‘’Ma questa sono io!’’.
Paulette Gardner, una bellissima ventenne, dagli occhi neri, intensi nello sguardo intelligente, i capelli neri, lisci, tagliati corti, alla maschietta, ad esaltare l’ ovale perfetto del viso, un corpo snello, scattante, flessuoso, integro, e’ eccitata nel riconoscersi in una vecchia foto dai colori sbiaditi, mai vista prima.
‘’Ma questa sono io!’’ ripete festosa mentre la tira fuori da una sgualcita busta dimenticata in una scatola di cartone nell’ armadio della nonna, Athin.
‘’Nonna, papa, mamma, guardate sono proprio io: oh come sono piccola. Quanti anni ho? Meglio, quanti mesi? Che bel pagliaccetto bianco’’.
Mostra a tutti la foto, orgogliosa nel riconoscersi, sebbene cosi’ piccola di eta’, graziosa e elegante nel suo pagliaccetto.
‘’Guarda Laurent quanto sono bella, anche se non ho i tuoi occhi di cielo’’ e mostra la foto al fratello, quattro anni in meno.
Alto nella media, Laurent ha un buon fisico, anche se ancora acerbo per la giovane eta’. E’, comunque, di corporatura solida, robusta, ma snella. Un bel giovanottino dagli occhi di un azzurro cielo, identici al suo bisnonno paterno, Louis, conosciuto solo grazie a un grande ritratto fatto nel giorno del suo matrimonio con la bisnonna Ninel, morta poco prima della sua nascita. Una donna, che ne’ lui ne’ Paulette possono ricordare, da tutti decritta come una persona dolce, affettuosa, ma in grado di farsi valere nella vita e nella professione di ostetrica.
Nell’ eccitazione del momento Paulette non ha notato che e’ in braccio a un uomo, sulla cinquantina, la barba rossiccia come i capelli, ricciuti, come quelli di Antony, suo padre, e di Laurent.
Osserva attentamente la foto: l’ uomo sconosciuto rassomiglia molto al padre e al fratello.
Non ricorda di avere mai sentito parlare di lui o di averlo visto tra le tante fotografie della nonna, del padre, e degli altri famigliari: i tre fratelli del babbo.
‘’Papa’ chi e’ l’uomo che mi tiene in braccio. Lo conosci? E tu nonna?’’.
Antony e la nonna non rispondono.
Non sentono o fanno finta. Continuano a parlare tra loro.
Paulette insiste.
Si avvicina e mette davanti ai loro occhi l’ immagine.
‘’E’ mio padre. Tuo nonno. Non lo ricordi perche’ se ne andato via quando tu avevi tre o quattro anni’’.
‘’Il nonno? Tuo padre? Perche’ non ho mai saputo di avere un altro nonno? Perche’ non ne ho mai sentito parlare?’’.
Una raffica di domande senza aspettare le risposte.
‘’Il nonno? Perche’ questo silenzio su di lui? A guardare questa foto sembra mi voglia molto bene. Osservate come mi stringe a se’. Il suo sguardo e’ pieno d’ amore. Parlatemi di lui. Come si chiama?’’.
La nonna Athin, quasi ottantenne, sta zitta, come Antony e Rosy, sua madre.
‘’Si chiama Peter, e’ andato a vivere tanti, tanti anni fa, in una citta’ lontana da Castle, oltre il mare che ci separa dal resto del paese, sul continente. E’ stata una brutta storia. Non si parla di lui in questa casa per tanti motivi, difficili da spiegare con poche parole. Adesso vinci la tua curiosita’. Prendi la foto. Ti parlero’ di mio padre a casa, in un momento piu’ tranquillo’’.
Paulette e’ sconcertata, ma capisce che non e il momento di insistere. Comprende che la storia del nonno, della sua vita, il non averne mai saputo nulla, un segreto ben custodito per tutti questi anni, mai una foto in giro, sono legati a qualcosa che forse gli altri hanno voluto dimenticare. Aspetti tornati prepotentemente nella loro mente con la scoperta di quella foto, i colori sbiaditi, ma nitida nel mostrare un uomo piacente, giovanile, dal corpo atletico e robusto, dai modi gentili e delicati, almeno a vedere da come la tiene in braccio, e dallo sguardo adorante.
E’ curiosa di sapere.
Si frena.
Non insiste.
