La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

sabato 31 gennaio 2009

I giorni della merla



I TRE GIORNI DELLA MERLA

Questa serie di puntate, portate avanti dal fratello Pier Luigi di una parentela conseguita sul campo, in seguito ad un mio commento, non si può dire che diano veramente la spiegazione che si è voluta concepire a conclusione di quella ora a commento. Ma non si può neanche dire il contrario. Male che vada, può ritenersi un bel gioco che sta nello sviluppare un tema o più temi su un post, come quello di Pier Luigi sul precariato degli scrittori di Roma, ma non solo di lui perché siamo in quattro a giocare la partita, io, Pier, Annarita e Teo. Dunque se Teo ha tirato in ballo “I tre giorni della merla” nel suo Forum, non mi resta che trovare il modo di svilupparlo in prosieguo al post ora a commento. Potremmo definire il gioco in atto, il gioco dei “post ofitici”, ovvero annodati fra loro. In quanto alla relazione di parentela con Pier Luigi, il gioco si è fatto pesante, per dire che sembra trattarsi di una relazione conventuale. Siamo nel web e può anche andare, ma potrebbe essere contagioso ed allora cosa dirò a mia moglie quando scopre ogni cosa?

Perciò comincio dal Matto di questa puntata, perché ci sta a pennello.

Ma il Matto sembra sfocarsi ad un certo punto, menomale! e siamo al tempo dei “tre giorni della merla”, ci avvisa l’attenta Teo dal suo Forum, presa però per le favole, per le fantasie che ella legge avidamente. Come a dire che fare? uscire all’aperto presi da una sicurezza che non ci viene da noi, e sfidare anche il cielo sicuri di averla fatta franca e così diventare superbi Maghi, la prima carta degli Arcani Maggiori?

Ma la prudenza non è mai troppa, ce lo suggerisce il sommo poeta Dante citando nella sua Commedia, Purgatorio XIII, 123, il dire della nobildonna senese Sapia posta nel girone degli invidiosi, il cui contrappasso è la cecità.
Queste sono le sue parole colme di stolta superbia:

«Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari,
tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia,
gridando a Dio: “Omai più non ti temo!”,
come fé 'l merlo per poca bonaccia.»

(sconfitti si diedero alla fuga; vedendo l’inseguimento fu tale la gioia che mi travolse che io guardai il cielo e dissi a Dio “ormai non ti temo!” come fece il merlo appena vide un po’ di sole)

Ma Tamino (Tanino) della favola mozartiana ne ha passate tante che ha imparato in modo superno questa lezione, al punto ardere interiormente, ricolmo di secchezza che gli viene dal “fuoco di ruota”. Non vede alcun beneficio ad uscire ora all’aperto, malconcio come si trova. Nel senso che se non sopraggiunge un “diluvio”, ovvero gli giunga “acqua benedetta” per far rinascere la vita esteriore che non ha proceduto di pari passo a quella interiore sorretta da un eccezionale drago, prolunga la sua permanenza nel “camino” della merla. Che importa se si annerisce ancora, come un merlo? Forse occorre proprio che questa operazione al NERO giunga alla perfezione.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, poiché questo stato gli permette di scoprire arcani legati alla ruota infuocata prima accennata, per altri segno della fortuna, non per lui però, almeno per ora. E così ha visto “girare” la duplice ruota di Leonardo che ha posto nel Cenacolo, la stessa della cupola della Chiesa in cui si trova. Non contento (si fa per dire, poiché occorre non stazionare a causa del fuoco che brucia, come sui carboni ardenti) ha trovato un’altra “duplice ruota” al posto della Monna Lisa. Annarita, poi ve la mostrerà nel suo blog di Matematica.
Chissà potrebbe essere questo un post da sviluppare prima o poi, ma ora passo la mano.

gaetano

I GIORNI DELLA MERLA

I tre giorni della merla sono il 29, il 30, il 31 di gennaio e sarebbero i giorni più freddi dell' anno. Non è sempre vero, la tradizione dice che se questi giorni sono freddi , la primavera sarà bella e mite; se temperati , la primavera giungerà in ritardo. Il nome giorni della merla viene dal fatto che, nella notte dei tempi , tutti i merli erano bianchissimi. La favola ci racconta che una merla bianca , negli ultimi giorni di gennaio , volava con i suoi piccoli alla ricerca di un riparo dal freddo intenso. Giunta ormai allo stremo delle forze, vide un camino; decise di portare i suoi piccoli in quella dimora, riuscendo a salvare sè stessa e loro, ma diventando , assieme ai suoi piccoli , nera per la fuliggine. Da allora , in segno di gratitudine , tutti i merli accettano di essere neri.

Teoderica

I GIORNI DELLA MERLA E LA CANDELORA

Grazie Teo del ricordo.
A raccontarmi questa favola e' stata la mia mamma quando ero piccino. Io ho tramandato il racconto sia ai miei figli sia ai miei nipoti. Qualche volta ho raccontato questa storia anche agli amichetti dei miei ragazzi, figli e nipoti.

Ma perché sono i giorni più freddi dell’inverno?

A prescindere che non tutti gli anni sono o saranno stati i più freddi, che siano tra i più gelidi deve avere un fondo di verità se ne è nata una leggenda, che ha sempre per protagonista un merlo.

Gennaio aveva ventotto giorni ed era il mese più freddo dell’anno. Giunto al ventottesimo giorno, un merlo, rallegrato, gridò al cielo: “Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno”. Gennaio vendicò la bestemmia facendosi prestare tre giorni da febbraio e rendendoli ancora più gelidi.

Febbraio fa parte del periodo oscuro del calendario dei popoli indo-europei, periodo senza nome prima che fossero creati i due nuovi mesi, gennaio e febbraio. Il suo nome, Febrarius, in latino significa purificare. Macrobio ricorda che Numa lo aveva dedicato al dio Februus e stabilito che durante questo mese si celebrassero riti funebri agli dèi Mani. Nelle feste, che cadevano nella seconda quindicina di gennaio, era ricordata anche Iunio Februata, Giunone Purificata che si ricordava nelle Calende di febbraio come Iuno Sospita, Giunone Salvatrice.

