La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

martedì 4 ottobre 2011

Con Montale andavamo al Giamaica

il Fatto Saturno Memorie
Con Montale andavamo al Giamaica
di Raffaele Liucci


«HO MOLTA AMICIZIA per i morti», scrisse una volta il sommo filologo Gianfranco Contini: «un po’ perché il più del nostro tempo passerà, se non con loro, almeno dalla parte loro; un po’ perché siamo noi che li facciamo ancora vivere, che prestiamo loro un po’ della nostra vita». Sarà per questo che la buona memorialistica, sebbene popolata da defunti, è un’oasi rasserenante, un contravveleno al grigiore delle nostre vite e della nostra epoca? È quanto accade con due inaspettati libri, sfornati da altrettanti decani delle patrie lettere.
 Il primo è un memoir di Maria Luisa Spaziani. Poetessa, già docente di letteratura francese, fu una delle muse di Montale, da lui ribattezzata “la volpe”, «che non soltanto mi regala la luce della sua giovinezza, quanto mi restituisce la mia che non ho mai avuta». Una lunga amicizia sentimentale, qui rievocata in punta di penna, pencolando fra luoghi meneghini (il bar Giamaica e il ristorante Bagutta), incontri (con il coltissimo Leo Valiani, con Georges Simenon, che Montale detestava per l’insolente facilità di scrittura, con Elémire Zolla, poi da lei sposato) e aneddoti (le frequenti nevrosi da foglio bianco di cui soffriva il poeta ligure e una sua terribile lite con Gadda). Che cosa rimane di quell’Italia in bianco e nero (gli anni ’50 e ’60), forse un po’ bigotta ma dai costumi non ancora sbracati, figlia di un’etica borghese austera e dignitosa? Soltanto un telaio scarnificato, come quell’osso di seppia rinvenuto sulla spiaggia che un giorno Montale autografò scherzosamente per la “volpe”.
 Se Spaziani è volatile e impressionista, Alfredo Stussi, insigne storico della lingua italiana, è invece grave e puntiglioso. Il suo libro è una silloge di quindici ritratti di “maestri e amici”, da Maria Corti a Francesco Orlando, passando per Contini, Carlo Dionisotti, Gianfranco Folena, Dante Isella, Sebastiano Timpanaro, che per la fobia di parlare in pubblico rinunciò alla carriera accademica, e Vito Fuma-galli, uno storico medievista cui si devono alcuni magistrali libri sul rapporto fra uomo e ambiente, già in crisi un millennio or sono. Nessuno di loro è più tra noi. Riportarli in vita significa addentrarsi in cinquant’anni di “cose viste”. L’epicentro è la Normale di Pisa, frequentata dapprima come discente e poi come docente. Negli anni ’50 vigeva ancora l’usanza, per i normalisti, di pranzare e cenare a ore fisse attorno a quattro tavoli disposti a ferro di cavallo, serviti da una squadra di camerieri in giacca bianca. Un’aristocrazia intellettuale ormai quasi estinta. Quel che resta è l’intima compresenza con quegli antichi maestri e compagni. Forse perché, come scriveva Thomas Bernhard in Perturbamento, «un essere umano può sentirsi unito ad un altro che ama soltanto quando quest’altro è morto, è davvero entrato a far parte di lui». Contini docet.
 Maria Luisa Spaziani, Montale e la Volpe. Ricordi di una lunga amicizia, Mondadori, pagg. 114, • 12,00;
 Alfredo Stussi, Maestri e amici, il Mulino, pagg. 201, • 20,00

da spogli.blogspot

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