La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

domenica 30 novembre 2008

Elogio di un serial killer






Qualunque cosa dicano di me - non nascondo, infatti, quanto il mio essere serial killer sia poi quello che gli altri vorrebbero essere - io sono la prova che, io solo, scrivo, io solo, ho il dono di dare felicita' e serenita' alle donne.

Eterna serenita'.
Eterna felicita'.
Alle donne!

Ipocritamente, voi uomini che mi leggete, ma anche voi donne, detestate le mia gesta, le mie azioni. In cuor vostro, invece, vorreste essere al mio posto. Immaginando di esserlo vi inebriate come se beveste il Nepente delle mie terre, della mia Sardegna, che ubriaco' il pur astemio Vate, Gabriele d' Annunzio.
In un articolo pubblicato nel Corriere della Sera, Gabriele D’ Annunzio, prendendo spunto del libro di Barth, parla di tanti ricordi personali, e poi dice che egli ‘’acquatile’’, non potrebbe dare all’ amico che scarso ragguaglio delle taverne pisane. Ma se l’ amico battera’ alla porta della sua casa, egli potra’ fargli assaggiare un nettare – degno veramente degli dei – che hanno prodotto le vigne di Oliena.

Il Vate ricorda il suo viaggio giovanile in Sardegna, fatto in compagnia di Edoardo Scarfoglio, direttore del quotidiano il Mattino di Napoli, e di Cesare Pascarella, poeta napoletano, e fa un meraviglioso elogio del vino di Oliena.

‘’…io vi prometto – scrive D’ Annunzio – di sacrificare alla vostra sete un boccione d’ olente vino di Oliena serbato da moltissimi anni in memoria della piu’ vasta sbornia di cui sia stato io testimone e complice…’’
‘’Non conoscete il Nepente di Oliena neppure per fama? Ahi lasso! Io sono certo – scrive ancora il poeta – che, se ne beveste un sorso, non vorreste mai piu’ partirvi dall’ ombra delle candide rupi, e scegliereste per vostro eremo una di quelle cellette scarpellate nel macigno che i Sardi chiamano Domos de Janas, per quivi spugnosamente vivere in estasi fra caratello e quarteruolo. Io non lo conosco se non all’ odore; e l’ odore, indicibile basto’ a inebriarmi.

’’Nel descrivere la sbornia di Oliena il Vate racconta: ‘’giungemmo nella patria del rimatore Raimondo Congiu piena di pastori e tessitrici, ricca di olio e di miele, ospitale tra i Sepolcri dei Giganti e le Case delle Fate (Domos de Janas). Subito i maggiorenti del popolo ci vennero incontro sulla via come a ospiti ignoti; e ciascuno volle farci gli onori della sua soglia, a gara…’’

‘’…Esso poi e il Quinte si riempirono di un letargo che duro’ due giorni. Ma in tutto (udite, o luterano ligio alle regole papali!) la sbornia d’ Oliena fu quadriduana.’’

Ebbene il Vate ed io siamo sullo stesso piano nel dare piacere alle donne.
Il poeta con i suoi versi, con le raffinate stanze, alcove d' amore immaginifico; io, al pari tempo dispenso piacere con l' amore, ma soprattutto con la affilata lama della mia pattadese.
Quando la punta entra nelle femminee carni avviene come quando il primo sole mostra alla terra il suo dorato splendore dei caldi raggi, o quando, dopo un crudo inverno, a primavera soffiano dolci e caldi venti dal sud e tutta la natura muta di colpo aspetto, assumendo nuovi colori e torna a vivere. Ma, ancor piu', visibilmente la giovinezza si ferma, ...E-T-E-R-N-A..., mentre la lama spacca il cuore della mia donna, e un gorgoglio esce dalla sua gola. Mia donna felice per l' amore ricevuto, grata per avere bloccato il deturpante tempo. Riconoscente per avere fermato la fatica, la malattia, la vecchiaia.
La lama della mia pattadese accarezza il corpo della mia donna come panacea, nepente, maggiorana, ambrosio, loto rose, viole e giacinti accarezzano le dee nel giardino di Adone, sacro a Venere.

''Se - come afferma Erasmo da Rotterdam - infatti, non senza saggezza qualcuno ha scritto che essere un dio proprio questo significa: giovare ai mortali; se a buon diritto sono stati accolti nel consesso degli dei coloro ai quali i mortali debbano il vino, il grano e simili beni'', perche' io, serio, onesto, professionale serial killer, non dovrei a buon titolo essere considerato il primo tra gli dei? Sono infatti prodigo di tutti i doni e soprattutto dispenso il piu' dolce, sereno, eterno dono: la preziosa morte, sorgente e radice della natura eterna.

http://myspacetv.com/index.cfm?fuseaction=vids.individual&videoid=31976945


di

Kompozitorz



sabato 29 novembre 2008

Versarmi altro te'




Tazza sbeccata
Te' fumante
Due paia di calze di lana
Disfatto tutto il letto
Eccola ancora l' immagine
Hathijn
Perfettamente immobile
Perfettamente in silenzio
Sul letto al buio
La lama contro il ventre
Traccio lentamente una linea
Tocco i morbidi rilievi dei seni
Brivido caldo attraverso la schiena
Spaccarle il cuore
Gorgoglio strozzato in gola
Eccola ancora l' immagine
Versarmi altro te'






Kompozitorz


giovedì 27 novembre 2008

domenica 23 novembre 2008

Asilo per la lama


Ventre glorioso

KoChav dolce amante

Mio sollazzo

Seni da desiderio

Asilo per la lama


Il Cadetto suicidato, romanzo di Mario Agati


Cari lettori,vi segnalo "Il cadetto suicidato", romanzo dell'amico Mario Agati . Non l'ho ancora letto, ma sono sicura che si tratta di un romanzo avvincente e coinvolgente, conoscendo quel che Mario sa esprimere con la scrittura. Intanto l'ho già richiesto alla casa editrice e quindi colmerò presto la lacuna.

