La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

lunedì 27 aprile 2009

Questa volta piu' che mai



Respiro a fondo.
Penso.

Questa volta piu’ che mai.
La mia iridescente lama, impaziente entra, nel suo tenero ventre, senza la minima resistenza.
Le parole si strozzano nella sua gola.
Calmo guardo mentre la sua vita scivola lontana.
Era molto bella. Grandi occhi azzurri, leggermente discosti, sopra un nasino all’ insu’ e un mento con la fossetta. La perfetta forma rotonda della sua testa era messa in risalto dai suoi biondi capelli, ondulati. Labbra carnose a incorniciare una deliziosa bocca. Il suo viso sembrava fosse stato preso a prestito da Botticelli per la sua Primavera.
Una leggiadra bionda dalla pelle fresca, rosea, trasparente.
Mi aveva colpito la sua spensieratezza disarmante e piena di candore.
L’ avevo conosciuta a Roma in casa di un regista televisivo. Eravamo stati invitati a cena, con un’ altra diecina di persone, in occasione dell’ anniversario del matrimonio. La festa si svolgeva su una delle belle terrazze romane che si affacciano su Piazza Navona.
Una leggera brezza di meta’ giugno le disordinava i capelli. Nell’ aria un’ atmosfera gradevole che faceva respirare con piacere.
Il cielo notturno assomigliava al disegno di un bambino, una mano di blu con una grande manciata di stelle gettata in alto come coriandoli.
Dopo la cena siamo andati via insieme. L’ ho accompagnata a casa. Abitava in una villetta in campagna, dalle parti dell’ Appia antica. Un luogo lontano e pieno di pace. Il solo panorama visibile in quel cielo blu, in quell’ aria silenziosa, le luci lontane di Roma, come perle scagliate fuori da un cofanetto di gioielli.
Una notte piena di gioiosa carnalita’ priva di pudori, complicazioni e senza stress. Niente di incerto o di passivo in un coito delirante. Appagamento sessuale.
Dopo mi racconta che il suo desiderio e’ fare l’ attrice e per questo confida che si sta preparando a fondo e che spera molto nell’ aiuto dell’ amico regista.
- Sai, dice, e' un intenso periodo di lavro ...
- Su cosa stai lavorando, chiedo mentre accarezzo il suo corpo, che si abbandona languida alle mie mani.
- Adesso in palestra lavoro sui glutei e sulla parte di sopra.
- Sulla testa? Sul cervello, no?
- Il mio personal trainer non li ha messi ancora in programma …
Penso questa volta piu’ che mai.
La mia leppa subitanea si apre, la lama si veglia in rapida erezione e penetra nel suo ventre.
Mentre il coltello affonda nel suo corpo mi sento cogliere da una bella e intewnsa sensazione, una piacevole fusione di corpo e mente.
Fine istantanea.
Bella come un angelo.
Ancora un fremito di piacere nell’ ammirare la mia opera. Suppongo sia la felicita’.
Mi dico ... nessun
RIMPIANTO.
QUESTA VOLTA PIU' CHE MAI.



domenica 26 aprile 2009

Attimo di Wislawa Szimborska

Attimo
Quando pronuncio la parola Futuro,
la prima sillaba gia' va nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente
creo qualcosa che non entra in alcun nulla
dalla poesia di Wislawa Szymborska, volume 8
Libri Scheiwiller



Quello che non si vede nelle Tv italiane

in ''...Cosi' e' se mi pare!''

sabato 25 aprile 2009

25 Aprile


PARTIGIA - PRIMO LEVI



Dove siete, partigia di tutte le valli,

Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?

Molti dormono in tombe decorose,

quelli che restano hanno i capelli bianchi

e raccontano ai figli dei figli come,

al tempo remoto delle certezze,

hanno rotto l'assedio dei tedeschi

là dove adesso sale la seggiovia.

Alcuni comprano e vendono terreni,

altri rosicchiano la pensione dell'Inps

o si raggrinzano negli enti locali.

In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.

Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,

lenti, ansanti, con le ginocchia legate,

con molti inverni nel filo della schiena.

Il pendio del sentiero ci sarà duro,

ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.

Ci guarderemo senza riconoscerci,

diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.

Come allora, staremo di sentinella

perché nell'alba non ci sorprenda il nemico.

Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,

spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,

la mano destra nemica della sinistra.

In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:

La nostra guerra non e' mai finita.








venerdì 24 aprile 2009

Edgar Allan Poe



Com' e' calma la notte,

Come limpida e luminosa!

Io nulla sento,

E non c' e' alcuno che senta me.


Edgar Allan Poe



giovedì 23 aprile 2009

CAPRICCIOSO FIORE

il signor delamarne: segreto n.4

CAPRICCIOSO FIORE

Spazio di una notte
Notte piovosa di primavera
Vita in crescendo
Grandi occhi verdi
Attraente senza essere bella
Fuori
Ploc-ploc-ploc
Si sente
La pioggia sul suolo
Odore di salsedine dalla laguna
Rumore del mare
Nell’ oscurita’
Tranquillizzante accompagnamento
Che si infrange sulla notturna spiaggia
Laceri brandelli di memoria
Immagini ipnotiche
Lei sul letto
Nuda
Complicita’ a senso unico
Vertigine nell’ unione
Vestiti sparsi
All’ odore un miscuglio
Dell’ Isola
Mare e terra
Gambe larghe
Molli
Smontate un po’
Sul materasso
Pacchi di carne malfatti
Nel petto
Solo il manico di una lama
Fedele amica trionfante
Mirabile sensibilita’
Per uccidere con l’ amore
Per uccidere con la pieta’
Sul seno nudo
Orizzonte estasiante
Un solo taglio
Profondo
Capriccioso fiore



lunedì 20 aprile 2009

Ho regalato un libro a Lorena Bianchetti presentatrice di Domenica in

in ''... Cosi' se mi pare!''

Eccitazione sessuale




Vaffanculo
Disinvolta senza allusioni
Sono una maniaca sessuale
Ci scherza sopra
Niente sentimento
Hai solo il pene piu’ bello
Colossale del mondo
Confusione nella sua mente
Cerca il contesto
Divaga
Gira in tondo
Al discorso
Nella mia nessuna confusione
Agisco
Al di la’ del bene
Del male
Dentro te
Attraverso te
Riprendo possesso di me stesso
Lama di fuoco
Affondo nel tuo ventre
Con dolcezza
Aleggiante sensazione di leggerezza
Fino al petto a squarciare il cuore
Mi fissa
Gira gli occhi intorno
Verso me di nuovo
Sorride
Muove le labbra
Sussurra
La luce va via
Cala
Incombe la nebbia
Ispessita caliginosa
Ho paura del buio
Dammi la mano
E’ finita
Ora posso riposare
La voce si affievolisce
Tace del tutto
Nel bel viso cilindrico
Nell’ elegante ossatura
Occhioni spalancati
Felicita’ concentrata
Morte
Eccitazione sessuale


domenica 12 aprile 2009

Happy Easter Everyone

Ieri i miei auguri personali con l' immissione di alcuni auguri che mi sono stati fatti privatamente.
Questa mattina mi hanno colpito questi auguri di una bambina di undici anni

Filastrocca della storia

Storia raccontami,
dimmi cos'è successo prima di me:
guerre, scoperte, fortune, malanni.

