La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

lunedì 21 gennaio 2008

Il viaggio



E’ quasi mezzanotte. E’una notte piu’ buia del solito. Piove a dirotto. Le luci delle strade e della piazza della stazione di Castle non fanno vedere molto. Anche il bianco palazzo comunale e’ in ombra. Una oscurita’ profonda e’ scivolata sull’ edificio.
Il buio e’ un crudele nemico. La notte e’ assai pericolosa. Nella zona stazionano spacciatori, papponi, prostitute, i loro clienti, barboni, vagabondi. Questa notte, per il tempo impietoso, la piazza appare deserta e silenziosa. In lontananza vaghi rumori.
Mi precipito all’ interno della stazione degli autobus per prendere l’ ultimo mezzo diretto a Caputmundi, un paese ad una ventina di chilometri dalla citta’. Devo tornare a casa, alla ‘’Residenza del sole’’, qualche chilometro prima del paese.
Con me salgono due ragazze. Si chiamano Hannah e Athjin. Ho sentito i loro nomi quando si sono salutate. Vanno a Caputmundi. Ho visto la destinazione quando hanno mostrato i biglietti all’ autista.
Siamo solo tre viaggiatori e il conducente.
Le ragazze si siedono verso il fondo del mezzo. Io occupo la poltrona immediatamente dopo le loro.
L’ autobus, puntuale, si muove a mezzanotte. Immediatamente, per l’ inesistente traffico, data l’ ora e il tempo, e’ subito sulla statale che porta a Caputmundi.
Si intuisce il paesaggio, grigio e triste. Tutt’ intorno il mare che mugghia per il vento, lo stagno di Saint Gilles, dove nelle belle giornate si possono ammirare i Flamingo e un’ altra infinita’ di specie di uccelli acquatici. Il cielo e’ nero per le nuvole cariche di pioggia, che batte violenta sui finestrini.
Mi sono seduto dietro Hannah e Athjin per ascoltare i loro discorsi. Mi piace il parlare dei giovani: si puo’ imparare molto del loro essere.
- Figo, dice Hannah.
- Siiiiiii’, eeeeeeeh, cioeeee’… mi hai capitoooo?
- Finito?
- Siiiiiii’ … sono rimasti in due, eeeeeeh, cioe’ … hai capitooo?
- Eeeeeeh, si’, no, cioe’ … aaaaah …
- Si’ bastano, ma cioe’ no … eeeeeeh, hai capitooooo?
- Si’, no, cioe’ … dunqueeeeeee
- Cioe’, siiiiiii’, hai capitooooo?
- Va beneeee, aaaaah … uuuuuuh
- Eeeeeeeeh …
- Aaaaaaaaah
- Niente …
- Si’, no, cioe’, eeeeeeeh, hai capitooooo?
In silenzio, uno sconcertato silenzio, ho ascoltato questo demenziale dialogo fatto solo di si’, no, cioe’, hai capito? E mugolii vari.
Non c’ e’ nulla da imparare da queste due deficienti.
Il silenzio della notte, il mugghiare del mare, il rumore della pioggia battente e’ interrotto dalle smozzicate parole delle ragazze, che parlano, parlano?, senza interruzione.
Levo dalla tasca del giaccone da caccia il mio coltello a serramanico, dalla lama affilatissima.
Mi sollevo dal sedile, mi protendo su loro, sempre intente a parlare fitto fitto, e prima che si accorgano delle mie intenzioni, faccio un taglio secco alla gola delle due. Un unico gesto, continuo, preciso, sicuro. Colpo da perfetto conoscitore dell’ anatomia. I miei vecchi studi di medicina e le dissezioni sui cadaveri servono per la mia opera. Le loro carotidi sono recise di netto, come pure la trachea.
Prima che la testa cada sui loro petti, dalle bocche delle due esce un gorgoglio simultaneo, un rantolo, un ooooooh soffocato.
Silenzio finalmente.
Una pace di morte e’ scesa nella corriera.
Sono arrivato. Scendo e sotto una pioggia sempre piu’ intensa con in lontananza i monti di Caputmundi, le fioche luci di poche finestre illuminate delle case, mi avvio verso casa.
Cammino soddisfatto per la mia dimostrata professionalita’ di serial killer.
Nel silenzio notturno, piu’ denso e nero che di giorno, penso ‘’Il mio grande compito non e’ vedere cio’ che giace distante, ma nel fare cio’ che e’ a portata di lama’’.

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