"Dalla finestra" (dedicato a Maria Antonietta), di Gianni Zanata
Dalla finestra aperta s'intravedevano la spiaggia e il mare. I colori del pomeriggio usurpavano ogni angolo dello studio, e faceva caldo. Tirai leggermente la tenda, mi sistemai sulla poltrona. Quella ragazza, Violetta, così aveva detto di chiamarsi, continuava a fissarmi dall’altra parte della scrivania. Il suo viso m’era familiare, ma non sapevo perché. Violetta non era stata una mia alunna, né mi ricordavo di averla mai incontrata all’università. Eppure quel viso gentile, grazioso, forse un po' troppo pallido, m’era proprio familiare. Maledissi la mia memoria. Accavallai le gambe e trassi un bel respiro. Da fuori arrivò il tenue canto degli scriccioli. Da anni ormai facevano il nido in giardino. – Allora, sentiamo – le dissi, – parlami dei tuoi racconti. Violetta scosse il capo e trattenne una risata. – Beh, che c’è da ridere? – dissi seccato. Lei si portò una mano alla bocca. – Mi scusi – disse, – non volevo. Mi sentii sbeffeggiato. Non avevo alcuna intenzione di farmi prendere in giro. La fissai a lungo. E lei si fece improvvisamente seria. – Mi creda – disse, – mi dispiace. Sospirai. – Va bene, va bene – dissi, – sentiamo, dunque. Questi racconti. Violetta si schiarì la voce. – Mi vien difficile parlarne – disse, – ecco, sono racconti che vivono nei… racconti. – Cioè? – domandai. – Ah, proprio non saprei spiegarmi – fece lei. – Fammi un esempio. – Un esempio? – Sì. Un esempio di racconto che "vive nel racconto". Violetta assunse un’aria pensierosa. – Beh – disse dopo un po', – questo è un esempio. La squadrai da capo a piedi. Quella ragazza era davvero insolente. – Questo cosa? – sbottai. Lei allargò le braccia e sorrise. – Questo – disse, – questo racconto.
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