Segue una recensione del libro.

Intrighi e passioni in una Modena fine anni Settanta, sospesa fra il reale e l’immaginario, fra cioè che è ancora e ciò che non è mai stato.L’accademia militare è segnata da un delitto, le indagini si snodano frenetiche portando alla luce fermenti ideologici, bassezze, meschinità personali e ambientali; ma anche amore, pietà e coraggio.Mario Agati avvince con una prosa ricca e fluida che interseca tempi diversi; i suoi personaggi dinamici si muovono con naturalezza in uno scenario che vibra dal giallo al noir. (Guglielmo Leoni)


INCIPIT :

Riccardo Ricci era un giovane timido e sensibile.Il padre, un misero impiegatuccio di provincia, era morto di stenti in un campo di prigionia. La madre, inetta e malaticcia, consumava i suoi ultimi giorni fra lacrime e pavimenti da lavare.Riccardo odiava i suoi genitori. Lui non sarebbe stato come loro.

QUARTA DI COPERTINA :

"L'Accademia militare di Modena è un'istituzione ottocentesca, ed ottocentesca è l' atmosfera che vi si respira ancora oggi. Ogni anno un centinaio di giovani sono iniziati ad una vita collegiale fatta di sacrifici, di spartana disciplina, di esigue quanto rare libere uscite, di sterili studi. Le attività addestrative sono varie, le materie molte; ma le preoccupazioni più grosse, spesso addirittura drammatiche, rimangono il grado di lucentezza delle calzature, il perfetto assetto degli innumerevoli bottoni, la giusta tonalità del battito dei tacchi, la perfezione millimetrice del livello di inclinazione del braccio nel saluto militare, la corretta posizione a tavola, l' assoluta reverenza nei confronti dei superiori, lo sguardo di altezzosa sufficienza con cui si devono guardare i futuri inferiori. Un modo sicuramente originale per passare gli anni migliori della giovinezza.


