Lawrence Ferlinghetti
"Caffè Trieste": Olga Campofreda e il "parricidio" dell'ultimo beat Ferlinghetti
di Andrea Curreli
Caffè Trieste è un locale
italiano di San Francisco, ma è soprattutto un covo dove vecchi poeti
della Beat generation incontrano le nuove leve del loro infausto
mestiere in attesa di un nuovo sogno on the road. Per Olga
Campofreda è invece una sorta di Terra promessa o un approdo dove
trovare il suo mito, quel vecchietto "con l'orecchino turchese e la
barba bianca, ispida" una sorta di "pirata" che risponde al nome di
Lawrence Ferlinghetti. La giovane scrittrice casertana, giornalista e
responsabile del blog La gallina bianca,
ha compiuto due viaggi per incontrare l'ultimo grande poeta beat: uno
fisico attraverso le strade della città del Golden Gate Bridge e uno
letterario tra le poesie che ama. In quello che potremmo definire il suo
diario di bordo, Caffé Trieste. Colazione con Lawrence Ferlinghetti
(Perrone editore, 2011) i due piani si intersecano, si slegano per poi
riallacciarsi ancora nella ricerca spasmodica di un uomo divenuto mito
per la scrittrice. E poi l’incontro, la demolizione del mito o
"parricidio" e la scoperta di una regola che Campofreda conosceva ancora
prima di lasciare l’Italia: è il viaggio in quanto tale a dare un
senso al tutto. Campofreda si è definita una “compagna di bevute” ed il
suo libro si presta a immaginare parole sospese in un locale che profuma
di legno, alcool e sigarette ormai spente da anni. Allora è meglio che
le domande dirette lascino il posto alle parole chiave di questo libro,
permettendo così alla scrittrice di spaziare attraverso le tematiche a
lei più care.
Incontro.
"L’entusiasmo dell’incontro con il mito è dovuto soprattutto alla distanza. Si parte guardando ad un autore o ad un artista da una distanza primordiale per poi desiderare di ricongiungerci ai luoghi nel quale vive e cercare di comprendere quali sono stati gli stimoli che hanno poi generato quell’opera d’arte che suscita in noi l’ammirazione. Banalmente potrei dire che la distanza aumenta desiderio, ma le cose banali sono vere e tutti i luoghi comuni hanno un grandissimo fondo di verità. La natura umana porta a cercare e rincorrere il desiderio".
"L’entusiasmo dell’incontro con il mito è dovuto soprattutto alla distanza. Si parte guardando ad un autore o ad un artista da una distanza primordiale per poi desiderare di ricongiungerci ai luoghi nel quale vive e cercare di comprendere quali sono stati gli stimoli che hanno poi generato quell’opera d’arte che suscita in noi l’ammirazione. Banalmente potrei dire che la distanza aumenta desiderio, ma le cose banali sono vere e tutti i luoghi comuni hanno un grandissimo fondo di verità. La natura umana porta a cercare e rincorrere il desiderio".
Viaggio
“L’attesa dell’incontro con Ferlinghetti è anche una lettura della città di San Francisco e dell’America attraverso gli occhi di chi ce l’ha raccontata. Paradossalmente, quello che noi abbiamo imparato e quello che avrebbe dovuto farci crescere diventa non solo un mondo di approfondire il reale, ma al tempo stesso un muro verso la realtà. Quando intervisto Jessica Loos, nel capitolo intitolato La poesia, la montagna e lo specchio, lei dice: qui a San Francisco al Caffè Vesuvio passano orde di turisti con le guide che ricordano che qui c’erano i poeti. Jessica Loos interviene e dice: 'Io sono una poetessa, mi avete forse dimenticato?'. Cito questo esempio per dire che si cerca di vivere con lo sguardo rivolto a un passato diventato mitico ma non si vede il reale. L’atteggiamento umano è quello di rivolgersi al passato perché è già collaudato e per questo meno pericoloso. Per questo lo si coltiva più serenamente. Al contrario si teme quello che verrà perché potrebbe essere più rischioso. Il futuro promette tante cose ma non si sa se riuscirà a mantenerle".
