Cannes, l’Alice delle meraviglie (CONCITA DE GREGORIO).
25/05/2014 di triskel182
SECONDO PREMIO ALLA ROHRWACHER, PALMA D’ORO AL TURCO CEYLAN.
CANNES - È DI Alice Rohrwacher, questo Festival. Perché è lei la grande sorpresa, quella che lascia la sala per un secondo senza respiro. Perché il Gran Premio della Giuria è il più importante riconoscimento dopo la Palma d’oro.
CANNES - È DI Alice Rohrwacher, questo Festival. Perché è lei la grande sorpresa, quella che lascia la sala per un secondo senza respiro. Perché il Gran Premio della Giuria è il più importante riconoscimento dopo la Palma d’oro.
PERCHÉ il turco Ceylan, l’infinito racconto di tre persone chiuse in baita in Anatolia, Winter sleep , era stato invece amatissimo dai critici titolati, quelli sempre a sopracciglio levato in specie sulle virtù di casa propria, era indicato nei pronostici e in qualche modo atteso al podio insieme ad altre storie di remoti mondi: la Siberia, un’isola al largo del Giappone, Timbuktu. Tutti sempre si aspettano il successo dell’eventuale iraniano in gara. Nessuno, quasi nessuno si aspettava invece che fosse una trentenne esile e timida che parla francese con accento di Viterbo a scalzare tutti i francesi padroni di casa, Assayas, Bonello, Hazanavicius, i grandi inglesi, Ken Loach e Mike Leigh, Cronenberg, i Dardenne.
E però sì, questa giuria così femminile, cinque donne su nove giurati, così giovane ha premiato davvero una banda di ragazzini, alla fine: il cinema
del tempo che verrà e con loro i bambini e gli adolescenti protagonisti dei loro film, gli occhi nuovi sul mondo. Persino il vecchio Gilles Jacob, patron del Festival — accolto da una standing ovation tanto prolungata da sembrare un congedo — ha parlato a bassa voce di “passaggio di testimone” nell’assegnare il suo personale premio, la Camera d’Or, a un gruppo di trentenni festosi — Theis, Burger e Amachoukeli — registi a sei mani di un film “di famiglia”, hanno detto, Party girl.
Un attimo prima Kiarostami aveva chiamato il vincitore della sezione cortometraggi, il colombiano Mesa Soto, classe 1986.
E dunque è coerente a questo transito di secolo che il vincitore del Premio della Giuria sia il venticinquenne Xavier Dolan, canadese, col suo film Mommy , storia di un quindicenne difficile. Ex aequo con Godard, il premio: il più giovane e il più vecchio, per quanto l’omaggio a Godard, assente, suoni soprattutto come un tributo al Maestro. Il suo quasi-unfilm
al debutto nelle sale, a Parigi e provincia, ha registrato 600 spettatori. Ma non è questo il punto, certo.
Il dialogo muto fra il giovane Dolan e la presidente della giuria Jane Campion è il momento più intenso della serata. Anche gli artisti possono cambiare il mondo, non solo i politici. Tutto è possibile per chi sa sognare, sa andare avanti, lavora, dice Dolan che sembra davvero un giovane leader politico, uno di quelli che scarseggiano. Tecnico il premio alla regia per Bennett Miller ( Foxcatcher, storia di wrestling), meritatissimo quello al miglior attore Timothy Spall, il pittore Turner nel film in costume di Leigh, del resto erano poche le parti maschili notevoli. Molte le parti femminili, invece: grandi sconfitte le star francesi Marion Cotillard e Juliette Binoche, entrambe impeccabili. Vince la Julianne Moore invecchiata del viale del tramonto hollywoodiano di Cronenberg. E’ un modo comunque per dire che la supremazia americana ha stancato davvero, logorato e sfinito, pazienza se le star di Cannes sono Uma Thurman e Quentin Tarantino. Premio per la miglior sceneggiatura al film violentemente anti-Putin del siberiano Zvyagintsev, un nome che sembra una password, nemmeno Campion è in grado di pronunciarlo. Leviathan è, insieme a quello di Loach e in qualche modo al suo contrario, il grande film politico di questa edizione di Cannes. La sconfitta del comunismo, l’illusione tradita e corrotta.
L’Italia che fa cinema gioisce del Premio speciale della giuria “Un certain regard” al film di Wenders e Salgado jr prodotto dalla Solares, piccoli grandi pionieri di Parma. Per il riconoscimento a Lievito madre di Fulvio Risuleo (terzo in Cinefonation) e per Alice Rohrwacher, naturalmente. Che ottiene lo stesso onore tributato ad Anghelopoulos con Losguardo di Ulisse, a Benigni con La vita è bella, a Garrone con Gomorra nell’anno del Divo di Sorrentino, il 2008, e con Reality nel 2012. Le meraviglie è un film che racconta quel che potrebbe succedere dopo il tempo che è successo già. Dà la parola a chi viene dopo: quattro sorelle bambine, tutte femmine. Jane Campion la abbraccia per un tempo molto lungo. E’ nelle donne, direbbe il canadese Dolan, il fil di ferro della storia da scrivere.
Da La Repubblica del 25/05/2014.
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