Nel VII secolo la Chiesa Romana adattò al 2 febbraio una festa che già era celebrata in Oriente fin dal IV secolo, ovvero la presentazione al tempio del Signore. La presentazione del neonato al tempio, e la conseguente purificazione della madre, dovevano avvenire quaranta giorni dopo il parto e, poiché il giorno della nascita era stato fissato, per convenzione, al 25 dicembre, ecco coincidere perfettamente la purificazione della Vergine con la festa pagana di Giunone purificata. Nel tempo, la Purificazione della Vergine aveva preso il sopravvento sulla presentazione al tempio di Gesù, l’ultima riforma liturgica ha riportato al festa del Figliolo. Ma è rimasta l’usanza di chiamare questo giorno Candelora, Candelaia in Toscana e Ceriola, Siriola, Zariola in altre regioni, perché vi si benedicono le candele che saranno distribuite ai fedeli. Perché candele benedette in questo giorno particolare e non in altri? Perché durante i festeggiamenti a Giunone Purificata e Giunone Salvatrice i fedeli correvano per la città portando fiaccole accese. E nel VII secolo si svolgeva già a Roma, in occasione della festa cristiana, una processione notturna con ceri accesi. I fedeli giungevano a Sant’Adriano da ogni parrocchia della città e insieme confluivano tutti verso Santa Maria Maggiore. La benedizione delle candele è un’usanza successiva alla processione, ed è documentata a Roma tra la fine del IX e l’inizio del X secolo, probabilmente introdotta dal clero francogermanico. Venivano accese con un cero in una cerimonia simile a quella della veglia pasquale, mentre ora sono semplicemente benedette. Secondo la tradizione, i ceri benedetti erano conservati in casa dai fedeli e venivano accesi, per placare l’ira divina, durante i violenti temporali, aspettando una persona che non tornava, o che si pensava fosse in grave pericolo, assistendo un moribondo, durante le epidemie o i parti difficili. E Giunone era detta anche Lucina, dea della luce, protettrice tra l’altro delle partorienti.
Ai nostri giorni, febbraio ha perduto la sua connotazione di mese dedicato alla purificazione e ai morti, poiché il mese dei morti è stato spostato a novembre, nel quale inizia l’Avvento, periodo dal carattere purificatorio e di attesa della nascita di Cristo
Purtroppo nelle citta', ma anche nei paesi, si e' perduta l' abitudine di narrare le favole ai bambini e di tramandare le nostre belle tradizioni.

Una cumulativa buona fine settimana e un cumulativo vale

Pier Luigi

IL LACCIO DELL’AMORE

Bene per aver esteso in modo completo tutta la tradizione sui fatti della merla, ma resta il dubbio da sciogliere sulla buona condotta invernale (ricordarsi la traslazione ai “quattro elementi”) di gennaio che può stimarsi anche il “capitano” dei dodici mesi dell’anno, ma fra poco riprenderò questa locuzione.
Tocca a me ora completare il panorama della tradizione (naturalmente italiana) sul tema che ho aperto che riguarda la sicurezza operativa (cosa che non necessariamente esclude la vita pratica cui tenerne da conto). E qui occorre ritornare indietro e cominciare da Capodanno per sincerarsi delle premesse fatte per l’intero anno.
Da ottimo Casertano nel cuore (la filastrocca vi riguarda, avete sentito) mi onora presentare un gioco (ma è cosa seria) ancora praticato in provincia di Caserta, Macerata Campania. Il gioco si chiama “Il laccio dell’amore”, giusto in concreta sintonia con il concetto dei “nodi ofitici” e perciò dei post che si sono susseguiti ultimamente grazie all'amabile disponibilità di Pier Luigi.
Avrete già capito che si tratta di un rituale che è inscenato dai dodici mesi dell’anno e da un capitano tutti a cavallo, come già in parte anticipato. Non dico altro e riporto, fra poco, pari pari la presentazione che fa a riguardo un sito specifico cui andare a vedere perché sono esposte le foto della parata dei cavalieri che, muniti ognuno di un laccio confluente ad un palo centrale, girano intrecciandosi fra loro fino a che il palo è rivestito dalla treccia dei lacci. Vedi qui e qui.
Premetto che proprio al tempo di quando ero ragazzino e sentivo con piacere il racconti di zi’ Maria, quella della filastrocca per capirci, con la famiglia abitavo a Puccianiello vicino Caserta (nella casa di questa zi’ Maria) e qui era tradizione, fra altre cose, la parata annuale del “laccio dell’amore”. Naturalmente non poteva non rimanermi impresso nella mente una così bella e folkloristica manifestazione della quale vi sto facendo partecipi. Vi piacerà certamente.
Siccome è abbastanza lungo la sceneggiata del “laccio dell’amore” in questione, riporto la recita relativo all’inizio che è quella del mese di gennaio, poi il resto lo troverete attraverso il link relativi ai “qui” suddetti.

Svolgimento della manifestazione dei “ I dodici mesi”

Tra le rappresentazioni popolari che negli ultimi giorni di Carnevale allietano i Maceratesi quello dei «Mesi» costituisce il classico spettacolo “ambulante". Oggi la mobilità della rappresentazione è riferita e riferibile alle varie ripetizioni dello spettacolo che la “compagnia” fa nelle principali piazze delle frazioni e dei rioni di Macerata Campania. In epoche più antiche, invece, la mobilità era riferita ai trasferimenti che la compagnia degli artisti (non locali) faceva per raggiungere le piazze dei vari paesi. Giunta sul luogo previsto e dopo la preparazione della scena che consisteva nel formare un circolo, dava inizio allo spettacolo.
Carnevale – da “Carmen levare” – Eliminare la carne

CAPITANO
“Io songo il capitano della prima schiera e a casa mia si ... e si scala; se chisti dudici mesi non si porteranno bene, cuntrastà li voglio cu chesta mia bella frusta. E mò pulcinè sai che... vai da Gennaio e vid che te dice!
Dopo il preambolo introduttivo del «Capitano» (Capodanno!) è la volta dei Mesi, i quali, a turno, nel modo più plateale che sia poro possibile (in senso tradizionale e comico!), tra le approvazioni ed i commenti del pubblico che si assiepa dintorno, cantano a voce stesa la propria «canzone»: con timbro e tono diverso ma sempre con lo stesso motivo. Durante il canto essi tengono in mano una miniatura dell’attrezzo agricolo o strumento artigianale (prodotto agricolo o manufatto artigianale) che rappresentano i diversi tipi di lavoro caratteristici del “Mese”.

GENNAIO
Con cappello ornato di nastri o foulard e il corpo fasciato con scialle di seta, reca in mano...
CANTO:
“I’ so Gennaio e lu primme me’nzore.
Sto accustiune cu li pecorari e accaccie...
Cu li putatut.
Nu lle facce fa ‘na jurnata sana,
comme li voglia aunnà (?) sti jucatur
li voglio fa fenì e iastummà...
lloro cu guste e ie cu lu disgust
ce pose (?) ll’acqua, lu viet
e chesta frusta!
Formula di passaggio: “ Mo me ne vaco cuntient e felice... jesce febbraie e vire che te rice?!
A questo punto, facendo un mezzo inchino alla folla plaudente alza la mano che regge lo strumento identificativo del mese di gennaio, (...) la rivolge verso il mese di febbraio e rientra nel cerchio dei Mesi.
Gennaio
Io sono Gennaio e per primo mi sposo.
Sono in rotta/contrasto con i pecorai
e «accacce» con i potatori.
Non gli consento neanche una giornata intera di lavoro: come li voglio “aunnà” questi giocatori. Voglio che continuino a bestemmiare... loro son contenti ed io per dispetto gli porto pioggia, vento e questa frusta.
Adesso me ne vado contento e felice, esce febbraio e vedi che ti dice...

gaetano

" 'A Tiana'', il seguito (2)

“La realtà è magica quando la magia è reale”
Ernst Junger
Lettere siciliane all’ uomo sulla luna

Questa citazione dello scrittore e filosofo tedesco Ernst Junger e’ idonea per proseguire nella pubblicazione del dibattito tra Gaetano e me, anche in considerazione che egli titola il suo nuovo commento utilizzando il Matto dei magici tarocchi, il quale rappresenta l’ energia fondamentale che si incarna nella realizzazione totale.

