Elisabetta I e la sua prima lettera
Poche parole su Elisabetta I Tudor
d’Inghilterra, regina celeberrima vissuta in un secolo pieno di
contrasti e guerre, cultura e arte, di cui abbiamo parlato varie volte (1… 2… 3… 4)
Quella che segue sembra, almeno fino a oggi, essere la sua più antica lettera pervenuta a noi, scritta con buona probabilità a 11 anni, nel 1544, in perfetto italiano. È indirizzata alla regina Caterina Parr, ultima moglie di Enrico VIII. La traduzione, considerata la precarietà del documento pervenuto, si deve anche grazie a una trascrizione effettuata da G. B. Harrison nel 1846, quando l’originale doveva ancora essere in buone condizioni.
Quella che segue sembra, almeno fino a oggi, essere la sua più antica lettera pervenuta a noi, scritta con buona probabilità a 11 anni, nel 1544, in perfetto italiano. È indirizzata alla regina Caterina Parr, ultima moglie di Enrico VIII. La traduzione, considerata la precarietà del documento pervenuto, si deve anche grazie a una trascrizione effettuata da G. B. Harrison nel 1846, quando l’originale doveva ancora essere in buone condizioni.
“L’inimica fortuna invidiosa d’ogni
bene e volvitrice de cose humane (me) privò per un’anno intero della
Ill.ma presentia vostra, et non es(sendo) anchora contenta di questo,
un’altra volta me spoglio del medesimo bene: la qual cosa a me saria
intollerabile s’io non pensassi be(ntosto) di goderla. Et in questo mio
exilio certamente conosco la cl(lementia di) Sua altezza aver avuto
cura, et sollecitudine, della sanità (mia) quanto fatto haverebbe la
maiestà del Re. Per la cual cosa (non soltanto) sono tenuta di servirla,
ma etiandio da figlial amore rever(irla), intendendo vostra Ill.ma
Altezza non me aver domentic(ata ogni qual)volta che alla maiestà del Re
ha scritto: il che a me ap(parteneva?) quella priegare. Pero infino a
qua non ebbi ardire (di scrivergli), per il che al presente vostra
Eccell.ma altezza humilmen(te supplico) che scrivendo a sua maistà si
degni di raccomend(armi a lui, prieg)ando sempre sua dolce benedettione,
similmente pr(iegando che il) signore Iddio gli mandi successo
bonissimo acquis(tando la vittoria sopra i) sui inimici, accioche più
presto possa vostra (Altezza ed io con lei) rallegrarsi del suo felice
retorno. N(ondimeno priego Iddio) che conservi sua Ill.ma altezza alla
cui gr(atia umilmente b)asciando le mani m’offero et raccom(ando. Da San
Iaco)bo alli 31 di Iulio.” (1)
*****
1. Elisabetta I d’Inghilterra, Lettere ai fidi e agli infidi, Rosellina Archinto, Milano, 1988, pag. 19.
1. Elisabetta I d’Inghilterra, Lettere ai fidi e agli infidi, Rosellina Archinto, Milano, 1988, pag. 19.
Elisabetta I e la lettera all’Imperatore d’Etiopia
Le lettere sono importanti documenti
ai fini di una seria ricerca storica, corrispondenza fra sovrani,
principi, ambasciatori, ma anche fra semplici cittadini. Quella che
segue è una missiva che la regina d’Inghilterra Elisabetta I manda al suo “collega” etiope, invitandolo a voler concedere un lasciapassare al suddito inglese Laurence Aldersey, affinché possa, questi, visitare con tutta sicurezza i suoi territori.
“Elisabetta per Grazia di Dio Regina
d’Inghilterra, Francia e Irlanda, Difensore della Fede ecc.
All’altissimo e potentissimo Imperatore d’Etiopia, salute.
Ben si addice e si conviene a tutti i principi di qualunque terra e nazione, per quanto lontani i propri stati e dissimili i costumi, il cercare di mantenere vivi il più possibile quei vincoli che sorgono dalla comunanza dell’umana società, scambiandosi, quando l’occasione si presenta, alcuni segni di reciproca benevolenza; a questo scopo tenendo in altissimo concetto la correttezza e la gentilezza della Maestà Vostra, abbiamo consegnato questa lettera al nostro suddito Laurence Aldersey, che si propone di fare un viaggio all’interno dei vostri territori, imponendogli di trasmetterla senza falla alla Maestà Vostra quale testimonianza della nostra amicizia e ratifica ufficiale del suo viaggio. Costui, dopo aver visitato un gran numero di paesi stranieri, essendo tuttora infiammato dal desiderio di percorrere e conoscere il mondo ancora più minuziosamente, si è deciso infine di intraprendere un lungo e pericoloso viaggio attraverso le vostre regioni: gli è quindi sembrato opportuno (e noi gli abbiamo dato ragione) avvalersi della protezione del nostro Gran Sigillo, sia per la propria sicurezza personale che come mezzo per guadagnarsi la vostra benevolenza […] Da quando infatti il Dio Onnipossente, Creatore e Governatore Supremo del mondo, ha distribuito fra Principi e Re, Suoi Vicari per tutta la terra, territori e confini precisi, affinché essi potessero esercitarvi la propria sovranità, Egli ha anche stabilito fra di loro, in virtù di questo Suo dono, certe norme di concordia fraterna, come un eterno patto di alleanza: ragion per cui nutriamo la speranza che non giungerà sgradita alla Maestà Vostra la visita di questa nostra amichevole lettera, pervenuta da così grande distanza, dopo aver attraversato terre e mari, addirittura dal remoto Regno d’Inghilterra fino a voi dell’Etiopia. D’altro canto, sarà per noi fonte di grandissima gioia quando potrà giungere fino a noi, tramite i nostri sudditi, la fama del vostro nome, partita dalle sorgenti del Nilo e da quelle regioni situate sotto il Tropico Meridionale.