Quando il padre si irrigidisce nella sua decisione, non c’ e’ verso di smuoverlo.
Non vuole irritarlo inutilmente.
E’ vero, non e’ piu una bambina. Il babbo non puo’ piu’ molto su lei, ragazza dal carattere forte e risoluto, in grado di contrastare la durezza del padre, che, invece, ha sempre cercato di dominarla.
Ora e’ cresciuta. E’ all’ universita’. Studia giornalismo. Ama scrivere. Vuol fare la giornalista come lo zio John, fratello del babbo, un buon cronista televisivo, esperto di musica rock. Il babbo non puo’ imporle piu’ nulla. Sa come comportarsi. Non ha, come da piccola, quando spesso aspettava con ansia il ritorno a casa del padre, piu’ paura di lui.
Paulette e’ vivace, impulsiva, talora impetuosa, testarda. Sa come tenere testa al padre. Rifiuta di lasciarsi intimidire, come invece, fa la mamma tanto spesso, quando Antony ha i suoi scatti d’ ira, improvvisi, specialmente dopo avere bevuto qualche birra di troppo, e non solo.
Anche questo un lato non molto conosciuto del padre.
Un problema che anche la madre non vuole affrontare.
Paulette sa che in questo momento non riuscirebbe ad ottenere nulla, se non la collera del babbo.
Ormai ha imparato a sapere attendere per riuscire ad avere quello che vuole.
Desidera conoscere la storia del nonno. Sa che riuscira’ a raggiungere il suo scopo.
Pensa, comunque, che e’ strano che tutti, dalla nonna al padre, alla mamma, agli zii, ai cugini, non abbiano mai parlato di nonno Peter. E’ come se tutti, soprattutto la nonna, lo abbiano cancellato dalla loro vita.
Non riesce a capire perche’, quali cause abbiano provocato cio’. Quale arcano nasconde la scomparsa, la rimozione di nonno Peter?
Prima di tornare a casa, comunque, porta via la foto di lei con il nonno. La mette in un libro di storia del giornalismo.
‘’Sai cosa ho scoperto?’’ domanda Paulette a una amica con la quale studia e prepara gli esami universitari.
‘’Ho avuto un altro nonno, oltre al padre d mia madre, morto per infarto quando avevo poco piu’ di un anno. Il marito di nonna Athin. Lui, invece scomparso, nel nulla. Partito quando ero piccola’’.
‘’Una scoperta del cavolo. Tutti hanno un nonno che e’ padre del nostro e marito o compagno della nonna’’.
‘’Si e’ vero: Ma questo e’ come se non fosse mai esistito. Non ne avevo mai sentito parlare. Anche mio fratello e i nostri cugini non conoscevano la sua esistenza. Sono stata io a rivelarlo. Non avevo mai pensato che mio padre ne avesse avuto uno. L’ ho scoperto trovando una vecchia foto. Guarda. E’ proprio bello. Affascinante. Chissa’ perche’ poi tutti lo hanno tenuto nascosto. Come qualcosa di cui vergognarsi, anche se ritengo che un figlio non debba mai vergognarsi di u padre, qualunque cosa possa avere fatto. Non credo che questo nonno abbia commesso chissa’ che di terribile. Domani mettero’ alle corde mio padre, anche se sara’ tosta. Mi dovra’ raccontare tutta la storia di nonno Peter. Non potra’ nascondermi nulla. Non gli concedero’ tregua. Da tempo, ormai, non puo’ piu’ zittirmi con ‘qui si fa come dico e voglio io’. Quei tempi sono finiti’’.
Mentre parla, con nocchi adoranti, guarda la foto del nonno, lo sconosciuto Peter.
E’ dalla sua parte, qualsiasi cosa abbia commesso. E’ certa che non potra’ essere una storia brutta. Istintivamente e’ con lui. Non fosse altro perche’ dopo avere saputo della sua esistenza si e’ sentita defraudata di qualcosa che, comunque, le apparteneva.
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‘’Perche’ non mi avete mai detto che avevo un altro nonno?’’, Paulette domanda un giorno a pranzo al babbo e alla mamma.
La domanda e’ rivolta soprattutto al padre.
Antony sa che non puo’ far finta di niente.
Deve spiegare.
‘’E’ una lunga storia di inganni’’ dice.
