"Così la mente veloce
guida le nostre scelte"
Intervista al premio Nobel Kahneman, che spiega perché l’intuito prevale sulla riflessione "lenta". “L’illusione della razionalità ha portato a decisioni politiche che danneggiano i consumatori". "Ridurre la sofferenza umana è un obiettivo che tutte le società dovrebbero cercare di ottenere"
Federico Rampini
Repubblica 28.4.12
NEW
YORK. Uno psicologo che vince il premio Nobel dell´economia è già di
per sé un evento insolito. Se poi questo psicologo ha fatto le sue prime
esperienze "sul campo" nell´esercito israeliano, è ancora meno banale.
Ora Daniel Kahneman ha aggiunto un´altra qualità rara: il celebre
docente di Princeton si rivela un delizioso divulgatore. Il suo libro
Pensieri lenti e veloci (l´edizione italiana esce il 30 aprile, da
Mondadori) in America è un best-seller. Dopo che tanti altri hanno
cercato di saccheggiare le sue teorie con più o meno bravura, Kahneman
dimostra che la scienza può essere divertente senza perdere il suo
rigore. Soprattutto se questa scienza ci rivela i meccanismi più
profondi del nostro cervello. Il pensiero umano, spiega Kahneman,
funziona in base a due sistemi. Il Sistema 1, o Pensiero Veloce, è
inconsapevole, intuitivo e costa poca fatica. Il Sistema 2 è
consapevole, usa ragionamenti deduttivi, richiede molta più
concentrazione, ed è ovviamente Pensiero Lento. Noi c´illudiamo spesso
di farci guidare dal Sistema 2, di prendere le decisioni dopo un´attenta
riflessione, mentre in realtà è il Sistema 1 a controllare la nostra
vita per la maggior parte del tempo. Anche perché il Pensiero Lento è
"pigro", si affatica presto. Lui stesso, il Sistema 2, adora
abbandonarsi al suo fratello veloce, i cui automatismi gli risparmiano
un bel po´ di energie. Il premio Nobel evita però l´uso di termini
negativi come "irrazionalità", riconosce anche al Pensiero Veloce delle
qualità e dei meriti. «Il vero eroe di questo libro è lui», sostiene
Kahneman. Se è indiscutibile che il Sistema 1 è all´origine della
maggior parte dei nostri errori, è anche vero che produce tante
"intuizioni esperte", i riflessi automatici che sono essenziali nella
nostra vita, per prendere decisioni importanti in poche frazioni di
secondo. Un chirurgo in sala operatoria, o un vigile del fuoco di fronte
a un incendio, attraverso il Pensiero Veloce fanno scelte di vita e di
morte per affrontare delle emergenze, e molto spesso prendono la
decisione giusta in quei pochi attimi. Rientra nel Sistema 1 anche una
certa intelligenza emotiva, la capacità di decifrare all´istante lo
stato d´animo ostile o amichevole di chi ci sta di fronte. Il guaio del
Pensiero Veloce è che non conosce i propri limiti. Ha tendenza a fare
degli errori marchiani nella valutazione delle probabilità statistiche
di un evento. Generalmente usando il Sistema 1 sottovalutiamo il rischio
che avvengano "eventi rari" di tipo catastrofico; salvo invece
sovrastimare la probabilità di un bis subito dopo che questi disastri
sono accaduti. In questa intervista a Repubblica, Kahneman riassume le
conseguenze della sua rivoluzione cognitiva: nel campo dell´economia,
della politica… e della felicità umana.
La gloria accademica lei l´aveva già conquistata, perché si è deciso a scrivere un libro così poco élitario?
«Volevo diffondere un linguaggio che può aiutarci tutti, nell´affrontare il modo in cui prendiamo decisioni».
È
dagli anni Settanta che lei iniziò a demolire il mito di un Homo
Economicus perfettamente razionale. Eppure fino alla crisi del 2008 i
massimi esponenti del pensiero unico neoliberista, per esempio il
banchiere centrale Alan Greenspan, hanno continuato a comportarsi come
se i mercati fossero il non plus ultra dell´equilibrio razionale, e
quindi capaci di autocorreggere gli errori.