Storia raccontami il ballo degli anni:
gli anni lentissimi, gli anni fuggiaschi,
gli anni femmine e gli anni maschi;

gli anni splendenti e gli anni cupi,
gli anni rondine e gli anni lupi,
gli anni che ballano su questa giostra,
il ballo è loro, la storia è nostra.
Anni volate lontani,
storia rimani!

(Ilaria Zaghini, 11 anni)

Versi letti nel blog di Annarita Ruberto

Scrive Annarita

Cari ragazzi, amici e lettori, in un frangente drammatico come quello che sta attraversando il nostro Paese quale modo migliore del dare voce ai bambini per un messaggio augurale? I bambini sono il futuro, la speranza in un rinnovamento e in un mondo più giusto. Loro incarnano al meglio il significato della Pasqua.
Pertanto, ho preso i pensieri dei piccoli bimbi della cara France e li offro a tutti voi.

continuate a leggere

sabato 11 aprile 2009

Per la gente d' Abruzzo e per tutti nel mondo

Alla gente d' Abruzzo, in particolare, ma a tutti nel mondo dedico il mio abituale augurio, viene dall' Irlanda

Che la strada si alzi per venirti incontro.

Che il vento sia sempre alle tue spalle.

Che il sole brilli caldo sul tuo viso.

E possa la pioggia cadere dolcemente sui tuoi campi.

Cammina in pace e sii contento

Ovunque tu sia sulla tua strada,

E finche’ non ci incontreremo di nuovo

Che Dio ti tenga gentilmente nel cavo della sua mano.


quest' anno ho deciso di aggiungere anche questo messaggio di pace






Shalom aleichem (Ebraico: שלום עליכם) è un tipico saluto ebraico. Il significato è "che la pace sia su di voi". Questo tradizionale saluto ebraico trasforma ogni incontro in uno scambio di pace.

Pace a voi, angeli ministratori, angeli dell'Altissimo,

del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli sia.

Venite in pace, angeli di pace, angeli dell’Altissimo,

del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli sia.

Beneditemi con la pace, angeli di pace, angeli dell’Altissimo,

del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli sia.

Andate in pace, angeli di pace, angeli dell’Altissimo,

del Supremo Re dei re, il Santonedetto Egli sia.

La canzone che avete ascoltato e' in Yddish, una lingua discendente dal tedesco medievale con apporti ebraici, aramaici, romanzi e slavi, la cui rappresentazione grafica si serve di caratteri ebraici. E' la lingua di tutti i giorni, il 'parlare di casa', un filo che lega le comunita' ebraiche sparse un po' dovunque nell' Europa centrale e orientale.

Adesso gustatevi questo brano di un grandissimo film ''Train de vie'' , il Treno della Vita, in cui si racconta la drammatica esperienza dei popoli perseguitati. In questo brano c'e' un duello musicale tra zingari ed ebrei, due popoli tormentati, ma che si sono sempre ripresi, cosi' come si riprendera' la gente d' Abruzzo tormentata dal terremoto.





A questi miei auguri aggiungo quello di Cinzia Paolucci

Le campane suonano anche per te
Attraverso la finestra senza tende, da molto tempo vedo risplendere una piccola stella.
Non dormo. Ma fra Sabato santo e Pasqua, la notte non è fatta per dormire.
Le montagne e le foreste attendono: esse mi avvolgono in un alone luminoso.
La luna piena, progressivamente eleva, sospende il suo pio volto.
Il sole non è ancora alzato: c'è un'ora di questa immensa solitudine.
Non vi sono, per custodire il sepolcro, che questi milioni di stelle in armi, vigilanti dal Polo al Sud.
E d'un tratto, al chiaro di luna, le campane, in grappolo enorme nel campanile,
le campane, nel cuore della notte, come da se stesse, le campane si sono messe a suonare!
Non si capisce ciò che dicono, parlano tutte insieme!
Ciò che impedisce loro di parlare è l'amore, la sorpresa tutta insieme della gioia!
Non è un flebile mormorio, è la campana, verso i quattro punti cardinali, cristiana che suona a distesa!
Voi che dormite, non temete, perché e vero che io ho vinto la morte!
La terra che in un uragano di campane da tutte le parti si scuote, vi insegna che io sono risorto!

(Paul Claudel - Tu chi sei?)

e quello di Paola Tassinari, una poesia di Giuseppe Ungaretti

VEGLIA
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

''... Cosi' e' se mi pare!''


giovedì 9 aprile 2009

IL GIORNO DEL SILENZIO

IL GIORNO

DEL

SILENZIO












Terremoto, il premier campeggiatore

in ''...Cosi' e' se mi pare!''

leggete e meditate sull' ultima ca...volata del vostro premier

mercoledì 8 aprile 2009

Spigolature sul terremoto

L' amico Mauro Piadi ha pubblicato una chiarificante spigolatura sull' informazione sul terremoto

Postato da MauroPiadi alle 22:29 di martedì, 07 aprile 2009

Sì, noterete l'immagine diversa dalle solite spigolature, ma direi che questa è più appropriata...

mafalda basta!

Sono rimasto sbigottito davanti al TG1 delle 13.30 di martedì, che ha chiuso una litania di pianti e rovine leggendo le cifre trionfali degli ascolti dovuti al terremoto. Ma chi sono questi esaltati, accecati dalla vanità, che si vantano (neanche fosse stato il successo di un telefilm o di un varietà) di avere fatto semplicemente il loro dovere di giornalisti del servizio pubblico? In Abruzzo i morti sono morti per permettere all’oramai ex direttore Riotta di pavoneggiarsi? Un minimo di senso della decenza, no?

