto il corso Marrucino. Da piazza Umberto I arrivano le note di Luis Bacalov, un pianista argentino e del suo Trio MozartLatino. Passiamo davanti piazza Vico con le voci dei solisti del Coro del Teatro Marrucino con Fabio D’Orazio, pianoforte.
Il corso e’ illuminato a giorno. I suoi palazzi storici fanno bella mostra.
Per la gran ressa camminiamo con i corpi quasi attaccati. Deve piacerle. Mi sembra accentui il contatto. Mi prende la mano.
‘’Non voglio che la gente ci divida’’.
Ci guardano. Guardano lei. La sua bellezza esotica illumina l’ intera strada. Indossa un vestito in seta indiana, adatto tanto al clima quanto alla serata.
‘’Tutto bene?’’
Lei sorride.
‘’La tua mano mi da sicurezza. Sono disposta ad affrontare pure la morte’’.
Penso, in fondo, non si muore che una sola volta.
Lo spettacolo di balletto comincia.
Anche nel parco della villa comunale la gente e’ tanta, a strati.
Lei continua a restarmi attaccata.
Mi giro per guardarla e complice un leggero urto le mie labbra trovano le sue. Oso. La bacio rapidamente. Accetta. Ho la sensazione di essere un uomo fortunato.
Avanzando a fatica, avvinghiati l’ uno all’ altra per la mancanza di spazio, la conduco all’ estremita’ del parco, la’ dove non c’ era spettacolo e gente. Ci appoggiamo a un albero. La stringo a me. Le nostre bocche si incollano. Le mani accarezzano i nostri corpi.
Allento l’ abbraccio.
Le scivola a terra lungo il tronco dell’ albero che ci proteggeva da occhi indiscreti. Giace raggomitolata ai miei piedi.
Arrivano le note di Mozart.
Lei e’ bella, ancora piu’ bella ora che e’ stesa a terra.
Mi siedo accanto a lei.
‘’Devo andarmene sola nel buio. Il buio mi fa paura’’.
Le sue labbra cercano le mie mie.
Il mento le cade sul petto.
Se ne’ e’ andata, per non tornare mai piu’
Non respira piu’.
Dal suo corpo, dal suo fianco, tiro fuori il mio coltello a serramanico. Lentamente, per succhiarle la vita.
Al suo posto una cavita’ con del sangue all’ interno.
Mi allontano. Raggiungo il bar e ordino una grappa, la bevo tutta d’ un fiato e accendo un Toscano.
Addio!

sabato 12 luglio 2008

Mozart e il suo Don Giovanni





La’ ci darem la mano,
la’ mi dirai di si’,
vedi non e’ lontano,
partiam, ben mio, da qui.