‘’Tuo nonno Peter un giorno ci ha lasciati tutti, andando a vivere con un’ altra donna’’ continua.
‘’Cosa vuol dire ci ha lasciati? Tu, mamma, i tuoi fratelli, io, Laurent, e gli altri cugini cosa c’ entriamo. Forse e’ piu’ giusto dire che, finito l’ amore, ha chiuso con nonna Athin, come accade tra tanti coniugi quando il loro rapporto si e’ consumato’’.
‘’No. Ha abbandonato tutti: moglie, figli, nipoti. E’ fuggito con un’ altra’’.
‘’Quanto sei arretrato. Questo quando sarebbe successo?’’ domanda Paulette.
‘’Sedici anni fa’’.
‘’Cioe’ alle soglie del duemila, del ventunesimo secolo. Non farmi ridere. E’ incredibile solo a pensarlo. A me pare che sia stato tu, siano stati i tuoi fratelli, siate stati voi ad abbandonarlo. Forse in un momento in cui lui avrebbe avuto bisogno di voi, di un confronto, anche di uno scontro. Non capisco’’.
Antony non controbatte. Anche lui ha imparato a conoscere Paulette. Sa che quando la figlia ha una sua opinione, anche se fondata su pochi elementi, e’ difficile fargliela cambiare. E’ testarda. Risoluta nelle sue convinzioni. Come lui d’ altronde.
Antony racconta la vicenda del padre e mentre parla osserva la figlia che sgrana gli occhi incredula e scuote la testa non approvando il comportamento del babbo e degli zii, i quali hanno escluso Peter dalla loro vita, nonostante i numerosi tentativi fatti per continuare ad avere con loro dei rapporti.
Paulette ascolta.
‘’Sembra quasi che tu abbia paura di questa storia e delle tue azioni’’ dice, rivolgendosi al padre, stizzita. Non lo da’ a vedere ma si pente subito del tono aspro usato.
‘’Pare che tu abbia paura di ricordarla. Ci giri intorno mentre ne parli. E’ come se si fosse aperta una crepa nella sicurezza della bonta’ della tua, della vostra decisione, o, meglio, di quello che a tutti voi figli ha fatto fare nonna Athin’’.
Tace.
E’ curiosa.
Vuole sapere chi e’ la donna che ha conquistato il cuore di nonno Peter. Desidera conoscere il suo nome.
Sta zitta. Non fa domande. Non vuole irritare il padre.
E’ certa che lo verra’ a conoscere.
E’ sicura di incontrarla.
Una sera Hannah e’ ancora nel suo ambulatorio di chirurgia e medicina estetica.
E’ sola e e’ appena andata via l’ ultima cliente, l’ ultimo appuntamento della giornata.
E’ ancora nel suo studio, deve fare come d’ abitudine alcune telefonate alle sue clienti operate la mattina prima. Ne avra’ ancora per un paio d’ ore prima di rientrare a casa. Le sue giornate di lavoro durano sempre a lungo.
Emma ha quasi sessant’ anni ed e’ laurea da quasi quaranta. E’ una affermata professionista, ma la sua organizzazione della sua attivita’, come sempre del resto, e’ incasinata. Per questo poi, ogni tanto si imbufalisce e afferma sempre che le mancano alcune ore: da dedicare a se’, allo studio, al riposo, alla casa.
Sta per comporre il primo numero telefonico quando sente il trillo del campanello.
Suonano alla porta.
Va ad aprire e si trova davanti una bellissima ragazza. Una di quelle giovani donne che chissa’ per quanto tempo non avranno bisogno di lei e delle sue cure estetiche.
Dopo avere risposto affermativamente alla domanda se fosse la dottoressa Hannah Eurem, la fa entrare e accomodare nel suo studio.
E’ abituata a ricevere anche fuori orario. Non ha mai avuto la forza di rifiutare visite, anche quando stanchissima. La sua disponibilta’ e’ stata sempre apprezzata da tutti.
Sta per chiedere il motivo della visita, fuori appuntamento, e vorrebbe puntualizzare di fare presto perche’ ha altri impegni. Non ne ha il tempo. La giovane donna senza indugi entra subito nel v ivo della questione.
‘’Non sono qui per una visita o un consulto’’ dice, dopo aver detto di chiamarsi Paulette.
