La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

sabato 17 novembre 2007

Foglie e radici


L’albero ha una vita lunga, a volte lunghissima, che lo fa percepire quasi immortale, è contenitore di fatti, di idee e, nello stesso tempo, anche di contenuto e storia.
Come l’albero, anche l’uomo cresce e si sviluppa divenendo consapevole del proprio successo.
Come l’uomo, anche l’albero ha la sua straordinaria complessità che lo rende unico e comunicativo, attraverso il suo linguaggio simbolico.
L’albero ha una energia che parte dalle radici profonde e nascoste, vive e si sviluppa attraverso il tronco e i rami verso l'alto.
La radice è ciò che permette di dar vita al suo frutto affondando in qualcosa di vasto, il terreno, da cui trae nutrimento. La radice appartiene all’albero e, metaforicamente, spiega sempre l’esistenza di qualcos’altro, spiega la motivazione della propria esistenza. Dunque si può dire che anche l’uomo, per crescere, ha bisogno di partecipare ai frutti dell’albero del sapere.
Il tronco è la storia dell’albero, cresce e si sviluppa con l’alternarsi delle stagioni e degli anni, è la solidità implacabile orientata dall’esperienza e dai valori a cui ci si ispira, sempre.
I rami si estendono con creatività nell’orizzonte circostante, impongono l’autorevolezza che gli appartiene, rappresentano l’ambizione a raggiungere i propri obiettivi.
Le foglie e i fiori rendono l’albero splendido nell’aspetto, traducono poeticamente l’energia della linfa vitale che lo pervade. Sono la rappresentazione visibile della comunicatività e dell’entusiasmo.
Il frutto è quanto di più perfetto l’albero possa realizzare, per l’uomo è il cambiamento interiore, il premio alle proprie fatiche, la realizzazione che permette di gettare il seme nel terreno sconfinato ed essere l’artefice di un nuovo ciclo.
Il seme della Formazione è l’uomo, che nasce e affonda le sue radici nel terreno del sapere in un processo di crescita interiore e consapevolezza, sviluppando complessità e competenze. Divenendo un essere unico, come l’albero!

Peter - Paulette e il nonno (3)

‘’Perche’ non mi avete mai detto che avevo un altro nonno?’’, Paulette domanda un giorno a pranzo al babbo e alla mamma.
La domanda e’ rivolta soprattutto al padre.
Antony sa che non puo’ far finta di niente.
Deve spiegare.
‘’E’ una lunga storia di inganni’’ dice.
‘’Tuo nonno Peter un giorno ci ha lasciati tutti, andando a vivere con un’ altra donna’’ continua.
‘’Cosa vuol dire ci ha lasciati? Tu, mamma, i tuoi fratelli, io, Laurent, e gli altri cugini cosa c’ entriamo. Forse e’ piu’ giusto dire che, finito l’ amore, ha chiuso con nonna Athin, come accade tra tanti coniugi quando il loro rapporto si e’ consumato’’.
‘’No. Ha abbandonato tutti: moglie, figli, nipoti. E’ fuggito con un’ altra’’.
‘’Quanto sei arretrato. Questo quando sarebbe successo?’’ domanda Paulette.
‘’Sedici anni fa’’.
‘’Cioe’ alle soglie del duemila, del ventunesimo secolo. Non farmi ridere. E’ incredibile solo a pensarlo. A me pare che sia stato tu, siano stati i tuoi fratelli, siate stati voi ad abbandonarlo. Forse in un momento in cui lui avrebbe avuto bisogno di voi, di un confronto, anche di uno scontro. Non capisco’’.
Antony non controbatte. Anche lui ha imparato a conoscere Paulette. Sa che quando la figlia ha una sua opinione, anche se fondata su pochi elementi, e’ difficile fargliela cambiare. E’ testarda. Risoluta nelle sue convinzioni. Come lui d’ altronde.
Antony racconta la vicenda del padre e mentre parla osserva la figlia che sgrana gli occhi incredula e scuote la testa non approvando il comportamento del babbo e degli zii, i quali hanno escluso Peter dalla loro vita, nonostante i numerosi tentativi fatti per continuare ad avere con loro dei rapporti.
Paulette ascolta.
‘’Sembra quasi che tu abbia paura di questa storia e delle tue azioni’’ dice, rivolgendosi al padre, stizzita. Non lo da’ a vedere ma si pente subito del tono aspro usato.
‘’Pare che tu abbia paura di ricordarla. Ci giri intorno mentre ne parli. E’ come se si fosse aperta una crepa nella sicurezza della bonta’ della tua, della vostra decisione, o, meglio, di quello che a tutti voi figli ha fatto fare nonna Athin’’.
Tace.
E’ curiosa.
Vuole sapere chi e’ la donna che ha conquistato il cuore di nonno Peter. Desidera conoscere il suo nome.
Sta zitta. Non fa domande. Non vuole irritare il padre.
E’ certa che lo verra’ a conoscere.
E’ sicura di incontrarla.

