I dieci anni che hanno cambiato
l’informazione in Basilicata
saggio di PARIDE LEPORACE
in http://www.decanteronline.it/
Ringrazio
la direzione di Decanter per avermi chiesto un contributo che, a
partire dalla celebrazione del decennale che ha festeggiato la nascita e
la contemporanea navigazione de Il Quotidiano della Basilicata, sia lo
spunto per narrare anche un decennio in cui si è profondamente
modificato nella nostra regione il concetto di opinione pubblica, ma
anche di fruizione, consumo e protagonismo dei diversi media. Le cifre,
nude e crude, dovrebbero farmi chiosare sul più basso numero di copie di
giornali venduto nelle nostre latitudini, che al tempo delle più grande
crisi di sistema che avvolge mutazione e recessione non inducono certo a
pigiare con forza i pistoni della tromba. Eppure, io vi confesso di
sentirmi parte in causa in Basilicata insieme ad altri di una grande
rivoluzione epocale: quella del tempo che strappò al notabilitato il
monopolio dell’essere informato allargando la nuova era del contenuto
giornalistico diffuso a più ampi settori di popolazione.
Contano
molto su questo versante di diffusione lucana non solo i barbieri e
molti bar della Lucania, ma anche gli uffici dove una copia di giornale
viene letta anche da25 persone in un giorno.
L’11
marzo del 2002 in tutte le edicole della regione usciva Il Quotidiano
della Basilicata con una prima pagina al tempo molto “glocale”, con uno
studiato mix di notizie nazionali e territoriali. Era nato il primo
giornale regionale lucano del XXI secolo, gemmato nel cuore di una
rivoluzione editoriale che aveva già profondamente modificato
significativamente tendenze culturali in Calabria. Gli indici di lettura
tra i più bassi d’Italia della Basilicata inducevano a conquistare
nuovi lettori e a confrontarsi sul mercato con due testate concorrenti
(La Gazzetta del Mezzogiorno e la Nuova Basilicata) che non avrebbero
concesso niente e nulla a chi veniva da altrove a cambiar la partita. È
giusto ricordare che in quegli anni la Basilicata, nel Sud e non solo,
era luogo dove poter investire con interesse: la Fiat, un sistema
politico virtuoso, il miraggio del petrolio, la possibilità di
partecipare ad un riscatto meridionalista che la pubblicistica del
periodo sottolineava con colorite definizioni, non mancando mai di
citare la virtuosa Basilicata. Scendeva in campo con il Quotidiano una
nuova generazione giornalistica con molta gavetta ben fatta in giornali,
televisioni, radio locali e a volte nazionali. A dar man forte dalla
Calabria arrivarono dei colleghi ormai ben specializzati con successo
negli avvii delle nuove testate e nell’apertura di nuove redazioni.
L’avventura poteva iniziare e fu avventura controversa e complessa da
mantenere in vita. Al giro di boa dei primi cinque anni sono stato
chiamato a dar nuovo impulso a quanto costruito dalla direzione di Pino Anzalone, Ennio Simeone e dalla breve reggenza di Alfonso Pecoraro.
Al
mio arrivo in Basilicata assistito dal mio insostituibile
caporedattore, Lucia Serino, avevo pochi punti chiari in tanto lavoro da
fare per scalare le posizioni conquistate dai miei due competitor
regionali. C’era da “scalabresizzare” molta foliazione inutile del
giornale e sostituirla con contenuti locali adeguati. Non è stato
semplice risalire la china, ma grazie alla fiducia Sui giornali si
scrivono cose che corrispondono alla verità o che assomigliano alla
verità ricevuta da gran parte della redazione e ad un’assoluta libertà
concessa dall’editore ad una linea editoriale corsara e d’assalto
lentamente le posizioni di mercato sono cambiate assegnandoci
un ruolo ben definito nel dibattito pubblico lucano.