‘’E’ una vicenda molto personale’’ continua ‘’e riguarda lei e me. Sono la nipote di Peter, il suo compagno. Solo pochi giorni fa e’ saltato fuori questo nonno, che mi e’ stato tenuto nascosto per sedici anni. Non so molto. In famiglia sono reticenti. Mi hanno raccontato alcuni aspetti della sua vita, della sua storia. Ma io voglio saperne di piu’. Ho saputo, dopo molte resistenze, che lei e’ stata la sua donna. Eccomi qua per parlare di lui’’.
Hannah e’ sbigottita.
Peter e’ sempre presente e lei non ha mai smesso di portare all’ anulare la fedina con brillanti che lui le ha regalato a testimonianza del suo amore.
Hannah e’ sorpresa. Non aspettava una simile richiesta. Tace.
Guarda questa ragazza che con fare schietto le chiede di Peter. Ora che la osserva bene vede nei suoi tratti del viso qualcosa che le ricorda il suo Peter, la sua malattia, l’ unico uomo con il quale ha convissuto e con il quale aveva desiderato e stabilito di sposarsi.
‘’Non e’ facile parlare di Peter, l’ uomo piu’ dolce e affascinante che abbia conosciuto. L’ uomo del quale sono stata sempre attratta, fisicamente e spiritualmente, nonostante i suoi difetti. Una persona…, la piu’ importante della mia vita. Un uomo che qualche volta ho avuto paura di perdere per averlo trascurato un po’, per non avere goduto appieno cio’ che mi ha dato. Tenero, adorabile, pauroso Peter, che rifuggiva gli ostacoli, ma che ha avuto il coraggio di scegliermi. Due volte. Di questo gliene sono grata’’.
Paulette ascolta. Guarda questa donna, ancora giovane, piacente, attraente e bella. L’ eta’ sembra non averla colpita.
‘’Per una volta al diavolo le telefonate ai miei clienti. Se hanno bisogno possono chiamarmi al cellulare. Hai tempo? Hai un orario fisso per rientrare a casa?’’.
Dopo che Paulette ha risposto che puo’ tardare e chiesto di poter telefonare ai genitori per dir loro di non preoccuparsi per il ritardo perche’ da una amica, Hannah le propone di andare a casa sua per mostrarle alcuni ricordi di Peter, i suoi scritti, le sue poesie d’ amore, una sorta di diario della loro storia e della sua vita.
Hannah fa entrare Paulette nella sua casa, nella loro casa, perche’ e’ anche di Peter.
Molti particolari testimoniano la sua presenza.
La sua collezione di orologi da tasca fa bella mostra nello studio. Orologi in argento, prevalentemente inglesi, dell’ ottocento, qualcuno anche della fine settecento. Tutti a carica manuale, con chiavetta. Poi gli Swacth da tasca della fine del secolo scorso. Moderni, a batteria, ma ugualmente di valore perche’ pezzi non trovabili tanto facilmente. E ancora la sua collezione di penne e pennini. Sparse qua e la’ le sue pipe.
A ricordare la sua presenza sono soprattutto alcune fotografie che sono in vista in soggiorno, accanto alla preziosa collezione di fischietti in terracotta, cominciata da Hannah e poi da Peter, acquistati in diverse parti del mondo.
Le foto attirano Paulette.
Sono Hannah e Peter a una festa di fine anno. Il primo trascorso insieme, nel lontano 1994. Una festa esclusiva, nel piu’ elegante hotel di Castle, ospiti dei cugini di Peter, i proprietari dell’ albergo.
Hannah e’ bella, affascinante, prorompente. Il suo viso, il suo sguardo, i suoi occhi sono eccitanti. E’ fasciata da un body nero. Anche la gonna e’ in seta nera, lavorata a pizzo. Poi una grande e bella fascia di colore rosso a dare luminosita’ alla persona e all’ insieme. E’ radiosa. E’ evidentemente felice.
Peter e’ elegante. Indossa un raffinato smoking. Anche lui mostra di essere felice.
Hannah segue con attenzione Paulette.
Osserva i suoi sentimenti cerca di scoprire cosa le passa per la mente.
‘’Voglio conoscere quest’ uomo’’ dice Paulette, precedendo ancora una volta la domanda di Hannah.
