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"Jacovittaggini": l'Italia degli anni Settanta sotto la lente ironica di Jac
di Andrea Curreli
"Per non stare con il
pennino in bocca, riempio le vignette di particolari come salami, vermi
e ossa". Benito Jacovitti parlava così di quel suo modo maniacale di
infarcire le sue strisce di improbabili personaggi e bizzarri
comprimari. Un pennino in costante movimento che veniva sempre
affiancato e sostenuto da battute ironiche espresse in un italiano
stravolto e rimodellato a suo uso e consumo. Un modo di fare fumetto
iniziato sotto il fascismo e passato senza grandi cambiamento
attraverso gli anni fino al 1997, data della morte del grande fumettista
con il sigaro in bocca. La sua enorme e straordinaria produzione,
capitanata dal celebre Cocco Bill, è stata stampata e riproposta più
volte ma è sempre un piacere ammirare le tavole del celebre Jac. Per
questo merita attenzione Jacovittaggini, il
testo edito da Nuovi Equilibri-Stampa Alternativa che raccoglie per la
prima volta in maniera organica tutte le "correnti" dell’umorismo di
questo maestro del disegno che amava poco il conformismo italico.
L'Italia davanti allo specchio ironico di Jac -
Un anticonformismo sincero che gli era costato un'etichettatura di
segno opposto e contrario: qualunquista. Ma da uomo libero qual era,
Jacovitti incassava e ribaltava rendendo vana qualsiasi forma di
classificazione ideologico-dottrinaria. Qualche anno prima di morire in
una celebre intervista si era definito “un clown e un pagliaccio”.
“Sono orgoglioso di essere un pagliaccio. Sono un matto” aveva detto
Jac pur sapendo di essere sanissimo di testa e dotato di una satira
contagiosa. Con i suoi salami e le lische di pesce nascosti tra le
pagine l'"estremista di centro" si divertiva a incantare i suoi lettori
mettendo in bella mostra tutti i loro difetti. E così le
Jacovittaggini che è anche il titolo della pagina a lui riservata dal
settimanale L’Europeo tra il 1972 e il 1974, è una carrellata
di caricature di un'Italia ossessionata dall'impegno politico ma ancora
a piccole beghe da grande paesone qual era. Ecco allora i mariti
cornuti, la crisi del petrolio, il governo ladro, il divorzio e il
referendum abrogativo. Un quadro ironico ma tremendamente reale
perfettamente raccontato dalle immagini di Jac.
Vauro e quegli occhi a palla ereditati dal fumettista -
Il testo arricchito da una bella prefazione di Vauro. Il fumettista,
lontano anni luce dalle simpatie politiche di Jacovitti, rende omaggio
al maestro del fumetto italiano con la sua tradizionale vena ironica.
"Jac non mi fregava mai. Mi stupiva sempre. Mi faceva sgranare gli occhi
dallo stupore. Tant'è che ancora adesso mi sono rimasti gli occhi a
palla proprio come quelli dei suoi personaggi". Un'eredità somatica di
Senesi che Jacovitti ovviamente ignorava. "Non è stato il mio maestro
per il semplice motivo che lui manco sapeva che esistessi", taglia corto
Vauro che ammette però di aver attinto a piene mani dall'arte di Jac.
Ma forse l'allievo non è ancora riuscito al superare il maestro.
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