giovedì 15 novembre 2007

Peter - Paulette e il nonno (2)

‘’Sai cosa ho scoperto?’’ domanda Paulette a una amica con la quale studia e prepara gli esami universitari.
‘’Ho avuto un altro nonno, oltre al padre d mia madre, morto per infarto quando avevo poco piu’ di un anno. Il marito di nonna Athin. Lui, invece scomparso, nel nulla. Partito quando ero piccola’’.
‘’Una scoperta del cavolo. Tutti hanno un nonno che e’ padre del nostro e marito o compagno della nonna’’.
‘’Si e’ vero: Ma questo e’ come se non fosse mai esistito. Non ne avevo mai sentito parlare. Anche mio fratello e i nostri cugini non conoscevano la sua esistenza. Sono stata io a rivelarlo. Non avevo mai pensato che mio padre ne avesse avuto uno. L’ ho scoperto trovando una vecchia foto. Guarda. E’ proprio bello. Affascinante. Chissa’ perche’ poi tutti lo hanno tenuto nascosto. Come qualcosa di cui vergognarsi, anche se ritengo che un figlio non debba mai vergognarsi di u padre, qualunque cosa possa avere fatto. Non credo che questo nonno abbia commesso chissa’ che di terribile. Domani mettero’ alle corde mio padre, anche se sara’ tosta. Mi dovra’ raccontare tutta la storia di nonno Peter. Non potra’ nascondermi nulla. Non gli concedero’ tregua. Da tempo, ormai, non puo’ piu’ zittirmi con ‘qui si fa come dico e voglio io’. Quei tempi sono finiti’’.
Mentre parla, con nocchi adoranti, guarda la foto del nonno, lo sconosciuto Peter.
E’ dalla sua parte, qualsiasi cosa abbia commesso. E’ certa che non potra’ essere una storia brutta. Istintivamente e’ con lui. Non fosse altro perche’ dopo avere saputo della sua esistenza si e’ sentita defraudata di qualcosa che, comunque, le apparteneva.

lunedì 12 novembre 2007

Risorse interiori


Alcuni uomini vedono le cose come sono e dicono ''Perche'?'',

io sogno le cose come non sono mai state

e mi chiedo ''Perche' no?''.

L' amicizia

L' amicizia non e' meno misteriosa dell' amore o di qualsiasi altro aspetto di questa confusione che e' la vita.

A volte ho pensato che l' unica cosa senza misteri sia la felicita', perche' si giustifica da sola.


Jorge Luis Borges - ''Il manoscritto di Brodie''

venerdì 9 novembre 2007

La scelta




Ogni scelta implica di per se'


l' abbandono di tutte le altre alternative.


Meditando sulla mossa da fare.