‘’Desidero sapere tutto di lui. Mi e’ stato negato. Mi e’ stato negato. Mi e’ stato impedito di avere sentimenti nei suoi confronti: indifferenza, disprezzo, odio, comprensione, affetto, amore. Uno qualsiasi. Sarei stata io a decidere. Invece cosi’ mi e’ stato tolto qualcosa. Con quale diritto? Perche’?’’.
‘’Sono la meno indicata a rispondere alle tue domande’’ dice Hannah.
‘’Posso dirti che sei stata sempre nei suoi pensieri. Ha sempre detto che la tua nascita ha segnato una svolta nella sua vita. Mi raccontava del suo grande amore per la sua bambina, la sua bella sposa. La prima nipote, vissuta in casa sua per qualche anno. Prima dell’ ostracismo della sua famiglia, quando tornava a casa usciva sempre con te. In braccio prima e poi, quando avevi preso a camminare da sola, per mano. Si dirigeva al bar nella piazza vicino casa. Li’ comprava delle tavolette di cioccolato e mentre ne concedeva una o due a te, mangiava le altre con golosita’’’.
Hannah allora apre un cassetto, il primo dell’ armadio, dove lei in genere mette le cose piu’ importanti. Tira fuori centinaia di fogli, scritti a mano utilizzando una penna stilografica. La grafia e’ bella, ordinata, talora svolazzante. Estrae anche un lungo scritto, il racconto della sua vita, battuto al computer.
‘’Vuoi conoscer tuo nonno? Vuoi sapere di lui, l’ uomo piu’ attraente che abbia conosciuto. Elegante. Uno dei piu’ eleganti di Castle. Spiritoso. Allegro. Ottimista. Sempre. Bene. Allora devi leggere quello che ha scritto. Da buon giornalista qual’ era aveva grande facilita’ di scrittura, caratterizzata da fantasia, dolcezza e profondi sentimenti che riusciva ad esprimere in versi, racconti e lettere che conservo gelosamente’’.
Mentre parla la commozione prende Hannah. Gli occhi diventano lucidi. Alla mente le tornano i momenti gioiosamente felici trascorsi con Peter.
Anche Paulette ha l’ animo in subbuglio. Sente stringersi lo stomaco. La tensione e’ alta.
E’ sorpresa dal fatto che il nonno fosse un giornalista, un bravo giornalista, esperto di politica, economia, agricoltura e enogastronomia, che aveva lavorato anche per la televisione e la radio.
Comprende ora la sua passione per lo scrivere, la sua scelta universitaria, il suo desiderio di voler lavorare nei giornali.
Paulette tace e ascolta Hannah.
‘’Tuo nonno e’ quello che viene fuori da questi scritti. Un uomo romantico, sognatore, idealista, poco pratico, un poco bugiardo. Non puoi sapere quanto mi facesse incazzare. Ma poi mi riconquistava e non potevo fare a meno di lui perche’ puro, onesto, disponibile, generoso, sempre pronto al sorriso, dalla battuta allegra per alleggerire le situazioni e dissacrare anche le cose serie, o meglio, seriose. Era innocente e schietto. Un gran lavoratore. In redazione sgobbava per ore e ore. A scrivere, a passare i pezzi dei colleghi, dei corrispondenti, ad organizzare il lavoro del giorno dopo. In queste carte trovi tuo nonno, nei pregi e nei difetti. Forse non c’ e’ tutto perche’, nonostante la sua schiettezza, tendeva a nascondersi. Gli mancava, talora, infatti, il coraggio, il fegato, la tenacia di prendere di petto la situazione di svantaggio, ma istintivamente sapeva prendere le decisioni importanti. C’ e’, comunque, il tanto per comprenderlo’’.
Paulette ascolta Hannah con sorpresa. E’ la prima volta che le descrivono con parole affettuose nonno Peter. Capisce quanto Hannah lo ami.
E’ anche dalla sua parte.
Glielo dice.
