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giovedì 1 gennaio 2015

"San Berillo non è uno zoo piccolo borghese"

da l'Espresso
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CINEMA

"San Berillo non è uno zoo piccolo borghese"

Il quartiere a luci rosse di Catania, rischia di trasformarsi in un'attrazione per turisti che pagano per vedere ex prostitute e transessuali. L'indignazione del regista Edoardo Morabito, vincitore lo scorso anno al Torino Film Festival con il documentario “I fantasmi di San Berillo” di cui vi proponiamo un estratto

DI ORNELLA SGROI
San Berillo non è uno zoo piccolo borghese
Il quartiere di San Berillo, a Catania, è un luogo sospeso nel tempo. Dove la complessa storia sociopolitica della città si annoda alla letteratura e al cinema, imprimendo nell’immaginario collettivo suggestioni e verità piene di contraddizioni. Dalle fascinazioni sensuali di Vitaliano Brancati alla realtà più sofferente di Goliarda Sapienza. Perfetta sintesi delle due anime che abitano le vie dello storico quartiere della città etnea, sventrato alla fine degli anni ’50 a causa di una speculazione immobiliare che ne deportò gli abitanti in periferia, a San Leone, e diventato il quartiere a luci rosse più importante del Mediterraneo. Tra i pochi palazzi fatiscenti rimasti e un degrado sempre più dilagante, rifugio di prostitute e transessuali provenienti da tutta Italia. Fino a quando, nel 2000, un blitz delle forze dell’ordine costrinse nuovamente gli abitanti ad abbandonare le loro abitazioni, lasciando per le strade del quartiere solo pochi fantasmi in calze a rete strappate, affacciati alle portefinestre di case terrane pericolanti.

Fantasmi di ieri e di oggi, esistenze dolenti lasciate ai margini quasi ad espiare chissà quali colpe, sulle cui tracce si è messo il regista catanese Edoardo Morabito con il documentario “I fantasmi di San Berillo”, girato insieme ad Irma Vecchio e vincitore nel 2013 della sezione Italiana.doc al Torino Film Festival.
Il documentario di Edoardo Morabito, vincitore del Torino Film Festival nel 2013, è un film per riflettere sulla memoria e sulla nostra storia anche quando si vorrebbe dimenticare. Un racconto struggente del quartiere nel cuore di Catania raso al suolo nel 1958, una volta abitato dagli 'ultimi' e da prostitute, ma anche artigiani e poeti.

È stato proprio Morabito, nei giorni scorsi, a segnalare su Facebook con «sconcerto, tristezza e sgomento» la nascita di una nuova iniziativa nel cuore di San Berillo, ad opera di un’associazione locale, la PanVision, che “per offrire un’opportunità di riscatto e di lavoro in ambito turistico-culturale  ai travestiti ed alle ex prostitute del quartiere che vogliono cambiare vita” – è quanto si legge sul sito promozionale – organizza il “Catania Segreta Tour”. Ovvero un giro guidato all’interno del “Borgo delle Belle”, comprensivo di incontri culturali con i trans storici e alcune ex prostitute del quartiere, previo tesseramento obbligatorio all’associazione e versamento di un contributo di 10 euro a persona, necessario per prenotare la visita.

«Questa operazione rappresenta un’idea malsana e non disinteressata di riqualificazione del quartiere – ci spiega Edoardo Morabito, mentre ci accompagna nei meandri del quartiere – e si basa su una spettacolarizzazione della vita di esseri umani che, in questo caso, vengono sfruttati come merce di scambio per capitalizzare fini pseudo artistici o, peggio, sociali, trattati come personaggi folkloristici e disumanizzati come fossero animali di uno zoo piccolo-borghese in cui bisogna pagare il biglietto per entrare. Invece parliamo di persone. Uomini e donne abituati a vendersi per sopravvivere, ma spinti spesso da motivazioni problematiche e dolorose. Forse sono anche contenti di racimolare qualche soldo in più, non è questo il problema. La questione è che così si mercifica la loro anima, la loro dignità».

