La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

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Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

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Il calcio dell' Asino

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NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

lunedì 12 gennaio 2009

Gelide nebbie svaniscono

(foto Sherv-Photography)

Niente e' semplice
Quando sogni di fuggire
Sogni anche di
Portarti via
La luce
L' orizzonte
La vita
Quando sogni di fuggire
Pesante silenzio
Sorriso disabitato
Ascoltami, dovunque tu sia
Ritorna vagabonda
Dalla bocca piu' bella
Che si possa immaginare
Espressione lirica
Alternanza di
Luce e oscurita' in cui
Si offre l' esistenza
Aurora di
Scoperte meravigliose
Che succede?
Ci sei, ci sei
So che ci sei
Sssh
I tuoi passi con me
Sempre piu' netti
Sei vicina
Di piu' ancora
Orme vermiglie, passione
La tua mano nella mia
Intimita' del gesto
Ridente sulla sponda d' un fiore
Tu mi ritorni
Immagine pura del tuo essere
Gelide nebbie svaniscono






6 commenti:

  1. Io spesso sogno di fuggire...e la luna illumina i miei fantastici voli dai quali è bandita la nebbia opaca dei miei pensieri.

    Trovo splendidi questi tuoi versi. Complimenti

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  2. Lliri grazie. Una fantastica fine settimana ha risvegliato il lato romantico del sk.
    Grazie.

    RispondiElimina
  3. POESIA IN FRAMMENTI

    Caro Pier Luigi,
    ecco con questa tua poesia di “Gelide nebbie svaniscono”, mi offri l’occasione per far comprendere bene i due polarismi nei miei, ma di tutti, dei due leoni cibernetici del mio e-book che la sorte ha disposto che non potesse essere chiamato almeno “libretto”. Ma doveva essere così perché quei due sono i rintocchi di un pendolo o di una disumana clessidra, segnatempo. IL cartaceo segna la realtà, la vita che si sviluppa, che germogia; il web è il nostro mondo interiore, lo stesso della surrealtà, delle cose impossibili.
    “Gelide nebbie svaniscono”: qui è il leone verde che è prossimo a dissolversi, ancor memore della sua lussureggiante vitalità, del suo calore, del suo lirismo poetico, al limite, della sua capacità di discernere l’arida politica del vivere comune, ma che è oscurità da cui si vorrebbe fuggire.
    E il leone rosso, che dà l’idea del calore antagonista del freddo, delle “gelide nebbie”? Ma è solo un’idea di un’armonia che si confonde, proprio col dissolversi della vita, ultima memoria, giusto il momento propizio di un matrimonio, quello agognato dai “pazzi” dell’alchimia. Il leone rosso va vedere ogni segreto della vita, proprio per queste stille di vita che l’altro, come in frammenti, gli rilascia, similmente allo sperma di un io morente.
    Un io che in quel momento fatale è un mendico, con voglie di un poetico napoletano, impossibili da soddisfare...

    O GULIO CHE SFRECULEA

    Che guaio ‘a calura senz’aria de’ ssere:
    è scura pe’ l’omme che nun tene niente,
    quanno ‘o gulio le ven’ pe’ lo sfreculià.
    Chissà, passa n’anima amica e sente:
    vien’ cu mmè a magnà, cantà e vevere.
    Ma è longa ‘st’attesa, che fa sulo pallià.
    Fa cap’ a ‘nu supplizio che lo fa lacremà,
    e co’ chelle ssere senz’aria, pe’ lo cresemà.

    Un io, che si ritrova come un bambino “nato vecchio”, come è stato detto del fascinoso Lao Tze, il Signore del Tao...

    QUANN’ERO GUAGLIUNCIELLO

    Ddoce è ‘a nuttata quanno
    a fora, ‘o vient’ soscie forte.
    Me stregn’ sott’ ‘e cuperte
    e m’addormo penzanno.
    Penzo a comm’era bello
    quann’ero guagliunciello.

    Un io che, nel suo strazio cerca di fermare quell’orrida clessidra al suo ultimo grano in transito, si afferra inutilmente ad un triste “settembre”...

    SETTE’ ADDÒ VAI?

    Quanno ce vedimmo Settembre?
    Te ne staj ienne, ma fra l’ombre
    de’ frasche che frusceeno, sento.
    Sento a malia de’ ccose do viento,
    Co viento pure l’aucielli, che sanno,
    ‘ndalleeno a ccà e a llà con affanno.

    E l’amore per l’io, come senza tempo, un io “bambino nato vecchio”? Un sfizio che non vale proprio la pena soddisfare...

    L’AMMORE SFIZIUSIELLO

    Ride, dint’ ‘a connula, ‘sto ninno bello,
    ma a ‘n’ato ppoco chiagne e lacrema.
    Accussì è pure l’ammore sfiziusiello:
    accummenza pe’ fa arricrià l’anema,
    ma appriesso, comme ‘na tempesta,
    ven’ ‘o diciassette e fenesce ‘a festa.

    gaetano

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  4. Gaetano grazie per la tua esegesi.
    La poesia e' una ''forza divina'' che attrae a se' altri. Scrive Platone:
    ''Cosi', anche la Musa rende i poeti ispirati, e, attraverso questi ispirati si foma una lunga catena di altri che dal dio''.
    Vale

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  5. Versi di straordinaria bellezza, Pier. Tra i tuoi migliori.

    Mi hanno com-mossa...

    Un abbraccio
    annarita:)

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  6. Sorellina Grazie.
    Grande riconoscimento per chi scrive sapere che le sue parole hanno mosso a commozione i lettori.
    Grazie.
    Vale

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