La musica e le parole del famoso duettino tra Don Giovanni e Zerlina, del Don Giovanni di Mozart, salgono dal palco installato in piazza Umberto I di Chieti, dove e’ in svolgimento la settimana mozartiana, e arrivano sul divano nel quale Hannah ed io stiamo sorseggiando una grappa dopo la cena.
Ho conosciuto Hannah due sere prima nel parco della villa comunale dove era in programma un concerto opera di Salieri. A presentarci e’ stato Patrizio, docente universitario, un vecchio amico di quando stavo ad Ancona.
Abbiamo subito simpatizzato.
Il giorno dopo mi ha invitato ad accompagnarla a Rapino, un paesino di poco piu’ di mille abitanti, nel parco della Maiella, a una ventina di chilometri da Chieti. Ha li’ una casa in un borgo fuori paese: una decina di abitazioni di contadini e pastori.
Hannah, insegnante di religione, cinquantenne, divorziata, capelli biondi, lunghi, mossi. Un corpo che non si faceva fatica ad indovinare, anche se indossava un vestito largo e comodo. Un corpo attraente che appariva e scompariva dietro le aderenze del vestito di lino blu. Guardando i suoi occhi, celesti, di un intenso cielo, immagino quel corpo, piacente, con la pelle ambrata dall’ abbronzatura.
Ha accettato la mia corte, discreta, non invadente. Ho capito di non esserle indifferente dagli sguardi e dal suo cercare il contatto fisico e dal suo non reagire, quasi lusingata da tutte le mie attenzioni.
Poi questo invito a cena.
‘’Domani sera alle 20:30 a casa mia, in piazza Umberto I. Dopo cena seduti in salotto ascolteremo il Don Giovanni in una edizione opera-concerto. Nella mia posizione di insegnante di religione e’ bene essere discreti e non farci vedere insieme. Chieti e’ provinciale: ci si conosce tutti e si spettegola di tutti. Se mi vedessero con uno che non e’ del posto …’’.
‘’Quale e’ il problema? dico, temi che sia una cosa poco rispettabile? Solo i falsamente per bene, che mettono le corna alla moglie o al marito, sono convinti che un uomo e una donna non possono trascorrere una notte nella stessa stanza senza andare a letto insieme. Non temere saro’ discreto’’
‘’Lascero’ il portone aperto. Sto all’ ultimo piano’’.
Arrivo puntuale. Ho con me una pianta di orchidee. L’ orchidea e’ un fiore che mi piace: la sua forma carnosa, voluttuosa, mi ricorda il sesso femminile.
Prende il vaso in ceramica e lo dispone davanti alla porta finestra del soggiorno, sulla piazza dove c’ e’ anche il Palazzo del Governo, dove la mattina batte il sole, accanto a una fila di vasetti di coccio (quelli in plastica non le piacciono) con altrettante piantine di varie specie che acquistava di tanto in tanto nel non lontano mercatino di piazza Malta, nel centro storico della citta’.
E’ ancora luce, ma ci si avvia al crepuscolo.
‘’Il calare della luce, mi dice, e’ sempre un’ ora malinconica. Il giorno sta morendo, proprio come le speranze e la giovinezza. E’ il momento in cui sei certa che i tuoi sogni non si realizzeranno mai piu’’.
‘’I sogni si realizzano sempre: forse anche stasera’’, rispondo e le sfioro il viso e gli occhi con una leggera carezza.
Il soggiorno, dove mangiamo, e’ illuminato da sole candele posate su candelabri d’ argento sul tavolo.
Cena semplice: spaghettini al tartufo estivo di Norcia, un pecorino maturato e stagionato nella crusca, acquistato da un pastore di Rapino, e Montelpuciano d’ Abruzzo, un rosso prodotto da un viticoltore della valle del Sangro.






Vorrei, e non vorrei,
mi trema un poco il cor,
felice, e’ ver, sarei

Duetta Zerlina con Don Giovanni, la quale sembra parlare per Hannah.
La musica e le parole si fanno complici della nostra serata.

Vieni, mio bel diletto!
Io cangiero’ tuo sorte!

Presto non son piu’ forte!

Vieni! Vieni!

Mentre Zerlina e Don Giovanni chiudono il duettino cantando insieme

Andiam, andiam, mio bene,
a ristorare le pene
d’ un innocente amor!

All’ improvviso, senza nemmeno rendercene conto ci troviamo l’ una nella braccia dell’altro. Le nostre labbra si uniscono in un lungo bacio. Le lingue si attorcigliano.
Le dico quello che di solito si dice quando ci si sente in un certo modo.
‘’Mi piaci. Mi sei piaciuta subito, quando Patrizio ci ha fatto incontrare’’.
Prendo un po’ di tempo per respirare, stacco le mie labbra dalle sue e mi libero dal suo abbraccio.
‘’Mi dispiace, dico, forse sono stato troppo frettoloso. Non accadra’ mai piu’. Vado via…’’
Hannah dice solo quattro parole. Tutte quelle che servivano. Non ne occorrevano di piu’ per far capire cosa volesse.
‘’Non farlo.Ti prego’’

Finc’ han del vino calda la testa
Una gran festa fa preparar

La musica e le parole del Don Giovanni si perdono nella nostra tormenta di sensi

Senza alcun ordine la danza sia
Chi ‘l minuetto chi la follia,
Chi l’ alemanna farai ballare.
Ed io frattanto dall’ altro canto
……….. vo’ amoreggiar

Ci cerchiamo. Le nostre mani vagano sui nostri corpi.
Le fiamme delle candele, mosse da una leggera corrente che con la musica arriva dalle finestre sulla piazza, si alimentano, quasi cannibalescamente delle proprie sgocciolature.
Hannah e io seguiamo il movimento delle fiamme delle candele, che danno alla stanza un colore rossastro, e ci alimentiamo, quasi cannibalescamente , dei nostri corpi.

batti, batti, ......
la tua povera Zerlina;
starò qui come agnellina ........
ad aspettar.
lascierò straziarmi il crine,
lascierò cavarmi gli occhi,
e le care tue manine
lieta poi saprò baciar.
ah, lo vedo, non hai core!
pace, pace, o vita mia,
in contento ed allegria
notte e dì vogliam passar,