Nel
mio taccuino di lavoro avevo segnato un dato di diffusione precedente
al mio arrivo. L’enciclopedia dei comuni della Basilicata, raccolta e
allegata in fascicoli al giornale, era stata collezionata da 2500
lettori per diversi mesi. L’identità municipale
di
grandi e piccoli borghi era necessariamente significativa per una
narrazione regionale, ma la crescita dei numeri del giornale passava per
le realtà urbane di Potenza e Matera e per l’agglomerato economico del
Metapontino. I circa cento comuni lucani sotto i cinquemila abitanti non
consentivano, e ancora oggi difficilmente permettono, in quei
distretti, una crescita significativa delle vendite dei giornali.
Un’altra indicazione mi proveniva dai bollettini della primavera 2004,
coincidenti con i 21 giorni di agitazione alla Fiat di Melfi, che
nonostante una linea favorevole alle lotta degli operai da parte del
nostro giornale, segnavano una clamorosa calma piatta per la nostra
diffusione: un dato amaro con cui fare i conti anche alla luce della
distribuzione gratuita della Stampa, il giornale della famiglia Agnelli,
ai cancelli della Sata. Ben altre influenze sul nostro lettore avevano
invece lasciato le cronache della lotta di Scanzano contro l’imposizione
del sito unico delle scorie nucleari.
La
Basilicata, anche grazie ai suoi giornali locali, nel novembre del 2003
costruiva una sua identità regionale definita e soprattutto per la
prima volta collettivamente aveva ragione di un imposto sopruso
centralista. È in questo decennio che attraverso alcuni grandi fatti la
Basilicata conquista un proscenio mediatico nazionale che modifica la
percezione leviana del Cristo fermo ad Eboli, a dannazione del cafone
lucano, e attraverso questa anche una modificata presenza mediatica
della propria opinione pubblica. Negli anni zero del nuovo secolo la
Basilicata si rivela al mondo in chiave ludico-spettacolare aprendo un
lento cammino per un giornalismo di settore che inizia a produrre
qualche significativo risultato. Il successo planetario di Passion
realizzato a Matera da Mel Gibson, le affermazioni cinetelevisive di
Rocco Papaleo con l’annesso repertorio di simpatia identitaria e
polemiche rancorose, l’evento mondano delle nozze di Sofia Coppola nel
palazzo di famiglia a Bernalda hanno rappresentato delle teste di serie
per il settore dello spettacolo che ha permesso anche la nascita di un
larvale dibattito specialistico di settore. Una marcia lenta ma
necessaria alla modernizzazione di una regione che vanta un
significativo Pantheon novecentesco di grandi firme che costruirono il
loro successo nei principali centri dell’editoria italiana (Beniamino
Placido, Orazio Gavioli, Leonardo Autera). Anche il successo letterario
di una significativa pattuglia di autori lucani ha contribuito non poco a
raffinare il linguaggio giornalistico locale orientandolo su nuovi
spunti e suggestioni. Nel quadro complessivo e generale il mio
Quotidiano ha molto puntato sui successi e i contributi diretti di
Gaetano Cappelli, Giuseppe Lupo, Mariolina Venezia, Raffaele Nigro (che
vanta una lunga collaborazione alla Gazzetta del Mezzogiorno) Dora
Albanese, Giancarlo Tramutoli che in attività tra centro e periferia
hanno permesso in Basilicata la nascita di nuovi confronti culturali.
Apro una personale ampia parentesi per Andrea Di Consoli, poeta,
scrittore, autore televisivo, critico letterario e inviato di grande
testate nazionali, che nonostante la giovane età compare già nella
Storia della Terza pagina italiana e che con il Quotidiano assumerà uno
stretto
rapporto
di giornalismo militante che oltre ai temi culturali (segnalo la sua
scelta commentata di passi antologici di oltre cento autori lucani
pubblicati nell’inserto Estate del 2010) lo hanno visto eretico e
discusso protagonista su alcuni dei principali versanti della nostra
narrazione: la cronaca nera e giudiziaria e la politica.
Il
decennio che stiamo radiografando si è posto all’attenzione per alcuni
grandi fatti che hanno posto la Basilicata, identificata non più come
isola felice meridionale ma come terra di misteri noir e di malaffare
istituzionalizzato. Le clamorose inchieste del pm d’assalto Woodcock, i
safari lucani di De Magistris, alcuni clamorosi casi di omicidi
irrisolti, l’esplodere della vicenda “Toghe lucane” hanno sicuramente
modificato indici di lettura e schieramento della società lucana con mai
viste prese diposizione di parte di settori significativi della società
lucana che hanno dato vita a combattive associazioni legalitarie, anche
se sono in seguito scomparse dall’ edicola iniziative come il
quotidiano Il resto che quell’ondata giustizialista cercò di cavalcare.
