Non possiamo non dirci non neutrali.
Un amico mi ha detto Sono tempi che non possiamo più permetterci niente, e nemmeno il niente ci possiamo permettere, ché pure il niente è diventato un lusso.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Ce lo scordiamo, il niente di una volta, ce lo possiamo proprio scordare, ché sono tempi che non possiamo permetterci niente, nemmeno un bel sogno.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Ieri notte ho fatto un sogno che non saprei, un sogno che poi mi sono svegliato e ci sono rimasto male, molto male. Ho fatto un sogno che andavo in paradiso. Io nel sogno non ero morto, però andavo lo stesso in paradiso. Nel sogno, per arrivare in paradiso bisogna prendere le scale mobili. Le scale mobili come quelle della Rinascente, ma più lunghe, molto più lunghe. Io allora prendo le scale mobili. Ci sono tante persone, in fila sulle scale mobili, proprio come alla Rinascente, ma molte di più. A un certo punto un tizio si volta e mi dice Si sale eh. E io gli dico Per andare in paradiso si deve salire, poche storie. Fatto sta che dopo qualche minuto che saliamo le scale mobili finiscono e ci ritroviamo su una piattaforma, davanti a un gabbiotto, e da lì si passa uno alla volta, come negli aeroporti prima dell’imbarco. Dentro il gabbiotto c’è una tizia in divisa, i capelli raccolti, una tizia molto carina che mi ferma e mi chiede i documenti. Al che mi frugo nelle tasche, tiro fuori la patente e gliela mostro. Ma lei mi dice No, niente patente, la sua carta d’identità, per favore. Al che le dico che no, non ce l’ho, la carta d’identità, che l’ho lasciata a casa. E allora la tizia mi dice Mi dispiace, ma lei in Svizzera non ci può andare. Io strabuzzo gli occhi e le dico In Svizzera? Ma non stiamo andando in paradiso? La tizia sorride e mi dice Guardi che per andare in paradiso bisogna passare per la Svizzera. Io non so proprio che cosa dire, l’unica cosa che mi viene da dire è Ma che cazzo. Al che mi sveglio e devo correre in bagno ché ho la vescica che sta per scoppiare.
Così mi ha raccontato il mio amico.
E quando lui ha finito di raccontarmi il sogno del paradiso io l’ho guardato, ho fatto sì con la testa, gli ho detto Eh, guarda, secondo me, a noi, questa storia della Svizzera neutrale, non ce l’hanno mai spiegata come si deve.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Esatto, sono tempi che qualcuno finalmente dovrebbe spiegarci le cose come si deve, la neutralità della Svizzera e tutto il resto, ché pure tutto il resto è diventato un lusso, ormai.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Ce lo scordiamo, il niente di una volta, ce lo possiamo proprio scordare, ché sono tempi che non possiamo permetterci niente, nemmeno un bel sogno.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Ieri notte ho fatto un sogno che non saprei, un sogno che poi mi sono svegliato e ci sono rimasto male, molto male. Ho fatto un sogno che andavo in paradiso. Io nel sogno non ero morto, però andavo lo stesso in paradiso. Nel sogno, per arrivare in paradiso bisogna prendere le scale mobili. Le scale mobili come quelle della Rinascente, ma più lunghe, molto più lunghe. Io allora prendo le scale mobili. Ci sono tante persone, in fila sulle scale mobili, proprio come alla Rinascente, ma molte di più. A un certo punto un tizio si volta e mi dice Si sale eh. E io gli dico Per andare in paradiso si deve salire, poche storie. Fatto sta che dopo qualche minuto che saliamo le scale mobili finiscono e ci ritroviamo su una piattaforma, davanti a un gabbiotto, e da lì si passa uno alla volta, come negli aeroporti prima dell’imbarco. Dentro il gabbiotto c’è una tizia in divisa, i capelli raccolti, una tizia molto carina che mi ferma e mi chiede i documenti. Al che mi frugo nelle tasche, tiro fuori la patente e gliela mostro. Ma lei mi dice No, niente patente, la sua carta d’identità, per favore. Al che le dico che no, non ce l’ho, la carta d’identità, che l’ho lasciata a casa. E allora la tizia mi dice Mi dispiace, ma lei in Svizzera non ci può andare. Io strabuzzo gli occhi e le dico In Svizzera? Ma non stiamo andando in paradiso? La tizia sorride e mi dice Guardi che per andare in paradiso bisogna passare per la Svizzera. Io non so proprio che cosa dire, l’unica cosa che mi viene da dire è Ma che cazzo. Al che mi sveglio e devo correre in bagno ché ho la vescica che sta per scoppiare.
Così mi ha raccontato il mio amico.
E quando lui ha finito di raccontarmi il sogno del paradiso io l’ho guardato, ho fatto sì con la testa, gli ho detto Eh, guarda, secondo me, a noi, questa storia della Svizzera neutrale, non ce l’hanno mai spiegata come si deve.
Il mio amico ha fatto sì anche lui con la testa e mi ha detto Esatto, sono tempi che qualcuno finalmente dovrebbe spiegarci le cose come si deve, la neutralità della Svizzera e tutto il resto, ché pure tutto il resto è diventato un lusso, ormai.
L’ho guardato, ho fatto sì con la testa, ho detto Eh, parole sante.
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