In bocca al lupo, Mario! E che crepi alla grande!!!
Integro il post con il commento di Gaetano che svolge una straordinaria analisi alchemica del romanzo di Mario Agati, suggerendoci intriganti aspetti dell'autore. L'analisi è ancor più straordinaria perché basata sulla breve recensione, sulla scheda di presentazione del romanzo e su un'immagine di Mario.Leggete un po' e verificate personalmente.
Scrive Gaetano:
«CERCA TROVA»
«Sono Consapevole che i commenti devono essere brevi, ma si capirà che la “brevità” convenzionale non sempre, come nel caso di questo post, è soddisfacente. In positivo, essa ha una “dimensione” relativa . Convengo che la scrittura dei commenti è penalizzante per le lungaggini, ma chi è interessato ai miei interventi perché mi stima abbastanza, si disporrà di buon grado a leggere questo scritto sul libro che Annarita ha raccomandato di leggere. Comincio dalle premesse:
1.Annarita stima molto l’amico Mario Agati e raccomanda di leggere il libro di questi appena scritto, “Il cadetto suicidato”, pur non avendolo ancora letto.
2. Neanche io l’ho letto e nemmeno conosco l’autore, sono amico di Annarita, ma non mi va di dire, “Annarita mi fido di te, grazie del suggerimento”, o qualcosa di simile e sbrigativo e così soddisfare la regola della suddetta “brevità” convenzionale.
3. Dunque non mi resta che commentare la recensione e quant’altro del libro in presentazione, nonché impressioni sull’autore e poi mettere tutto in pentola. Come si vede già questi necessari preamboli hanno colmato la “brevità” del commento (ma è anche un’ottima occasione di didattica del buon bloggare, perché è questa ragione che mi spinge a fare questo corposo scritto). Perciò andiamo avanti, incominciando da questa prima serie di analisi e deduzioni che riguardano Mario Agati, l’autore del libro in questione:
1.Chi è, secondo me, Mario Agati?
2.Mi basta la sua foto per rispondere.Questa mi appare come in una sfera di cristallo magica (vedi link). E vale la relativa didascalia «...opra in disparte, sorride, e meglio aspetta. e vive. un giorno è nato. un giorno morirà».(guido gozzano)
3. Agati si “compiace” apparire fra lapidi di defunti ed una sorta di “pietra cubica” in prospettiva (in realtà non è un cubo, poiché la relativa profondità mi sembra inferiore al lato frontale: forse è una “fetta” di un cubo da replicare). Questa pietra sormonta una croce.
4. Mario Agati, con la sua simpatica barbetta, occhiali e pullover blu, vorrebbe dare a intendere di essere un “alchimista” che “opra in disparte, sorride, e...”, appunto.
5. Semiserio, forse un po’ sornione, con la sua biografia, consueta di molti blogger, sembra veramente avviarsi all’alchimia: di qui l’arcano 0 - Il Matto, che è anche l’ultimo, il ventiduesimo. Il suo ruolo non conta nulla se lo si considera superficialmente. (p.e. in relazione al nostro libro in esame ed allora anche di questo non si ha idea esatta).
6.Ecco l’esame di questa carta (vedi link):- Il Matto è l'essere irresponsabile, incosciente e passivo, che sembra trascinarsi attraverso l'esistenza assecondando impulsi razionali. L'abito variopinto, dove compaiono, oltre al verde, i tre colori fondamentali, rosso, blu e giallo, corredato dal berretto a sonagli, tipico copricapo dei buffoni di corte, vuole indicare le molteplici e incoerenti influenze che lo sospingono qua e là, con il fagottello penzoloni sulle spalle, pieno dei suoi inconsistenti tesori.
- Il Matto ci fa comprendere quanto buon senso sia necessario per non uscire dal campo della ragione, da cui troppo facilmente si sconfina ogni volta che si tenta di abbordare ciò che è troppo grande: l'infinito. Un animale selvatico, emblema della lucidità e del rimorso, lo addenta, spingendolo, anziché trattenerlo, verso l'ineluttabile. Ma in questa noncuranza del pericolo, del dolore, in questa ricerca dell'infinito, è racchiusa la grande lezione del Matto, che ha rinunciato alla materia e all'ambizione in vista di un'evoluzione esclusivamente interiore.
- Si tratta infatti dello stesso uomo che ha aperto il ciclo degli arcani maggiori, il Bagatto, che attraverso i successivi passaggi lungo la via iniziatica, ha conseguito la vera saggezza. Quella del filosofo, del diverso che ha finalmente trovato il coraggio di andare controcorrente, muovendosi all'interno di se stesso, lungo le strade del cuore.
7. Ma chi è il Bagatto? Il Bagatto (vedi link), figura tradizionale sui mercati e sulle piazze medievali, non rappresenta, in realtà il giocoliere, come del resto il Matto non è il giullare, ma il giovane iniziato alla magia. Impugna con la mano sinistra la bacchetta del comando, significatrice del fuoco primordiale, innesco di qualsiasi azione, mentre con la destra addita gli strumenti del mestiere: il bicchiere, ovvero la coppa, simbolo dell'elemento Acqua e della sapienza; il coltello, cioè la spada, emblema dell'Aria e del coraggio; i dadi che ricordano per la forma cubica la stabilità della terra e il potere coercitivo della volontà. La suddetta foto della sfera magica e la descrizione biografica giullaresca di Mario Agati sembrano ricalcare le due menzionate carte dei tarocchi, salvo a far sorgere dei dubbi sulla reale consistenza della pietra cubica, giusto in relazione dei dadi del Bagatto. Il cubo è tale o solo un’illusione di Agati, come mi è sembrato dalla foto? Andando avanti in modo “iniziatico”, al nome Agati manca una “B”, una “t” ed un inversione della “i” finale con una “o”, per diventare veramente Bagatto («Cerca trova»?!). Un “io” che deve “morire” e “rinascere”, ovvero azzerarsi: la “o” appunto. Questa è la meccanica dell’alchimia per chi la vuole praticare.Passiamo ora alla seconda serie di analisi e deduzioni arrivando al nocciolo del tema “Il cadetto suicida”:
1.Riccardo Ricci era un giovane timido e sensibile. Il padre, un misero impiegatuccio di provincia, era morto di stenti in un campo di prigionia. La madre, inetta e malaticcia, consumava i suoi ultimi giorni fra lacrime e pavimenti da lavare. Riccardo odiava i suoi genitori. Lui non sarebbe stato come loro.
2.Ecco, non vi pare il Matto in procinto di prendere una certa strada... “iniziatica”? Quell’odio ricalca paradossalmente l’analogo che incitava a porre in pratica Gesù col seguire lui e odiare appunto padre, madre, fratelli e amici. Anzi di più. A chi chiedeva il giusto tempo per dedicarlo al padre che stava per morire, disse quasi con rimprovero: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Matteo 8, 22). Ma è solo la premessa, perché arrivano le dure prove della disciplina “militare” che corrisponde a quella del “cadetto” dell’Accademia di Modena. Difficile da sopportare, ma non senza i lati “originali” che tanto attraggono molti giovani d’oggi.
3. Ma, Agati non si lascia incantare da Marte guerriero e belligerante. Lo dice il Matto della biografia con la rinuncia alle stellette per avviarsi ad un’avviata attività imprenditoriale e poi per fare l’insegnante.
4. Resta ora l’intreccio delle forze oscure che “mordono il calcagno” del nostro Matto (in Agati attraverso il cadetto), come si riscontra nella carta dei Tarocchi relativa. L’accademia militare è segnata da un delitto, le indagini si snodano frenetiche portando alla luce fermenti ideologici, bassezze, meschinità personali e ambientali; ma anche amore, pietà e coraggio.
5. La conclusione del cadetto “suicidato” del titolo ci mostra la crocifissione alchemica che certamente è ancora vissuta dall’Agati, almeno finché egli non perviene al successo del suo libro attraverso la vendita. Lui, questa volta, sperimenta un’altra carta dei tarocchi, l’arcano maggiore dell’Appeso o l’Appiccato.
6. Questa è la figura dell’Appeso (vedi link): Appeso per il piede sinistro a una trave, con il ginocchio destro ripiegato a croce sull'altra gamba, il giovane raffigurato sull'arcano n. 12, in analogia col dodicesimo segno dello zodiaco, i Pesci, che corrispondono, guarda caso, al sacrificio e ai piedi, sperimenta la dolorosa tortura riservata in passato ai debitori, come ebbe a dire il poeta inglese E. Spencer nel suo poema The Fairie Queene: 'Egli per i piedi appeso ad un albero, e così deriso da tutti i passanti, potessero vedere la sua punizione'. In realtà, più che di una punizione, l'Impiccato è il simbolo dell'iniziazione passiva, mistica: il sapere non si ottiene attraverso la ricerca attiva, lo studio, la sperimentazione, come è d'uso qui, in Occidente, ma all'orientale, rimanendo immobili, disponibili alla ricettività e all'ascolto. li corpo dell'Impiccato penzola nel vuoto, fra due colonne (forse di nuovo le colonne d'ingresso del tempio di Salomone, Jakin e Boaz), abbandonato ma ancora vincolato, con le mani dietro la schiena, presumibilmente legate, che gli impediscono di liberarsi e di agire, perché l'anima liberata sfugge ormai la realtà della materia. L'Impiccato ha scoperto che il segreto per penetrare l' essenza delle cose sta nel loro capovolgimento. Dall'inversione di prospettiva, dall'abbandono dei comuni schemi mentali, attraverso l'esperienza della solitudine e del dolore, scaturisce l'idea chiara e illuminante, presupposto per l'accettazione e la trasformazione di sé.Siamo giunti finalmente alla conclusione che concerne il successo o no del libro, ossia il raggiungimento della “pietra cubica”, ovvero la “pietra filosofale”, nota solo all’alchimista in Mario Agati. Noi sapremo solo dell’eventuale successo derivante dalle vendite del suo libro e forse nemmeno Agati lo saprà. Può essere che l’Iniziato in lui non ritiene di palesarsi, cosa molto frequente. In fondo, passata la tempesta del delitto all’Accademia, basta che tutti siano contenti. Ma... non senza quel «Cerca trova» del pittore Vasari da soddisfare però: una “B” e una “t”.
Gaetano
tutto questo interessante dibattito si puo' leggere nel blog