‘’Sei come lui’’ osserva Hannah, ‘’Istintivamente si fidava delle persone. Mi sembra di capire che anche tu abbia questa caratteristica. Ti avvicina molto a lui. Al contrario, invece, mi sembri ben determinata e risoluta nel volere ottenere quello che ti sei prefissata. Anche lui pero’, nonostante il suo nascondersi, le sue indecisioni, ha sempre saputo raggiungere i suoi obiettivi. Magari prendeva le decisioni quando proprio non ne poteva fare a meno, quando vi era costretto. Non mollare mai, ma godi anche la vita, in particolare l’ amore. Non diventare mai dura e non analizzare troppo. L’ amore e’ altra cosa che il lavoro. Talora bisogna sapere essere anche indulgenti, anche se qualche volta il tuo compagno potra’ farti sentire come un puzzle che una piccola esplosione ha fatto saltare per aria, disperdendo i pezzi qua e la’. Non avere paura di ricominciare da capo e mettere tutto in ordine se veramente vuoi bene al tuo uomo. Io l’ ho fatto con Peter e non mi sono mai pentita’’.
‘’Paulette adesso mangiamo qualcosa. Non sono brava in cucina come Peter, un cuoco raffinato, ammirato da tutti i nostri ospiti, ma so far funzionare molto bene il forno a microonde e so preparare degli ottimi manicaretti con i cibi congelati, che, comunque, nonostante fossero detestati da Peter, sono una grande invenzione. Il tutto accompagnato da una ottima birra analcolica, fresca’’.
Mentre parla prepara la cena, tirando fuori dal freezer bocconcini surgelati di spinaci con il formaggio e dei naselli.
‘’Peter li sopportava solo per amore mio, ma per fortuna che, per una donna come me impegnata molte ore al giorno, troppe ore, nel lavoro, ci sono i surgelati. E soprattutto surgelati di pesce. I tanto buoni filetti di sogliola, di platessa o di altro pesce. Non si devono togliere le spine o l’ intera lisca e non si riempie la casa di puzza di pesce. Tutto pronto. Da infilare solo nel forno, preferibilmente in quello a microonde e via. Un boccone e giu’, magari accompagnato da un buon bicchiere di vino bianco, fresco, preferibilmente Nuragus o Vermentino di Sardegna, una regione molto amata da tuo nonno, una terra, diceva, tanto bella, selvaggia, ospitale. Bianchi deliziosi, da bere giovani a una temperatura di circa sei gradi per gustarne tutte le caratteristiche’’.
Mentre il forno a microonde prepara le pietanze Hannah da’ un’ occhiata alla tavola. Riaggiusta la tovaglia, i tovaglioli, i fiori. Mordicchia una mandorla salata. Mette in bocca una manciata di noccioline americane, di pistacchi. Per lei e Paulette versa nei bicchieri un aperitivo leggermente alcolico: bitter rosso, succhi vari di frutta esotica, liquore d’ arancia, una spruzzatina di ‘’filu ‘e ferru’’, un’ acquavite sempre originaria della Sardegna. Peter ogni volta che vi si recava tornava a Castle con l’ automobile carica di vini, acquavite e formaggi, di pecora e capra. L’ aperitivo e’ una invenzione di Peter, solo che lui ci metteva il liquore d’ arancia fatto in casa dalla mamma di Hannah, la quale oggi ultranovantenne non ha piu’ voglia di far distillare arance, mandarini, limoni, mirto, per ottenere deliziosi liquori, o di mettersi davanti ai fornelli per le sue marmellate, soprattutto di limoni, di cui Peter era goloso.
‘’Mi piaci e mi sei simpatica. Peter mi parlava sempre di te. Devo dire che possiedi una delle sue caratteristiche: sai ascoltare. Tuo nonno sapeva ascoltare, molto bene, chi parlava era sempre al centro della sua attenzione. Inoltre era un grande affabulatore. Ti faccio una proposta: ti metto a disposizione le sue carte. Le potrai consultare, leggere, quando vorrai. Per questo ti lascero’ le chiavi di casa per non essere legata ai miei impossibili orari. Potrai venire qui quando vorrai, anche a studiare se lo desideri. Peter ha sempre avuto la voglia di farti conoscere la mia, nostra, sua casa. Non glielo hanno mai permesso’’.
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Non e’ vero quello che si dice di me.
Sono un serial killer.
Altri sono borseggiatori, truffatori, spacciatori, papponi, rispettabili professionisti, politici, non sempre onesti, religiosi, non sempre coerenti..
Sono un serial killer. Un coscienzioso serial killer: cosi’ per passare il tempo.
Voglio l’ attenzione delle donne. Le ascolto, pero’, ogni volta che hanno uno dei loro cazzi di su e di giu’. Sul fatto che non hanno comprato questo o quello, che si sono lasciate e prese con questo e quello, che i loro bambini oggi hanno la febbre, che sono incasinate nei divorzi, che i mariti non le comprendono e le lasciano sempre troppo sole.