IL MATTO, L’ULTIMA CARTA DEI TAROCCHI



Un cavallo disarcionò chi poi fece il “pedone” per chi perseguitava senza tregua, un Sarastro re speciale, Gesù risorto da morte, per tenerci continuamente legati al tema fin qui portato avanti.
Ed ora un cavallo in te, Pier Luigi, fa il salto che occorre per scavalcare la morte che tu stesso hai posto, quella a danno degli “Scrittori precari a Roma” che in precedenza ti hanno causato certi “inconvenienti”, stando a talune “lamentele” di lettori. Ma sto solo seguendo un immaginario filo logico che mi suggerisce il “matematico” in me, un “Tamino” (guarda caso familiarmente mi chiamano Tanino, ma non mia moglie... misteri della vita!) mozartiano venuto dal niente, prova ne è la tua conclusione: «...ma ora ho come una sensazione che prima non c’ era, e che non si ferma alla superficie delle cose, ma mi pervade fino al profondo del cuore: ce l’ abbiamo fatta. Ora tutto andrà meglio. Queste cose si sentono.».
Dove e come il miracolo che appena tu percepisci, quale il potere del “cavallo” che ci fa al momento di bisogno veri “cavalieri”, - mettiamo – come quelli del Graal?
Il potere del “cavallo”, per il quale ci si può ancora riferire alla favola del “Flauto magico”, non ci è dato di sapere per poterne parlare, se non alla fine quando tutto è concluso, ossia dopo il “salto”. Ma da quel momento in poi le cose cambiano e questo elude in una certa misura la meccanica che ha prodotto il presunto “miracolo” che si vorrebbe capire. La favola in questione si impernia sulla “purificazione”, che è di tutti e non solo di Tamino, costretto al silenzio cosa, per altro, assolutamente non vera. Il percorso di purificazione comporta vestirsi di abiti laceri, vivere nella sporcizia, sperimentando ogni sorta di cose immonde, ma che non si possono riferire perché si rifiuterebbe all’istante re “Sarastro” che è bene contemplarlo nell’apoteosi del momento dell’alba quando risorge come sole splendente. Altrimenti perché Gesù dopo morto discese all’inferno per tre giorni? Ecco la spiegazione del “silenzio” di Tamino che era causato dal fatto di non poter parlare da illuminato, con la lingua sciolta. Giusto la seconda interruzione, simile ad un mortale ostacolo posto preventivamente da Pier Luigi (ma lui non sapeva), “Scrittori precari a Roma”.
Mi sovviene una storia che traggo dal libro Śrĩmad-Bhãgavatam, una nota opera culturale della filosofia indiana dei Vedãnta. Si tratta del verso 6, capitolo IV, Canto Primo: «La Creazione».


«Come gli abitanti di Hastinãstinapura riconobbero Śrila Śukadeva Gosvãmĩ, figlio di Vyãsa, per il saggio che egli era, quando entrò nella città dopo aver errato per le provincie di Kuru e Jãńgala, con l'aspetto di un pazzo, privo d'intelligenza e di parola?»


La spiegazione di questo versetto, che viene data nel libro da cui è stata rilevata, dà questa spiegazione: «L’attuale città di Delhi (Nuova Delhi) si chiamava un tempo Hastinàpura dal nome del suo fondatore, il re Hasti. Gosvãmí Śukadeva, dopo aver lasciato la casa paterna, aveva cominciato a vagabondare di qui e di là con l’aria di un pazzo. Come avrebbe potuto la gente riconoscere la sua grandezza? Non si può giudicare un saggio guardandolo, ma ascoltando le sue parole. Si devono avvicinare i sãdhu, i grandi saggi, non per vederli, ma per ascoltarli. E se non si è pronti ad ascoltare le loro parole, non si avrà alcun beneficio dalla loro presenza. Śukadeva Gosvãmí, un vero sãdhu, sapeva parlare delle Attività spirituali e assolute del Signore. Soddisfare i capricci del volgo facendo il prestigiatore di parole, questo non lo interessava. Ma nel momento in cui narrò il Bhãgavatam, gli fu riconosciuto il suo giusto valore. Esteriormente poteva sembrare un pazzo, privo d’intelligenza e di parola, ma in realtà era il più grande saggio e spiritualista.».
Ancora un cosa. I cavalieri del Graal viaggiavano a coppie sul cavallo. Il Fonte Battesimale della Basilica di San Frediano a Lucca li ritrae scolpiti nel marmo in una strana posizione. Non solo ma il contesto marmoreo in cui sono inserti i due cavalieri, è davvero misterioso poiché lo si vuol far legare al faraone che inseguiva gli ebrei al leggendario passaggio del “Mar Rosso” che pongo fra virgolette. Sono invece rappresentati in foggia da Templare. Secondo me, la chiave per spiegare questo mistero che i cultori dell’arte si chiedono senza poterlo spiegare, sta in tutto ciò che ho argomentato sul mendace “silenzio” di Tamino di Mozart e questo trova il nesso con Pamigeno sempre al suo fianco e solo un “filo d’argento” li lega indissolubilmente.

Gaetano

PERCEZIONI DI REALTA’

“Ci sono avvenimenti di cui la maggior parte di noi esita a parlare perche’ non si conformano alla realta’ quotidiana e sfidano ogni spiegazione razionale. Non sono eventi esterni particolari, ma piuttosto accadimenti delle nostre vite interiori, che vengono generalmente respinti come creazioni della fantasia ed esclusi dalla memoria. D’ improvviso la percezione della realta’ subisce una trasformazione che puo’ essere stupefacente o allarmante ma comunque insolita’; il mondo ci appare in una nuova luce, e assume un significato particolare. Esperienze del genere possono essere leggere e fugaci come soffio d’ aria, oppure fissarsi profondamente nelle nostre menti”.

Cosi’ scrive Albert Hofmann (Baden, 11 gennaio 1906 – Burg im Leimental, 29 aprile 2008) è stato uno scienziato svizzero, conosciuto come il "padre" dell'LSD, nell’ incipit di “Percezioni di realtà”, Stampa Alternativa.
Queste parole mi sembrano appropriate per rispondere al commento di Gaetano (http://www.webalice.it/gbarbella/) nel quale si parla di storie fantastiche presenti nel “Flauto magico” di Mozart, nei tarocchi, come pure nella filastrocca della “Tiana”:
«Ce steve 'na vota 'nu viecchie,
e 'na vecchia areto a 'nu specchio,
areto a 'nu monte...
Statte zitte che mò tu conte.
E tu conte dint' 'a tiana,
mammeta e patete i ruffiani».
Con la quale Gaetano chiosa le poesie “Specchi”, di Annarita Ruberto (http://www.blogger.com/profile/06203145621123078773) “@ Mare”, di Paola, alias Teoderica, pubblicate in uno dei precedenti post in questo blog.
Le frasi di Albert Hofmann rispondono anche a quanto affermato da Teoderica, nel suo Forum (http://teodericaforum.blogspot.com/2009/01/dedicato-gaetano.html#comments) :” E' una stana amicizia fatta di abbracci virtuali e di parole ma io mi sono affezionata e vi considero amici veri non virtuali”, riferendosi all’ amicizia nel web nata tra Annarita, Paola, Gaetano e me.
Siamo come direbbe Platone nella dimensione del divenire proprio della doxa.
Tornando al titolo del commento di Gaetano IL MATTO, L’ULTIMA CARTA DEI TAROCCHI, possiamo vedere nel Matto e nel Mondo, altro arcano maggiore, l’ organizzazione spaziale dei tarocchi.