sabato 22 novembre 2008

Rifugio chiamato ''comunità''




Aperto
Squassato
Dilaniato
Sventrato
Viscere esposte alla luce
Da artigli d' acciaio
Giganti
Mostri dall' unico lungo braccio
A costruire
Centri di permanenza perenne
Per opulenti individui
La' dove era un parco
Un oliveto
Alcova di intimita' adolescenziali
Testimone di audaci inesperte esplorazioni
Oggi volontari ghetti
Difesa della buona societa'
Individui robotizzati
Dall' amore frustrato
Indifferenti
Nel rancore e nella diffidenza
Personale rifugio antiatomico
Isolamento
Separazione
Protettive muraglie
Cancelli monitorati
Rifugio chiamato ''comunità''





di

Kompozitorz




















venerdì 21 novembre 2008

Maestrale


Gelida lama

Anime lacerate

Collera celeste

Tormento della terra

Falgello delle coste

Soffio rabbioso

Delirio patologico

Dominio di qualsiasi cosa

Delle creature animate

Padrone della materia inerte

Signore degli elementi

Brandelli di sogni dispersi

Speranze spazzate via

Stracci volanti

Per la piu' scarsa delle risorse

La terra nera e dissolta

Trapassata

Dalla tua gelida lama

Maestrale




giovedì 20 novembre 2008

''Prestami una vita'', Zanata esce dal video, di Cristiano Sanna



“Prestami una vita”Zanata esce dal video
di Cristiano Sanna

da Sardinews

Opera prima del noto giornalista dell’emittente Sardegna 1


Quante vite abbiamo a disposizione? Quanto volte possiamo reinventarci come persone e provare a iniziare una nuova esistenza? Chi ci dice che la nuova strada sarà finalmente quella giusta? È il filo rosso che regge la trama di Prestami una vita, romanzo d’esordio di Gianni Zanata. Classe 1962, chitarrista autodidatta appassionato di blues con un passato in piccole e misconosciute band, giornalista televisivo di Sardegna 1 per cui ha firmato notiziari, reportage, inchieste, documentari, rubriche varie oltre a essere uno dei mezzobusti del telegiornale regionale, Zanata mette su carta la storia di Duilio Settembrini, uomo che vive felice e irresponsabile nel caos, con una vita a pezzi malgrado la situazione non sembri farlo disperare per niente. Finché la rottura di una grande amicizia con una lesbica con la quale divideva l’abitazione, e la telefonata di uno sconosciuto, non danno una svolta a giornate tutte uguali, consumate in una calma piatta tra vecchi vinili e pensieri in libertà al sole.

Quando si è scoperto narratore?

“Non mi considero uno scrittore. Sono piuttosto un praticante, uno che sta facendo un nuovo apprendistato. Da tanto tempo scrivo anche al di fuori della redazione, testi vari, racconti più o meno terminati, ma non avevo mai avuto il coraggio di far leggere le mie cose agli altri. Poi una cerchia sempre più ampia di amici ha avuto modo di dare una scorsa a questa storia che avevo completato. Il loro entusiasmo mi ha fatto venire voglia di tentare la strada della pubblicazione. L’incontro col team delle edizioni Rebus ha fatto nascere Prestami una vita. Era l’editore perfetto per me. Lontano dagli obblighi di scrivere di cose sarde che ti impongono le case editrici isolane, soprattutto lontano da quei giochi di amicizie eccellenti e onerose commissioni pagate ad agenzie letterarie per avere l’attenzione dei grandi marchi editoriali nazionali”.

Quanto c’è di Gianni Zanata in Duilio Settembrini, il protagonista del romanzo?

“Se dico il cinque per cento è tanto. Direi che l’unica vera affinità fra me e lui è nell’amore per la musica, soprattutto il blues. E per i viaggi”.

La svolta per Duilio come arriva?