Paolo Mauresig - ''La scelta, la variante di Lunerberg''

giovedì 8 novembre 2007

Peter - Paulette e il nonno

‘’Ma questa sono io!’’.
Paulette Gardner, una bellissima ventenne, dagli occhi neri, intensi nello sguardo intelligente, i capelli neri, lisci, tagliati corti, alla maschietta, ad esaltare l’ ovale perfetto del viso, un corpo snello, scattante, flessuoso, integro, e’ eccitata nel riconoscersi in una vecchia foto dai colori sbiaditi, mai vista prima.
‘’Ma questa sono io!’’ ripete festosa mentre la tira fuori da una sgualcita busta dimenticata in una scatola di cartone nell’ armadio della nonna, Athin.
‘’Nonna, papa, mamma, guardate sono proprio io: oh come sono piccola. Quanti anni ho? Meglio, quanti mesi? Che bel pagliaccetto bianco’’.
Mostra a tutti la foto, orgogliosa nel riconoscersi, sebbene cosi’ piccola di eta’, graziosa e elegante nel suo pagliaccetto.
‘’Guarda Laurent quanto sono bella, anche se non ho i tuoi occhi di cielo’’ e mostra la foto al fratello, quattro anni in meno.
Alto nella media, Laurent ha un buon fisico, anche se ancora acerbo per la giovane eta’. E’, comunque, di corporatura solida, robusta, ma snella. Un bel giovanottino dagli occhi di un azzurro cielo, identici al suo bisnonno paterno, Louis, conosciuto solo grazie a un grande ritratto fatto nel giorno del suo matrimonio con la bisnonna Ninel, morta poco prima della sua nascita. Una donna, che ne’ lui ne’ Paulette possono ricordare, da tutti decritta come una persona dolce, affettuosa, ma in grado di farsi valere nella vita e nella professione di ostetrica.
Nell’ eccitazione del momento Paulette non ha notato che e’ in braccio a un uomo, sulla cinquantina, la barba rossiccia come i capelli, ricciuti, come quelli di Antony, suo padre, e di Laurent.
Osserva attentamente la foto: l’ uomo sconosciuto rassomiglia molto al padre e al fratello.
Non ricorda di avere mai sentito parlare di lui o di averlo visto tra le tante fotografie della nonna, del padre, e degli altri famigliari: i tre fratelli del babbo.
‘’Papa’ chi e’ l’uomo che mi tiene in braccio. Lo conosci? E tu nonna?’’.
Antony e la nonna non rispondono.
Non sentono o fanno finta. Continuano a parlare tra loro.
Paulette insiste.
Si avvicina e mette davanti ai loro occhi l’ immagine.
‘’E’ mio padre. Tuo nonno. Non lo ricordi perche’ se ne andato via quando tu avevi tre o quattro anni’’.
‘’Il nonno? Tuo padre? Perche’ non ho mai saputo di avere un altro nonno? Perche’ non ne ho mai sentito parlare?’’.
Una raffica di domande senza aspettare le risposte.
‘’Il nonno? Perche’ questo silenzio su di lui? A guardare questa foto sembra mi voglia molto bene. Osservate come mi stringe a se’. Il suo sguardo e’ pieno d’ amore. Parlatemi di lui. Come si chiama?’’.
La nonna Athin, quasi ottantenne, sta zitta, come Antony e Rosy, sua madre.