“L’attesa dell’incontro con Ferlinghetti è anche una lettura della città di San Francisco e dell’America attraverso gli occhi di chi ce l’ha raccontata. Paradossalmente, quello che noi abbiamo imparato e quello che avrebbe dovuto farci crescere diventa non solo un mondo di approfondire il reale, ma al tempo stesso un muro verso la realtà. Quando intervisto Jessica Loos, nel capitolo intitolato La poesia, la montagna e lo specchio, lei dice: qui a San Francisco al Caffè Vesuvio passano orde di turisti con le guide che ricordano che qui c’erano i poeti. Jessica Loos interviene e dice: 'Io sono una poetessa, mi avete forse dimenticato?'. Cito questo esempio per dire che si cerca di vivere con lo sguardo rivolto a un passato diventato mitico ma non si vede il reale. L’atteggiamento umano è quello di rivolgersi al passato perché è già collaudato e per questo meno pericoloso. Per questo lo si coltiva più serenamente. Al contrario si teme quello che verrà perché potrebbe essere più rischioso. Il futuro promette tante cose ma non si sa se riuscirà a mantenerle".
Mito
"L’incontro con il mito è rischiosissimo e ci vuole un grande coraggio per decidere di partire. Il coraggio nasce dal fatto che devi essere conscio di dover affrontate un parricidio. Nel momento in cui incontri il tuo mito, ti rendi conto che ti ha guidato sino a quel punto ma è giunto il momento di superarlo. Per fare questo devi ucciderlo. E’ una necessità maieutica perché dopo averti fatto crescere ed esserti stato di esempio lui deve scomparire e tu sei sempre chiamato ad andare oltre. Il post mito è una condizione completamente solitaria e per questo molto più coraggiosa. Il mito dal greco mythos significa storia. Il personaggio mitico è quindi l’emblema di tutta una storia e noi scegliamo intimamente il personaggio e la storia nelle quali ci piace credere. La storia nella quale credo profondamente è quella di Cristoforo Colombo".
"L’incontro con il mito è rischiosissimo e ci vuole un grande coraggio per decidere di partire. Il coraggio nasce dal fatto che devi essere conscio di dover affrontate un parricidio. Nel momento in cui incontri il tuo mito, ti rendi conto che ti ha guidato sino a quel punto ma è giunto il momento di superarlo. Per fare questo devi ucciderlo. E’ una necessità maieutica perché dopo averti fatto crescere ed esserti stato di esempio lui deve scomparire e tu sei sempre chiamato ad andare oltre. Il post mito è una condizione completamente solitaria e per questo molto più coraggiosa. Il mito dal greco mythos significa storia. Il personaggio mitico è quindi l’emblema di tutta una storia e noi scegliamo intimamente il personaggio e la storia nelle quali ci piace credere. La storia nella quale credo profondamente è quella di Cristoforo Colombo".
Colombo
"La storia di Cristoforo Colombo è una metafora che si ripete costantemente in tutti i viaggi coraggiosi alla ricerca dei propri idoli. Colombo guardava l’America attraverso i racconti e gli occhi di Marco Polo. Polo aveva raccontato la Cina, un luogo completamente differente da quello che Colombo avrebbe trovato. Colombo forse ha solo intuito che non era arrivato in Cina o forse probabilmente non ha avuto il coraggio di ammetterlo a se stesso. Per lui sarebbe stata una sconfitta e un venire meno agli insegnamenti dell’uomo che stimava. Ho letto attentamente i diari di Colombo e traspare chiaramente che per paura di abbandonare le tracce del suo mito quando chiedeva la toponomastica dei luoghi che incontrava cercava di farli coincidere con quelli che aveva letto sulle mappe di Marco Polo. Così uscivano fuori cartografie completamente improponibili, fantascientifiche e con paesaggi assurdi. Questo testimonia quanto è difficile ammettere di essere lontani dalla strada del proprio mito. La storia di Colombo è emblematica perché dimostra anche il coraggio di andare incontro al proprio mito seguendo una strada senza la paura di guardare davanti".
