Nell'architettura dei templi dell'antica Grecia, il metro
dei loro costruttori era il Modulo che è la misura del diametro di base
delle colonne. Con i rispettivi multipli e sottomultipli venivano
proporzionati nel dettaglio i colonnati, le trabeazioni ed altro. A
compendio concorreva a tutto questo il supremo intento di armonia e
perfezione. Il ricorso alla geometria euclidea era di prammatica, e vi
faceva da regina la proporzione aurea con la quale tutto vi si
conformava, come si riscontra per esempio nel Partenone di Atene
dedicato alla dea Atena. Ma se nell'insieme tutto torna ineccepibilmente
e risulta sufficientemente chiaro per dar luogo a una didattica onde
consentire l'apprendimento scolastico e universitario, sulla questione
del metro di misura capace di tutto, ovvero il Modulo, sorge una
ragionevole perplessità, almeno da parte mia. Si tratta del fatto che
l'uso di questa sorta di compasso è poco chiara per stabilire
l'interasse dei colonnati, non riscontrando bene una costante estesa a
tutti i templi in genere. E allora qual'è il criterio del
proporzionamento dello schema delle colonne viste in pianta? L'unica
risposta è che questo lato progettuale dei templi greci, poiché riguarda
l'ossatura del tutto, quindi più vicino ad una interiorità legata alle
divinità da far adorare, non poteva che essere tutto riposto nella
discrezione delle intime capacità artistiche dei costruttori, gli unici
capaci di esprimere in modo sublime l'espressione dell'arte
architettonica greca in merito. Come a sancire che la formula dell'arte
non è legata a espressioni matematiche chiaramente note onde configurare
razionalmente concezioni sorgenti dal cuore e dalla mente votate
all'arte. L'ordine architettonico non è una forma sensibile, visibile
con gli occhi del corpo, ma una forma intellettuale, visibile con gli
occhi della mente.
Dal canto mio invece mi sono dato quest'altra risposta. È
più che sacrosanto lasciare nelle mani dell'artista costruttore di
templi la libertà di scegliere il giusto canone progettuale, a patto
però che esso sia scrupolosamente conciliante con un fondamento caro
alle divinità, alle quali veniva dedicato il tempio, l'equità e
sacralità esprimibile solo attraverso il sacrificio. Di qui il mistero
fino ad oggi serbato su tale impegno del costruttore che giurava, come
iniziato ai misteri appunto, di osservare questo canone e di mantenerne
il più assoluto silenzio. Come a immaginare che erano gli stessi dei a
ispirare in merito gli artisti-iniziati.
Meglio, se così fosse, è pensare che il canone poteva
esistere formalmente in seno alla scuola iniziatica e trasmessa
oralmente con l'assoluto impegno di obbedienza di non trasmetterla mai
al di fuori dei centri misterici. Allora nulla che possa meravigliare
accettare di credere che il canone era veramente basato su un criterio
matematico attraverso una geometria capace di suggerire – mettiamo – il
passo da adottare fra colonna e colonna in relazione però a elementi
d'insieme adiacenti, in modo che vi si integrasse armoniosamente...
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