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Il racconto di Carlo Tronchetti: “Quei giorni in cui i Giganti dopo tremila anni emergevano dalla terra”
“Un’emozione indescrivibile a Mont’e Prama in quell’inverno di 36 anni fa: venivano fuori pezzi di statue da tutte le parti, braccia, teste e busti interi, una distesa enorme di sculture mai viste prima. Eravamo davanti a qualcosa di straordinario”. A raccontare l’avventura su uno dei luoghi più magici della storia isolana è Carlo Tronchetti, archeologo oggi in pensione, una vita dedicata allo studio della storia sarda prima come direttore della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, poi alla guida del Museo Archeologico cagliaritano. Fu lui a dirigere gli unici due scavi archeologici condotti nell’area di Mont’e Prama tra il 1977 e il 1979.
Nel dicembre del ’77 aveva solo 31 anni quando fu chiamato a scavare la collina vicino a Cabras dove qualcuno aveva notato una straordinaria, insolita concentrazione di pietre lavorate. Con lui c’erano Raimondo Zucca, Emina Usai e Paolo Bernardini, allora giovani alle prime esperienze, oggi sono tra gli studiosi più autorevoli della storia antica sarda. Tre settimane di indagini preliminari insieme a Maria Luisa Ferrarese Ceruti, poi lo scavo vero e proprio nell’estate del 1979 che coinvolse anche sei operai specializzati e un tecnico della Soprintendenza, Gino Saba: una decina di persone in tutto all’opera con cazzuole, secchi, palette, carriole, strumenti da misurazione e altri arnesi da scavo che in poco più di quattro mesi tirarono fuori 5200 pezzi di arenaria gessosa, ben 10 tonnellate di materiali da studiare e ricomporre.
“In quell’estate del 1979 abbiamo riportato alla luce una quantità enorme di frammenti – continua Tronchetti – alcuni piccolissimi, altri alti fino a settanta centimetri: vederli venir fuori dalla terra dopo più di due millenni è stato incredibile. Il momento più emozionante di questa esperienza? Avevamo notato una pietra levigata un po’ tondeggiante che si scorgeva nel terreno, pian piano è emersa una testa, gli occhi segnati come due cerchi, il naso dritto e le orbite profonde, lo sguardo impenetrabile: apparteneva alla scultura di un pugilatore”.
Il puzzle oggi è stato in parte ricostruito grazie al minuzioso lavoro di restauro che si è concluso tre anni fa nel centro specializzato di Li Punti: ventotto sculture di arcieri, pugilatori e guerrieri sono restituite alla Sardegna e alla storia del Mediterraneo intero, in parte sono esposte da ieri tra il museo archeologico di Cagliari e quello di Cabras ma tra qualche anno potremo vedere tutto il prezioso patrimonio di Mont’e Prama in un nuovo spazio costruito appositamente a Cabras.
La scoperta dei Giganti, risalenti alla seconda metà dell’VIII secolo avanti Cristo, ha costretto gli studiosi a riscrivere l’intero passato della Sardegna: fino ad allora si pensava che dopo il massimo splendore della civiltà nuragica con le sue torri gigantesche i Sardi avessero vissuto un momento di crisi e decadenza, ma le statue monumentali nella loro perfezione stilistica ci dicono che non fu così: “Il santuario di Mont’e Prama – sottolinea Tronchetti – ci conferma che in quel periodo l’isola viveva un periodo di ricchezza, commerci e contatti con tutto il Mediterraneo: i Giganti sono il primo straordinario esempio di statuaria monumentale nel Mediterraneo occidentale”.
Qualche rimpianto, dopo quarant’anni da questa incredibile scoperta? “Mi è dispiaciuto che nessuno mi abbia coinvolto nell’organizzazione della mostra e nella creazione del catalogo a cui hanno lavorato insieme Soprintendenza Archeologica, Regione Sardegna e comune di Cabras. Ad ogni modo per me è una soddisfazione enorme sapere che finalmente le statue dopo tanti anni potranno finalmente tornare a Cabras, in quegli stessi luoghi in cui qualcuno due millenni fa le ha immaginate e create”.
(in foto, la testa del pugilatore nelle immagini di scavo del 1979, la foto è di Carlo Tronchetti)
Francesca Mulas
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