In
questo ambito, per quanto riguarda, abbiamo giocato un ruolo molto
attivo. La nostra testata sarà la prima a pubblicare intercettazioni
integrali tratte da un’inchiesta giudiziaria, presto seguita dalla
concorrenza determinando una svolta in un settore che in regione per
lungo tempo si era mostrato molto ecumenico e a volte persino
addomesticato. Il Quotidiano in questo ambito è stato molto
“movimentista” segnando clamorosi scoop ma cercando di non essere mero
“gazzettino” di Procura.
Esemplare
in tal senso la clamorosa vicenda di Elisa Claps, la ragazza scomparsa
nel nulla a Potenza e ritrovata dopo molti anni in un sottotetto della
Trinità, che ha inevitabilmente caratterizzato una stagione del
giornalismo locale. Il Quotidiano ha sfruttato al meglio questa
occasione e tenendo per circa 70 uscite la notizia in apertura con molti
particolari esclusivi è riuscito ad ottenere il margine di crescita di
vendita tra i più alti tra quelli monitorati dall’Ads in Italia in quel
periodo. La vicenda Claps, insieme ad altre, è stata oggetto di
attenzioni di grandi trasmissioni televisive di successo che non hanno
lesinato letture a volte qualunquiste e interessate determinando un
antagonismo tra i media locali. In questo ambito si sono pure collocate
le grandi testate nazionali che hanno spesso raccontato la Basilicata
per luoghi comuni o peggio per filiere di appartenenza. Non si può qui
non far notare la grande occasione mancata da parte degli inserti locali
meridionali di Corriere e Repubblica che hanno confinato le notizie
della nostra regione tra le brevi delle loro edizioni campana e
pugliese.
La
traumatica trasformazione dell’editoria ha fatto registrare in
Basilicata la costruzione di una linea di difesa basata sull’offerta del
“panino” con altre testate nazionali. Con l’aumento del costo di
vendita per essere adeguati all’offerta della concorrenza anche noi
abbiamo scelto di abbinarci a testate specializzate nell’informazione
economica (Sole 24 Ore e Italia oggi) ritenute utili per un lettore che
fa parte delle classi dirigenti e imprenditoriali locali.
Nel
corso del tempo ha ben costruito una sua offerta forte il giornale
storico lucano per antonomasia, La Gazzetta del Mezzogiorno. Antica
testata meridionale dopo anni di monopolio regionale caratterizzati da
una stretta vicinanza al potere politico
(i
suoi quadri dirigenti nella Prima Repubblica erano designati da Moro e
Colombo) ha dovuto attrezzarsi alla concorrenza dei nuovi competitor
ristrutturando il formato verso la moderna formula del full color,
rinnovando tematiche e linguaggi e offrendo
al
lettore un robusto pacchetto che vanta un dorso nazionale-pugliese,
quello locale e l’abbinata con una grande testata nazionale come La
Stampa che ha permesso di arginare la concorrenza nelle complessità del
mercato attuale. L’offerta del panino con il Mattino di Napoli, che in
Basilicata ha sempre avuto una sua presenza locale, ha rappresentato un
puntello anche per la Nuova del Sud testata che aveva rotto il monopolio
dell’informazione regionale sul finire del Novecento e che con la
cronaca politica e dei territori ha rappresentato una significativa
novità nell’asfittico panorama regionale. La testata dell’editore
Macchia, che schiera anche la presenza
di
una tv satellitare, ha per lungo tempo poggiato sulle incursioni di un
acclamato “columnist” come Nino Grasso, strappato dall’editore alla
Gazzetta, che hanno rappresentato per lungo tempo il punto di forza di
una testata nata con grandi ambizioni, e che ha saputo resistere con
determinazione alla bufera della crisi economica. Mi sembra esemplare in
tal senso l’abdicazione di Grasso dalla sua trincea di polemista
(sicuramente faziosa ma proprio per questo molto utile al confronto
delle opinioni) a favore del sicuro ruolo di portavoce del governatore
Vito De Filippo.