«Il
lavoro che iniziai negli anni Settanta con il collega Amos Tversky
(scomparso nel 1996, ndr) è stato ampiamente accettato dagli economisti,
è materia d´insegnamento da Harvard a Berkeley, soprattutto in quella
che si definisce economia comportamentale ("behavioral economics").
Nella crisi finanziaria hanno giocato aspetti d´irrazionalità, per
esempio in coloro che hanno contratto dei mutui pur sapendo che non
avrebbero mai potuto ripagarli. Altri attori della crisi invece hanno
agito facendosi guidare dal proprio interesse. L´ex presidente della
Federal Reserve Greenspan ha finito per ammettere la fragilità della sua
ipotesi, cioè che le banche non avrebbero mai corso dei rischi
inaccettabili. L´illusione della razionalità ha influenzato certe
politiche economiche: per esempio convincendo molti che non è necessario
proteggere il cittadino-risparmiatore dai suoi errori; oppure generando
la certezza che chi ha firmato un contratto ne abbia davvero letto
tutte le clausole. La mia interpretazione del pensiero umano sfocia su
politiche più interventiste, nel senso che è bene proteggere i
cittadini-consumatori».
Il
Pensiero Veloce può far tesoro dei propri errori, e migliorare? Esiste
una sorta di "evoluzione" nella qualità del pensiero umano che possa
applicarsi alle collettività?
«Noi
sappiamo come funziona l´apprendimento negli individui: attraverso un
"feedback", un ritorno d´informazione, possiamo riconoscere rapidamente
di avere commesso uno sbaglio. Lo stesso non si applica necessariamente
per i mercati, o per le politiche dei governi: perché le conseguenze
degli errori sono vaghe, le informazioni sugli sbagli tornano indietro
lentamente. Ma anche a livello individuale, sono pochi coloro che
riempiono bene tutti i requisiti per imparare dai propri sbagli».
Quali
conseguenze politiche bisognerebbe trarre da questa scienza del
pensiero umano? Lei è stato definito un "libertario paternalista",
perché è in favore di un intervento pubblico a base di "nudge", ovvero
una "spinta leggera", un incoraggiamento soft a base di incentivi e
persuasione.
«Non
tutti amano queste spintarelle, una parte della cultura politica di
destra non le vuole. Però ho trovato un´apertura nel premier inglese
David Cameron, forse il mio più grande successo politico da oltre
vent´anni».
La
sua scienza del pensiero umano sfocia anche in una scienza della
felicità. Lei stesso usa un termine come "psicologia edonistica". Ha
finito per interessare perfino dei governi, che si sono messi in cerca
di un indice della Felicità Interna Lorda da sostituire al Pil. Come
giudica questo interesse?
«È
vero che sono stato fra i primi a occuparmi dell´argomento, e in modo
più intenso nell´ultimo decennio. Mi preoccupa il fatto che questo
movimento stia andando un po´ troppo veloce. Ho due timori. Il primo:
abbiamo bisogno di un indice che sia davvero adeguato, guai a fare
troppi compromessi con la qualità, si finirebbe per stare ancora peggio
di oggi, perché rischieremmo di fidarci di misurazioni che sono
fuorvianti. La mia seconda preoccupazione è questa: la felicità è una
parola grossa. Io preferirei misurare la sofferenza umana. Ridurre la
sofferenza è una responsabilità della società, ed è un obiettivo più
accettabile da parte di tutti».
Tra Pensiero veloce e Pensiero Lento, a quale dobbiamo affidarci se vogliamo esprimere il massimo della creatività?
«Per
come descrivo il Sistema 1 nel mio libro, è evidente che la creatività
dipende da quello. Altri studi però hanno dimostrato quanto la
disciplina e la perserveranza aiutino a diventare creativi. Nella misura
in cui il Sistema 1 opera le associazioni d´idee, è essenziale per la
creatività. Ma per la tenacia e la persistenza dobbiamo fare affidamento
anche sul Pensiero Lento».
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