Dopo di che ho inteso alla radio un imbecille ministro dire che il terremoto ha distrutto il mito del cemento. Quel ministro idiota non sa (ma sono certo che finge di non sapere) che non è stato il cemento a cedere, ma sono state la cattiva progettazione della costruzione, o la composizione del cemento o la scarsa (per non dire inesistente) presenza del ferro nel cemento armato, ad aver ucciso oltre duecento persone. Questo è il problema che angoscia chi non è aprioristicamente contrario alle centrali nucleari o ai ponti, come quello in via di progettazione per una delle più pericolose zone sismiche europee, Messina/Reggio Calabria. In teoria, come dimostrato in Giappone o in California, si possono costruire edifici capaci di resistere a sismi ben più violenti di quello che ha devastato l’Abruzzo. Ma in pratica, chi controllerà che le norme, la qualità e la composizione dei materiali siano corrette nella futura edificazione di centrali nucleari o di ponti?

E, dulcis in fundo, mi tocca sorbirmi la litania del Cdg che snocciola cifre sui soccorsi, sui salvati e sui morti (toppandoli clamorosamente, com’è ovvio), neanche fosse lui il capo della Protezione civile (che peraltro gli sedeva al fianco). A Milano c’è un proverbio (e mi scusino gli amici milanesi se sbaglio, ma io lo ricordo così): Offelée fa el tò mestée ("Pasticcere, fa’ il tuo mestiere"). Ma già, lui è il nostro papà e in questi casi ci invita ad andare tutti al mare (come ha fatto con i senzatetto abruzzesi...), che ghe pensa lü...

Terremoto, dove rivolgersi per offrire aiuto, sangue o cibo

Ansa

Dove rivolgersi per offrire aiuto, sangue o cibo
ROMA - Appello dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) di Pescara a tutti i volontari di Pescara e provincia, a contribuire nei limiti delle loro possibilità ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Le associazioni di volontariato o i singoli volontari interessati a mettersi a disposizione per l'emergenza terremoto che ha colpito l'Abruzzo possono contattare il Centro operativo della Protezione Civile presso la Prefettura di Pescara, telefonando allo 085 2057631.

Chiunque fosse invece interessato a donare sangue, può farlo recandosi presso i Centri Trasfusionali indicati dalla Regione.
Sulle donazioni di sangue c'e' pero' un appello a rallentare l'afflusso del ministro per il Welfare Maurizio Sacconi.
"C'é al momento l'esigenza di rallentare l'afflusso dei donatori di sangue resisi disponibili dopo il terremoto della scorsa notte in Abruzzo - ha detto il ministro, sottolineando come la risposta in favore della donazione di sangue sia attualmente superiore alle esigenze in loco. "Il bisogno specifico - ha aggiunto - è ampiamente coperto, tanto che c'é l'esigenza di rallentare l'afflusso dei donatori per evitare situazione di intasamento, soprattutto nelle strutture abruzzesi" La risposta all'appello per la donazione di sangue, ha detto Sacconi, "é stata molto generosa ed ora è necessario un rallentamento dal momento che in queste ore si è verificata un'altissima concentrazione di donatori".

Chiunque voglia donare del cibo per le popolazioni colpite, infine, può portare i generi di prima necessità presso il Banco Alimentare dell'Abruzzo, in via Celestino V: il Banco Alimentare, mediante la sua rete di enti e associazioni convenzionati nell'Aquilano, ha già iniziato ad inviare i prodotti nelle zone colpite dal terremoto.

Informazioni utili

Terremoto L' Aquila Fu

Terremoto L' Aquila Fu

Terribile
Evento

Ricorrente
Rivolgimento

Estingue
Memorie

Ossessionante
Tormento
Ondulatorio


Lugubre
Attacca
Quatto

Ululato
Immenso

Lacera
Atroce

Furioso
Uccide

altri acrostici sul sisma in Cassandra




Terremoto, la testimonianza di Anna

Blog che testimomiano direttamente il terremoto ce ne sono tanti, forse, questa e' una parte della testimonianza di Anna





Scrivo al volo. Ho poco tempo. Per gli aiuti bisogna organizzarsi bene e non fare cose affrettate. Lo sciacallaggio è già in atto. Bisogna sapere bene a chi inviarli e chi li riceve deve renderne conto dettagliatamente. Aspettate, per ora abbiamo tutto. Gli aiuti serviranno dopo.
Il resto lo potete leggere nel suo blog Miss Kappa

lunedì 6 aprile 2009

Terremoto, vita vaga impermanente

Strade
Vetri delle case rotti
Le mani tremano
Ghiaccio
Negli intestini
Ricordo la sera prima
Anche i dettagli piu’ ridicoli
Pizza con i peperoni per me
Doppia mozzarella per lei
Un suono strano
Sordo
Urlo della terra
Come sotto tortura
La casa
Non e’ piu’ una casa
Tutti quegli anni di lavoro
Perduti
Una paura tremenda
Abbassare la testa ora
Soffrire in silenzio
Vita vaga
Impermanente





di Lliri Blanc, Cinzia Paolucci


TERRATREMOL-TERREMOTO

TERRATREMOLS
Un instant abans

la nit bressa la vida.

Cada edifici és refugi segur,

niu d’amor,

escola,

esglesia,

presó, hospital.

La terra tremola,

trenca el silenci de la nit…

un fragor gela els cors

i sembra mort i destrucció.

Un instant abans

la gent bressa un somni,

dibuixa un projecte.

Un rugit sec

estripa somni, projecte i vida.

Deixa llàgrimes, pols i sang

a cada tremolor.

Minuts eterns, enderrocaments,

devastació, drama, runes.

Un instant abans

la terra bressa la vida,

de seguida aleteja la desesperació

i el plor de qui veu la mort dins els ulls.

( la meva solidaritat amb la gent de l’Abruzzo victima del tràgic terratremol)
TERREMOTO
Un attimo prima

la notte culla la vita.

Ogni edificio è rifugio sicuro,

nido d’amore,

scuola, chiesa,

carcere ospedale.

La terra sussulta,

rompe il silenzio della notte…

un boato gela i cuori

e semina morte e distruzione.

Un attimo prima

la gente culla un sogno,

disegna un progetto.

Un ruggito secco

squarcia sogno, progetto e vita,

lascia lacrime, polvere e sangue

ad ogni tremito.

Minuti eterni, crolli,

devastazione, dramma, macerie.

Un attimo prima

la terra culla la vita.

Di seguito aleggia la disperazione

e il pianto di chi

vede la morte negli occhi.

( La mia solidarietà con la gente d’Abruzzo vittima del tragico terremoto)



''... Cosi' e' se mi pare!''

