La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

sabato 5 settembre 2015

CULTURA Gli anarchici ai fornelli con i rom

da il manifesto
CULTURA

Gli anarchici ai fornelli con i rom

Celebrazioni. Numero maxi della rivista A: 117 pagine sulla cucina gitana negata all’Expo
Per pre­pa­rare la ricotta di Appleby basta poco: un litro di latte intero, pos­si­bil­mente appena munto, una man­ciata di fiori di sam­buco, un cuc­chiaino di caglio e uno di zuc­chero. Più com­pli­cato veder­sela appron­tare come da cucina della nonna.  Per assag­giare una pie­tanza che non sfi­gu­re­rebbe nel pranzo di Babette è neces­sa­rio farsi invi­tare da una fami­glia gitana, però di pro­ve­nienza anglo­sas­sone. Per stu­diarsi que­sta e altre ricette zin­gare, invece, basta sfo­gliare le 400 pagine che la rivi­sta anar­chica A si è voluta rega­lare per il suo quat­tro­cen­te­simo numero:  una folia­zione extra-large nella quale a far la parte del leone sono un dos­sier sulla fem­mi­ni­sta anar­chica Emma Gold­man (con diversi scritti sulle que­stioni di genere della «donna più peri­co­losa d’America») e ben 117 pagine dedi­cate alla cucina rom e sinti.
Una deci­sione moti­vata dalla scelta di col­mare un’assenza che nes­suno, nel dilu­vio di arti­coli della stampa ita­liana sull’Esposizione uni­ver­sale 2015, aveva finora notato: «Gli zin­gari all’Expo non ci sono», scrive il diret­tore Paolo Finzi nell’editoriale di pre­sen­ta­zione del numero. La sto­rica rivi­sta del movi­mento anar­chico ita­liano resti­tui­sce loro il «padi­glione negato» nella grande fiera mene­ghina tar­gata McDonald’s, rac­con­tan­done la cul­tura culi­na­ria, come que­sta sia riu­scita a tra­man­darsi nei secoli e il legame con i luo­ghi di inse­dia­mento, «la grande capa­cità assi­mi­la­trice, eclet­tica e inno­va­tiva del popolo rom, al quale le nazioni dell’Europa sono debi­trici della con­ser­va­zione, valo­riz­za­zione e dif­fu­sione dello straor­di­na­rio patri­mo­nio gastro­no­mico euro­peo», scrive il cura­tore dello spe­ciale Angelo Ariati.
Così, tra un gulash rom austroun­ga­rico e una sinti-sabauda bagna­cauda, quel che si cele­bra, con que­sto tra­guardo sim­bo­lico dei 400 numeri, è «una sto­ria di comu­ni­ca­zione liber­ta­ria, di oppo­si­zione al potere, di col­le­ga­mento tra espe­rienze di segno liber­ta­rio, uno stru­mento di lotta con­tro l’ingiustizia e i diritti negati», un gior­nale che ha sem­pre remato «in dire­zione osti­nata e con­tra­ria», come avrebbe detto un loro grande amico e com­pa­gno: Fabri­zio de André. Un veliero cor­saro pas­sato indenne tra i marosi degli anni Set­tanta (il primo numero uscì nel feb­braio del 1971, tre mesi prima del primo numero del mani­fe­sto quo­ti­diano) e il riflusso degli Ottanta, il dif­fi­cile pas­sag­gio di fine mil­len­nio e la bassa marea di que­sti ultimi anni. Sem­pre con l’idea di man­te­nere accesa quella fiac­cola di spe­ranza liber­ta­ria, che se non è riu­scita a cam­biare il mondo ha avuto il merito di illu­mi­narne gli angoli più recon­diti. Una fiac­cola accesa da un secolo e mezzo, «da quando il movi­mento anar­chico è nato in seno al movi­mento ope­raio e con­ta­dino, al primo movi­mento socia­li­sta, per affer­mare al loro interno l’estraneità alle isti­tu­zioni e alla par­te­ci­pa­zione al potere che, se ne ha mar­cato l’originale e coe­rente fun­zione di bastian con­tra­rio rispetto al rifor­mi­smo (da Turati a Renzi, per capirci), al con­tempo ne ha reso più dif­fi­cile la vita in una società sem­pre più isti­tu­zio­na­liz­zata», come scrive ancora Finzi. La rivi­sta si pro­pone come punto di rife­ri­mento per tutti coloro che «si muo­vono su una lun­ghezza d’onda cri­tica, auto­ge­stio­na­ria, liber­ta­ria, anche se non si rico­no­scono nel pro­getto anar­chico». Da que­sta aper­tura è nata l’idea di uno spa­zio riser­vato al Con­tros­ser­va­to­rio No-Tav della val di Susa (con un arti­colo, tra gli altri, del giu­ri­sta Livio Pepino) e l’attenzione al movi­mento zapa­ti­sta con appo­site «let­tere dal Chia­pas». Per finire, è dove­roso segna­lare un arti­colo dell’antropologo e ideo­logo di Occupy Wall Street David Grae­ber sulla «sta­gna­zione tecnologico-creativa» ai tempi del tur­bo­ca­pi­ta­li­smo. Una buona let­tura in vista di un autunno che alla fine di ogni estate si spera caldo.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.