La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

domenica 24 ottobre 2010

LIBERTA' E CULTURA di Ludovica De Nava

LIBERTA' E CULTURA di Ludovica De Nava

Libertà e Cultura

Se ne parla tanto. Della Libertà. Della Cultura un po' meno. Molto meno. Da quando i tagli di questo che ci ostiniamo a chiamare governo l'hanno mortificata.

Ma osserviamo, per così dire, più da vicino di cosa si tratta.

La libertà, è qualcosa su cui tutti ci troviamo d'accordo, almeno, così pare. La cultura.... per lo più genera diffidenza.

Soprattutto in chi non sa che farsene: a molti sembra infatti un bagaglio pesante, un retaggio della scuola, quando era necessario studiare, ma ci sarebbero state almeno altre cento faccende più piacevoli per passare il tempo.

Leggo sullo Zingarelli, alla voce libertà: "Podestà di operare a suo talento. Condizione di vita libera, fuori da schiavitù. Democrazia, condizione di cittadini e di popolo libero." e ancora: " esenzione di limitazioni e di violenze . V. Coscienza. Libertà di pensiero: diritto di professare le proprie opinioni in religione, in politica, ecc. Libertà di stampa: Esenzione da censura preventiva, oltre che nella pubblicazione di libri, spec. nei giornali. Diritto di discutere della cosa pubblica e degli uomini di governo."( nessun accenno alla necessità che vi sia sempre un contraddittorio). Ce ne sarebbe abbastanza su cui meditare.

Che cosa passa invece sotto il nome di libertà oggi in Italia? perché qualcuno parla "delle libertà", al plurale?

Lascio queste domande in sospeso, ognuno cerchi , per il momento, in sé una risposta.

Certo è che del problema della libertà, del libero arbitrio ecc. la filosofia si è occupata sin dai tempi di Socrate.

Negli anni settanta del secolo scorso Eric Fromm aveva avvertito: E' oltremodo pericoloso parlare di "libertà di" in senso positivo, dell'agire, senza aver prima acquisito la "libertà da": dai propri ostacoli e pregiudizi interni, dalle pastoie dei condizionamenti. Senza la libertà negativa, insomma, poco sappiamo usare quella positiva per operare nel mondo. E se ci ostiniamo a farlo, ne conseguono disastri, ma soprattutto, a valanga, altre limitazioni, divisioni, pregiudizi, per difendere questa presunta nostra libertà zoppicante e poco strutturata sotto l'aspetto etico. E la libertà diventa qualcosa d'intollerabile, da cui sfuggire, rifugiandosi in regimi di dittatura

( E. Fromm, Escape from freedom).

E la cultura? cosa c'entra in tutto questo?

Da filologa, non posso non notare che cultura e coltura hanno la stessa origine. Ma cosa si coltiva?

Ovvio, l'intelletto. Cioè la "facoltà di discernere" ( Zingarelli). Perché la cultura non è un bagaglio inerte, non è un ammasso di erudizione di cui fare sfoggio alla prima occasione - rendendosi antipatici- ma serve ad aprire la mente.

Non parlo solo della cultura che può dare - e non sempre lo fa, né sempre è messa in condizione di farlo- la scuola. Parlo del risveglio della curiosità dell'apprendere e dei mille modi di mantenere acceso questo piccolo nostro "sacro fuoco". Perché la cultura è un patrimonio nostro, intimo e personale, che ci aiuta a collegare le esperienze acquisite, a riferirle a un quadro di valori etici comuni, a identificarci meglio, a navigare attraverso la vita fiutando i rischi delle scelte che facciamo: insomma, a ragionare con il nostro cervello senza darlo all'ammasso, senza ridurci a

fruitori di "pappe mediatiche" che indifferentemente ingurgitiamo, ma usando la nostra capacità critica, che si avvale, appunto, delle connessioni che la cultura, questo formidabile strumento, ci ha fornito.

Qualcuno, in Italia, da circa vent'anni, sta avvelenando le menti riducendole a un torpore generalizzato, dove impera una grande confusione: le cose non sono chiamate più col loro nome, ma si abusa del termine "libertà" mistificandolo e facendo passare per possibili tutte le libertà di comodo di chi per evitare le limitazioni poste dalla Legge passerebbe una spugna su ogni genere di limitazione alle millantate libertà individuali - in realtà prevaricazioni. Senza curarsi delle conseguenti incentivazioni al crimine.

Purtroppo, nell'ignoranza della distinzione fra "libertà di " e "libertà da", e privi del formidabile strumento della cultura, molti credono che la furbizia sia il valore più alto, che un reato non è più tale se viene prescritto, che l'importante è non andare in carcere, e che, seguendo l'esempio di chi è capo del "governo", possono diventare impunemente ricchi e famosi come lui.

Certo che la cultura, ragionando così, non serve, anzi, intralcia, e "non dà da mangiare" (Tremonti) ed è la prima su cui si devono abbattere i tagli, per risparmiare e consumare in altro.

