Frontiere
Nell'era dell'umanesimo 2.0 il sapere
diventa condiviso
Da Harvard a Trento, un nuovo modello di narrazione
Se c'è qualcuno che può incarnare le cosiddette «Digital
Humanities», nuovo campo del sapere che si sta sempre più affermando,
soprattutto in America, e che consiste nel ripensare la funzione delle
discipline accademiche di stampo umanistico nell'era della Rete, della
condivisione e dei formati aperti, questi è Jeffrey Schnapp.
Cinquantasette anni, orecchino al lobo e una vaga somiglianza con Michel
Foucault, forse per via del dolcevita e dei capelli rasati, Schnapp,
storico medievalista di formazione, docente di letteratura italiana ad
Harvard (attualmente sta tenendo un corso sulla Divina Commedia ) è
ormai considerato uno dei massimi esperti del settore. Direttore e
cofondatore dello Humanities Lab della Stanford University, Jeffrey
Schnapp è oggi alla guida del MetaLab di Harvard insieme a James Burns,
Daniele Ledda, Kara Oehler, Gerard Pietrusko e Jesse Shapins.
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Jeffrey Schnapp |
Questo incubatore di idee è una comunità di ricercatori,
appassionati di tecnologia, designer, artisti, architetti, giornalisti e
studenti impegnati in progetti collettivi che mirano a convogliare
ricerca, insegnamento, scrittura, interventi sociali. Si occupa anche
dello sviluppo e dell'uso di nuovi strumenti digitali, lanciando un vero
e proprio ponte tra due campi apparentemente distanti. Il laboratorio
si basa su un forte impegno per avere un impatto sul mondo culturale (ma
non solo), spostando i confini tradizionali tra l'accademia e il
pubblico, portando la cultura fuori dalla pura speculazione e
configurandosi non tanto come un «think tank», ma come un vero e proprio
«act-and-make tank».
«Il nucleo operativo di questo spazio di ricerca - spiega Schnapp
- è interdisciplinare e lavora in diversi settori. Quello degli
archivi, prima di tutto, perché il patrimonio culturale nel passaggio
dalla conservazione tradizionale a quella digitale permette un processo
di democratizzazione straordinaria. Lavoriamo anche sul rapporto tra gli
archivi, le collezioni culturali di vario genere, i repertori museali e
il mondo digitale che, dal punto di vista tecnico offre moltissime
possibilità, basti pensare alla tridimensionalità. Ci interessano i
modelli di comunicazione espositiva, il settore della museologia in
senso lato, campo in cui lavoriamo attraverso progetti che collegano gli
spazi fisici ai nostri strumenti digitali. E poi facciamo un lavoro che
potremmo chiamare di genomica culturale: studiamo e cerchiamo di
mappare i fenomi culturali attraverso l'uso di strumenti informatici».
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Tunnel stradale riadattato in museo di storia locale a Trento |
Nato all'inizio dell'anno, il MetaLab ha prodotto, tra le
altre cose, «Sensate», un nuovo giornale accademico che sfrutta le
potenzialità multimediali della Rete per ripensare la funzione stessa
della critica (ha fatto un remix interattivo de Il medium è il messaggio
di Marshall McLuhan), o il progetto Extramuros, basato sulla necessità
di reimmaginare l'archivio come una biblioteca multimediale senza mura.
Il progetto (che è candidato tra i finalisti del concorso per la
costruzione della Biblioteca Digitale degli Stati Uniti) permette al
pubblico di creare la sua propria collezione, prendendo materiali dalle
biblioteche nazionali, musei di storia locale, social media e altri
depositi. È di Schnapp anche l'ideazione, per la Fondazione Museo
Storico del Trentino, delle Gallerie di Piedicastello (Trento),
presentata nel padiglione italiano della Biennale dell'architettura di
Venezia del 2010 e realizzata dallo Studio Terragni. Seimila metri
quadri convertiti in museo permanente, esperimento riuscito di
riqualificazione di un sito industriale abbandonato, le Gallerie sono
uno spazio espositivo dedicato alla storia raccontata attraverso brevi
sequenze filmiche, immagini, documenti sonori e documenti riguardanti
vari settori, come l'Autonomia, le Dolomiti, l'Immigrazione, lo Sport.
Accanto, la topografia umana della regione è rappresentata attraverso
una stretta galleria di biografie raccontate, volti e voci.
Nello stesso senso va un progetto non ancora realizzato a Gjiri e
Panormus (Porto Palermo) in Albania: un museo della guerra fredda che
appartiene proprio al quadro di attività di MetaLab.
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Un rendering del progetto albanese (foto Faggion) |
Il laboratorio ha creato anche (e questa è la parte più
strettamente tecnologica) una piattaforma di editoria multimediale,
Zeega, che permette l'accesso a questi grandi repertori senza scaricare
file, restando dentro la «nuvola». «Zeega - spiega Schnapp - è come un
Power Point incentrato sull'utilizzo di video e documenti sonori per
creare dei racconti, dei servizi utilizzando file già esistenti. Accanto
a questo c'è l'uso di strumenti geospaziali per nuove forme di
mappatura e cartografia non necessariamente referenziali, ma anche
speculative, che ci permettono di indagare come organizziamo il sapere».
Zeega arriva ora anche in Italia, precisamente in Trentino,
attraverso la fondazione Ahref, creata da Luca De Biase, che intende
usare la piattaforma del MetaLab per creare narrazioni locali
condividendo materiali, video, suoni, foto, dati, mappe. Zeega verrà
utilizzata per permettere alle comunità di raccontare la propria storia e
organizzare la propria memoria. «Si tratta di costruire una rete di
comunicazione a livello regionale per rendere più facile la
partecipazione di cittadini, enti e istituzioni ai grandi dibattiti
della vita sociale - spiega Schnapp -. Noi possiamo mettere a
disposizione gli strumenti, di facile uso, che rendono possibile la
partecipazione e la comunicazione, per costruire narrazioni condivise,
ma anche per invitare i cittadini a una gestione del patrimonio. Questo
contribuisce anche alla costruzione di meccanismi di trasparenza per le
istituzioni e al progetto di democratizzazione. Oggi prevale ancora la
tendenza a pensare che i patrimoni pubblici, artistici e no,
appartengano alle grandi istituzioni. L'accessibilità e la messa a
disposizione degli archivi digitali è un passo importante e una sfida a
collegare una regione montagnosa come il Trentino, dove i collegamenti
fisici non sono così immediati».
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