“Nel libro di svolte ce ne sono un paio. Fin dall’inizio, quando l’aereo su cui è a bordo sta per schiantarsi e lui stesso annuncia la sua morte. Da quel momento la storia procede a ritroso e ricostruisce quanto era accaduto precedentemente nella vita di Duilio, da quando litiga con l’amica lesbica Teresa fino alla telefonata che potrebbe cambiare per sempre la sua vita”.

Quale telefonata?

''Un uomo gli annuncia l’assegnazione di un’eredità che lo rende miliardario. In quel momento Duilio scopre un’altra vita, non solo per via dei soldi, ma anche perché apprende di avere in Francia una sorellastra la cui conoscenza spazzerà via molte ombre sul suo passato. Duilio resta fedele a se stesso, col denaro viaggia molto, aiuta gli amici musicisti, organizza feste pazzesche ben conscio che i soldi non lo renderanno mai felice. Si lascia succedere addosso le cose, con un misto di curiosità e disincanto. Inclusa la storia di sesso con la segretaria del notaio che gli annuncia la sua nuova condizione di miliardario. In quelle pagine faccio anche la parodia esagerata di certi luoghi comuni del porno”.

Perciò questa nuova vita è solo un prestito.

“Forse perché il grande cambiamento arriva troppo tardi, la possibilità di una svolta gli si presenta quando ha 35 anni, l’età in cui molte cose sono ormai andate. Perciò si ritrova con una carriera universitaria da eterno fuoricorso, la musica gli ha dato poche soddisfazioni, è orfano, ha vissuto per anni senza prendere posizione, senza schierarsi, la passione non lo ha mai divorato, spingendolo a dare tutto per una causa che trovasse veramente giusta, essenziale per lui”.

Un uomo senza qualità?

“Non direi. Piuttosto un misto di disincanto e capacità di lasciarsi soprendere dalle cose senza stare a costruirci sopra per forza grandi lezioni di vita, mantenendo sempre i piedi ben piantati per terra”.

Perfino quando si salva per miracolo dall’incidente aereo e si ritrova solo su una spiaggia in Messico?

“Perfino a quel punto, sì. Le cose accadono, punto e basta, e un po’ di sano fatalismo può davvero salvarti la vita”.

Duilio sembra essere un degno rappresentante dei ventenni dipinti oggi dai media.

“Non credo che i ragazzi non abbiano sogni e ideali, né che le loro emozioni siano concentrate solo negli sballi e negli eccessi. Avvertono un gran bisogno di proteggersi dal bombardamento di informazioni, di tutti i tipi, a tutte le ore, spesso contraddittorie tra loro, caratteristica tipica del tempo in cui viviamo. Cercano nuovi spazi di socializzazione, non a caso oggi esistono i cosiddetti social network, Internet è diventata la nuova piazza di incontro e non basta più mettere online una foto carina e nascondersi sotto una identità fittizia. Forse certe ideologie del passato sono scadute. Non è detto che non stiano emergendo nuovi valori, una nuova visione di vita. Nel mentre viviamo, è questo l’atteggiamento del protagonista del mio libro”.

L’attività di scrittore avrà un seguito?

“Non so bene come rispondere. In Prestami una vita ho riversato molte mie passioni, la musica e viaggi, ma anche tutta una mia personale mitologia fatta di letture e di film che ho amato. Si è chiuso un primo capitolo e ne sono contento. Alla fine rispondo come forse farebbe il mio personaggio: in futuro si vedrà, godiamoci questo momento”.

sabato 15 novembre 2008

La vita e' cosi'


Mattino di meta' novembre
Nuvole appese al cielo*
Nella letizia illuminata dall' aria
Sole rachitico*
A riscaldare il corpo
Gustare la vita
Tornare a respirare
Anelito verso il meglio
Ozio languidamente
Scott e Honey ai piedi
La musica di un archetto
Note di dolcezza
Il mare poco lontano
Sciaborda sulla battigia
Ritmo musicale
Echi di felicita'
Paradiso ritrovato
There's an airline plane
Flies to Heaven every day
Past them pearly gates
...
Take that airline plane
It will Take You Home again
Yes, to your home beyond the skies**
Calma universale
La vita e' cosi'



* Citazioni da ''Collodoro'', romanzo di Salvatore Niffoi, edizioni Adelphi

** da Airline to Heaven (Un volo per il paradiso), una canzone di Woody Gutrie,

[''C' e' un aereo di linea/che vola in paradiso ogni giorno/attraversando quei cancelli di perla/.../saltate su questo volo di linea/e vi riportera' a casa/nella vostra casa al di la' dei cieli'']

venerdì 14 novembre 2008

Mare di novembre




Mare di novembre
Spiaggia solitaria
Sole ancora caldo
Camminare sulla sabbia
Il battito cardiaco rallenta
Muscoli rilassati
Silenzio
Nessuna voce
Solo la musica delle onde
Ritmico sciabordio sulla riva
Nessuna voce
Silenzio
Nelle orecchie
Il leggero fischio del vento
Un fresco libeccio
Un brivido caldo attraversa la schiena
Scott e Honey
Si rincorrono felici
Si bagnano sulla battigia
Ruzzolano tre le onde
Leccate al bordo peloso del muso
Stare li' seduto sulla rena
Ragionare
Pensare
Concedersi il tempo di riflettere
Giocare con le palle d' alga
Tornare un po' bambino
Altri ricordi
Molto piu' forti
Mare di novembre
Memoria alternativa


La sorellina commenta con questo aiku

Silente mare
atomi di memoria
scorrono lievi.