Facciamo l’ amore sul divano.
Il divano e’ la nostra alcova. Le allargo le gambe. Le bacio le cosce, il ventre rotondo, il suo petto, le sue tette. Sento vibrare tutto il suo corpo. Mi solleva e con la mano fa entrare il pene nella sua vagina.
Tanto passionale, quasi animalesco, era stato il nostro rapporto, quanto delicata e’ stata la penetrazione, l’ entrare nel suo ventre e continuare nel coito.
Mi guarda con i suoi occhi azzurri, metallici, innocenti. Le nostre bocche si cercano. Le lingue si attorcigliano.
Con dolcezza spingo il mio pene nel suo ventre.
Improvvisamente, senza interrompere la scopata, allungo la mano destra verso i miei pantaloni. Senza movimenti bruschi recupero la mia leppa, un coltello a serramanico, e lo infilo nel suo ventre, tirando su con la lama, come i pastori fanno quando sventrano la pecora.


Ah, l'assassino mel trucidò.
Quel sangue - quella piaga -
quel volto,tinto e coperto del color di morte
-ei non respira più -
fredde ha le membra
-padre mio!... caro padre!...
padre amato!...
io manco... io moro.
A casa andiamo!
A cenar in compagnia!

Mi libero del suo abbraccio mortale, mi alzo, mi rassetto e esco.
Il Don Giovanni e’ alle battute finali

Ed io vado all'osteria
A trovar padron miglior.

Resti dunque quel birbon
Con Proserpina e Pluton.
E noi tutti, o buona gente,
Ripetiam allegramente
L'antichissima canzon:
TUTTI:


Questo è il fin di chi fa mal;
E de' perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual.


venerdì 11 luglio 2008

Felicita'



C' e' un solo mezzo in questo mondo per essere felici, ed e' quello di fare tutto quello che si puo' fare per rendere felici gli altri.


So che le donne amate, per essere felici, hanno bisogno di essere uccise. Io le rendo felici.


Il modo migliore per amare una donna e' pensare al fatto che si potrebbe perderla. La morte per mia mano e' averla per sempre.


Con la morte dono eta' e splendore impareggiabili, di bellezza tale da sfuggire alla piena comprensione degli uomini.


Che cosa e' la pietra del buio e delle tenebra?


E' la fine che appartiene all' oscurita'...


Che cosa significa fine?


E' un luogo in cui vi e' solo ricordo dell' eta' e della bellezza avute in dono.


mercoledì 9 luglio 2008

Immagini


Ho bisogno di dipingere immagini sia per me stesso, sia per le altre persone.

lunedì 7 luglio 2008

Morte: il senso vero della vita!


La strada verso il vero e' sempre cosi' lontana.

La verita' e' che per me quelle donne non erano niente. A me, alle mosche, ai vermi della decomposizione interessa solo la danza della morte.

Quando le uccidevo finiva il loro dramma e la loro vita diventava passato. Tutto finiva nel passato.

Dovevano morire affinche' la vita sia in me. Il solo mio bisogno e' di continuare ad essere generatore di morte.

Cio' che io credo e' in questa verita' e chiunque pensi diversamente e' nel falso, non conosce il senso vero della vita: la morte.

domenica 6 luglio 2008

L' assurdo al di la'

Stanotte ha squillato il telefono
Una voce conosciuta
Hannah
''La mia morte piena di fiori''
Scuoto la testa
''Ti voglio parlare
Mi hai messo un braccio intorno al collo
Mi hai abbracciata da morire
Nell' oscurita' rivedo le nostri notti d' amore
Quali notti potrei dimenticare?
E vado verso la citta'
Ma quale citta'?
Il freddo, il buio, la terra mi trattengono
Ho le gambe pesanti per la fatica
E io sono terribilmente stanca
Vedo gli altri che corrono
Guardo la gente che si affanna
A fare progetti inesistenti
Gente inesistente e cieca
Scomparira' del tutto quando il giorno ruotera'
Smettetela di correre intorno
Non siate sempre in movimento
C' e', c' e' un posto
C' e' un posto
Dove si dorme la beatitudine
Cos' e' quel sangue sulle tue mani
O amore caro, dillo a me,
E' il mio sangue
Che usci' da me con la mia vita''
Mi sveglio
Ero a letto e mi rigiravo di qua e di la'
Un brivido da far salire il termometro
Mi da' un sensazione di piacere
Guardo il telefono, muto
Non puoi immaginare quanto mi piaci