Il Matto e il Mondo, la prima e l’ ultima carta della serie degli Arcani maggiori, secondo Alejandro Jodorowsky, regista di cinema e di teatro, autore di pièce e pantomime, romanziere sceneggiatore di fumetti, che da piu’ trent’ anni ha sposato il dinamismo poliedrico dei Tarocchi, possono essere considerate come l’ alfa e l’ omega degli Arcani maggiori, il primo e l’ ultimo grado, i due punti tra cui si dispiega il ventaglio di tutte le possibilita’. Il Matto sarebbe dunque un inizio perpetuo, e il Mondo uno svolgimento infinito.
Cosi’ e’ per l’ amicizia nata tra noi quattro nel we.
Se le due carte vengono collocate l’ una accanto all’ altra in questo ordine, afferma Jodorowsky in “La via dei tarocchi” (Feltrinelli), scritto a quattrom mani con Marianne Costa, scrittrice, attrice, cantante rock, assistente di Letteratura francese nell’ Universita’ di Sarajevo, sara’ evidente che il Matto pare dirigersi con determinazioned verso l’ ovale del Mondo, dove la donna nuda, a sua volta, pare chiamarlo, attirandolo a sé. Il Matto puo’ venire considerato quindi come l’ energia fondamentale, senza definizione, dunque senza limiti.
E’ cosi’ che la Bibbia e molt cosmogonie ci presentano l’ energia divina creatrice: un’ attivita’ senza limitin e precedenti, scaturita da un nulla privo di tempo e di spazio. Ma se il Matto stesse da solo, correrebbe il rischio di ruotare all’ infinto intorno al proprio bastone: l’ energia creatrice puo’ esaurirsi se non ha una meta, se non si materializza in una creazione, un mondo, una creatura. Secondo questa prospettiva, scrivono Jodorowsky e Costa, si puo’ vedere il Mondo come incorniciato da QUATTRO elementi come QUATTRO PUNTI cardinali, con la donna-anima-materia al centro, inseminata dall’ energia del Matto.
Il Mondo, valore massimo degli Arcani maggiori, simboleggia lo svolgimento, la realizzazione maggiore che i Tarocchi possano presentarci.
Questa carta e’ anche uno specchio in cui si riflette e si riassume l’ intera struttura dei Tarocchi, quasi una chiave della loro organizzazione spaziale e simbolica.
Siamo tornati cosi’ a
SPECCHI
Quale di questi specchi
ciechi
riflette
la mia vera immagine?
Contorni sfocati e indistinti
confondono teorie di sogni,
lucide lame di pensieri
cesellati da un tempo
dilatato e inclemente.
Lo sguardo impaziente
si placa cogliendo
un profilo riflesso
di donna,
immagine forte che emerge
e richiama la vita.
La poesia di Annarita.
Ma nel Matto troviamo anche un ovale di foglie azzurre circondato da figure fantastiche e cosi’ siamo tornati a
@MARE


Ho preso un cartone
ho preso un cartone gettato via.
L' ho riempito di mare
vi ho fatto un sole.
Non so se alba o tramonto.
Vi ho messo dei pezzi di vetro
l'ho sigillato
l'ho fermato il tempo.
Ho preso l' alba
ho preso il tramonto
ho preso me stessa.
La poesia di Teoderica e siamo andati a
DEDICATO A GAETANO

PUDORE
Se qualcuna delle mie parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato-
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello

altra poesia di Teoderica, dalla quale Gaetano e’ partito per poi trasferirsi con i commenti nel mio blog.

Partendo dal Matto, carico di un forte impulso di energia e che dovunque vada, porta con se’ questo impulso vitale, siamo arrivati al Mondo e alla poesia, cioe’ alla realizzazione suprema, al riconoscersi nella realta’ profonda, ad accettare la pienezza della sua realizzazione.

Pier Luigi

venerdì 30 gennaio 2009

'A Tiana, il seguito

Cari amici lettori riassumo in questo post un dibattito intercorso tra Gaetano e me, nato in seguito alla pubblicazione come post (dal titolo " 'A Tiana") di un suo commento alle poesie "Specchi", di Annarita Ruberto, e " Mare", di Teoderica al secolo Paola

LA NOTTE PORTA CONSIGLIO


La notte porta consiglio. La notte ha la sua “regina” ed una “figlia” da salvare, una fiabesca Pamina. La notte è blu, per rispondere a Paola che ha fatto un disegno apposta per me. Non vedeva altro colore. Pier Luigi così ha posto il suo sigillo in musica nel mezzo del mio commento poi diventato post. Ecco “‘A tiana” con i suoi intingoli buoni e cattivi di un desco notturno. Di specchi scintillanti, anzi di “Astrifiammanti”, la regina mozartiana del sigillo suddetto. Chi potrebbe essere il principe Tamino? Ma Ta..no no può rispondere perché sottoposto alla prova del silenzio. E poi in Pamigeno e la vecchina Pamigena sembra di vedere quei due del racconto, «Ce steve 'na vota 'nu viecchie, /e 'na vecchia areto a 'nu specchio, /areto a 'nu monte...».
Finalmente l’alba si approssima, facendo inabbissare Astrifiammante e si propone cosi il regno solare di Sarastro che accoglie Pamina salva dalla prigionia degli specchi d’inganni. «...un profilo riflessodi donna,immagine forte che emergee richiama la vita.».
E quel flauto e carillon magici della favola mozartiana? La risposta ci può venire da un altro grande della musica, Bach dalle mirabili capacità matematiche che lui ha saputo esprimere con le note. Ecco che sorge, appunto, l’alba per far profilare un certo “il riflesso di donna” in Annarita con la matematica, appunto. Prima ha fatto tutto un altro “riflesso di donna”, quello di Sarastro notturno in Paola, in arte Teoderica. Di J.S. Bach pensiamo al “canone eternamente ascendente” dalla sua Offerta musicale, in cui il grande compositore riesce a cambiare tonalità senza che l’ascoltatore se ne renda conto ed a ritornare dopo sei modulazioni alla originaria tonalità di DO con le tre voci che si trovano esattamente un'ottava sopra.
Non intravedete i due strumenti mozartiani del piffero e del carillon qui all’opera? Le note del piffero e il ritornare a ripetere continuamente la stessa musica del carillon. Come pure la filastrocca della “Tiana”?
È un’ambiguità questa del paradosso «Canon triplex a 6 voci », come anche quella del pittore Escher che ha eseguito molte opere improntate sul simili paradossi. Alcune di queste si ispirano ai nastri Möbius, ma che la matematica ha voluto affrontare razionalmente e risolvere. Russel e Whitehead, due personaggi che hanno dato contributi fondamentali alla formazione della logica moderna, ci hanno spiegato bene con la loro “teoria dei tipi” come si formano e quindi come si possono evitare questi “strani anelli” che collegando e confondendo realtà ed illusione finiscono spesso per partorire pericolosi paradossi.
Basta creare infatti una gerarchia organizzatrice delle strutture matematiche e non solo matematiche per cui una struttura (l’insieme di tutti gli insiemi) non può appartenere a sé stessa in quanto è di un tipo superiore a quello degli oggetti che la costituiscono.
Il principe Tamino poi, si rivela anche lui per aver superato il paradosso degli “strani anelli” in un modo tutto suo matematico di unirli con una sua teoria originale nel dar vita ad un moto oscillante generato da due leoni cibernetici numerici.Resta Pier Luigi, in arte occulta SK sempre pronto a svolgere il suo ruolo, ma ora ha due modelli di donna cui conformarsi quali pietre di paragone, Paola ed Annarita.
Gaetano

