“Finalmente è lei l’abbiamo trovata.Ecco la vera Maddalena dell’ultimo Caravaggio” (DARIO PAPPALARDO).
24/10/2014 di triskel182
Mina Gregori, la più grande esperta dell’artista, rivela a “Repubblica” “È l’originale, l’opera che Merisi aveva con sé poco prima di morire”.
FIRENZE – Quando Mina Gregori si è ritrovata davanti agli occhi la Maddalena in estasi di Caravaggio, ha detto solo: «Finalmente, è lei». Il dipinto sparito nel nulla. Quello che Michelangelo Merisi aveva sulla barca in direzione Porto Ercole, ultimo viaggio. Almeno otto esemplari in giro per il mondo. E uno solo autentico. Questo. La massima studiosa di Caravaggio, l’allieva di Roberto Longhi, l’ha scoperto in una collezione europea. L’immagine che pubblichiamo in queste pagine non si è mai vista prima. La testa abbandonata all’indietro, gli occhi semichiusi, la bocca appena aperta, le spalle scoperte, le mani giunte, i capelli sciolti, il bianco della veste e il rosso del manto. Mina Gregori è sicura: «L’incarnato del corpo di toni variati, l’intensità del volto. I polsi forti e le mani di toni lividi con mirabili variazioni di colore e di luce e con l’ombra che oscura la metà delle dita sono gli aspetti più interessanti e intensi del dipinto. È Caravaggio ».
Non ci sono solo i colori e la tecnica, però. L’olio su tela, che misura 103,5 cm x 91,5, nasconde un altro indizio. Dietro il dipinto c’era un foglietto con grafia seicentesca che recita: «Madalena reversa di Caravaggio a Chiaia ivi da servare pel beneficio del Cardinale Borghese di Roma». Secondo la Gregori: «Questo documento conferma in modo definitivo l’identificazione e l’attribuzione del quadro». E allora bisogna riavvolgere il nastro della storia. Caravaggio muore di “febbre” il 18 luglio 1610, dopo l’approdo a Porto Ercole. In una lettera di qualche giorno dopo — il 29 luglio — ritrovata solo nel 1994 da Vincenzo Pacelli nell’Archivio Segreto Vaticano, Diodato Gentile, vescovo di Caserta e Nunzio Apostolico del Regno di Napoli, scrive al cardinale Scipione Borghese, grande collezionista e protettore di Ca- ravaggio. Gentile informa Borghese della morte dell’artista e della “feluca”, la barca su cui viaggiava il pittore, che conteneva tre quadri: “doi S. Giovanni e la Maddalena”. Morto Caravaggio, l’imbarcazione fa rotta verso Napoli e le ultime tre opere di Merisi vengono date in custodia a Costanza Colonna, la marchesa amica del pittore che abita proprio nel quartiere di “Chiaia” a cui si fa riferimento nel biglietto sul retro della Maddalena ritrovata adesso. La nobildonna ha il compito di fare arrivare a Borghese le tele. Una, forse, giungerà a destinazione: secondo gli storici, è il San Giovanni esposto alla Galleria Borghese. Dell’altro San Giovanni si perdono le tracce. La Maddalena , invece, per Mina Gregori, è proprioquesta. Le avventure del quadro dal 1610 al 2014 sono di difficile ricostruzione. Di sicuro, rimane a Napoli per qualche anno. È qui che, nel 1612, un caravaggesco fiammingo, Louis Finson (1580-1617), ne realizza la copia diretta, la firma e poi la data. Questa versione è ora al Musée des Beaux Arts di Marsiglia. Da qui deriva un dipinto di identico soggetto che fu nella collezione Carvalho del Castello di Villandry, nella Loira. Un’altra copia ancora è la Maddalena Klein , che ora si trova in una collezione romana: è stata esposta in più mostre con il nome di Caravaggio, anche con il placet del ministero dei Beni culturali, ma solo secondo alcuni storici dell’arte, è l’originale. Tesi che ora sembra smentita definitivamente. Secondo la Gregori: «La Maddalena Klein rappresenta una donna non più giovinetta, quella qui rappresentata, invece, raffigura una giovane poco più che adolescente, la stessa che riprende poi Finson nella sua copia a Napoli. E un’altra differenza è nelle pieghe lunghe della camicia, ottenute con una sola pennellata vigorosa, larghe e libere, tipiche di Caravaggio ». La Maddalena in estasi “ autografa” da Napoli deve essere passata a Roma. Lo testimonia un timbro di ceralacca della dogana di terra della città papale apposto sulla tela. «Quel timbro — precisa Gregori — era in uso soltanto dalla fine del Seicento. Quindi, intorno a quegli anni, o all’inizio del secolo dopo, la Maddalena è a Roma». Poi più nulla. Finisce nella collezione di una famiglia europea, di generazione in generazione. C’è chi pensa possa essere di Caravaggio e contatta la massima autorità del campo: Mina Gregori, presidente della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze. Una vita intera spesa intorno a Caravaggio, alla ricerca delle opere certe: come Il Martirio di Sant’Orsola, che la studiosa assegnò all’artista sin dal 1973, ancora prima che venissero fuori i documenti. Ora lei dice: «È solo nelle collezioni private che si possono scoprire ancora i veri capolavori. Non sul mercato. Questa famiglia, al momento, non vuole pubblicità. Temono i furti, è ovvio. Non credo abbiano intenzione di vendere, non sono nemmeno grandi collezionisti. Avevano un’idea sull’autore dell’opera. Speravano che fosse Caravaggio, certo, ma non avevano nemmeno decifrato la scritta seicentesca ». Nel paese in cui si trova, conferma la Gregori, il quadro è stato sottoposto a una pulitura e agli esami di laboratorio per datare la tela. Vedremo mai la Maddalena in mostra? «Bisogna capire se i proprietari lo vogliono. Di certo desiderano conservarla ancora in casa e non rinchiuderla in una banca. È magnifica». Negli ultimi anni, il destino di Caravaggio ha conosciuto improbabili ritrovamenti di ossa, attribuzioni discutibili, mostre con anche un’opera sola pur di fare cassa, marketing e manie. «C’è la tendenza a proporre un’attribuzione per cambiare il valore di un quadro. Solo per ragioni di mercato. Passare da un anonimo a Caravaggio cambia tutto. Spesso, però, i risultati sono discutibili». Ma stavolta è un caso diverso. «Sono sicura al cento per cento — dice la storica — Ho notato dapprima quelle mani intrecciate, poi ho valutato l’assoluta novità del soggetto, nessuno aveva dipinto prima una Maddalena così… Ho ravvisato i modi del Caravaggio. Se hai appreso come un pittore muoveva il pennello sulla tela, allora lo riconosci. È la scuola di Longhi: è stato lui a insegnarmi a guardare così. A leggere l’immagine».
Da La Repubblica del 24/10/2014.