Così viene mortificata l'Istruzione pubblica, primaria e secondaria, l'Università, il Teatro, e tutte le forme d'arte che possono ( non sia mai) essere d'aiuto alle menti per svegliarle, e che non siano di mero intrattenimento e istupidimento.

Non certo d'approfondimento. Il bello è che anche chi crea questo corto circuito, non si rende più conto del perché non possano nascere e sopravvivere "programmi d'approfondimento" che esaltino l'operato del governo ( vedi il caso del programma condotto da Paragone: un vero flop) e l'ossessione della "par condicio" e del contraddittorio invade tutti i settori, tutti i programmi televisivi, imposta nel tentativo di scompaginare e rendere faticoso ogni tentativo di approfondimento.

E' la cultura, che fa paura alla dittatura.

La cultura è infatti elemento essenziale per una vera libertà. Sarà la cultura a rendere sveglia la nostra mente, sarà la capacità di creare le connessioni tra ciò che sappiamo e ciò che possiamo efficacemente fare operando in modo giusto.

Sarà la cultura a renderci liberi dai nostri ostacoli interni, perché la cultura rende maturi e chi

è maturo non è più arrogante e sa riconoscere i propri limiti e correggere la propria rotta.

Un'altra paura delle dittature e dei dittatori è quella nei confronti della donna: se riescono a mortificarla, a renderla sempre più vicina a una bambola balbettante e sculettante, che nel migliore dei casi deve fare finta di avere un cervello - il suo lo lasci a casa- e recitare frasi vuote imposte da chi comanda, magari fasciata in un tailleurino firmato, da brava portavoce, ecco: si è raggiunto l'obbiettivo di neutralizzarla.

Perché la donna è intuito, perché la donna arriva a fare connessioni usando una sua atavica e inestinguibile "cultura analogica".

Per questo, dittatori di destra e di sinistra, temono la donna e cercano d'imbavagliarla, di snaturarla, di farne un oggetto. Magari una velina, o una ministrina con la batteria inserita, che funziona come gli antichi organetti ambulanti che si ascoltavano per le strade fino a cinquant'anni fa.

Dunque: la mente maschile è logica. Quella femminile analogica. Che vuol dire oltre alla prevalenza fra emisfero destro e emisfero sinistro del cervello, che le distingue?

Significa che è stato l'uomo a fare la Storia. La storia dei "vincitori", arroganti e sorridenti. Con tanti denti.

E la donna? a casa a tessere la tela. L'uomo ha elaborato statistiche su cui si reggono i progressi della Scienza: le statistiche servono a vincere le guerre: come si poteva vincere il Giappone senza far morire tanti americani tirandola alle lunghe in tanti anni?

Paf! ecco la soluzione logica: la Bomba Atomica! E, statisticamente parlando, udite udite, si sono risparmiate un gran numero di vittime.

Intelligenti, gli Americani. Anzi, no: logici. La Logica ha spinto Custer a diffondere il colera fra i pellirosse per far avanzare la civiltà occidentale nel selvaggio West. Sempre risparmiando vite umane ( occidentali). La logica ha fatto costruire Muri per dividere Paesi, e persino città.... la logica ha imposto che la ricerca sulla medicina di laboratorio fosse sperimentata anzitutto nel Terzo Mondo ( e pazienza se questo si è beccato l'AIDS), la logica impone oggi di esportare la Democrazia e la Libertà a qualunque costo in mondi che non sanno che farsene, e magari anche con le bombe, e studiando a tavolino - la sede preferita di ogni operazione logica- una menzogna ben studiata per rendere possibile un largo consenso, come quella delle armi chimiche in Iraq che autorizzi una “guerra preventiva” (una volta, con più decenza, la si chiamava aggressione).

La logica.... mi sorge un dubbio: ma non saranno stati gli Americani a innescare questo processo di svuotamento di senso delle parole?

Il fatto è che la Logica non ha il volto umano che ci vogliono far credere. E se riusciamo

a crederlo, forse è che vogliamo proprio farlo. Per non impazzire.

Dove si è rifugiata l'Analogia? perché si chiama così?

Anà in greco vuol dire "sopra", al di sopra. Al di sopra della Logica. L'analogia scavalca la logica e arriva subito al bersaglio. In modo più umano, più compassionevole, più artistico e, appunto, trovando le analogie fra le cose.

Questa è una caratteristica, empatica, femminile . E' un bypass culturale di cui siamo fornite.

Anche quelle di noi che non hanno studiato sono più facilmente connesse col resto del mondo. Fanno più facilmente le giuste connessioni per portare avanti la vita.

La cultura e la libertà si nutrono l'una dell'altra e sono indissolubilmente legate. Difendiamole con tutte le nostre forze.

Senza questo connubio vitale, cosa sarebbe la nostra vita? non lasciamo che le idee, i concetti, siano svuotati dal loro significato. Non permettiamolo. Non lasciamo che chi si riempie la bocca della parola libertà faccia passare per libertà una dilagante di schiavitù del pensiero.

Le idee sono vive, sono commestibili, sono alla portata di tutti. Sono gambe per andare avanti, verso il futuro.


Un Paese che non sa camminare sulle proprie gambe, che destino può avere?

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