Piaccia dunque alla vostra regale clemenza accordare a questo nostro suddito la protezione necessaria affinché egli possa, sotto la garanzia del vostro nome, penetrare incolume nei vostri territori e ivi soggiornare in perfetta sicurezza. Identica richiesta noi presenteremo a tutti gli altri Principi le cui Signorie il nostro suddito si troverà a dover attraversare; ricevendo questa cortesia, ne saremo onorati come di un favore fatto a noi in persona. Si tratta, del resto, di una concessione che noi siamo sempre prontissimi ad accordare ai viaggiatori di qualunque nazione, sudditi di qualsiasi Principe, a cui capiti di visitare le nostre regioni.
Ben si addice e si conviene a tutti i principi di qualunque terra e nazione, per quanto lontani i propri stati e dissimili i costumi, il cercare di mantenere vivi il più possibile quei vincoli che sorgono dalla comunanza dell’umana società, scambiandosi, quando l’occasione si presenta, alcuni segni di reciproca benevolenza; a questo scopo tenendo in altissimo concetto la correttezza e la gentilezza della Maestà Vostra, abbiamo consegnato questa lettera al nostro suddito Laurence Aldersey, che si propone di fare un viaggio all’interno dei vostri territori, imponendogli di trasmetterla senza falla alla Maestà Vostra quale testimonianza della nostra amicizia e ratifica ufficiale del suo viaggio. Costui, dopo aver visitato un gran numero di paesi stranieri, essendo tuttora infiammato dal desiderio di percorrere e conoscere il mondo ancora più minuziosamente, si è deciso infine di intraprendere un lungo e pericoloso viaggio attraverso le vostre regioni: gli è quindi sembrato opportuno (e noi gli abbiamo dato ragione) avvalersi della protezione del nostro Gran Sigillo, sia per la propria sicurezza personale che come mezzo per guadagnarsi la vostra benevolenza […] Da quando infatti il Dio Onnipossente, Creatore e Governatore Supremo del mondo, ha distribuito fra Principi e Re, Suoi Vicari per tutta la terra, territori e confini precisi, affinché essi potessero esercitarvi la propria sovranità, Egli ha anche stabilito fra di loro, in virtù di questo Suo dono, certe norme di concordia fraterna, come un eterno patto di alleanza: ragion per cui nutriamo la speranza che non giungerà sgradita alla Maestà Vostra la visita di questa nostra amichevole lettera, pervenuta da così grande distanza, dopo aver attraversato terre e mari, addirittura dal remoto Regno d’Inghilterra fino a voi dell’Etiopia. D’altro canto, sarà per noi fonte di grandissima gioia quando potrà giungere fino a noi, tramite i nostri sudditi, la fama del vostro nome, partita dalle sorgenti del Nilo e da quelle regioni situate sotto il Tropico Meridionale.
Piaccia dunque alla vostra regale clemenza accordare a questo nostro suddito la protezione necessaria affinché egli possa, sotto la garanzia del vostro nome, penetrare incolume nei vostri territori e ivi soggiornare in perfetta sicurezza. Identica richiesta noi presenteremo a tutti gli altri Principi le cui Signorie il nostro suddito si troverà a dover attraversare; ricevendo questa cortesia, ne saremo onorati come di un favore fatto a noi in persona. Si tratta, del resto, di una concessione che noi siamo sempre prontissimi ad accordare ai viaggiatori di qualunque nazione, sudditi di qualsiasi Principe, a cui capiti di visitare le nostre regioni.
Dato a Londra il 5 novembre, nell’anno
di Nostro Signore 1597, 39° del nostro
regno.” (1)
di Nostro Signore 1597, 39° del nostro
regno.” (1)
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1. Elisabetta I d’Inghilterra, Lettere ai fidi e agli infidi, Rosellina Archinto, Milano, 1988, pagg. 110, 111.
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