IL FIABESCO E IL MERAVIGLIOSO

Caro fratello Gaetano sai benissimo perche' ho scelto la favola mozartiana per chiosare il tuo commento, divenuto poi, anche su suggerimento della sorellina, post autonomo.
Svariati elementi culturali sono confluiti nel Flauto magico:
- Il fiabesco-meraviglioso settecentesco (flauto e glockenspiel dalle proprietà magiche, apparizioni di animali e di genietti (per esempio zi' Maria), montagne che si aprono svelando meravigliose sale);
- L’illuminismo e il giusnaturalismo (aspirazione dell'uomo alla saggezza, alla ragione e al rapporto armonico con la natura);
- La massoneria (riti d’iniziazione per accedere ai misteri e alla luce, invocazioni delle divinità egizie Iside e Osiride, comunità dei seguaci di Sarastro, ricca simbologia con particolare riferimento ai numeri e alla misteriosofia);
- L'Hanswurst e il Kasperl popolar-viennese (l'umile, il popolaresco, il comico, il semplice, il naturale e il bonario che sono racchiusi nella figura di Papageno, ma anche in zi' Maria e la filastrocca ricordata).
Il flauto magico può essere letto sia come fiaba per bambini sia come racconto massonico o come storia a contenuto illuminista.
La vicenda racconta però anche lo sviluppo di un individuo che, da giovane, ignorante e debole che era, diventa saggio, sapiente e uomo attraverso la scoperta dell'amore e il superamento di varie prove iniziatiche.
Durante questo percorso formativo, il giudizio di Tamino sui due Regni nemici si capovolge: il bene, inizialmente identificato con il Regno lunare della Regina della notte in quanto vittima del rapimento della figlia condotto da Sarastro, finirà per essere identificato nel Regno solare di quest'ultimo, inizialmente giudicato come malvagio. Nel Regno di Sarastro, Tamino troverà ragione e saggezza. Si scoprono così le buone intenzioni di Sarastro nel portare a sé Pamina, non togliendole libertà ma sottraendola con intento protettivo alla malvagia madre onde poterla destinare al giovane predestinato ed eroe della vicenda, ovvero lo stesso Tamino.
Oltre ad un'interpretazione incentrata sulla contrapposizione orizzontale fra i due Regni, si può interpretare in un'ottica verticale dove la contrapposizione è fra il potere, l'autorità, i Regni e il sotto-mondo popolare, semplice e genuino rappresentato da Papageno. L'antitesi è allora fra il concreto uomo-animale allo stato naturale e l'eletto, aristocratico ed astratto Tamino. Il Regno della luna e quello del sole sono nemici ma, allora, sostanzialmente uguali.Entrambi rappresentano l'autorità e l'ordine, mentre Papageno - che non ha superato le prove iniziatiche ma che di ciò se ne infischia beatamente - è l'uomo di tutti i giorni capace di servire allo stesso modo la Regina della notte come Sarastro, consapevole che la bontà e la felicità, seppur materiale, stanno dalla sua parte.
(da http://it.wikipedia.org/wiki/Il_flauto_magico#Elementi_culturali).
Questi elementi sono tutti racchiusi nei tuoi commenti. Con il Flauto Magico e anche con le tue considerazioni (non ultimo il richiamo a J.S. Bach, dalle mirabili conoscenze matematiche trasposte in note) conosciamo la ragione intima dell' esistenza. Per tutto c' e' una ragione. L' azione piu' insignificante ha una sua funzione occulta e musica nella logica progressiva delle cose. Anche il SK che e' in me. Perche' mai, in tutte le sue nobili gesta, il SK che e' in me non e' stato mai sfiorato dalla possibilita' di essere scoperto, pur lasciando evidenti tracce? Perche' la sua nobile arte ha una sua funzione occulta e musica nella logica progressiva del suo dare alle donne felicita', bellezza, amore...eterni.
Plutarco nel mito di Tespesio da Soloi scrive:"la sua anima sorti' dal corpo ed egli ebbe la sensazione che puo' provare un pilota precipitato dalla sua nave nel profondo del mare. Egli respiro' profondamente e la sua anima si apri' come un unico occhio".
I due modelli di donna cui conformarmi quali pietre di paragone, Paola ed Annarita, potrebbero avere questa azione salvifica. La vista della loro aurea in forma completa puo' essere per il SK una fiamma e come una bolla di fuoco che hanno in se' una specie di forza umana, facendogli acquistare una possanza completa, una piu' grande espansione. Anche se non deve dimenticare l' avvertimento di un Maestro di Magia:"Ho visto Iside. L' ho toccata. Eppure non so se esiste".

Per quanto riguarda me, Annarita, Paola e te affermo modificando leggermente una massima Sufi:"Quattro canne bevono da un ruscello.UNA e vuota dentro,le ALTRE sono canne da zucchero"

Pier Luigi

VINCOLI NODALI SUL WEB

Mi appressavo a perfezionare il mio secondo commento sul primo, ed ho letto il tuo commento che non mi ha sorpreso, me l’aspettavo e abbastanza nutrito. Così si è allargato lo scenario su temi interessanti che costituiscono paralleli di paragone in stretta aderenza a noi “quattro”, in particolare.
Quale il perfezionamento?
Si capisce da solo, è la ritualistica che ci suggerisce la mia filastrocca, simile ad un ritornello di tante strofe-operazioni che noi stiamo facendo sull’onda del web. Il web può assimilarsi ad un insieme di tante interiorità, la mia la tua, di Annarita, di Paola e così via, appena, appena vincolate alle relative singole realtà terrene. “Sdoppiamenti occulti” ma in piena coscienza.
Si è visto quanto conti la matematica, ma anche il mondo occulto attraverso le fiabe, i racconti ed altro del lato umanistico, non trascurando la musica, l’arte che sembrano imparentate con la matematica.
Più andiamo avanti con le nostre conoscenze tecniche, fisica quantistica, fisica delle particelle, teorie delle stringhe e delle super-stringhe, antimateria, ecc. e più troviamo conferme al fatto che tutto il nostro universo sembrerebbe scritto secondo un linguaggio matematico. La qualcosa non smette di stupire gli stessi scienziati.
Di Eugene Paul Wigner, che è stato un influente fisico e matematico ungherese naturalizzato statunitense, Nobel per la fisica nel 1963, colpisce questo suo pensiero sulla matematica.
«Vorrei affrontare due punti. Per cominciare l'incredibile utilità della matematica nelle scienze naturali è un fatto che ha del misterioso e che non ammette alcuna spiegazione razionale. In secondo luogo è proprio l'inquietante efficacia delle idee matematiche che ci spinge a chiederci se le nostre teorie fisiche siano davvero uniche.
Il fatto che il linguaggio della matematica sia miracolosamente adatto a formulare le leggi fisiche è un dono meraviglioso, che non comprendiamo e non meritiamo. Dovremmo esserne grati e sperare che rimanga con noi anche nelle ricerche future, e che questa fonte di gioia ma anche di stupore allarghi il raggio di azione, nel bene e nel male, ad altri settori più vasti del sapere.».