sabato 8 novembre 2008

Armonia e' vederla

Avevo appena preso sonno. Ero stanchissimo. Una giornata intensa di studio. Il mio cervello quasi ribolliva. Andato a letto verso l’ una avevo cominciato a girarmi e rigirarmi. Il letto dell’ Hotel Garibaldi di Chieti, non era dei piu’ comodi e, inoltre, l’ adrenalina accumulata durante il giorno mi impediva di riposare.
Avevo appena preso sonno quando vengo risvegliato da un tuono, come una cannonata sparata a pochi centimetri dalle mie orecchie, come una bomba ad alto potenziale scoppiata sotto il letto, che quasi si sollevo’.
Mi alzo, vado verso la finestra che da sulla piazza Garibaldi e guardo fuori. Non c’ luce. Buio assoluto. Improvvisamente un fulmine, come un bengala, illumina a giorno la piazza, gli alberi e l’ imponente mole della caserma Spinucci, che ospita il Distretto militare e il Consiglio di leva.
E’ un temporale in piena regola.
Il lampo, una luce rossa abbagliante, di un cupo e triste bagliore, fa stagliare l’ edificio nel buio del cielo. Uno spettacolo da agghiacciare il sangue.
Un temporale con tutte le carte in regola. Il cielo come dipinto di un nero inferno. Piazza Garibaldi, i suoi alberi, la caserma, l’ hotel, gli altri edifici avvolti da una fittissima tenebra, tale che era impossibile vedere anche il davanzale della finestra. Il buio, ogni tanto interrotto dalla brillante fosforescenza dei fulmini, avviluppava la zona. Da dietro i vetri osservo la pioggia che continua a cadere, furiosa, senza un momento di tregua. Tutto intorno fitta oscurita’, un nero deserto, anche la pioggia come inchiostro ebano si rovesciava sulla terra.
Un muto stupore mi invade.
Sono preso da vertigine per la velocita’ dell’ acqua, un inferno liquido, che si scarica dal cielo senza un momento di tregua.
Guardo l’ orologio. Sono le cinque.
I tuoni aumentano d’ intensita’.
Un trillo.
Un secondo trillo.
Un terzo.
Un quarto.
Al quinto realizzo che provengono dal mio telefonino sul comodino.
- Pronto, dico
- Sei tu Peter.
- Certo che sono io. Il telefono e’ il mio. Il numero che hai fatto e’ il mio. Chi vuoi che sia.
Penso: la solita domanda inutile, richiesta stronza, tipo ‘’ci sei?’’ quando ti chiamano al telefono fisso di casa e rispondo. Se alzo la cornetta del telefono dove cazzo credi che sia, rompiscatole di un telefonista.
Sono nervoso per il tempo e la voce che sento non mi tranquillizza. E’ quella della mia prima moglie.
Non sono in ritardo con il sostanzioso assegno di mantenimento che le devo mandare ogni mese, rifletto in un attimo.
Che cazzo vorra’?
Le sue telefonate sono sempre una rottura di coglioni.
E’ come un angelo dalle ali nere, che, toccandomi ha coperto di marcio i miei desideri. Il freddo del suo tocco mi ha tagliato le ossa come una lama.
Che cazzo vorra’ alle cinque del mattino?
Mentre velocemente faccio l’ inventario delle possibili cause della sua telefonata …
- Peter ci sei, fa lei con la sua melliflua voce.
- No! Sono andato fuori, in mezzo al temporale, ad inzupparmi d’ acqua, piuttosto che stare ad ascoltare la tua voce.
- Peter, Alexander e’ morto.