Il regista catanese ha vissuto a contatto con la realtà del quartiere per quattro anni, durante la lavorazione del documentario, e non trattiene il personale disagio nei confronti di un’iniziativa che, sfogliando le pagine del sito promozionale, appare più un tentativo di business. Arrivando ad offrire dietro compenso - a partire da 100 euro a sessione - anche supporto logistico nel quartiere per set e workshop fotografici, dopo avere però raccomandato discrezione ai visitatori perché i trans e le prostitute non amano essere fotografati o ripresi. E sempre dopo avere offerto il tour guidato del quartiere a luci rosse, pur mettendone in evidenza la desolazione e il degrado che certo non lo rendono accattivante e turistico come quello di Amsterdam.

Come se ci fosse differenza tra l’occhio di una telecamera o di una macchina fotografica e l’occhio di persone che pagano per andare a curiosare.

«Uno dei problemi della società di oggi – osserva Morabito – è la perdita di indignazione. Ci facciamo passare tutto davanti con una semplicità “da aperitivo”. Ormai si è raggiunto un tale livello di alienazione dalla vita che la realtà viene spettacolarizzata nelle sue più abominevoli espressioni e tutto, diventando spettacolo, ha perso consistenza trasformandoci da spettatori in complici. Come scriveva Guy Debord, lo spettacolo è il capitale arrivato ad un tale punto di accumulazione da diventare immagine e questa operazione su San Berillo ne è l’esempio. Alcuni abitanti si sono lasciati coinvolgere, ma sono soggetti deboli di cui la società si è sempre presa gioco facendo promesse».

È stato uno di loro a confidare a Morabito, in una circostanza analoga, la spiacevole sensazione di essere trattati come animali allo zoo. Da qui il post sullo “zoo piccolo-borghese di San Berillo” scritto dal regista, dopo il quale alcune associazioni che operano attivamente nel quartiere hanno preso le distanze dall’iniziativa del tour. Stuzzicata, forse, dai riflettori accesi di recente sul quartiere con il film “Più buio di mezzanotte” di Sebastiano Riso, arrivato a Cannes, e con il documentario “Gesù è morto per i peccati degli altri” di Maria Arena, da poco presentato al Festival dei Popoli.

Girati entrambi negli stessi vicoli già percorsi da Edoardo Morabito ne “I fantasmi di San Berillo”, le cui immagini erano state inizialmente usate senza autorizzazione dai gestori del sito del tour, tanto da spingere il regista catanese a chiederne la rimozione. Ed è proprio il documentario di Morabito ad offrire una chiave di lettura di questa vicenda. Laddove si chiude con le parole di Goliarda Sapienza, riannodate dal regista e affidate alla voce dell’attrice Donatella Finocchiaro, per spiegare il delicato rapporto tra Catania e le sue “belle”, oggi sostituite soprattutto dai trans, in un quartiere che fatica a sopravvivere nella sua malinconica, struggente, emarginata solitudine.

"Queste donne – scriveva Goliarda, autrice de “L’arte della gioia”, cresciuta in via Pistone, nel cuore di San Berillo – mi hanno chiuso la bocca per tanti anni. Perché essendo derelitte, vittime della società, io fui costretta ad amarle, a conoscere le loro storie, metterle in un altarino e scrivere solo di loro. Ma essendo io nata e vissuta al secondo piano, piano nobile come si diceva, che potevo saperne...Con terrore mi accorsi che non sapevo niente di loro e che sotto quell’amore sacro che avevo per queste donne si nascondeva un’indifferenza piccolo-borghese. Oggi come allora, non sono che una straniera. Finalmente l’ho capito e non devo fingere più di amarle. E anche loro l’hanno capito. Hanno finalmente capito che sono una nemica che viene a sfottere, a curiosare, e poi se ne torna al secondo piano a studiare, a suonare il pianoforte".

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