Ecco che vengo al perfezionamento, poiché il potere della filastrocca-flauto-carillon ha questo di bello, quello di fare da paraninfi a tutto un intreccio nodale a nostra insaputa. Di qui le antiche conoscenze esoteriche delle colonne ofitiche a due, tre, quattro elementi; di qui il nodo di Salomone; e andando nei misteri antichi tibetani, IL NODO SENZA FINE(Nodo Dell'Amore Infinito).
Il nodo-senza-fine rappresenta l'unione della Saggezza e del Metodo (tibetano thab-shes zung-'brel), tantricamente l'unione della energia femminile e di quella maschile, la loro armonica inseparabilità, rappresentando l'amore infinito, la vita infinita, la realizzazione della loro unione. Il nodo infinito è un nodo chiuso composto da linee intrecciate ad angolo retto. E' uno dei simboli preferiti e maggiormente utilizzati dall'iconografia tibetana.La sua origine iconografica non è nota con certezza. Probabilmente è connesso in qualche maniera al simbolo nandyavarta, una variante della svastika, che assomiglia molto al nodo dell'infinito.
Esso simboleggia il modo con il quale tutti i fenomeni sono interdipendenti tra loro e dipendono da cause e condizioni, ovvero la continuità degli eventi che sta al di sotto del piano reale dell'esistenza.
Non ha inizio nè fine e rappresenta anche l'infinita conoscenza e saggezza del Buddha e l'eternità dei suoi insegnamenti.
Il nodo-senza-fine è usato non solo in connessione con i Simboli di Buon Auspicio ma anche da solo come il più alto segno di buon auspicio, per esempio posto assieme a un dono o in uno scritto significa la connessione tra chi dona e chi riceve, stabilendo legami per favorevoli circostanze per il futuro, ricordando che ogni effetto positivo e favorevole per noi in futuro ha le sue radici, le sue cause dalle nostre azioni presenti.
E si chiude la parata dei nodi con quelli contemplati dalla matematica.
La teoria dei nodi è una branca della topologia, a sua volta branca della matematica, che si occupa di nodi, ovvero di curve chiuse intrecciate nello spazio. La teoria ha applicazioni in fisica subatomica, chimica molecolare e biologia.
Il primo impiego in fisica è però dovuto a William Thomson, ossia Lord Kelvin: in pieno dibattito tra teoria ondulatoria e corpuscolare, egli propone nel 1867 gli atomi vortice[1]. Essi sono formati da un'onda intrecciata in un nodo chiuso, come una dei tanti il nodo a trifoglio.
Annodandosi in maniere più o meno complicate, si determinerebbero le proprietà chimico-fisiche degli atomi. Da notare come, traslato alle particelle subatomiche e allo spaziotempo, il concetto sia identico nella teoria delle stringhe menzionata prima. Le molecole deriverebbero dall'unione dei nodi.Per concludere, in relazione alla realtà della vita, l’“idea” (ammettiamola per ipotesi) del possibile nascere su piani interiori potenzialità come questa nata in crescendo su questo blog, ma anche su altri e questi ramificandosi in modo apparentemente autonomo, meraviglia tanto? Può accadere che in qualche modo si profili anche un’infiorescenza terrena notata dagli stessi interpreti qui presenti, ma questo non significa che il VINCOLO NODALE che ora sembra nato, al contrario abortisca e resti in un limbo senza mai venir fuori in qualche modo.
Com’è che possono nascere?
Allora vi dico che oggi ho parlato di cose che ieri neanche le sapevo, eppure, come ho già detto, “la notte porta consiglio” e questa mattina mi sono svegliato e man mano mi sono venute le parole ed il loro giusto senso. Ma posso assicurare che i fatti della notte, di tutte le mie “notti blu”, sono in piena coscienza anche se frammentati e confusi. Ecco perché quel principe Tamino non poteva parlare.

Gaetano

L’ ETERNITA’ DORATA

Caro Fratello Gaetano
Il nostro filosofeggiare, come giustamente tu hai osservato, ha allargato i nostri orizzonti.
La tua risposta mi ricorda quello che ha scritto Hakim Sanai, maestro Sufi, vissuto durante l’ undicesimo e il dodicesimo secolo, considerato il primo degli insegnanti afgani ad usare il motivo dell’ amore nel sufismo.

Nel “Giardino cintato della verità” scrive:

“Il cammino dell’ uomo è come quello di qualcuno cui sia stato dato un libro, chiuso da sigilli, scritto prima che egli nascesse. Egli lo porta in se’ fino a quando muore. Fintanto che l’ uomo e’ soggetto al movimento del Tempo non conosce il contenuto del libro sigillato”.

Puo’ questo libro sigillato di cui parla Hakim Sanai essere rapportato ai nodi di cui tu parli, ovvero le curve chiuse intrecciate nello spazio, nel web, i quali in relazione alla realtà della vita, portano all’ idea del possibile nascere su piani interiori potenzialita’ come quelle che legano noi quattro (Annarita, Teoderica alias Paola, Te e me) in questo blog, ma anche su altri?
Credo di sì

Per evitare di confrontarmi, sul terreno della matematica e della geometria, con te , dominatore del segreto dei “Due leoni cibernetici” (l’ alfa e l’ omega di una matematica ignota, pi greco e la sezione aurea), il Leone Rosso e il Leone Verde, i due leoni degli alchimisti, affronto i temi da te trattati citando Jack Kerouac, che si era avvicinato al mondo buddhista, in seguito a un mancamento, il “satori”, l’ illuminazione, e di aver attinto “l’ eternita’ dorata”: la vera realtà e il “vuoto”.

Kerouac scrive in “ The Scripture of the Golden Eternity (La scrittura dell’ eternita’ dorata - sembra di leggere quanto detto da Hakim Sanai):

“If we were not all the golden eternity we
Wouldn’t be here. Because we are here we
Cant help being pure. To tell man to be pure on
Account of the punishing angel that rewards the good
Would be like telling the water ‘Be Wet’ – Never
The less, all things depend on supreme reality,
Wich is already established as the record of
Karma-earned fate”.
(Se noi non fossimo tutta la dorata eternita’/ non saremmo qui. Poiche’ noi siamo qui/ ci tocca per forza essere puri. Dire all’ uomo di essere puro a/ a causa dell’ angelo del castigo che castiga gli/ iniqui e dell’ angelo della ricompensa che ricompensa i giusti/ sarebbe come dire all’ acqua ‘Sii bagnata? – Non/ di meno, ogni cosa dipende dalla realtà suprema, che e’ già stabilita come stimmate del/ fato meritato-dal-Karma).