Silenzio.
Silenzio teso.
Un macigno mi e’ caduto addosso. Il pavimento della camera d’ albergo e’ sprofondato. Le rovine mi sommergono.
Silenzio.
Nemmeno il suono di un respiro.
Alexander, il terzo dei miei figli, morto.
Guardo davanti a me, ipnotizzato.
Rivedo Alexander.
I suoi occhi davanti a me.
Il suo sorriso.
Risento le sue battute ironiche, talora strafottenti.
- Peter dove sei?
- A Chieti, rispondo.
Le parole mi si strozzano in bocca, il loro suono come quello di una chioccia.
Una smorfia di sorpresa nel mio viso. Le labbra si serrano in una linea dura.
- Peter torna a Castle, abbiamo bisogno di te.
Silenzio.
Silenzio di morte.
Rispondo che partiro’ subito.
Chiudo il telefonino interrompendo la comunicazione.
Cado seduto sul letto. Le braccia penzoloni tra le gambe. Non riesco in alcun modo a sottrarmi all’ opprimente pensiero che cade come un manto sui miei sensi. Difficile mi riusciva unire le mie incoerenti sensazioni da sogno alla certezza di essere sveglio. Mi pare impossibile quello che e’ successo.
Mi alzo. Barcollo sotto il peso degli anni e della tragica notizia. Tutto il mio corpo trema.
Mi riprendo e preparo la mia partenza.
Prima di lasciare l’ albergo mi collego on-line con il sito della Ryanair per cambiare la prenotazione del volo Fiumicino-Castle.
Alle 7:30 sono seduto sull’ autobus del Consorzio Prontobus che mi portera’ all’ aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino.
Per liberarmi dall’ oppressione vorrei precipitarmi all’ aperto, correre all’ impazzata, come un cavallo che scappa, tutto fumante e schiumando di rabbia, dal fuoco della scuderia incendiata. Invece, sono all’ interno di un autobus, come nel fondo di un abisso, un immenso abisso, nel quale si rovesciano onde di dimensioni enormi, di un mare soprannaturale, che mi sommergono, facendomi mancare il respiro.
Arrivo a Castle alle 14. Un taxi mi porta a casa di Alexander.
Come immaginavo e’ morto di una overdose di eroina. E’ stato trovato da un addetto della raccolta dei rifiuti in un vicolo vicino alla sua abitazione. Il suo corpo era raggomitolato vicino a un cassonetto. Il suo braccio sinistro stretto da un laccio e la siringa con la dose mortale ancora infilata nella sua vena.
Il suo cadavere e’ ancora in un frigorifero dell’ Istituto di medicina legale dove e’ stata eseguita l’ autopsia.
A quel momento non so quale improvvisa padronanza di se’ mi prende. Decido di andare e parlare con il coroner, un mio amico dai tempi dell’ Universita’. Preannuncio la mia visita con una telefonata.
Vado solo.
Charles Pearson mi aspetta nel suo studio. Quando entro mi viene incontro e mi abbraccia. Conferma che la morte di Alexander e’ dovuta a una overdose di eroina o a una dose tagliata con sostanze pericolose. Mi dice che talora l’ eroina viene tagliata con fango, terriccio, intonaco, anche con anticrittogamici. Dovra’ ancora fare delle analisi per stabilire quale veleno lo abbia ucciso.
Gli chiedo se posso vedere Alexander, se posso restare solo con lui. Risponde che non potrebbe farlo ma che per me chiudera’ un occhio. Mi guida per i corridoi dell’ Istituto e mi fa entrare nella sala delle autopsie. Apre un frigorifero e ne estrae il corpo. E’ nudo, coperto da un lenzuolo di colore bianco. Gli scopre il viso. Mi lascia solo con lui, rassicurandomi, prima di andare via di averlo ricomposto con attenzione.
Mi avvicino a guardare dappresso mio figlio.
Lo guardo in silenzio. Nel silenzio passa il tempo. Il suo passaggio e’ scandito dal secco ticchettio di un orologio elettrico che sta appeso alla parete sopra la porta d’ ingresso.
Un sentimento che non so come nominare si impossessa di me.
Il passato mi scorre davanti. Nessuna lezione da lui. Nessuna analisi dalla sensazione che mi ha preso.
Guardo il suo bel viso. E’ sereno. Sembra osservarmi. Sento la sua voce che dice
- Papa’ avevi ragione.
- No! Avrei avuto ragione se fossi riuscito a salvarti.
- Ricordi i nostri discorsi. Ricordi le mie paure. Ricordi che quando ti sapevo in viaggio avevo paura per te. Paura che potesse succederti un incidente. Paura di restare solo, senza di te, senza il tuo aiuto. Ricordi di quando ti raccontavo che tremavo quando passavo davanti all’ abitazione della ‘’strega’’ che abitava sotto di noi. Temevo potesse prendermi. Allora di corsa facevo le ultime due rampe di scala e ero felice quando ti trovavo in casa ad accogliermi e rassicurarmi.
- Ricordi quante volte ho tremato per te. Ricordi le mie paure quando ho saputo che ti facevi. Ricordi che ho pensato di vivere con te sulla strada per capire le tue motivazioni e per proteggerti. Ciascuno ha la vita che gli tocca. La tua e’ stata una vita di infinite voci, grida, di terra e di cielo, di notti e di giorni. La solitudine selvaggia e’ stata tua. Anche tu come me volevi fermarti su un’ isola. Hai continuato a cercare. Io non sono stato in grado di farti capire che dovevi fermarti. Farti comprendere che non importava se l’ isola non era quella che cercavi. Ora l’ isola e’ deserta. E’ troppo vuota.
- Tu sei andato via e su quell’ isola e’ rimasta solo la voce del mare, del vento. Con te hai portato via gli scogli, il mare, l’ isola, il tempo. Il passato non torna.
- Non dire stronzate. Sai benissimo che non e’ cosi’. Io ti sono stato sempre accanto. E se non ho capito che stavo lasciando deserta l’ isola, perche’ non me lo hai fatto comprendere tu?
- Non e’ vero che sei stato sempre presente. Ti sei allontanato con la storia con quella donna. Ti ricordi?
- Continui a dire stronzate. Quell’ episodio della mia vita e’ accaduto molti anni fa. E’ troppo lontano nel tempo per avere avuto una influenza sul tuo comportamento. Sostieni che ti ho lasciato solo, che non ti ho aiutato quando ne avevi bisogno, ma tu hai mai cercato il mio aiuto. Dici che non ti ho aiutato, forse dimentichi il mio impegno per convincerti ad andare in una comunita’ di recupero. Ricordi quella notte quando ti dissi che dovevi entrare in comunita’ di Mondo X. E’ la tua salvezza dissi, solo cosi, aggiunsi potrai rinascere a nuova vita. Affermai che dovevi avere fiducia in me perche’ il mio scopo, unico fine, era salvarti. Contrariamente agli altri che di davano, ti offrivano, ti regalavano, ti donavano, falsi paradisi, falsi idoli, falsi feticci, falsi simulacri, falsi modelli, falsi sogni. Ti ricordi quanto tempo abbiamo camminato uno a fianco dell’ altro in silenzio. Ti dissi che ci sono uomini che sono come lupi, non gli manca che l’ ululato, che saltano alla gola di chi gli resiste, che conoscono la strada del sangue e uccidono tra le pietre dopo avere dato l’ illusione della luce, della felicita’ del piacere. Poi in quella notte tiepida e tranquilla hai sorriso. La grandi stelle in cielo sono spuntate al di sopra di noi e tu hai detto si’, quasi con suono gutturale, muovendo appena le labbra.

