Da leggere: Giorgio Caproni, Racconti scritti per forza
Una raccolta di racconti che permette di comprendere meglio la poesia di Caproni. Un libro da leggere.
Racconti scritti per forza
Scritti
«per forza» significherebbe proprio cio' che il titolo dice. Ossia
scritti su commissione, scritti per lucro, scritti «per occasioni», come
precisava Giorgio Caproni in un'intervista a Mario Picchi. Scritti
specialmente tra gli Anni Trenta e Quaranta e sparsamente pubblicati su
quotidiani e periodici. Nella difficolta' e nei «momentacci» che hanno
travagliato la vita di uno dei poeti piu' limpidi del nostro Novecento,
un'attivita' collaterale, insomma, che poteva servire a integrare il
piccolo stipendio di maestro o di umile correttore di bozze.
E
tuttavia guai a prendere alla lettera i poeti che giocano al ribasso e
che si mimetizzano dietro le loro nevrosi: «il povero caproncello
versificatore» delle lettere a Betocchi. Perche' questi Racconti scritti
per forza, appena pubblicati da Garzanti grazie alla cura di Adele Dei
(con la collaborazione di Michela Baldini) mostrano poi di fatto una
forza che resta difficile annettere ad una pura e semplice rubrica della
mano sinistra. Il primo a farne oggetto di studio era stato Luigi
Surdich, ma qui la Dei raccoglie tutti i «quarantacinque Racconti>
> (quasi come i quarantanove di Hemingway) in prima e terza persona, e
li dispone in sezioni, che magari tradiscono il criterio della semplice
collocazione cronologica, ma consentono di identificare dei nuclei -
anche temporali - di temi e motivi, se non sempre omogenei, sicuramente
affini. Un buon aiuto, in definitiva, per un lettore comune che voglia
accostarsi al mondo di Caproni per una via ben piu' importante di quanto
le testimonianze e le dichiarazioni personali ce la facciano ad
ammettere. Non solo perche' la prosa (almeno dalla consapevolezza di
Leopardi in poi) ha sempre nutrito e innervato i versi dei poeti, ma
anche perche' attraverso la prosa narrativa di Caproni (una sorta di
porta di servizio) possiamo meglio entrare nel mondo poetico piu' suo.
Senza per questo dimenticare il piacere del testo che si propone qui in
tutta la sua (solida) autonomia.
Il
nucleo piu' forte e' quello costituito dai capitoli del romanzo rimasto
inedito, La dimissione, insieme con il nucleo dei Racconti partigiani,
ambientati tutti e due in Alta Valle Trebbia, dove Caproni fece il
maestro elementare e dove passera' poi sempre l'estate. Il romanzo e'
una cupa storia di taglio realisticamente surreale, che tra realta' e
simbolo disegna i contrasti e gli avvisi di un'umanita' prigioniera,
chiusa dentro un paesaggio di forte evidenza emblematica: «Stava davanti
a me un paesaggio di sasso, dove il mio disagio spaziava su un mare
pietrificato di monti e di rocce rosse, a onde qua e la' rotte in una
delle tante frane disseminate nel verde quasi minerale».
Per
parte loro, i Racconti partigiani sono quanto di meglio possa darsi nel
panorama di un «genere» che da Calvino a Fenoglio non e' stato proprio
avaro di risultati. Storie di orrore e solitudine, di sangue e gelo, di
freddo e fame, di digiuno e sgomento, di imboscate e crudelta', di colpe
e tremori; la contraddittoria e spietata pieta' che prende - come nel
racconto Un discorso infinito - di fronte alla morte finalmente comune
di chi ha fatto scelte diverse di campo. Sempre agisce in Caproni, in
ogni sezione del libro, e persino quando il racconto pare farsi piu'
ilare come nel lungo scherzo della Maliarda, l'ambiguita' dei labirinti
umani (s'intitola Il labirinto uno dei Racconti piu' convincenti) che
si muovono tra disperazione e speranza, tra ira e pianto, tra pieta' e
disprezzo, tra angoscia e rancore, tra bellezza e tristezza, tra
cattiveria e colpa, alla ricerca continua del «filo giusto da infilar
nella cruna della verita'». Sempre un'esattezza che e' la stessa della
poesia, la ricerca di un ritmo che anche in questi Racconti e' voce di
dentro: quali che siano le tante occasioni «per forza» che - nella piu'
ardua conversione della cosa in parola - possono avere indotto un poeta
come lui a farsene narratore.
(Da: Tuttolibri-La Stampa)
«Credo [...] che la forma narrativa sia l'ossatura di qualsiasi scrittura artistica, anche della poesia, anche della poesia più lirica. Mi dà fastidio che, per esempio, chiamino i miei versi liriche [...] perché mi piace raccontare, penso proprio che all'uomo piaccia stare a sentire un discorso, un racconto insomma.»
Giorgio Caproni
Giorgio Caproni
Racconti scritti per forza
Garzanti, 2008
21 Euro
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