Credo che questi due importanti autori, uno dell’ undicesimo-dodicesimo secolo e l’ altro del ventesimo, diano risposte adeguate al perche’ tra noi quattro siano nati, nel web (attuale rappresentazione del “Libro Sigillato” e della “Scrittura dell’ eternità dorata), piani interiori di potenzialita’ che ci portano alla conoscenza della vera realtà.

Siamo quattro.

Ebbene se ci riferiamo ai Segreti della Cabbala abbiamo:
“L’ Ineffabile e’ al di là della nostra conoscenza; con il nostro linguaggio non possiamo neppure dire se Egli esista.
L’ Ineffabile auto manifesto, quindi non e’ piu’ ineffabile, e’ l’ Elohim, duplice (Immanifesto e Manifesto), e mentre l’ Immanifesto e’ (simbolicamente) privo di sesso, il Manifesto possiede (simbolicamente) entrambi i sessi. Poi, per cosi’ dire, c’ è anche l’ altro-manifestato-Immanifesto, cioe’ la manifestazione dell’ Immanifesto come l’ altro al di la’ del se’, ed e quest’ ultimo che contiene i QUATTRO MONDI”.

Per poi restare a temi a te cari citero’ che nell’ “Ars Chemica” viene detto che ci sono QUATTRO chiavi che dischiudono la casa dei tesori, cioe’ della conoscenza della verita’ e della realta’ con una trasformazione che e’ sempre una proiezione delle interiorita’ delle persone.

Il web, infine, e’ per noi quattro una Grande Avventura; una visione variegata del mondo, cioe’ della realta’, attraverso un lucido, talora tortuoso viaggio, che definirei iniziatico.
Ritengo che come scrive Robert M. Pirsing alla fine de “Lo Zen e l’ arte della manutenzione della motocicletta” (Adelphi), viaggio iniziatico a cavallo di una motocicletta e della mente:
“Le prove della vita, naturalmente non hanno mai fine. Tutti sono destinati a sperimentare infelicita’ e disgrazie, ma ora ho come una sensazione che prima non c’ era, e che non si ferma alla superficie delle cose, ma mi pervade fino al profondo del cuore: ce l’ abbiamo fatta. Ora tutto andra’ meglio. Queste cose si sentono”.

Pier Luigi


giovedì 29 gennaio 2009

Scrittori Precari a Roma


'A Tiana, di Gaetano Barbella

L' amico Gaetano Barbella (http://www.webalice.it/gbarbella/, "Il Geometra Pensiero in Rete") ha scritto un articolato commento alle poesie di Annarita e Teoderica , il quale merita un post tutto suo




'A Tiana




È vero, “A volte uno specchio può aiutarci a guardare dentro di noi, ben oltre l’immagine che riflette”. Mi sovviene di quando ero meno di un ragazzino. Insieme a tre fratelli, più piccoli di me, ci piaceva ascoltare le storielle, di maghi, di fate e di orchi, che raccontava con dolcezza 'a zi' Maria, un’anziana persona paralitica. A quel tempo si viveva a Puccianiello un paese della periferia a nord di Caserta, proprio in prossimità del limite del parco della nota Reggia di questa città. Qui il parco è particolarmente avvincente, quasi fuori dal tempo, perché vi è dislocato il famoso «Giardino Inglese» pieno di piante esotiche e più a monte, dal punto dove poi viene giù una caratteristica cascata, si estende sul retro il cosiddetto bosco di San Silvestro. Chi si addentra in questi luoghi è come se fosse trasportato in un mondo surreale legato al mito, a meravigliose favole. Un fantastico mondo in cui strani esseri pare che si sentano girare qua e là, giusto il risvolto alle favole di zi’ Maria.Di quelle favole mi è rimasto impresso nella mente una curiosa filastrocca, detta in napoletano, che spesso le precedeva. Chissà perché, mi sono chiesto in seguito da grande, ogni volta che mi ritornava in mente. Ma era talmente radicata in me da provare gusto nel ripeterla mentalmente, ma a volte anche a bassa voce. Perché? Forse doveva costituire, per mano del fato, un’amorevole azione protettiva o qualcosa del genere. Forse anche perché potessi ora raccontare, a chi potesse recepirla, la filastrocca in questione per trarre illuminazioni mentali. Quasi che fosse il famoso bacio del principe per disincantare la bella principessa addormentata ed il suo reame della nota favola. Viene da sorridere? Eppure quanti “reami” sepolti nella mente, ad un tratto, riemergono per semplici ed inspiegabili stimoli. Perché proprio in questo modo potrebbe essere concepita la riflessione poetica di Annarita. Dunque sentite la filastrocca napoletana:


«Ce steve 'na vota 'nu viecchie,
e 'na vecchia areto a 'nu specchio,
areto a 'nu monte...
Statte zitte che mò tu conte.
E tu conte dint' 'a tiana,
mammeta e patete i ruffiani».

Tradotta fa così:«C'era una volta un vecchio, / ed una vecchia dietro uno specchio, / dietro un monte... / Stai zitto che or te lo racconto. / E te lo dico dentro un tegame, / mamma e papà i ruffiani».

Come sembra ravvisarvi, c'è l'essenziale del minimo della vita se non di più, che io intravedo nel modo seguente. Il passato, che è anche punto di termine della vita in quei due «viecchie» quando facciamo riflessioni davanti allo specchio, vuol indicare al limite la nostra coscienza, ma è anche la normale attività di pensiero. Il presente è il superamento del monte delle asperità della vita riconducibile anche alla prospettiva del mistero riposto nella fine di ogni cosa, la morte. Nel presente l’emblema dei due «ruffiani» in noi che sono sempre i due «viecchi», ci aiuta a svincolarci dalla superbia causa dello svanire dell'amore per dar luogo ad un incerto e periglioso «fai da te» che si ravvisa nella raccomandazione di «statte zitte», ossia rifletti prima di svincolarti dai due in questione, ovvero prima di costituirti artefice di te stesso, se non vuoi sperimentare la mortale solitudine del vuoto dell'anima. E poi si tocca terra raccomandabile con la «tiana», col vaso delle cose che sembrano amabili, ma anche delle cattive sorprese frammischiate sapientemente (se si sta “zitti”, però). Può servire il “digiuno” per evitare l’amarezza che potrebbe trapelarsi in questa o quella ciotola del nutrimento, che, gira e rigira, non è possibile evitare? O forse altre «tiane», più in là, ci sembrano migliori come amori che riteniamo ci spettino, risolvino ogni cosa non più gradevole dei vecchi orcioli? Ma se ciò fosse, come sembra che avvenga oggi, non restano che lo specchio ed il monte, come voler dire attenzione a non corrompere anche questi “due” dalle apparenze poco o nulla incisive, ma che costituiscono le sostanziali “radici” delle nostre origini divine.




