La tv di Fazio innalza il buon Dio
LUCIANO GENTA
(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 8 ottobre)
I lettori, qui giudici sovrani, hanno promosso Coelho e De Luca. I loro
punteggi restano invariati rispetto a sabato scorso ma significano un
ben maggior numero di copie vendute: 5000 in più il 100 di Coelho, che
ora supera le 13 mila, mentre De Luca, con 4000 in più, arriva a 10
mila. Dunque non solo conferme, ma forti accelerazioni. Al terzo posto -
ed ecco la novità della settimana che a sua volta è una conferma -
balza con Io e Dio Vito Mancuso: tra i primi protagonisti del talk show
di Fazio tornato in tv, il più influente dei «passaparola» per le
classifiche dei libri, come indica anche il 12° posto assoluto di
Gherardo Colombo, altro ospite, con Democrazia. Il saggio di Mancuso da
un paio di settimane al centro di autorevoli e articolate recensioni,
fino alla stroncatura («religione da supermarket» per l’Unità), già era
entrato in tabella ma per innalzarsi tra i primi 10 c’è voluta la
“diretta” tv, la parola e il volto del suo autore: apparso non tanto
teologo (è sui fondamenti dottrinari e filosofici che si concentrano le
riserve dei critici) quanto buon parroco, uomo di fede, spiritualità ed
etica, proponendo una religione ispirata dalla libertà di coscienza e
orientata all’amore («Il mio assoluto è il bene, l’idea e la pratica del
bene»). Una visione, e un vissuto, in sintonia con il Salviamo la
Chiesa (Rizzoli) di Küng, precursore di sofferte requisitorie contro la
Chiesa «istituzione di stampo monarchico-assolutistico», o il Mal di
Chiesa (Cooper) di Svidercoschi, già biografo di Wojtyla, o la Religione
aperta (Laterza) di Capitini, maestro laico di «liberazione» da dogmi e
ideologie, da ingiustizie, menzogne e violenze di cui prime vittime
sono gli ultimi, per realizzare una «compresenza intima», un «destino
comune» con l’altro (gli altri, compresi i nostri morti), perché non
basta dire di amare Dio se poi si fa a meno di «amare tutti». Non aerea
filantropia, ma concreta dedizione. Essenziale alternativa al tempo che
fa, per poter «ricucire l’Italia» (oggi a Milano con Libertà e
Giustizia), dove si lavora e si muore per 4 euro l’ora, in nero.
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