Terremoto, cosi' i media internazionali

Terremoto, ricordo di un cronista

Avevano passato indenni quasi un secolo. Lui, Francesco Ricci, era sopravvissuto a due guerre e non ne aveva voluto sapere di lasciare Collecurti quel grappolo di case sull'Appennino umbro - marchigiano dove era nato 84 anni fa e dove, ancora bambino, aveva conosciuto la sua futura moglie. Lei, Marietta Innocenzi, era una contadina piccola e ancora in forze nonostante gli 86 anni. Era lei a tirare avanti la carretta: si occupava del marito invalido, lo prendeva sotto braccio per fargli fare la "passeggiatina", non lo perdeva di vista un attimo. Sempre insieme, Francesco e Marietta, 170 anni in due e un amore ancora vivissimo. E insieme, abbracciati come fidanzatini, sono morti alle 2.33 dell'altra notte. I primi soccorritori, amici e parenti della minuscola frazione montana spazzata via dal terremoto, hanno scavato fino all'alba tra le macerie della vecchia casa a due piani. "Eccoli", ha gridato qualcuno.
Questo il mio primo ricordo di cronista che il 26 settembre 1997, quando ero uno dei responsabili della redazione Ansa delle Marche, ha vissuto il suo primo e unico terremoto.

Ore 2.33 di venerdì 26 settembre 1997 prima scossa di terremoto, a cui ne seguono altre due, alle 11.40 e alle 11.46. Siamo intorno al nono grado della scala Mercalli. In seguito, un susseguirsi di scosse farà parlare di sciame sismico e continuerà ad insistere sulla dorsale appenninica tra Marche e Umbria. Undici morti, 22mila sfollati e danni ingenti al patrimonio artistico umbro-marchigiano a cominciare dal crollo della Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, in cui morirono due esponenti della soprintendenza e due frati francescani rimasti schiacciati dalle macerie proprio mentre verificavano i danni di una delle scosse precedenti.

Abitavo a Torrette, in una casa colonica, alla periferia di Ancona.
E’ piena notte. Improvvisamente mi sveglio.
A svegliarmi e’ un cupo rumore sotterraneo. Dura una decina di secondi. Non capisco, forse perche’ provenivo dalla Sardegna, regione non a rischio sismico.
La prima cosa che noto e’ che Susy, la mia cagnetta, che dormiva su un tappeto davanti al letto, si e’ rincantucciata nell’ anticamera, sul pianerottolo delle scale che collegano la zona giorno con la zona notte della casa.
Mi alzo.
Squilla il telefono.
Sono i Carabinieri della Regione Marche.
Il centralinista mi avverte che una scossa di terremoto ha raso al suolo Collecurti, in provincia di Macerata.
Mi vesto e corro in redazione. Ci siamo tutti.
Collecurti, il paese non c'e' piu' Come un bombardamento: un mare di macerie copre tutto.
Fino a ieri era un puntino nella carta geografica delle Marche. Adesso non c'e' piu'. Collecurti, frazione di Serravalle di Chienti, 870 metri sul livello del mare, provincia di Macerata, non e' piu' un borgo ridente e tranquillo; ma un mare di calcinacci polverosi che nasconde vuoi i risparmi di una vita, vuoi i ricordi di tanti anni passati insieme, vuoi ancora la vita di Francesco e Maria, sorpresi nella notte dal sisma crudele e improvviso.
Squilla ancora il mio cellulare.
Questa volta e’ il mio fraterno amico Emanuele Fiorilli, inviato del TG3, oggi corrispondente della Rai da Madrid, che mi chiede informazioni come arrivare a Collecurti.

I miei colleghi, inviati sul posto e i nostri corrispondenti di zona, mi raccontano, con i loro pezzi, dettati al volo, che tutto e’ successo in una frazione di secondo, il paese dormiva, non aveva la possibilita' di mettersi al riparo e di difendersi. Raccontano di persone che hanno ancora nello sguardo il terrore , di persone con disperazione ha cercato di farsi largo tra le macerie, cercando la mamma.
Sono i colori a portare i giornalisti dentro il ventre del sisma. Il Rosso, dei camion dei vigili del fuoco. L'Arancione delle ambulanze. L'Azzurro delle auto della polizia. E il Bianco delle roulotte.
La redazione di Ansa Marche, in Ancona, e’ in fibrillazione. Tutti siamo impegnati a trasmettere le notizie che ci arrivano a getto continuo dagli inviati e corrispondenti, i quali ci dicono che c'e' il sole a stemperare il gelo che si e' impadronito dei cuori, la notte.
Alle 11:40 si sente un prolungato boato sotterraneo. In redazione le finestre e i lampadari si muovono. Dalla mia stanza vedo il porto di Ancona tremare.
E’ una frazione di secondo. Terribile .
E’ la scossa che fa crollare la Basilica di Assisi.
La seconda potentissima scossa (nono grado della Mercalli) squassato Umbria e Marche proprio mentre decine di persone stavano ispezionando la basilica di San Francesco per visionare i danni. Sono crollate due volte: quattro persone, due frati e due funzionari della Soprintendenza, sono morte sotto le macerie. Distrutti gli affreschi di Cimabue e alcuni di Giotto.
Da quel momento l’ attenzione dei media nazionali e internazionali punta i riflettori su Assisi.
Stamane ho rivissuto quei momenti.
In Abruzzo ho molti amici (tutti salvi), tra l’ altro mi sono laureato in Sociologia nell’ Universita’ ‘’Gabriele D’ Annunzio’’ di Chieti-Pescara.
La storia si ripete.
Guardo le immagini in TV, ascolto i resoconti dei colleghi della Rai.
Le immagini raccontano di rioni, di borghi svuotati, di strade invase da mattoni e calcinacci. Gli intervistati affermano di avere visto l’ inferno. In tutti ci sono lacrime, rabbia e senso di impotenza.
Allora come oggi.
Con questo mio ricordo voglio portare la mia solidarieta’ agli abruzzesi cosi’ duramente colpiti in affetti e cose.

domenica 5 aprile 2009

Today Has Been Okay

Ho visto che ho solo sostenitrici, anche se qualche lettore si affaccia nel mio blog

