Ecco i tentacoli della mafia
dai campi alle nostre tavole
Pubblichiamo, per gentile
concessione dell'editore, la premessa al volume Supermarket mafia (©
2011 Alberto Castelvecchi Editore srl), saggio del giornalista e
scrittore Marco Rizzo (oltre che blogger di Unita.it)
sullo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, le minacce agli
agricoltori, il racket nel mercato della frutta e della verdura fino al
trasporto su ruota che porta il “cibo della mafia” nei supermercati.
(Nella foto, una scena da "Quei bravi ragazzi" di Martin Scorsese)
Forse non lo sapete, ma potreste essere complici della mafia. Non serve nessun giuramento con santini e sangue, né strette di mano su contratti e appalti. Non servono nemmeno baci sulla guancia al politico di turno, né continuare a pagare il pizzo. Potreste essere complici di alcune delle più radicate, pericolose e sanguinarie organizzazioni criminali del mondo semplicemente facendo la spesa. «Al mercato ortofrutticolo c’è il contadino di fiducia», direte voi. Eppure la mafia si insinua nel filone persino con la fabbricazione delle cassette di legno o nei trasporti. E avvelena la terra non solo con discariche abusive a due passi dai terreni coltivati, ma con infiltrazioni negli affari capaci di nuocere a qualsiasi livello.
Oppure, potreste pensare di andare sul sicuro: un bel supermercato, luccicante e invitante, con la garanzia di fiducia che magari ci viene proposta dagli spot televisivi. Ma la mafia dei colletti bianchi ha già notato da tempo quanto può essere fruttuoso quel settore, che non conosce crisi, che porta a fatturati miliardari, che scaraventa mezze tacche criminali e prestanomi ai piani alti del mondo degli affari. Sono colletti bianchi sporchi di sangue, che siedono a Milano o Roma e, mentre si suddividono quote azionarie, lavano il denaro sporco. I miliardi incassati con traffici innominabili vengono ripuliti in maniera insospettabile tra i corridoi. Forse non lo sappiamo. Forse, pur sapendolo, siamo obbligati (dalle opportunità? dal tempo che manca sempre? dagli sconti?) a continuare nella nostra spesa. E diventiamo complici.
(Nella foto, una scena da "Quei bravi ragazzi" di Martin Scorsese)
Forse non lo sapete, ma potreste essere complici della mafia. Non serve nessun giuramento con santini e sangue, né strette di mano su contratti e appalti. Non servono nemmeno baci sulla guancia al politico di turno, né continuare a pagare il pizzo. Potreste essere complici di alcune delle più radicate, pericolose e sanguinarie organizzazioni criminali del mondo semplicemente facendo la spesa. «Al mercato ortofrutticolo c’è il contadino di fiducia», direte voi. Eppure la mafia si insinua nel filone persino con la fabbricazione delle cassette di legno o nei trasporti. E avvelena la terra non solo con discariche abusive a due passi dai terreni coltivati, ma con infiltrazioni negli affari capaci di nuocere a qualsiasi livello.
Oppure, potreste pensare di andare sul sicuro: un bel supermercato, luccicante e invitante, con la garanzia di fiducia che magari ci viene proposta dagli spot televisivi. Ma la mafia dei colletti bianchi ha già notato da tempo quanto può essere fruttuoso quel settore, che non conosce crisi, che porta a fatturati miliardari, che scaraventa mezze tacche criminali e prestanomi ai piani alti del mondo degli affari. Sono colletti bianchi sporchi di sangue, che siedono a Milano o Roma e, mentre si suddividono quote azionarie, lavano il denaro sporco. I miliardi incassati con traffici innominabili vengono ripuliti in maniera insospettabile tra i corridoi. Forse non lo sappiamo. Forse, pur sapendolo, siamo obbligati (dalle opportunità? dal tempo che manca sempre? dagli sconti?) a continuare nella nostra spesa. E diventiamo complici.
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