"La storia di Cristoforo Colombo è una metafora che si ripete costantemente in tutti i viaggi coraggiosi alla ricerca dei propri idoli. Colombo guardava l’America attraverso i racconti e gli occhi di Marco Polo. Polo aveva raccontato la Cina, un luogo completamente differente da quello che Colombo avrebbe trovato. Colombo forse ha solo intuito che non era arrivato in Cina o forse probabilmente non ha avuto il coraggio di ammetterlo a se stesso. Per lui sarebbe stata una sconfitta e un venire meno agli insegnamenti dell’uomo che stimava. Ho letto attentamente i diari di Colombo e traspare chiaramente che per paura di abbandonare le tracce del suo mito quando chiedeva la toponomastica dei luoghi che incontrava cercava di farli coincidere con quelli che aveva letto sulle mappe di Marco Polo. Così uscivano fuori cartografie completamente improponibili, fantascientifiche e con paesaggi assurdi. Questo testimonia quanto è difficile ammettere di essere lontani dalla strada del proprio mito. La storia di Colombo è emblematica perché dimostra anche il coraggio di andare incontro al proprio mito seguendo una strada senza la paura di guardare davanti".
Ferlinghetti
"Incontrare Lawrence Ferlinghetti è stato come trovarmi davanti a qualcosa di sacro, ma non una divinità. E’ come se lo spirito della poesia e la sua bellezza mi stessero passando davanti. Io credo fermamente nel Satori, un tipo di rivelazione mutuata da una religione orientale. E’ una rivelazione che non viene raggiunta attraverso una pratica identica per tutte le persone. Data una determinata realtà ci si libera di tutti i vincoli logici e culturali e un piccolo elemento anche insignificante ci rivela il senso del collegamento di tutto l’ordine cosmico. Io ho trovato una risposta a tutte le domande che mi ero sempre posta ascoltando una frase che mi ha detto Ferlinghetti quando gli ho chiesto di Kerouac, Ginsberg e gli altri rappresentanti della Beat Generation. Ferlinghetti mi ha domandato retoricamente: 'Ma davvero ti interessa parlare ancora di tutta questa gente morta?'. Terrò questa frase per sempre tatuata nella mia mente perché ribadisce quanto sia importante continuare a vedere cultura anche dove cultura c’è stata ed è stata importante. Da cultura deve nascere cultura, mentre da una grande epifania culturale c'è il rischio che possa nascere solo un grande terreno arido".
"Incontrare Lawrence Ferlinghetti è stato come trovarmi davanti a qualcosa di sacro, ma non una divinità. E’ come se lo spirito della poesia e la sua bellezza mi stessero passando davanti. Io credo fermamente nel Satori, un tipo di rivelazione mutuata da una religione orientale. E’ una rivelazione che non viene raggiunta attraverso una pratica identica per tutte le persone. Data una determinata realtà ci si libera di tutti i vincoli logici e culturali e un piccolo elemento anche insignificante ci rivela il senso del collegamento di tutto l’ordine cosmico. Io ho trovato una risposta a tutte le domande che mi ero sempre posta ascoltando una frase che mi ha detto Ferlinghetti quando gli ho chiesto di Kerouac, Ginsberg e gli altri rappresentanti della Beat Generation. Ferlinghetti mi ha domandato retoricamente: 'Ma davvero ti interessa parlare ancora di tutta questa gente morta?'. Terrò questa frase per sempre tatuata nella mia mente perché ribadisce quanto sia importante continuare a vedere cultura anche dove cultura c’è stata ed è stata importante. Da cultura deve nascere cultura, mentre da una grande epifania culturale c'è il rischio che possa nascere solo un grande terreno arido".
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