A
"Birignao" di Francesco Formaggi va il Premio della critica assegnato
da Scuola Holden. Ecco un estratto della motivazione: "Per lo stile e la
voce dell'autore questo romanzo richiama la lezione di Italo Calvino
che a proposito della leggerezza diceva che non si riferisce a cosa si
racconta ma al come. E Francesco Formaggi nel suo romanzo dimostra una
cosa essenziale per chi racconta (esordienti e non): conosce la lingua e
sa tener testa alle sue potenzialità".
Due fidanzati si perdono in aperta campagna mentre sono diretti a casa della zia di lei, dove hanno in programma di trascorrere il fine settimana. Niente di più ordinario. Quand'ecco però che lui, Francesco, si accorge degli alluci incredibilmente sproporzionati, quasi osceni, di lei, la sua amata Giulia. Un dettaglio apparentemente insignificante, cui Francesco - voce narrante del romanzo - lì per lì non dà troppa importanza, salvo accorgersi ben presto, una volta raggiunta la casa della temuta zia Ester, che sono sempre più numerosi e inquietanti i particolari stonati, fuori luogo, che si impongono alla sua attenzione. Una domestica troppo disinvolta, uno zio dallo sguardo asimmetrico e minaccioso, una serie di grottesche stramberie, l'infittirsi di sospetti sempre più sgradevoli" Con una prosa duttile, in grado di registrare tanto la normalità dei luoghi quanto l'assurdità delle circostanze più imprevedibili, Formaggi descrive - divertendosi e divertendo - una realtà via via più deforme, più asfissiante, che corrisponde a quella zona opaca in cui le fantasie di ciascuno di noi si fondono con le nostre paure più recondite.
Ecco l'incipit del romanzo:
Se è vero ciò che sostiene la gran dama della letteratura madame Moscardeaux, ossia che tutte le storie, soprattutto quelle più sventurate, cominciano sempre da un fatto minimo e apparentemente insignificante - una cosa talmente banale da passare inosservata se non esistesse quella strana specie di uomini ossessionati che si fanno chiamare romanzieri - allora non faccio torto a nessuno affermando che la storia che sto per raccontarvi ha avuto inizio nel preciso momento in cui mi sono accorto di quanto fossero enormi gli alluci di Giulia. Continua a leggere
Due fidanzati si perdono in aperta campagna mentre sono diretti a casa della zia di lei, dove hanno in programma di trascorrere il fine settimana. Niente di più ordinario. Quand'ecco però che lui, Francesco, si accorge degli alluci incredibilmente sproporzionati, quasi osceni, di lei, la sua amata Giulia. Un dettaglio apparentemente insignificante, cui Francesco - voce narrante del romanzo - lì per lì non dà troppa importanza, salvo accorgersi ben presto, una volta raggiunta la casa della temuta zia Ester, che sono sempre più numerosi e inquietanti i particolari stonati, fuori luogo, che si impongono alla sua attenzione. Una domestica troppo disinvolta, uno zio dallo sguardo asimmetrico e minaccioso, una serie di grottesche stramberie, l'infittirsi di sospetti sempre più sgradevoli" Con una prosa duttile, in grado di registrare tanto la normalità dei luoghi quanto l'assurdità delle circostanze più imprevedibili, Formaggi descrive - divertendosi e divertendo - una realtà via via più deforme, più asfissiante, che corrisponde a quella zona opaca in cui le fantasie di ciascuno di noi si fondono con le nostre paure più recondite.
Ecco l'incipit del romanzo:
Se è vero ciò che sostiene la gran dama della letteratura madame Moscardeaux, ossia che tutte le storie, soprattutto quelle più sventurate, cominciano sempre da un fatto minimo e apparentemente insignificante - una cosa talmente banale da passare inosservata se non esistesse quella strana specie di uomini ossessionati che si fanno chiamare romanzieri - allora non faccio torto a nessuno affermando che la storia che sto per raccontarvi ha avuto inizio nel preciso momento in cui mi sono accorto di quanto fossero enormi gli alluci di Giulia. Continua a leggere
da ilmiolibro.it
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