Mi attirano le casalinghe. Le piu’ frustrate. Spesso per la famiglia hanno rinunciato a un lavoro gratificante o non ne hanno mai avuto una occasione perche’ rimaste incinta ragazzine e costrette a sposarsi. Donne sole che trovano la loro realizzazione nella finzione delle fiction televisive e nei reality-show.
Le abbordo nel parcheggio dei centri commerciali.
Visto cosi’ ho l’ aria di un brav’ uomo. Ispiro fiducia.
Le aiuto a caricare la macchina e a portare la spesa a casa. Mariti e figli sono sempre fuori casa: al lavoro e a scuola.
Vado a letto con loro. Mi infilo sotto le loro lenzuola. Scopo in silenzio. Non stanno mai zitte: continuano a parlare, dei loro problemi. Non chiudono mai la bocca. Sono convinte di poter parlare su qualunque cosa e di poter fare le vittime che si prendono la loro rivincita scopando con il primo uomo che stanno a sentirle.
Le ascolto. Non dico nulla.
Ascolto. In silenzio. Non voglio entrare nei loro casini.
Questo mi facilita’ poi ucciderle.
L’ unico modo per dare un senso alla vita.
La mia.
Loro trovano pace nella morte.
La loro.
La notte e’ freddissima, ma la luna splende vivamente. Sulle colline vicine un bizzarro uomo passeggia tranquillamente in quel posto e cosi’ tanto freddo.
Un altro uomo di avvicina.
Peter, uno dei due, parla per primo e dice a Frank che comprende la sua inquietudine, ma che tutto senza dubbio si aggiustera’.
- Per il momento Peter so bene che non ho niente da temere.
- Ti vedo pensieroso, come sempre quando hai un problema difficile.
- Quali malvagita’ si annidano nel cuore dell’ uomo? Tu lo sai.
Frank mentre parla si rivolge a Peter con un ghigno demoniaco.
- Tu non hai ancora capito.
- Che cosa?
- La morte, aggiunge Frank.
- Ah.
- No, tu non hai capito cosa vuol dire ricominciare.
- Prendila calma, Frank, prendila calma e abbassa un po’ la voce.
- Non la vedro’ mai piu’, urla e piange senza lacrime, lei non c’ era a Castle quella notte, non c’ era. Ha preferito andarsene. Le parole di Frank escono a stento.
- Non e’ andata via. Tu trent’ anni fa, su questa collina, in una notte freddissima, con una luna splendente vivamente, le hai preso la faccia fra le mani, l’ hai baciata sulla bocca, con sensualita’. Lei sorrideva, come se avesse nel petto tutta la felicita’ del mondo. Tu allora l’ hai colpita con un coltello a serramanico, conficcandolo nella sua pancia, aprendola come si apre un agnello per scuoiarlo.
Quali malvagita’ si annidano nel cuore dell’ uomo? Peter tu lo sai.
E’ una notte fatata in cui gli uomini si abbandonano ai flutti dei sogni, inseguendo streghe e chimere.
Questo io sono.
Sono un serial killer.
Altri sono borseggiatori, truffatori, spacciatori, papponi, rispettabili professionisti, politici, non sempre onesti, religiosi, non sempre coerenti..
Sono un serial killer. Un coscienzioso serial killer: cosi’ per passare il tempo.
I'm a SK and I sail close to the wind.
bellissimo raccontino.
RispondiEliminaCocchina il seguito nei prossimi giorni
RispondiEliminaUn bacio
Vale
You write very well.
RispondiEliminaThanks for your compliment- I' m flatted and extremely happy.
RispondiEliminaI wish you the all best.
SK!!! Ecco cosa significava! Scusa, mi ci rompevo la "capa". Mi sono permessa questa incursione sul tuo blog spinta dalla curiosità. Buongiorno Pier, tornerò a leggermi tutto quanto, con la dovuta tranquillità ed il tempo per gustarmelo! Sherlock-Fata
RispondiEliminaBenvenuta Fata, sei andata indietro nel tempo, all' incipit del mio romanzo, un noir psicologico.
RispondiEliminaVale
ps. vale, e' latino, vuol dire stammi bene, vanita' da umanista.