Alle mie sostenitrici dedico

Corsa verso la liberta', felice in mezzo alla festa

Cammino con i cani, Susi, come al solito libera, e Pepe al guinzaglio. L’ anima delle cose mi da’ un’interminabile freschezza.
Sono in via della Pineta, ho appena lasciato alle mie spalle lo stadio Amsicora.
Vado verso via Scano.
Cammino nella parte sinistra della strada. Sono diretto la’ dove trionfa l’ azzurro.
Conosco il percorso. Tante volte ho fatto quella strada. Ogni palazzo, case popolari, finestra, donne che stendevano i panni, pensionati affacciati ad osservare le macchine, i pedoni che vi passavano, le persone ferme ad aspettare il bus, i negozi, gli uffici dei consulenti finanziari, non c’ era niente che fosse sfuggito al mio interesse. Riconoscevo a distanza il rombo dei motori, il battere del gommista sulle ruote da controllare, il canto degli uccellini in gabbia, l’ abbaiare dei cani al mio passaggio, specie quando ero accompagnato dai miei, il profumo della pescheria, gli aromi della rosticceria. Tutto mi era familiare.
Anche nella notte piu’ profonda li indovinavo.
Oggi non e’ cosi’.
Tutto e’ corrotto, come le acque stregate. Nella via e’ tenebra, morte.
Il ricordo e’ miseria, a goccia a goccia di rubinetto che perde, a foglia a foglia che cadono nell’ autunno dai rami, si spegne come si spegne lo sguardo di chi abbandona la vita.
La memoria, come puro giglio, e’ recisa da un fatale destino.
Tutto e’ in falso blu notturno.
Il percorso e’ accidentato, l’ asfalto non esiste piu’. Al suo posto fossi, scavi come di trincea, acquitrini per le recenti piogge, fango dappertutto, catrame fuso, pezzi di marciapiede e poi scatole, scatoloni. Davanti ho fantocci, spettri, vermi.
Un silenzio misterioso sale per l’ aria e avvolge le mie speranze, le mie illusioni. Si fa pauroso.
Cammino con difficolta’. Inciampo. Non cado. Resto in piedi. Mi sporco le scarpe, i pantaloni con il fango. Metto i piedi in una pozza di catrame disciolto. Riesco a liberarmi, ma le mie condizioni sono disastrose, le scarpe sono incrostate di bitume, cosi’ pure i pantaloni.
Cammino come in un parco desolato.
Vivo l’ atroce amarezza di non godere nulla, di non sapere dove dirigere i miei passi, mentre mi sento avvolgere da un povero schifo. L’ uragano agita il mio cuore, i miei pensieri.
Ho paura di andare verso la morte. Soffro per le ombre che mi avvolgono. Ignoro dove vado e da dove vengo. Mi sembra di andare verso la tomba che mi attende coi suoi funebri fiori.
Cerco Susi, che si era allontanata e la vedo dall’ altra parte della strada, dove tutto e’ a posto. Il marciapiede e’ ben piastrellato, non ci sono buche, l’ asfalto e’ ben steso, la carreggiata e’ liscia e i pedoni e le auto camminano spediti senza problemi.
L’ azzurro del cielo e’ intenso.
Nelle persone c’ e’ allegria nei gesti. Mi chiamano.
Dopo il lungo faticoso cammino fatto, una musica di tromba, festante, m’invita ad andare da quella parte.
Un rullo di tamburo, suonato da un bambino a bordo di un’auto, al centro del distributore di benzina, mi porta la’ dove ci sono i giardini, la musica, le parole, la serenita’ riflessa del mondo.
La mente si risveglia. Gli occhi della memoria hanno un nuovo orizzonte, tutto raggiante e puro.
Il giorno e’ di nuovo. E’ di piu’
Mi dico. Che scemo! Perche’ non ho seguito Susi.
Attraverso la strada, raggiungo la parte buona della via.
Faccio un segno alla cagnetta.
Viene.
L’ abbraccio, mi commuovo.
Che importa. Mi commuovo. Mi commuovo.Ora cammino spedito, senza problemi. Mentre avanzo con Susi al fianco e Pepe al guinzaglio il catrame, il fango si staccano dalle scarpe dai pantaloni.
Ritorno pulito, come non mi fossi mai sporcato.
E’ come mi fossi cambiato d’ abito e di pianeta.
La compagnia della gente mi rinfranca. Il mondo cresce intorno.
Le difficolta’ non esistono piu’. Sono un ricordo lontano. Non sono mai esistite.
Sono passato attraverso al duro della vita e il mio cuore ricorda.
L’ aria si muove, si alza verso il cielo, in un dorato azzurro.
Il leggero vento che muove l’ aria mi fa fiutare di nuovo il passato, il mio mondo.
Sollevo di nuovo la testa.
Procedo, senza sforzo, dolcemente, nel cammino.
Mi sveglio e apro gli occhi.
E’ l’ ora in cui si accende il sole.
I suoi raggi cadono sul letto. Mi baciano. Mi riscaldano.
Mi alzo.
Esco in giardino a godere il sole. Ascolto la melodia del giorno, il canto degli uccelli.
Il cuore e l’ anima splendono.
La vita vibra, irrompe grande e dolce, inebria la mia anima, il mio cuore.
Felice in mezzo alla festa.

sabato 4 aprile 2009

I corpi continuano ad essere toccati con tenere mani


Una immagine nel web. Sorriso radioso, dolce, tenero ad illuminare il volto.

Le sue parole. I suoi scritti. Grande sensibilita’. Rispecchiano il sorriso.

La sua voce al telefono.

Grande emozione.

E’ come se ci conoscessimo da tempo. Parliamo a lungo con grande confidenza. Siamo un torrente in piena. Ci raccontiamo con intimita’ senza remore.

Oggi ci incontreremo. Appuntamento in piazza Castello al Caffe’ Mulassano. Locale ricco di storia, il primo ad essere eletto locale storico della città dall’Associazione Locali Storici d’Italia. Caffe’, dove Re Vittorio con Garibaldi fecero un brindisi con del vermouth.

Arrivo per tempo. Non amo fare tardi.

La vedo entrare.

Il gioco di specchi, all’ interno del caffe’, moltiplicano la sua immagine all’infinito, ed il riflesso nei suoi occhi dei legni su cui spiccano gli ornati in oro, impreziosiscono il suo volto. E’ di buon umore. Lo si capisce. Sa di essere bella.

Mi alzo. Le vado incontro. Ci abbracciamo e ci baciamo, preme la sua guancia contro la mia, per un attimo i nostri due visi aderiscono come incollati. Ci guardiamo. In silenzio. A lungo.E’ la prima volta che ci vediamo, ma i nostri sguardi e’ come se cercassero i cambiamenti avvenuti nel periodo i cui non ci siamo viti. Sorridiamo. L’ esame e’ stato positivo. Non siamo cambiati molto. E’ come ci ricordavamo. Il tempo sembra non essere passato.

La sua mano si posa delicatamente sulla mia spalla. L’ abbraccio, di nuovo, forte.

- Andra’ tutto bene, dico.

- Lo so.

- Ssst!, dico sottovoce.

Fino a quel momento non mi ero accorto di stare intensamente bene con lei. Avrei dovuto notarlo subito, e invece la cosa mi era sfuggita. L’ averlo finalmente appreso mi fa sentire bene, mi da' la sensazione di essere un uomo fortunato. E mi rende anche un po’ umile, in fondo. Mi fa dimenticare di essere un serial killer.

