La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

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Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

lunedì 25 novembre 2013

"Mani in alto": la Banda Casaroli ha ripreso a sparare

"Mani in alto": la Banda Casaroli ha ripreso 

a s 

parare

di Andrea Curreli
Casaroli, Ranuzzi e Farris

Casaroli, Ranuzzi e Farris

Prima della Banda della Magliana a Roma, prima della battaglia tra Vallanzasca e Turatello a
Milano e prima ancora della Banda Cavallero a Torino. La madre di tutte le bande del
Secondo dopoguerra in Italia è stata la Banda Casaroli. Il gruppo era formato essenzialmente
da tre banditi:Paolo Casaroli, Romano (Romano il bello) Ranuzzi e Daniele Farris. Figli della guerra
civile, che avevano combattuto su barricate opposte (Casaroli e Farris con Mussolini, Ranuzzi
con i partigiani),poi compagni di carcere ed infine membri di una piccola banda bolognese
celebre per le rapine e l’uso disinvolto delle armi. Dopo un'incredibile popolarità raggiunta negli
 anni Cinquanta, culminata poi nel 1962 con il film La Banda Casaroli, un po' tutti si erano
dimenticati del trio criminale e dei loro complici. Ma non a Bologna. A rispolverare le gesta della
 "Banda" ci ha pensato Claudio  Bolognini con il suo libro  Mani in alto. Il romanzo 
della banda Casaroli (Imprimatur editore,2013). Un testo interessante su una banda
anomala che si distacca dal banditismo tradizionale per la sua vocazione politica e per una
visione nichilista della vita che ricorda quel "a cercar la bella morte" esaltato dal fascismo.
Una concezione riassunta in una frase attribuita al leader del
gruppo Paolo Casaroli: "La natura assegna a certi uomini compiti superiori e per loro non
valgono le leggi comuni".
Bolognini, come nasce l’idea di riportare in vita le gesta criminali della Banda
 Casaroli?
"Mi sono imbattuto più volte nelle vicende della Banda Casaroli perché, nonostante siano
passati tanti anni, a Bologna è ancora vivo il ricordo. Da bambino, nel 1962, avevo visto
il film di Florestano Vancini con Renato Salvatori e un giovanissimo Tomas Milian, che si
intitolava proprio La banda Casaroli. Era un film volutamentebohèmienne con forti richiami
al cinema francese di quegli anni. Mi sono appassionato a questa storia e, analizzando le
cronache, ho trovato tanti elementi talmente incredibili che sembravano frutto di finzione.
Anche per questo ho scelto di raccontare la banda in modo romanzato, ma con chiarissimi
riferimenti alle vicende reali".
Quindi è vera la storia che divennero criminali facendo testa o croce con un 
pacchetto di cerini?
"Sì è verissima. In una afosa giornata di luglio nel centro di Bologna Paolo Casaroli, Romano
Ranuzzi e Daniele Farris discutevano animatamente su come procurarsi i soldi per vivere.
Fu Paolo a proporre il lancio della scatoletta di cerini nel classico testa o croce. Sarebbe stata
la sorte a decidere se far cercare loro un lavoro onesto oppure diventare ladri. Galantuomini
o banditi. Si affidarono a quello che a loro sembrava un destino speciale e divennero banditi.
Ma è vera anche la storia del braccialetto d'oro di Casaroli con sopra inciso 'Mamma,
fu destino'".
Anche la fine della storia della Banda sembra tratta una tragedia shakespeariana.
"Questo è un altro elemento che sembra frutto della fantasia di un romanziere. In un
conflitto a fuoco vengono colpiti sia Paolo che Romano. Il Bello, ferito, si suicida prima di
essere arrestato.
 Casaroli resta a terra immobile e viene dato per morto. Farris appresa la notizia della
morte dei due amici e con il rammarico per non essere stato al loro fianco sino alla fine,
si reca in un cinema e si uccide. Quando Casaroli si riprende scopre che i suoi amici sono
morti entrambi".
Lei in più parti del libro pone in evidenza la natura complessa della Banda con 
commistioni criminali e politiche.
"Si, i tre componenti della Banda si sono conosciuti in carcere e sono diventati amici
 nonostante venissero da esperienze politiche diverse e contrapposte. Casaroli era stato
arruolato nella Decima Mas, prima era fascista e poi semplicemente un uomo che andava
 controcorrente. Romano aveva combattuto con i partigiani. Daniele Farris invece era
volontario  nelle Brigate Nere, quindi fascista.
Finita la guerra si sono trovati uniti da una sorta di voglia di riscatto. Colpisce il fatto che
 tutti e tre in carcere hanno studiato e letto testi di Sartre, Nietzsche e D’Annunzio. Questo
fatto è incredibile perché nella società di allora e soprattutto in carcere si arrivava a leggere
al massimo romanzi d’appendice. Erano una sorta di banditi intellettuali".
Che cosa significa?
"Non erano, per esempio, paragonabili al banditismo tradizionale incarnato allora dal
celebre Salvatore Giuliano. Potrei definirli dei gangster con un discreto livello intellettuale e
una voglia di rivalsa in una società che era mutata radicalmente. Avevano una manifesta
avversione per gli ex fascisti divenuti comunisti dopo la fine della Seconda guerra mondiale
e per i comunisti che  avevano rinunciato ai propositi di cambiamento in nome di una vita
 tranquilla".
Quindi l'anomalia di Casaroli e dei suoi complici è frutto del periodo storico in cui
si forma la banda.
"Il periodo storico è fondamentale non solo per comprendere la nascita della Banda Casaroli
ma anche, ad esempio, quella della Cavallero. Ma, nonostante le caratterizzazioni ideologiche
di entrambe le bande, non si possono fare paragoni perché era passato un decennio tra le
loro  storie. Casaroli era figlio della Seconda guerra mondiale, Cavallero della rinascita del
Paese".
Torniamo alla fine della Banda e all'aspetto ideologico: parafrasando un motto 
fascista possiamo dire che i tre "cercassero la bella morte".
"No, non credo che cercassero la bella morte come i volontari della Rsi. Loro volevano
 fare la bella vita. Non dimentichiamoci che vivevano in un periodo nel quale per comprare
 una Lambretta ci volevano quasi sei stipendi di un operaio. Vent'anni di fascismo e la guerra
 avevano però lasciato loro un forte senso di cameratismo e di onore. Nonostante fossero
 una banda criminale avevano una scala di valori tale da essere pronti a sacrificare,
senza troppe esitazioni, la propria vita".
A Bologna è rimasto vivo il ricordo delle gesta criminali della Banda?
"Un'altra anomalia di Casaroli e soci è quella di essere nati in una città molto tranquilla
come Bologna. Il ricordo è rimasto vivo perché in città non c'è stato più nulla di così grosso,
a livello  criminale, sino al caso della Uno Bianca. Ma con aspetti completamente differenti.
Le gesta della Banda Casaroli sono rimaste indelebili anche perché, a distanza di dieci anni dalla
 fine della loro storia, uscì il film di Vancini. Tra le comparse del film c'erano anche persone che
 avevano conosciuto Paolo, Romano e Daniele".
da Tiscali

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