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sabato 15 marzo 2014

Il mito di Klimt: a Palazzo Reale l’opera d’un cesellatore della pittura, dall’apprendistato alla Secessione viennese

Il mito di Klimt: a Palazzo Reale l’opera d’un cesellatore della pittura, dall’apprendistato alla Secessione viennese (Patrizia Pedrazzini).

Klimt.Salomè-Un solo, unico, semplice girasole si erge, al centro di un quadro interamente cosparso di punti d’oro, su di un piedistallo fiorito, contro un fondale di foglie che riempie, senza lasciare vuoti, tutto lo spazio della tela. Una sorta di mosaico mistico, davanti al quale il critico Ludwig Hevesi esclamò affascinato: “Sta davanti a noi come una fata innamorata, il cui abito verde-grigio fluisce verso il basso con un brivido di passione”.
“Girasole”, dipinto fra il 1907 e il 1908, è uno dei venti oli di Gustav Klimt che fino al 13 luglio saranno esposti a Milano, a Palazzo Reale, nell’ambito della mostra (in tutto 134 “pezzi”, fra opere anche di altri artisti, lettere e cimeli) “Klimt. Alle origini di un mito”. Un’esposizione per certi aspetti “diversa”, che propone, del grande pittore viennese (1862-1918), le fasi e i momenti meno noti: gli anni dell’apprendistato artistico, improntato alla pittura “storicistica” di un maestro come Hans Makart (in mostra anche opere di quest’ultimo); l’amore per la manualità artigianale e per la preziosità dei metalli, ereditato dal padre (che, cesellatore e orafo, gli trasmise la propensione a decorare anche gli spazi più piccoli, mentre dalla madre derivò la passione per la musica); il legame artistico con i fratelli Ernst e Georg (presenti i loro lavori) e la nascita della Künstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che, costituita nel 1881 da Gustav ed Ernst insieme a Franz Matsch, fu attiva per quasi dodici anni, distinguendosi soprattutto nella decorazione pittorica di edifici pubblici. Fino alla Secessione, al rifiuto della tradizione storicistica e al successivo passaggio all’avanguardia internazionale.
È quindi possibile ammirare, nelle sale di Palazzo Reale, i ritratti giovanili fatti da Klimt a membri della famiglia e i bozzetti dei grandi dipinti decorativi realizzati per teatri e musei; i paesaggi (nella sala loro dedicata, una panoramica sul paesaggismo austriaco del tempo) e la velata inquietudine dei ritratti femminili; i disegni per le banconote della Banca Austro-Ungherese e la riproduzione del monumentale “Fregio di Beethoven”, realizzato da Klimt nel 1902 lungo le pareti di una sala del Palazzo della Secessione: un’opera alta più di due metri e lunga oltre 34, in cui l’artista, ispirato dalle note della Nona Sinfonia, rilegge in chiave simbolista l’eterna lotta tra il bene e il male, tra affreschi, intarsi di pietre, stucchi e vetri colorati. Ma ci sono anche i colori, la verticalità, il viso insieme seducente e fiero, i capelli, le mani che sembrano artigli di un’aquila di un capolavoro quale “Salomè” (o “Giuditta II”), del 1909. E la quiete serena del sonno di “Madre con due bambini” (o “La famiglia”), dell’anno successivo: tre visi che affiorano, delicati e pallidi, sui quali spicca il rosso delle labbra, da un’unica grande coltre scura. Fino all’incompiuto (1917-18) “Adamo ed Eva”: lui e lei in piedi su una base di fiori dove il decorativismo dello sfondo, tipico di Klimt, si unisce, nella parte superiore del dipinto, a un fondale monocromo più vicino allo stile di un altro grande artista austriaco morto lo stesso anno: Egon Schiele.
La mostra è realizzata in collaborazione con la Österreichische Galerie Belvedere di Vienna.
“Klimt. Alle origini di un mito”. Al Palazzo Reale di Milano, fino a 13 luglio. Per prenotazioni e informazioni, tel. 02.54917.
www.klimtmilano.it
Da lospettacoliere.it

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