Alexander a queste parole sembra sorridere.
La commozione mi prende.
Sto in silenzio.
Comprimo le labbra per non piangere. Ricaccio in gola le lacrime.
Sono sudato, fradicio.
Apro gli occhi.
La luce del giorno filtra dalla finestra della mia camera dell’ hotel Garibaldi di Chieti.
Armonia e’ vederla.

venerdì 7 novembre 2008

Meravigliosa pace



Guardare
Tranquillamente il mondo
Miriadi di luci
Dalla lama
Affondata in Muriel
Lieve fremito
I suoi occhi
Inchiodati al mio viso
Silenzio pesante
Apro la porta e esco
Intorno meravigliosa pace.


http://myspacetv.com/index.cfm?fuseaction=vids.individual&videoid=44978640


di


François Macré






giovedì 6 novembre 2008

Pomeriggio di fine estate - GIALLO - di Ninfa

Lontana dal mondo
Ne ascolto il brusio.
La fresca lavanda mi quieta
La musica inizia a suonare.

Una macchia si affaccia
all’orizzonte quieto.
Accompagna le nuvole.
Un battello luminoso con dei danzanti.
Intrecciate le mani
Il ritmo conduce i fianchi
Mi allontani con un gesto
Mi guardi ballare.

Hai negli occhi quella luce
Nella leggera esilità
L’innata giovinezza.
Balliamo ancora,
avvolti dal viola brillante.

Il battello sfuma dalla visuale
sciolto dall’acqua ragia.
La corrente si arresta
Apro gli occhi di fretta
E mi abbandoni a questa realtà.




Questa poesia della giovanissima poetessa Ninfa e' tratta da
A LUCI ROTTE
Raccolta un po’ erotica un po’ ironica un po’ cupa un po’ luminosa.

martedì 4 novembre 2008

L' attesa blu (di Ninfa)


Sbatto la testa,
qualcosa gocciola tra le mie mani
il rumore perfora il mio cervello,
la bocca formicola.

Si accendono pensieri di morti,
ho visioni inusuali di una tristezza infinita
lei era lì per me,
c’è qualcosa dietro il suo pesante telo nero.

Il pensiero ancora mi pervade,
il dubbio lascia che la mano tremi
col bicchiere fra le mani
sento un respiro amico .

nella stanza del buio
la maschera gelata mi fa visita.
Accovacciata la attendo
Abbandonata anche dalla paura.


Attesa di cosa? Di solito quando ci ritroviamo faccia a faccia con il nostro dolore possono accadere solo due cose. O che ci sommerga ed è lì che si intromette l’attesa. O che ci lasci in pace. L’attesa per cosa? Per qualcosa che ci venga a liberare,qualcosa che ,pur spaventoso, ci tolga l’affannosa esistenza tratteggiata da fantasmi del passato ed incubi.







http://dailymotion.alice.it/video/x74rh5_reve-le-clip_music

Questa poesia della giovanissima poetessa Ninfa e' tratta da


A LUCI ROTTE
Raccolta un po’ erotica un po’ ironica un po’ cupa un po’ luminosa.

Scegliete la vita (da Paulette)

Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrice, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita, scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare.


Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi, scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos'altro, le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina...

Non mi ero sistemato troppo male e me ne stavo per i fatti miei, certo qualche volta pensavo ai ragazzi ma perlopiù non ne sentivo la mancanza, questa era la città del boom, dove nel caos qualunque idiota poteva arricchirsi, molti lo facevano. Mi piaceva il suono delle parole: guadagni, perdite, margini, subentrare, affittare, subaffittare, rateizzare... imbrogliare, fregare, spartirsi, scappare. Non esisteva quella cosa chiamata società, e anche se ci fosse stata, non ne facevo parte. Per la prima volta nella mia vita di adulto, ero quasi soddisfatto.


Mi sono giustificato con me stesso in tante maniere diverse, non era niente di che, solo un piccolo tradimento, o... i nostri rapporti erano cambiati, sapete cose così... ma ammettiamolo li avevo bidonati, i miei cosiddetti amici. Di Begbie non me ne fregava un cazzo, e Sick Boy avrebbe fatto lo stesso con me se c'avesse pensato per primo, di Spud beh, d'accordo per Spud mi dispiaceva, non aveva mai fatto del male a nessuno lui. Allora perché l'ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l'ultima volta che faccio cose come questa, metto la testa apposto vado avanti rigo dritto, scelgo la vita.


Già adesso non vedo l'ora, diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l'apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d'ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai.

da Paulette

lunedì 3 novembre 2008

Succedera' ancora




I suoi occhi
Il mondo
Sorriso infantile
Affiora alla superficie delle labbra
L' universo
Guardo la scena ipnotizzato
E' per terra
Raggomitolata
Gli occhi spalancati
Gocce di sangue sul labbro superiore
Armonia e' vederla
C' e' silenzio
Il coltello e' li'
Silenzio teso
Nemmeno il suono di respiro
Avanzo
Cammino come sul fango
E' sangue sgocciolato
Nel suo petto la lama
La sfilo lentamente
Resta la ferita
Un monogramma
Rosso vivo
Sentirsi felice
Pensare
Succedera' ancora


di











sabato 1 novembre 2008

Eternita' (From the world - On the road)

Il tuo ventre
dolce emozione
nei tuoi occhi
la luce di lama iridescente
Ubriacante visione
Nuovo vigore
Frenesia a cielo aperto
Io e te
Storditi
Insieme
Nel finale della vita
Nell' ebrezza
Della tua eternita'



di