La
Regione in Basilicata è, infatti, un editore pubblico che vampirizza e
blandisce molti giornalisti, spesso orientati nella loro professione ad
essere amici dei loro sponsor per potersi guadagnare un posto pubblico.
Il potere regionale dispone di
un
apparato propagandistico enorme che dispiega numerose testate
multimediali nel web (una sorta di regime mediatico), che hanno fatto
spesso lamentare le opposizioni politiche. Mi sembra giusto evidenziare
che in Regione sia rimasta lettera morta la proposta di una moderna
legge di sostegno alla stampa locale, che per iniziativa
dell’associazioni professionali chiedeva un’inversione di tendenza
rispetto ai tradizionali aiuti paternalistici e clientelari. Nel cercare
di fornire un quadro di riferimento, inevitabilmente parziale e
incompleto, (una delle poche mappature degne di questo nome è
rintracciabile in Storia del giornalismo in Basilicata di Pantaleone
Sergi) mi sembra doveroso segnalare un variegato panorama di fogli e
giornali locali che a macchia di leopardo e con diversa qualità
caratterizzano più che il mercato editoriale la scena pubblica locale.
Significativi in tal senso mi sembrano: il ruolo che esercita nell’area
sud L’eco di Basilicata che si caratterizza per uscita regolare in
edicola, e per un’inconsueta fidelizzazione di lettori e persino di
abbonati; la presenza settimanale di Controsenso che a Potenza ha
guadagnato una sua posizione con una free press casalinga e generalista;
il combattivo mensile di Ferrandina La Cupola verde mai domo sul
versante della denuncia e della proposta. Per le riviste politiche le
mie preferenze vanno al vostro Decanter, ma considerato che sono vostro
ospite rimando ad altre occasioni il mio pensiero. Sono rammaricato del
fatto che il reprint di Territorio si sia impantanato nelle paludi
organizzative che interessano questi utili strumenti, come rimpianti
vengono dal fatto che la gloriosa Basilicata di Leonardo Sacco sia
finita in una morta gora a causa dell’isolamento del suo glorioso
animatore e che lo sperimentale Totem abbia chiuso i battenti.
In
questo decennio furono fuochi di paglia anche quelli della Scuola di
giornalismo della locale Università che hanno lasciato in archivio poche
esperienze e molte illusioni. La televisione approdata al digitale
terrestre ha poche testate private e l’audience quindi è concentrata
sulla testata pubblica che vanta per questo motivo gli ascolti più alti
d’Italia. Va un po’ meglio con la radio, ma si tratta solo
d’intrattenimento, considerato che di giornalismo se ne sente poco. Il
nuovo che avanza proviene dalla Rete. Sono nate alcune esperienze
significative.
La
più interessante è quella de Il Metapontino che copre in tempo reale la
vita di quel territorio. Rutilante nei toni e nell’autoreferenzialità è
anche il quotidiano online Basilicata24 che ha conquistato attenzione
con alcune inchieste di buona fattura. Il panorama si completa con una
pluralità di blog (significativo nel dibattito politico materano
Hyperbros), siti politici, aggregazioni di cittadini e associazioni sui
social network che spesso e volentieri configgono con i pochi media
meanstream lucani secondo dialettica planetaria, determinando un noto
fenomeno definito dagli analisti “populismo digitale”.
I
tre quotidiani regionali hanno iniziato la loro lenta ristrutturazione
elettronica e molto dipenderà dai loro editori per una crescita
esponenziale dei fruitori dei loro contenuti, che complessivamente
restano i migliori pur se con molto tare e deficienze. Perché ancora,
per fortuna, quel giornalismo organizzato gerarchicamente al proprio
interno, riesce a raccontare i fatti nella loro stringente evidenza,
perché la realtà esiste e soddisfa ancora il raccontarla. A Mumbai come
in Basilicata.
PARIDE LEPORACE
direttore responsabile del “Quotidiano della Basilicata”
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