‘’Si chiama Peter, e’ andato a vivere tanti, tanti anni fa, in una citta’ lontana da Ivory, oltre il mare che ci separa dal resto del paese, sul continente. E’ stata una brutta storia. Non si parla di lui in questa casa per tanti motivi, difficili da spiegare con poche parole. Adesso vinci la tua curiosita’. Prendi la foto. Ti parlero’ di mio padre a casa, in un momento piu’ tranquillo’’.
Paulette e’ sconcertata, ma capisce che non e il momento di insistere. Comprende che la storia del nonno, della sua vita, il non averne mai saputo nulla, un segreto ben custodito per tutti questi anni, mai una foto in giro, sono legati a qualcosa che forse gli altri hanno voluto dimenticare. Aspetti tornati prepotentemente nella loro mente con la scoperta di quella foto, i colori sbiaditi, ma nitida nel mostrare un uomo piacente, giovanile, dal corpo atletico e robusto, dai modi gentili e delicati, almeno a vedere da come la tiene in braccio, e dallo sguardo adorante.
E’ curiosa di sapere.
Si frena.
Non insiste.
Quando il padre si irrigidisce nella sua decisione, non c’ e’ verso di smuoverlo.
Non vuole irritarlo inutilmente.
E’ vero, non e’ piu una bambina. Il babbo non puo’ piu’ molto su lei, ragazza dal carattere forte e risoluto, in grado di contrastare la durezza del padre, che, invece, ha sempre cercato di dominarla.
Ora e’ cresciuta. E’ all’ universita’. Studia giornalismo. Ama scrivere. Vuol fare la giornalista come lo zio John, fratello del babbo, un buon cronista televisivo, esperto di musica rock. Il babbo non puo’ imporle piu’ nulla. Sa come comportarsi. Non ha, come da piccola, quando spesso aspettava con ansia il ritorno a casa del padre, piu’ paura di lui.
Paulette e’ vivace, impulsiva, talora impetuosa, testarda. Sa come tenere testa al padre. Rifiuta di lasciarsi intimidire, come invece, fa la mamma tanto spesso, quando Antony ha i suoi scatti d’ ira, improvvisi, specialmente dopo avere bevuto qualche birra di troppo, e non solo.
Anche questo un lato non molto conosciuto del padre.
Un problema che anche la madre non vuole affrontare.
Paulette sa che in questo momento non riuscirebbe ad ottenere nulla, se non la collera del babbo.
Ormai ha imparato a sapere attendere per riuscire ad avere quello che vuole.
Desidera conoscere la storia del nonno. Sa che riuscira’ a raggiungere il suo scopo.
Pensa, comunque, che e’ strano che tutti, dalla nonna al padre, alla mamma, agli zii, ai cugini, non abbiano mai parlato di nonno Peter. E’ come se tutti, soprattutto la nonna, lo abbiano cancellato dalla loro vita.
Non riesce a capire perche’, quali cause abbiano provocato cio’. Quale arcano nasconde la scomparsa, la rimozione di nonno Peter?
Prima di tornare a casa, comunque, porta via la foto di lei con il nonno. La mette in un libro di storia del giornalismo.

