lunedì 19 settembre 2011
Da leggere: Beppe Fenoglio, Una questione privata
Un
libro "assurdo e misterioso" come la vita. Una storia di una bellezza
dolorosa. La guerra partigiana come mai era stata descritta prima. Una
Terra di Langa fangosa e terribile. Tutto questo è "Una questione
privata", uno dei pochi grandi romanzi della letteratura italiana del Novecento.
Letteratura e Resistenza 2
Beppe Fenoglio, Una questione privata
«Una
questione privata è costruito con la geometrica tensione d'un romanzo
di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l'Orlando furioso, e
nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com'era, di dentro e di
fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni
limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto
piú forti quanto piú impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un
libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un
libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in
cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest'altro
per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché».
Italo Calvino
Michele Lupo
In
alcuni brevi saggi raccolti in italiano nel volume minimum fax Nel
territorio del diavolo, una pubblicazione di qualche anno fa, la grande
autrice di racconti Flannery O’Connor centrava alcune questioni decisive
dell’arte dello scrivere, tenute con forza e concentrazione estrema
dentro il luogo che davvero le compete: quello della verità. La
narrativa secondo la O’Connor ha da fare con i sensi e la materia
giacché essa “è un’arte basata sull’incarnazione”: personaggi in
situazione, dall’azione drammatica dei quali lo scrittore tenta di
approssimare il nucleo d’irripetibile individuale verità. Non spiegando e
interpretando dall’esterno, ma “guardando fisso le cose”.
E’
ciò che fece Beppe Fenoglio nello splendido Una questione privata,
racconto di ambiente resistenziale ma svolto al netto di qualsiasi
faciloneria, il caso di dire, partigiana. Fenoglio fu combattente,
ufficiale di collegamento con gli Alleati, e aveva chiaro l’altissimo
senso morale e il valore politico di ciò che stava facendo (non abbiamo
l’equivalente nella nostra storia precedente – e successiva meglio
tacere – quanto a dignità di un popolo e partecipazione dal basso), ma
sapeva altrettanto bene che la letteratura non si riduce a slogan né a
esercizio di articolazione delle proprie ragioni.
Una
questione privata è un racconto nel quale, nonostante l’amarezza di
fondo – il partigiano Milton, badogliano che ha l’incauta idea di
tornare nei luoghi in cui nacque il suo amore per la giovane torinese
Fulvia, viene a conoscenza della probabile relazione fra la ragazza ed
il suo amico Giorgio, anch’egli partigiano, e nel mezzo della guerra si
mette alla sua ricerca per conoscere la verità sino in fondo –,
attraverso un’arte ineguagliata della descrizione palpita una fisica
plasticità che ha pochi paragoni nella letteratura italiana. Milton,
immerso in un fango «giallo come zolfo, tenace come mastice», si muove
in un paesaggio invaso continuamente da una nebbia spessa, che “intasava
i valloni e si stendeva in lenzuola oscillanti sui fianchi marci delle
colline”, poi “formava spessori concreti, una vera e propria muratura di
vapori” o anche “un mare di latte, rimescolato in fondo da pale
gigantesco e lentissime” – e via di questo passo, attraverso decine di
pagine di straordinaria densità espressiva.
In
questi casi si dice che il paesaggio è un personaggio. Io direi che
queste Langhe in cui “Milton ha sempre la sensazione del cozzo e della
contusione” sono la storia – quella del libro, s’intende. La
dimostrazione che per chi ha occhi per vedere la natura può farsi essa
stessa racconto. Ché è da un dentro fisico, da uno spazio materiale e
sensoriale che noi viviamo queste nostre vite in transito. Occorre saper
vedere sì, avere il senso del ritmo che aveva Fenoglio, sulla pagina, e
la lucidità (è più la lucidità che il sentimentalismo terreno buono per
la poesia) di riconoscere che le buone e ottime e fondamentali ragioni
storiche non impediscono a un uomo di trovare in un altrove, un amore
definitivo e infelice il cuore della propria esistenza, di innescare un
meccanismo di fuga che non è irresponsabilità ma adesione alla verità
delle cose – in letteratura, oltre le poetiche, anche quella di
programma che si chiamava neorealismo. Tanto che la morte Milton va a
rischiarla non per uccidere un fascista o un tedesco ma per ritrovare
l’amico che chiudeva il beffardo triangolo amoroso. Del resto è questo
il grande libro di Fenoglio, non Il partigiano Johnny, troppo
programmatico nella sua ostinata e un po’ fredda ricerca stilistica.
Laddove la scrittura di questo romanzo breve è a tratti straordinaria
eppure emotivamente intensa, capace di restituire tragica evidenza alle
cose, di saggiarne il sapore e di ascoltarne i rumori – corpi che
pesano, sensibili. Vivi nell’inevitabile sfida a un destino tutt’altro
che scontato. Uno dei libri migliori del secondo Novecento italiano.
(Da: www.liberolibro.it)
Beppe Fenoglio
Una questione privata
Einaudi 2006
€ 11
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