«L’AMACA» DEL 15 DICEMBRE 2013 (Michele Serra)
Come Curzio Maltese penso anche io che “La grande bellezza” sia un magnifico, potentissimo film. Mi aveva colpito, quando uscì nelle sale, l’accoglienza piuttosto gretta che buona parte della critica nazionale gli aveva riservato, e mi rende felice il suo successo internazionale, fuori dalle mura della nostra affaticata provincia. Sorrentino — scrive Maltese — racconta la decadenza italiana come “una colossale perdita di tempo e di occasioni”. È così: nel film la bellezza di Roma è l’inutile quinta di un carosello vacuo, senza senso e senza meta. La bellezza, percepita con indifferenza o malamente intravista da protagonisti storditi dalla propria deriva, concentrati solo sul sé, è la vera occasione perduta. Allora, forse, non è per caso che il film all’estero sia applaudito senza le riserve che lo hanno accolto in patria. Le cose belle ci passano accanto — o ci languono attorno — con scarse possibilità di scalfire la nostra apatia. Bellezza decrepita, non curata, o bellezza tradita, non riconosciuta. Scrive Valerio Magrelli in “Geologia di un padre”: se Cristo tornasse in questa Italia lo inchioderebbero a una croce di alluminio anodizzato.
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