Fino al 17 maggio.
Mitografie di Colin alla
Fondazione Marconi di
Milano: immagini tratte
dai giornali rielaborate
e fissate nel segno del
Mito dei media. Una
sorta di telenovela di
sentimenti e azioni
legate agli dei dell'Olimpo.
“Colin in qualità di artista decide di strappare la carta dei giornali alla sua caducità: le notizie nei quotidiani - si sa - durano 24 ore. Questo è il lavoro dei giornalisti. Ma l'artista Colin decide con le sue litografie di racconta come le notizie lavoreranno dentro di noi una volta che i giornali vengono gettati nel cestino della carta straccia. Colin come artista salva l'immagine dalla caducità e tenta di raccontarci cosa rimane dentro di noi del flusso dei media”.
di Paola Pastacaldi
Alla Fondazione Marconi di Milano (di via Tadino 15/17) ancora
per qualche giorno (sino al 17 maggio) si possono vedere dodici lavori
di Gianluigi Colin, artista, giornalista, art director e responsabile
dell'immagine del Corriere della Sera. Le opere, reduci da una mostra al
Museo Ivam (Istituto Valenciano de Arte Moderno) di Valencia, sono di
grande formato e di forte impatto emotivo, quasi dei manifesti,
suddivisi in quattro gruppi dedicati a Mercurio, Marte, Saturno e
Venere. Il titolo della mostra è molto esplicito, Mitografie. Immagini
tratte dai giornali rielaborate e fissate nel segno del Mito. Si
tratta in realtà di immagini tratte dalla cronaca e dall'attualità
rimaneggiate con fotocopiatrici, rifotografate, stropicciate e
ingrandite a loro volta per essere ristampate, spesso con i bordi della
carta ancora arricciati. Angolature
minime del mondo, ingrandite a dismisura, di volti di politici,
modelle, presidenti, personaggi, caratteri di altri paesi. Aleggia su
tutte le opere lo spirito dei grandi manipolatori della vita del mondo
antico, di coloro che furono appunto gli Dei del mondo classico.
Ma
non era tramontato il mondo dell'Olimpo? Finito in pasto all'invasione
della cristianità? L'idea è che in fondo questi Dei continuano ad essere
rappresentati nel mondo attraverso la ripetizione e la riproduzione
ossessiva caleidoscopica della realtà realizzata da media sempre più tecnologici, raffinati e veloci. Grandi divoratori di fatti e persone.
Gianluigi
Colin, giornalista, fotografo e pittore, non ultimo art director del
Corriere della Sera, ha nel corso di una vita professionale lunga oltre
trent'anni fatto i conti con una materia davvero difficile da possedere:
la cronaca, l'informazione in tutte le sue sfaccettature, nera, bianca, sportiva, gli esteri, l'attualità, l'economia, la cultura e tutto quello che ora non si riesce nemmeno ad
elencare, il grande magma degli avvenimenti e dei personaggi attorno a
cui gira il mondo sociale ed economico, imprenditoriale e anche del
gossip.
Da
art director Gianluigi Colin ha dovuto assolvere il suo compito di
affrontare qualcosa che andava ben oltre le parole degli articoli.
Doveva ovviamente mettere insieme le parole con le immagini, ma
soprattutto ricreare una nuova realtà, il mondo visto dai media. Colin
doveva maneggiare l'immagine stessa del mondo, le immagini che ormai
vengono riprodotte ad una
velocità più reale del reale, in mille sfaccettature. Tanto che oggi
saranno gli stessi lettori a fare e disfare le pagine dei quotidiani con
iniziative legate a Facebook o Twitter (vedi Blu di Repubblica o del
Corriere). Ma che ne sarà del reale sempre più individualizzato?
Per fare il suo lavoro Colin
ha visto in questi anni migliaia e migliaia di rappresentazioni del
reale che il mercato dell'immagine gli offriva. Doveva lavorare dentro
un'offerta ormai senza limiti di materiale prodotto da professionisti e
anche dagli stessi cittadini lettori, armati di cellulare e IPad.
Dare
un volto ai fatti. Un lavoro da demiurgo meraviglioso, ma - diciamolo -
anche folle. Lavoro da un lato di grande rigore per attenersi comunque
ai fatti, dall'altro di grande massima creatività per indovinare e
aiutare la comprensione di quei fatti, per un target di lettori da
inventare (ma la realtà si può davvero riprodurre?).
Maneggiare una notizia significa
da almeno vent'anni maneggiarla come immagine, cioè per come appare
nella sua riproduzione sempre più spesso "digitale" e poi cartacea.
Possiamo posare lo sguardo su tutto, anche quello che non abbiamo mai
visto e che forse non vedremmo mai. I cittadini dal mattino alla sera
sono diventati grandi spettatori della commedia umana. La morte è stata
più volte fissata sulla carta, la vita stessa, la guerra nel suo farsi,
le tragedie come l'11 settembre, lo tsunami. C'eravamo anche noi eppure
non c'eravamo, ecco la magia e la follia dell'informazione odierna.
Colin in qualità di artista decide di strappare la carta dei giornali alla sua caducità: le notizie nei quotidiani - si sa -
durano 24 ore. Questo è il lavoro dei giornalisti. Ma l'artista Colin
decide con le sue litografie di racconta come le notizie lavoreranno
dentro di noi una volta che i giornali vengono gettati nel cestino della
carta straccia. Colin come artista salva l'immagine dalla caducità e
tenta di raccontarci cosa rimane dentro di noi del flusso dei media.
Possiamo
volare con Mercurio, dio della folgore, della fertilità e della natura,
incontro alle storie del mondo che i quotidiani ci raccontano. Finiamo
inevitabilmente per incontrare Mercurio,
il dio dell'eloquenza con le sue ali ai piedi, psicopompo
accompagnatore dello spirito nei sotterranei della morte, apportatore di
sogni e ladro vorace. Non
poteva mancare la bellezza e la sensualità nella figura di Venere, la
dea della bellezza e dell'amore. Chi se non lei noi lettori assaporiamo
quando i giornali ci offrono infinite parti del corpo femminile, delle
bellezze televisive ingrandite da teleobiettivi e digitali a milioni di
pixel?
Partito da una mostra nel 1980 che si intitolava La Fabbrica del Presente (una memoria legata al pensiero di Alberto
Cavallari) e passato attraverso varie mostre legate alle Vie della
memoria, a Cronos, cioè quel che resta della memoria, al Presint Storic
bellissimo catalogo in dialetto friulano, oggi Colin ci presenta il Mito
dei media. Una sorta di telenovela di sentimenti e azioni legate agli
dei dell'Olimpo. Partito da quadri dove il Cristo morto del Mantegna si
sposava in modo incredibilmente somigliante al corpo di Che Guevara,
Colin salva la spazzatura del reale cartaceo, dando a tutto un
significato. Per non morire.
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