Siamo in piedi. Siamo ancora vicinissimi. Attaccati.

- Dai forza, protesto garbatamente, la gente ci guarda.

Vedo il cameriere ridacchiare.

Ci sediamo.

Parliamo. Parliamo. Le nostre vite si dipanano senza reticenze, pudori. Ci alziamo e usciamo.

Piazza Castello vero cuore pulsante della città sulla quale si affacciano gli edifici più prestigiosi del capoluogo piemontese. La grande piazza quadrangolare, da sempre fulcro storico e politico della città. Al centro palazzo Madama, l'antico castello da cui la piazza prende il nome, circondato da tre monumenti: dedicati all'Alfiere dell'Esercito sardo,ai Cavalieri d'Italia e a Emanuele Filiberto duca d'Aosta.

Camminiamo. Attraversiamo la piazza e ci dirigiamo verso i Giardini Reali, all’ interno delle antiche fortificazioni. Passeggiamo tra le aiuole ammirando le fontane del Tritone e delle Nereidi.

Si ferma e con il braccio fa fermare anche me. Mi mette un dito sulle labbra con estrema delicatezza e dice ‘’Ssst!’’. Poi fa scivolare la sua mano nella mia cosi’ che le nostre dita si serrano e riprendiamo a camminare. Mi si fa accanto con tutto il corpo. Poco piu’ avanti si avvicina ancora di piu’. La sue labbra sfiorano lievemente il mio orcchio. Dopo comincia a mordicchiarlo. L’ abbraccio. Inostri corpi si avvinghiano. Cerco le sue labbra. Un lungo e appassionato bacio. Le nostre lingue si cercano, si trovano, si attorcigliano. E’ come succhiarsi la vita. Un lungo, infinto bacio.

A stento ci stacchiamo.

Ci guardiamo. I nostri occhi quasi toccano.

- Cosa ci e’ successo, dice.

- Luce del sole, buongiorno. Mi sento bene.

- La luce si e’ accesa.

- Si’! Mi sento bene in un modo speciale. Sono innamorato. E’ un giorno pieno di sole.

- Buon giorno luce, dice e cerca di nuovo le mie labbra.

Riprendiamo a camminare. Arriviamo alla Mole Antonelliana. L’ ascensore sale e lo sguardo si confonde nello spettacolo dell’ Aula del Tempio, nella cupola disegnata di luci e colori fino ad aprirsi al panorama: Torino, i suoi palazzi e i suoi giardini visti dalla cima del museo piu’ alto del mondo.

Mi stringo a lei:

- Di’ la parola e sii come me, dico, pronuncia la parola a cui stai pensando. E’ cosi’ bella, piena di sole. Di’ la parola e sarai libera.

- Amore. La parola e’ amore.

- Si’!

Il suo viso irraggia calore, come se un qualcosa di trasparente la illumini dall’ interno. La stringo forte a me e la bacio a lungo, incurante degli altri visitatori. L’ aria si muove, azzurra, felice come la luce sugli edifici della citta’.

Usciamo.

In un modo o nell’ altro raggiungiamo l’ hotel Napoleon in via XX Settembre, dove ho prenotato per due.

Entriamo in camera e i nostri corpi si cercano immediatamente. Ci aiutiamo a spogliarci.

Sul letto i nostri corpi aderiscono, si attorcigliano, si contorcono l’ uno sull’ altro. Ogni parte del mio corpo e’ toccato da ogni parte del corpo di lei. Tutto viene percepito con il tatto. Le bacio i seni, stringo delicatamente i suoi capezzoli e le mie labbra e la mia lingua godono del suo corpo, del suo ventre delle sue natiche, dell’ interno delle sue cosce. Nel calore del letto ci dimeniamo lentamente, dolcemente, traendo da ogni movimento nuove ondate di piacere. Per ore, i nostri corpi vibrano in un’ armonia misurata.

Ci stacchiamo. Restiamo sul letto. I corpi continuano ad essere toccati con tenere mani.









Hotel Napoleon, Torino. Stanza 203. Ore 2:25.
Sono in piedi. Davanti al letto. La mia immagine si riflette nello specchio. Al di la’ di quella l’ immagine di una donna. E’ di schiena e sta sfilandosi la T-shirt. Finisce di sfilarla e comincia a slacciarsi il reggiseno.
Sparisce dietro la mia immagine.
Si chiama Hallia. L’ ho incontrata in una vineria dopo avere lasciato i Murazzi. Era sola e mi ha agganciato, chiedendomi di uscire perche’ aveva paura della gente, una vera moltitudine che affollava il locale.
Siamo stati fuori in silenzio, a guardarci, a interrogarci con gli occhi se potevamo fidarci. I bicchieri, come appiccicati alle mani, il vino, un ottimo Bardolino, e’ ormai caldo, ma non sgradevole.
Parliamo del piu’ e del meno.
E’ russa e e’ a Torino per un master al Politecnico. E’ un architetto, specializzata in interni. E’ affascinata del fatto che sia un giornalista. Mi parla della giornalista russa Anna Politkovskaya, sua amica, e dei sospetti che dietro all'uccisione della coraggiosa cronista possa esserci il governo di Vladimir Putin.
Mi racconta delle confidenze ricevute sugli abusi sui diritti umani commessi dal governo Putin, in particolare in Cecenia.

- Era, dice, coraggiosa e impegnata nella ricerca della giustizia anche di fronte a precedenti minacce di morte.. . Non c'è nessuna speranza che le indagini diano risultati, come dimostrano casi precedenti...’

Smette di parlare di Anna.
- Basta parlare di morte. Stanotte voglio vivere la ‘’movida’’ torinese. Andiamo da te.