mercoledì 7 novembre 2007

Riflessioni sulla morte






Nella nostra società della morte non si può parlare. È divenuta una parola tabù che solitamente si evita, ricorrendo ad espressioni più eufemisticamente dicibili del tipo: "si è addormentato", "se n'è andato", "ci ha lasciato" e così via seguitando. Invece, e’ opportuno curarsi poco dei tabù linguistici e rifarsi a Epicuro ("Abituati a pensare che nulla è per noi la morte, né per i vivi, né per i morti, perché quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte noi non siamo più"), Seneca, Cicerone, Agostino, Montaigne, Lessing, Novalis, Schopenhauer, Pascal, Nietzsche, Heidegger per i quali, anche se con diverse sfumature, si deve vivere in modo da avere al momento giusto la propria volontà di morire il "vivere per la morte" costituisce il senso autentico dell'esistenza.
Il cristianesimo parla sempre di eternità, si pone nella dimensione dell'infinito.
Alla luce di una analisi che vede il mondo moderno in preda a un diffuso indifferentismo Kierkegaard vede nella morte (o meglio nel pensiero della morte) la situazione decisiva che è in grado di risvegliare l'uomo dal suo torpore spirituale quotidiano. Ciò si coglie in modo specialissimo nel breve scritto: Accanto ad una tomba. In quest'opera Kierkegaard non intende stendere un invito a "imparare a morire", né fornire consolazioni per la morte, ma suscitare quelle riflessioni che ci portino a una vita più autentica, che ci facciano comprendere come la morte possa essere la sua vera, unica maestra. A suo avviso, è il "pensiero della morte" che fa sì che l'uomo viva un'esistenza che porti le stimmate della serietà e non quelle della vacua fatuità. "La serietà della morte - egli scrive - non inganna, perché non è la morte la cosa seria, ma il pensiero della morte. Se dunque tu, mio caro uditore, terrai fermo a questo pensiero e, nel pensarlo, non ti preoccuperai d'altro che di pensare a te stesso, allora grazie a te questo discorso senza autorità diventerà una cosa seria. Pensarsi morti in prima persona è la serietà, essere testimoni della morte di un altro è stato d'animo". La morte, egli afferma, è maestra di serietà ed è il pensiero della morte ad indicare "la giusta direzione nella vita e la giusta meta verso cui indirizzare il viaggio. E nessun arco si lascia tendere così tanto, nessun arco sa imprimere tanta forza alla freccia, come il pensiero della morte sa sollecitare il vivente - sempre che sia la serietà a tenderlo". Il pensiero della morte non deve portare l'uomo a immergersi nei piaceri sensuali della vita affogandolo nell'oggi e non deve neppure portarlo a coltivare l'idea romantica della morte come unico luogo possibile di felicità, ma spingerlo a impegnarsi nella vita non sprecando il tempo che gli è stato dato. La morte per chi vive seriamente non è un narcotico, ma una "fonte di energia come nient'altro e rende vigili come nient'altro". La morte, infine, è la cosa più certa, ma nello stesso tempo è anche l'unica cosa in cui non c'è nulla di certo, nessun uomo, infatti, conosce il momento esatto in cui l'incontrerà. "La certezza della morte - scrive Kierkegaard - determina una volta per tutte il discente nella serietà, ma l'incertezza della morte è il sorvegliante quotidiano (...) Serietà diventa quindi vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo e al contempo come se fosse il primo di una lunga vita".
La morte è un mistero che gli intellettuali hanno spesso cercato di spiegare, facendosene cioè un'opinione. Ma secondo il filosofo, "per quanto concerne la morte, non ci si deve affrettare ad avere un'opinione. L'incertezza della morte si prende costantemente e in tutta serietà la libertà di verificare se chi ha un'opinione abbia veramente questa opinione, ovvero se la sua vita ne sia espressione". Vale quindi per la morte ciò che Kierkegaard dice valere per il cristianesimo: occorre cioè distinguere nettamente "il sapere cos'è il cristianesimo (la cosa più facile)" dall'"essere cristiani (la cosa più difficile)".
Il concetto cristiano della morte è ricco e consolatore: la morte per il cristiano è il momento di incontrarsi con Dio, quel Dio cercato durante tutta la vita. La morte per il cristiano è l'incontro del Figlio con il Padre; è la intelligenza che trova la suprema verità, è la intelligenza che si impossessa del sommo Bene. La morte non è morte.La morte è la grande consigliera dell' uomo. Ella ci mostra l' essenziale della vita, come l' albero nell' inverno, una volta spogliato di tutte le sue foglie, mostra il tronco. Il grande stimolo per la vita e per la lotta durante la vita, è la morte: potente motivo per il cristiano di darsi a Dio per Dio stesso. E mentre l'incredulo non assume nessuna impresa per timore alla morte, il cristiano si affretta a lavorare perché il suo tempo è breve, perché manca cosí poco per presentarsi a quello che gli diede tutto. Per quelli che hanno fede ogni cosa che vedono gli parla dell' altro mondo, le bellezze della natura, il sole, la luna, tutto non è che immagine che testimonia la bellezza di Dio.
Personalmente il pensiero della morte e' lontano. Tento di vivere in profondita' la mia esistenza, attraversando tutte le esperienze possibili, la sensualita', il misticismo, l' essoterismo, la meditazione filosofica, ricercando il tutto nel particolare, forte della convinzione che nessuna acquisizione e' definitiva, e che la conoscenza ha sempre innumerevoli aspetti da scoprire.
Ecco perche' per me l' assoluto e' in questo mondo.

martedì 6 novembre 2007

L' incontro


L' incontro di due esseri e' come il contatto tra due sostanze chimiche: se c' e' una reazione, entrambe ne vengono trasformate.

La trasformazione fa si' che il regalo piu' grande che puoi fare all' altro essere non e' condividere con lui la tua ricchezza, ma rivelargli la sua.

giovedì 1 novembre 2007

Cambiare il mondo


Solo chi e' cosi' pazzo da credere di poter cambiare il mondo,

lo cambia davvero.


Martin Luther King