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Da quando aveva ricevuto la prima lettera di Giovanni, con l’elegante calligrafia inclinata a destra, le sembrava di avvertirne la presenza vicino a sé, di poterne toccare la mano, ascoltare il respiro. Era un sogno? Certo, lo era. Ma il sogno le occupava la mente in modo così assiduo che i colori intorno, nella strada e nella campagna, erano divenuti più vivi, e gli odori, i suoni, tutto era più forte e degno di meraviglia. Era amore?
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Ed anche questa notte ella è venuta a me in sogno.
Ho osato prenderla per mano, come una fanciullina, e l’ho condotta meco presso la finestra, per mostrarle gli alberi in fiore e, giù in basso, lungo l’antica scala di pietra levigata dai passi dei miei avi, la sponda fiorita delle piccole rose amate da Debussy
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Io sento bene il grido del vostro cuore che tanto ha! Voi vorreste dirmi: “io presento di amarti; incoraggiami, completa il mio sogno, la mia esistenza”. Non è vero che vorreste dirmi così? Ed io vorrei ben rispondervi nello stesso modo. Anch’io sento che molti sogni miei sono vuoti, che la mia vita è incompleta, perché la mia anima è sola e vive senza amore, pur circondata di amore, come la triste salamandra tra le fiamme
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Sì, confesso, erano proprio quelle, le parole che avrei voluto cogliere dalle vostre labbra, e che ho potuto leggere con emozione nella vostra lettera del 10. Sì, presento di amarvi, e anch’io temo e tremo perché un sentimento così puro e forte potrà nascondere nelle sue pieghe recondite una propria fragilità, e l’invidia del mondo potrebbe tentare di distruggerlo.
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Giovanni…. Giovanni! Sentite come pronunzio il vostro nome?
Io penso una cosa; penso: se voi scrivete così a ventun anno, se amate così ora, come scriverete e amerete a trenta?
Oh, datemi, datemi la vostra mano e posatela sulle mie labbra per impedirle di proseguire, per impedirle di esalare in due sole parole tutta l’anima mia…
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Da oggi è nelle librerie, per l’editore Il Maestrale, “La quercia e la rosa”, di Ludovica de Nava (nella foto). Con il supporto e la riproduzione fedele di quasi trenta lettere autografe di Grazia Deledda a Giovanni de Nava, Ludovica de Nava – nipote di Giovanni – ricostruisce una storia, vera e quasi sconosciuta, che illumina uno spaccato della vita della grande scrittrice.
Il prossimo appuntamento è per il XXVIII Salone internazionale del libro di Torino in programma dal 14 al 18 maggio.
È il 1894 quando Giovanni (poeta, pubblicista e conferenziere che, appena ventunenne, aspira a uscire dal mondo provinciale della Calabria) s'imbatte in novelle, versi e saggi della ventitreenne Deledda, appena giunta alla notorietà con il romanzo “Fior di Sardegna” e che anche lei desidera andare via dal mondo provinciale di Nuoro. Così decide di scriverle per iniziare un rapporto di amicizia. Grazia mostra di gradire e in breve il rapporto si trasforma in amore. Per alcuni mesi la coppia gode del suo mondo immaginario, immersa in un febbrile scambio di lettere e s'illude che tutto sia possibile. Ma le famiglie non vedono di buon occhio la relazione, e intendono esercitare la loro influenza su questo amore sbagliato. Fra documento (le lettere) e finzione si snoda l'avvincente storia della passione fra la rosa di Sardegna e la quercia di Calabria, sullo sfondo della storia collettiva di fine secolo (le lotte e le conquiste del Partito Socialista, la repressione dei Fasci Siciliani, il terremoto in Calabria); verso un finale tutto a carico della finzione, ma non improbabile e tutto da scoprire.
Con questo romanzo-saggio occorrerà riscrivere la biografia di Grazia Deledda. La quercia e la rosa di Ludovica de Nava, Ed. Il Maestrale, ricostruisce la storia - quasi sconosciuta- dell' amore tra Grazia Deledda e Giovanni de Nava ( nonno dell'autrice) sulla fine dell'Ottocento, quando i protagonisti avevano vent'anni e sognavano un futuro insieme, fuori dall'ambiente provinciale in cui erano cresciuti. Si trattò di una storia che lasciò il segno nelle vite dei due innamorati; approfondendo la visuale deleddiana sulle problematiche sociali, e fornendo a Giovanni un motivo in più per affrettare la sua emancipazione dalla famiglia e affrettare il suo trasferimento a Roma. La vicenda è ricostruita con il supporto di 27 lettere autografe di Grazia Deledda e sugli appunti dei taccuini di Giovanni, e con un lavoro certosino di ricerca delle poesie che i due giovani pubblicarono in quegli anni su varie riviste, dedicandosele reciprocamente. Essendo un romanzo, c'è anche un parte di pura invenzione, pur tenendo conto del criterio di verosimiglianza.
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