Mentre ripenso al nostro incontro, Hallia riemerge da dietro la mia figura riflessa nello specchio. E’ nuda.
Mi giro e la guardo. Ha un’ aria compiaciuta.
- Accidenti. Sei bellissima. Hai un corpo molto provocante.
Aiutandomi con i piedi mi libero dei mocassini. Allento la cintura dei pantaloni che scivolano a terra senza problemi, non porto intimo sotto. Mi stringe a se’. Mi bacia dolcemente il collo, mi mordicchia le orecchie mentre mi toglie la camicia. Mi spinge sul letto.
E’ su di me. I suoi seni premono sul mio petto. Accarezza il mio volto. Le nostre labbra si cercano. Si incollano. Le nostre lingue si attorcigliano. Un lungo bacio, carico di passione, di bramosia.
Le mie mani, lentamente, esplorano il suo corpo.
Continuiamo a baciarci.
Poi stacca le sue labbra dalle mie.
La sua bocca va verso i miei capezzoli e li mordicchia. Bacia il mio petto, il mio ventre, il mi pube. Senza aiutarsi con le mani comincia una delicata fellatio. Risale alle mie labbra. Le chiude con le sue. La sua lingua cerca la mia.
Sono sopra di lei.
Ora e’ la mia bocca ad assaporare il suo corpo, il suo seno, il suo monte di venere leggermente prominente, voluttuosamente invitante.
La spingo indietro verso i cuscini. Le mie dita accarezzano l’ interno delle sue cosce. Poi la lingua si sostituisce alle mani. Succhio delicatamente il suo clitoride. Mordicchio le sue grandi labbra.
Leggeri gemiti di piacere.
La mia mente veleggia nell’ aere della passione.
Mi faccio strada con le ginocchia fra le sue gambe mentre la bocca si incolla alla sua in un altro lungo bacio.
Entro dentro di lei.
I nostri corpi aderiscono sempre piu’. Ogni parte del mio corpo e toccato da ogni parte del suo. Tutto viene percepito col tatto. Ci muoviamo lentamente. Ogni tanto lei inarca la schiena per sentire meglio il mio pene. I nostri gesti sono lenti. Ogni movimento provoca nuove ondate di piacere.
Esausti giacciamo una affianco all’ altro. Le nostre mani continuano ad accarezzare i nostri corpi.
Scivoliamo in un nuovo abbraccio. Ci stringiamo forte l’ una contro l’ altro. Vedo le nostre immagini riflesse nel grande specchio davanti al letto.
Si gira su un lato e cade in un sonno profondo.
Un mio braccio le cinge le spalle.
La mia mente corre ai fatti della giornata.
Sorpresa. Bellezza.Vita. Morte. Passione.
Una bella giornata.


venerdì 3 aprile 2009

E’ una bella serata per la morte

Sto davanti alla finestra della mia camera, nell’ Hotel Napoleon, di Torino, in via XX Settembre. E’ all’ ultimo piano di un palazzo gentilizio nel cuore della citta’

Guardo il via vai della gente. In prevalenza sono persone eleganti. Siamo vicinissimi a via Roma, piazza S. Carlo, piazza Castello e via Po, dove sono i negozi piu’ eleganti.

E’ meta' mattina. Mi sono svegliato da poco. Ero solo sul letto. Rifletto su quanto ho vissuto ieri sera e questa notte.

Vissuto?

O si e’ trattato di un sogno dalle trame sfilacciate?

Mi colpisce una donna ferma alla fermata del tram.

E’ lei?

Dall’ alto non riesco a vederla bene.

Aspetta. Cosa non so. Il tram no di certo perche’ non sale su quello che si ferma davanti a lei.

Alza lo sguardo. Intuisce di essere osservata o guarda l’ azzurro intenso del cielo?

Non e’ lei.

Faccio il suo numero di cellulare, ma una voce metallica risponde che il numero non e’ attivo.

Ricordo di una realta’ o frammenti di trame sfilacciate di un sogno.

Decido di uscire. Voglio visitare la citta’. Soprattutto i luoghi affollati: caffe e mercati. Li’ si conosce la gente, i loro pensieri. Li’ vivi l’ intimita’ di un posto.

‘’Che si dice stamattina nei Caffè?” Per essere informato sulla situazione politica, Carlo Alberto di Savoia-Carignano, rivolgeva spesso questa domanda ai propri consiglieri.

E’ vero la storia di una citta’ e’ scritta proprio nei caffe’.

Da cronista la mia prima uscita era andare a far colazione nel caffe’ storico di Cagliari, il ‘’Caffe’ Genovese’’, oggi ‘’Antico Caffe’’, nella centralissima piazza Costituzione. Molti dei miei articoli sono stati ispirati, suggeriti dalle persone che riconoscendomi mi avvicinavano per raccontarmi i problemi della citta’. Lo stesso avveniva ad Ancona quando mi fermavo al ‘’Caffe’ Torino’’.

Come Alessandro Dumas decido di far colazione al ‘’Bicerin’’, in piazza della Consolata.. Mi attira la sua cioccolata in bevanda detta il "bicerín": miscela di caffé, cioccolata calda fondente e crema di latte. Non si può essere a Torino senza averlo assaggiato.

Volutamente tralascio i ‘’Caffe’ Fiorio’’, preferito da Cavour, ‘’Baratti & Milano’’, sosta abituale di Giolitti e Einaudi, ‘’Caffe’ Torino’’, dove si rilassava De Gasperi, ‘’Mulassano’’ con le sale Art Nouveau predilette da Gozzano. Nel pomeriggio andro’ al ‘’Platti’’, in Corso Vittorio Emanuele, il locale di Cesare Pavese, uno dei miei autori preferiti.

Mentre gusto il ‘’bicerin’’ rifletto: la storia d’ Italia, politica e letteraria e’ stato scritta nei caffe’, non solo torinesi. Oggi, squallidamente, si cerca di farla nei salotti rissosi della TV.

Comincia la mia visita nei mercati.

Porta Palazzo in primo luogo: il piu’ grande mercato d’ Europa. Siamo a pochi passi dal Duomo e dalle porte Palatine.

Nelle bancarelle di piazza Repubblica, si trova di tutto: dalle scarpe all’abbigliamento, dai casalinghi ai giocattoli, dai prodotti alimentari di tutte le regioni d’Italia alle specialità di ogni parte del mondo. Gente di ogni dove.

La descrizione che Gabriel Garcia Marquez fa del mercato di Macondo, nel suo ‘’Cent’ anni di solitudine’’ si attaglia al melting pot di facce, idiomi, dialetti, etnie, presenti tra le bancarelle.

Dietro Porta Palazzo il mercato del Balôn prende il nome dall’omonima zona. A metà dell’Ottocento il luogo era frequentato dai rigattieri torinesi; oggi è il posto ideale per scoprire le botteghe che propongono prodotti e manufatti di ogni specie. Un punto di attrazione per i turisti. Piu’ bello e piu’ interessante di Porta Portese di Roma, Portobello di Londra e Mercatino delle pulci, dietro le Porte Clignancout a Parigi.

Avverto una mano che si posa delicatamente sulla mia spalla.

E’ lei. Di certo. Allora e’ realta’, non un sogno dalle trame sfilacciate.

Mi giro.

- Peter cosa ci fai qui a Torino? Quanti anni senza vederci.

Mi lancia un’ occhiata perplessa-

- Sono Anne Thoya.

- Certo che so chi sei. La sorpresa e’ grande. Non pensavo di incontrarti qui in Italia. Vivi sempre a Parigi. Lavori sempre con Roman, il grande chirurgo plastico francese?

