Cara Ferrante ti candido al premio Strega (Roberto Saviano).
21/02/2015 di triskel182
Lettera aperta di Roberto Saviano all’autrice dell’“Amica geniale” “La tua partecipazione romperebbe gli equilibri di un gioco scontato”.
CARA Elena Ferrante, ti scrivo non conoscendoti di persona, ma come lettore, e credo sia il tipo di conoscenza che prediligi. Non mi ha mai incuriosito scovare chi si celasse dietro il tuo nome, perché sin da ragazzo ho sempre avuto le tue pagine a disposizione, e quello mi bastava e mi basta ancora per credere di conoscerti, di sapere chi sei. Una persona vicina e famigliare.
USO il tu non perché esser venuti fuori entrambi da terra napoletana mi faccia sentire in confidenza immediata con te, ma perché queste parole vogliono esser dirette, come se fossero pronunciate nel mezzo di un pranzo. Insomma, per non farla troppo lunga, ti scrivo perché vorrei invitarti a partecipare al premio Strega ben sapendo che non ci sarai, che non presenzierai, che non farai nulla per accompagnare il tuo L’amica geniale. Come autore mi sento fortunato e condivido la tua indifferenza alle logiche dei premi letterari, ma come lettore credo che la tua presenza allo Strega sarebbe un modo per fare finalmente quanto tanti auspicano da anni: mettere fine alle logiche di spartizione, fare in modo che anche altri editori possano aspirare al podio.
Allo Strega siamo affezionati perché fa parte della nostra storia, ma negli anni ha perso fascino, perché ormai è diventato un gioco sfacciatamente combinato.
Io propongo te perché ti leggo e propongo te perché hai avuto l’attenzione della critica internazionale, cosa tutt’altro che scontata. Propongo te perché credo che la tua presenza possa aiutare questo premio a essere di nuovo qualcosa di vitale e genuino, non solo uno scambio di voti e favori. Finora si è imposta la regola “quest’anno vince il mio, l’anno prossimo vince il tuo” che sta mortificando i migliori talenti letterari italiani. Io stesso sono stato sostenitore convinto di molti dei libri che hanno vinto lo Strega negli ultimi anni e spesso mi sono chiesto come si sentissero questi amici a essere parte di un gioco che era palesemente controllato. Credo si sentissero male, sviliti, perché il loro talento era innegabile e non necessitava di alcuna macchinazione, ma solo di una reale competizione. Ma non esiste più reale competizione, nel nostro paese anche il talento è costretto a trovare protezione e difesa. Due sono le grandi sventure per chi vuol vivere in Italia: il talento e l’onestà. In mancanza di questi la vita è dolce in questo paese. Un’editoria in crisi non comprende che non è la vittoria di un premio benché prestigioso a dare nuovo lustro all’intero settore, ma la partecipazione che bisogna creare attorno ai libri. E se penso alla modernità, al web e ai social network e alle opportunità che offrono, penso alla modernità del tuo progetto. Un progetto senza volto che non usa l’anonimato per fare del male, ma per offrire qualità. Un progetto letterario moderno nato ventitré anni fa.
Questa è Elena Ferrante, e questo è più o meno quanto scrisse al suo editore nel 1991, al tempo dell’ Amore molesto. Che aveva già scritto il libro e questo bastava. Il libro doveva dimostrare quanto valeva e doveva farlo da solo, senza la sua autrice a fargli da tutore.
Con il tempo ho scoperto che metterci la faccia e il corpo – accanto alla scrittura – vuol dire anche offrire carne e sangue ai nemici perché possano farne brandelli. Ho scoperto che esistono verità difficili da scrivere senza l’anonimato, ho scoperto che esistono verità che prediligono che il volto si smaterializzi, che resti nell’ombra, perché le cose dette sono talmente personali che aggiungere carne e sangue vorrebbe dire due cose: rinunciare all’autenticità del racconto o morirne. Sono scelte. Scelte personali. Scelte umane e per questo fallibili e criticabili. Ciò che a me più preme è che le mie parole arrivino a un numero altissimo di persone, ecco perché andrei porta a porta a presentare i miei scritti, a parlarne. Ma c’è chi ritiene, non a torto, che avendo scritto, abbia già fatto tutto quello che uno scrittore ha necessità di fare. Tutto il resto non è compito suo ma del libro: trovare le strade giuste per arrivare ai lettori o cadere nell’oblio, essere amato, dimenticato, riscoperto.
Non fraintendermi, detesto i puri, non penso che tutto possa avvenire senza pressioni, senza sforzi o senza promozione. Ma il premio Strega oggi è soprattutto scambio, scambio senza gioco, senza sorpresa: è un gran peccato. Non mi illudo che la tua partecipazione cambi le regole di punto in bianco, ma potrebbe iniziare a rompere degli equilibri, anche per il dibattito che attorno a te nascerebbe. La tua presenza farebbe entrare acqua fresca in un pozzo a lungo stagnante. Non importa che tu non possa essere presente fisicamente, non abbiamo bisogno di vederti per apprezzare ciò che scrivi, del resto Tomasi di Lampedusa vinse con il Gattopardo il premio e anche lui per ragioni naturali non fu presente. Non abbiamo bisogno di avere un nome reale al posto di uno pseudonimo: è letteratura, non elezioni politiche, l’immaginazione fa parte del gioco, è anzi la sua componente migliore.
Insomma, torniamo a far appassionare i lettori; torniamo a dare loro storie e non tattiche. Mi è capitato di parlare con uno studente del liceo classico Giannone di Benevento, la sua classe leggeva, valutava e votava i libri per lo Strega. Con il puntiglio ostentato che solo l’adolescenza sa regalare alle parole mi ha detto che gli dispiaceva che il lavoro della sua classe fosse inutile perché già si sapeva quale libro avrebbe vinto. È la fine dello spirito di competizione. È la fine dell’essenza di ogni premio, anche il più ambito.
La crisi dell’editoria ha reso sempre meno vero l’assioma che alla vittoria del premio corrisponda la vendita di più copie del libro. I dati possono dimostrare quanto non sia più vero. E perché accade? Perché il dibattito sulla cultura che porta interesse e quindi lettori e quindi acquirenti è fiaccato all’origine dalla logica delle spartizioni. È ora di creare attenzione e dibattito sui libri, che si provi a dare centralità a qualcosa che può vincere solo se torna a nutrire entusiasmi. È il momento, Elena. Possiamo provare a sparigliare, a mettere la macchia (come si diceva giù da me, giù da noi) sulle schedine del totocalcio, e rendere il risultato imprevedibile.
Da “Amico della domenica”, ossia da votante del premio Strega, ti presenterò volentieri, ma posso farlo solo a due condizioni: il tuo consenso e un altro “Amico della domenica” disposto a presentarti con me, perché per regolamento dobbiamo essere in due.
Io ci sono e attendo.
Da La Repubblica del 21/02/2015.
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