L’eredità di Dario Fo e tre spettacoli “all’italiana”
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Tre
artisti che seguono i passi e le tecniche circensi del famoso attore e
regista Dario Fo stanno preparando in Italia tre spettacoli che
approderanno a Buenos Aires mercoledì prossimo.
Sono Stefano Di Pietro, Cristiano Beffa e il famoso clown
Alfredo Colombaioni. I tre fanno parte della Compagnia Absurda Comica,
un gruppo che ha già alle spalle dodici anni di carriera e che si fonda
sul concetto della diversità delle discipline come forma di ricchezza.
Il clown all’italiana è – per Di Pietro – quello che si
può apprezzare maggiormente nei tre spettacoli che vengono da Roma. “E’
il clown che riporta le evoluzione della tecnica, mescolando l’antica
tradizione circense italiana con la modernità”, riferisce durante una
telefonata l’attore, che è anche clown, acrobata e specialista nella
commedia (ha studiato alla scuola di Fo e nel circo di Willy
Colombaioni).
La tecnica di Dario Fo (il famoso creatore di un teatro
politico e satirico che ha contraddistinto la storia italiana) è una di
quelle scelte da questa compagnia. Perciò faranno uno spettacolo in cui
si mescola questa tecnica con il nuovo e il contemporaneo, con la
drammaturgia di Mistero Buffo.
“Si utilizza una versione clown nella quale si mettono da
parte il naso rosso e le scarpone del pagliaccio, e si conservano i
tempi e i ritmi da circo”, spiega Di Pietro.
Parallelamente al Circo, gli italiani portano un’opera esclusiva per i più piccoli, con tre pagliacci. In Concerto per clown
la compagnia fa una pièce di tono leggero e un rituale catartico di tre
pagliacci bizzarri che non parlano ma balbettano e in cui non c’è
copione, dando così il via al gioco e all’improvvisazione.
Per Di Pietro questo è un momento per divertirsi col grande
Colombaioni, discendente di una famiglia di clown da sei generazioni e
attore di diversi film di Federico Fellini. “Alfredo è il nostro maggior
esperto clown, viene da una famiglia specialista nella materia, è
un’eminenza nel genere e la cosa più divertente è che parla in
cocoliche” [gergo misto allo spagnolo parlato dagli immigrati italiani
in Argentina, NdT].
Per la compagnia venire via dall’Italia è una necessità,
dato che la situazione nel loro paese è critica per quanto riguarda la
libertà di espressione. Di Pietro assicura che per loro non è una scelta
possibile smettere di dire ciò che pensano e che proprio per questo
viaggiano e portano in scena le loro opere nelle carceri e nei manicomi,
perché non sono d’accordo con l’esclusione.
Così come il suo maestro Dario Fo, Di Pietro fa parte di
quel tipo di artisti che credono alla necessità di manifestare la
propria visione politica attraverso le proprie proposte.
Non si tratta solo di clowns. Amante delle sfide, Di Pietro
ha deciso di aggiungere una terza possibilità, che sarà un po’ più
complicata in quanto fa riferimento alla sua lingua (tutte e tre sono in
spagnolo, ma in questa c’è molto più dialogo che nelle altre), è
un’opera del cantante e attore Giorgio Gaber.
“E’ diversa, non ci sono clowns, si parla dell’intimo,
dell’umano. Rappresentiamo situazioni molto particolari, sulla storia
dell’Italia. Generalmente all’estero non la proponiamo, ma ci piace
cogliere le sfide: siamo l’unica compagnia italiana che porta Gaber
all’estero”, afferma con orgoglio Di Pietro.
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