- Certo che si’. Sono a Torino per un corso di aggiornamento con il prof. Hastings, il ‘’mago delle dive’’ di Hollywood. Un’ occasione unica. E’ la prima e unica volta in Europa. E tu?

- Sono a Torino alla ricerca della bellezza della vita. Ero certo di averla trovata … non ne sono piu’ sicuro …

- Il solito idealista.

Ascolto in silenzio. E’ piacevole l’ italiano perfetto di Anne con quella sua inflessione parigina.

C’ eravamo conosciuti, forse una decina d’ anni fa, a Parigi, a un congresso mondiale di chirurgia estetica. Ero sposato con una sua collega.

- Si’, prosegue, sei il solito idealista. Ti ho sempre visto come un uomo nobile, un uomo coraggioso, d’ azione anche, ma con una debolezza che forse e’ il tuo tallone d’ Achille: l’ idealismo.

Sto sempre in silenzio. Sto ad ascoltare.

- Pranziamo insieme? Ho alcune ore libere. Non avevo voglia di mangiare in ospedale e sono venuta a curiosare per mercati con la speranza di trovare qualcosa di utile per la mia casa.

- Con piacere. Ti propongo il Caffe’ Platti, il locale di Cesare Pavese. Avevo deciso di visitarlo nel pomeriggio.

Ci facciamo Tentare dalla Torta Platti, specialita’ della casa, una golosa abbondante monoporzione di delizioso gianduia servita con frutta. Chiudiamo con un caffe’. Niente liquori. Vogliamo stare ben svegli.

Ci diamo appuntamento per la serata.

- Torino, dice, ha una nuova regina, la notte. Ho non uno, ma mille desideri per rivederti e far tardi con te. Domani pomeriggio ritorno a Parigi.

- Va bene, rispondo, appuntamento al Caffe’ Mulassano, in piazza Castello. Alle 21.

Rientro al Caffe’ Platti. Ordino un altro caffe'. Penso al mio rapporto letterario con Cesare Pavese.

Non ci accomuna nulla. Io ho gran voglia di vivere. Non ho avuto un’ adolescenza difficile, ì traboccante di solitudine e di isolamento.

Come lui ho una orgogliosa voglia di affermazione ma diversamente da lui mi ritengo adattabile alla vita. I suoi libri, a partire dal ‘’Il mestiere di vivere’’, mi avvincono.

Ci unisce forse il gusto nelle discussioni, il trovarsi a suo agio nelle trattorie, assieme agli operai, ai venditori ambulanti, alla gente qualunque, tutti aspetti, al contrario di lui, che mi fanno amare la vita.

Mentre penso a Pavese, mi accorgo che altri punti ci uniscono: la poesia di Walt Whitman, Sinclair Lewis, la letteratura nordamericana.

Come lui amo la liberta’, gli orizzonti culturali, il desiderio di smuovere le incrostazioni, vecchie e nuove della societa’ italiana.

I suoi libri, ‘’Il carcere’’, ‘’Paesi Tuoi’’, ‘’La casa in collina’’, ‘’Dialoghi con Leucò’’, ‘’Verra’ la morte e avra’ i tuoi occhi’’, ‘’La bella estate’’, ‘’La luna e il falo’’, mi affascinano, mi intrigano, come contenuti, come stile. Grandi opere letterarie.

Ci divide la sua depressione, la sua inadattabilita’ alla vita, la sua voglia di suicidio.

Caffe’ Mulassano. Ore 21.

Anne e’ puntuale.

Bella, elegante. Un vestito di seta bianca a fasciarle il corpo. Uno scialle provenzale, di seta, per ripararsi dall’ umido della notte.

- Andiamo, dice, deve essere una notte straordinaria.

- Si’! Dovra’ essere uno sballo da morire.

- Vinerie, eccoci. Arriviamo.

Giriamo in lungo e in largo per il Quadrilatero Romano, un centro storico dal fascino antico, oggi invaso da localini, gallerie d'arte, vinerie, ristoranti, boutique aperte fino a tardi.

Anne sembra a suo agio e dimostra di conoscere molto bene la zona. E’ incurante della folla. Mi prende per mano per evitare che la gente possa dividerci.

Entriamo in una vineria. A stento riusciamo ad arrivare al bancone mentre una coppia si allontanava. Ci infiliamo nel posto vuoto. Siamo attaccati l’ una all’ altro per la mancanza di spazio.

Non ci importa. Accentuiamo il contatto fisico.

- Tutto bene?, chiedo.

Lei sorride. Uno splendido sorriso a illuminare il suo bel volto.

- Col tuo braccio intorno a me. Con la tua spalla contro la mia …oh, Peter, sono disposta ad affrontare anche la morte.

Sorrido.

Anne prende il suo bicchiere di vino, un Nebbiolo d’ Alba. Lo porta alle labbra e vi lascia le sue impronte. Poi fa appoggiare le mie labbra sulle sue sul vetro del bicchiere e mi offre un sorso. Tiene gli occhi chiusi, languida. Non e’ un contatto fisico, eppure e’ un gesto di una intimita’ sconvolgente. Un brivido di emezione percorre i nostri corpi. A quel punto potevamo metterci a fare l’ amore sul bancone.

- Che ne dici di un po’ di giochi d’ amore?, dice a voce alta, che solo io sento perche’ la sua bocca e’ attaccata al mio orecchio. Il frastuono del locale copre la sua proposta.

Usciamo. A fatica, ma usciamo. Mentre uscivamo dalla vineria, riesco a scambiare un solo sguardo con Anne, nel suo leggo il desiderio.

Camminiamo. Ci teniamo per mano, ci baciamo. Cammina sottobraccio. Sceglie la strada da percorrere. Arriviamo ai Murazzi, le arcate che costeggiano il Po, un tempo ricovero di barche.

Ci rifugiamo sotto un’ arcata, al buio.

- I giochi d’ amore dopo. Da me o da te. Oppure da me e poi da te.

Mi tira a se’, mi cinge con un braccio e dice

- Ti desidero. Lo sai? Si’ lo hai sempre saputo.

- Ti desidero anch’ io, rispondo.

Ci baciamo per piu’ di un minuto, dapprima con bramosia, poi con tenerezza, con la mia mano affondata sui suoi capelli e la sua che mi carezza il collo.

- Sono felice, dice, mi rendi tutto cosi’ felice, indimenticabile. E’ una bella serata per l’ amore.

La bacio ancora, con passione.

Improvvisamente si affloscia davanti a me come uno zampillo d’ acqua che finisce e giace raggomitolata ai miei piedi. E’ bellissima.

Mi inchino e lentamente tolgo dal suo petto il mio coltello a serramanico. E’ come succhiarle la vita.

E’ una bella serata per la morte.