«’A tiana» dei racconti di «zi' Maria» ci potrebbe ricondurre al mitico Graal dei cavalieri del Medio Evo, considerando che questo termine dialettale, «tiana», è relativo ad un tegame molto somigliante con un altro a forma di bacile in uso nel Medio Evo. Dai primi racconti sul Graal questo calice in principio era - ed è ancor oggi, in parecchi dialetti tra la Catalogna e le Fiandre - un bacile largo e basso, di materiale prezioso e pregevole fattura, destinato a piatti di pesce e al loro elaborato intingolo, detto anche «gradalis» o «gradale», «caro e gradito a chi vi mangia». Il resto della storia a ritroso su questa incerta coppa senza tanta apparente nobiltà, ci viene così tramandato dal passato, ma anche tutt’ora sono in molti a cesellarla con contorni persino fantasiosi. Che dire del Graal? Meglio: cosa conta come emblema, al di là delle fantastiche concezioni ingigantite oggi dai media della carta stampata e dai cineasti? L'opinione che raccolgo dai diversi scrittori a riguardo si impernia sullo slancio umano alla ricerca della verità su se stessi e sugli altri; il simbolo del dono di sé, dell’imitazione di Cristo nell’Incarnazione e nella Passione, della Creazione stessa intesa come dono; perché il Graal è la figura medievale dell’eterno mito di Ulisse, archetipo dei moderni ideali di pace tra tutti i popoli, nel progresso e nella libertà. Ma intanto in quest’epoca preme il rovescio di tutto ciò, con cavalieri di un anti-Graal che sembrano addirittura prevalere: sapranno i primi cavalieri ricacciare gli spiriti della superbia e del malcostume dei secondi ed incatenarli all’abisso ove prima si trovavano? È vero anche che c’è di mezzo il Cristo e questo ci riporta a tutto ciò che egli ha detto al suo tempo in Palestina, poi riferito dai suoi apostoli attraverso i Vangeli. Gesù Cristo mentre procedeva durante la festa della Palme in questione, fu rimproverato da alcuni farisei che ritenevano blasfemo il fatto che egli era acclamato e benedetto perché ritenuto un Re mandato dal Signore. Da qui la secca frase del Cristo di rimando: «Vi dico che se essi taceranno, grideranno le pietre». Ora per chi non sorride quando parlano i “filosofi”, che si occupano della “pietra” appunto, sanno che si tratta di una sostanza vetrosa che passa sotto il nome do V.I.T.R.I.O.L. Si tratta di un termine usato nella letteratura alchemica, ed è formato dall’espressione latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, che significa “Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina”.








E così toccando i piedi a terra ritorniamo allo specchio di Annarita, non prima di esserci resi conto che la “pietra-tiana” dei racconti di “’zi Maria” è uno dei tanti modi di portare a conoscenza di un certo “mare” che il cristianesimo ravvisa nella Madonna. Ma, nel nostro piccolo è bastato una donna per esorcizzarlo attraverso l’arte, Teoderica con il suo semplice ma profondo «Mare” su un banale cartone.




Ma non basta perché Pier Luigi Zanata, preso per le poesie di Annarita e Teoderica, ha fatto il resto. Le ha unite per sempre col suo sigillo fondendo la pietra che prima non si poteva portare al calore di fusione. Questa è l’opera regia dei nostri tempi senza l’uso di micidiali crogiuoli alchemici.




Ho preso un cartone
ho preso un cartone gettato via.
L’ho riempito di mare
vi ho fatto un sole.
Non so se alba o tramonto.
Vi ho messo dei pezzi di vetro
l’ho sigillato
lì ho fermato il tempo.
Ho preso l’alba
ho preso il tramonto
ho preso me stessa.


E poi...

Lo sguardo impaziente
si placa cogliendo
un profilo riflesso
di donna,
immagine forte che emerge
e richiama la vita.

mercoledì 28 gennaio 2009

"Specchi" di Annarita e "@ Mare" di Teoderica

La sorellina Annarita Ruberto
Matem@ticaMente
Web 2.0
Scientificando
Elaborando
Annarita-LTEver

mi/vi ha regalato questa bella poesia











SPECCHI
Quale di questi specchi
ciechi
riflette
la mia vera immagine?
Contorni sfocati e indistinti
confondono teorie di sogni,
lucide lame di pensieri
cesellati da un tempo
dilatato e inclemente.
Lo sguardo impaziente
si placa cogliendo
un profilo riflesso
di donna,
immagine forte che emerge
e richiama la vita.

Con la poesia Annarita, come lei stessa scrive,vuole esprimere quanto segue:
"L'identità di una donna ha mille sfaccettature. Il tempo non sempre aiuta a dimenticare i sogni della gioventù: l'immagine che una donna ha di sé ha molteplici aspetti, dovuti alle "maschere" che spesso è necessario indossare nella quotidianità.
A volte uno specchio può aiutarci a guardare dentro di noi, ben oltre l'immagine che riflette".





http://www.youtube.com/watch?v=wdObt1vGTKU









Il Serial Killer che e' in me ha abbandonato la sua lama iridescente e indossati i panni di Arsenio Lupin dal blog di Teoderica (http://teodericaforum.blogspot.com/) ha rubato












@MARE
Ho preso un cartone


ho preso un cartone gettato via.


L' ho riempito di mare


vi ho fatto un sole.


Non so se alba o tramonto.


Vi ho messo dei pezzi di vetro


l'ho sigillato


l'ho fermato il tempo.


Ho preso l' alba


ho preso il tramonto


ho preso me stessa.


http://www.youtube.com/watch?v=44mvnC1315I

martedì 27 gennaio 2009

Giornata della memoria, "Dopo di tutto" di Itzak Katzenelson



''Dal canto del popolo yiddish messo a morte", di Itzak Katzenelson, pubblicato da Mondadori, a cura di Erri De Luca:




DOPO DI TUTTO
La fine. Il cielo in fiamme nelle notti, s' avvolge
di giorno dentro un fumo, poi torna ad accen-
dersi di notte, fa tremare
Se e' possibile fare il paragone col deserto selvaggio
del nostro primo inizio: di giorno una colonna-
nuvola lucente, di notte una colonna-fuoco.
Il mio popolo in festa, forte di fede andava in-
contro a una giovane vita e adesso al termine,
al finale.
Ci hanno ammazzati tutti quanti in terra, dal pic-
colo all' adulto, ci hanno distrutti tutti.
Per cosa? Non chiedete, nessuno: per cosa?
perche' dalla migliore alla peggiore, ogni na-
zione sa.
La peggiore ha dato aiuto al tedesco, la migliore ha
guardato con un occhio, fingendo di dormire.
No, no, nessuno verra' a chiedere conto, ne' inda-
ghera' ne' chiedera': per cosa, cosi'?
Il nostro sangue e' gratis, si puo' spargere, possiamo
essere ditrutti, assassinati in piena impunita'.
[...]
E i bambini yiddish non si risveglieranno piu'
dal sonno, dai sogni nel limpido principio del
mattino,
per andare al heder, ne' si fermeranno per guar-
dare gli uccelli, prendersi in giro, giocare sul-
la sabbia,
voi ragazzini yiddish dagli occhi scintillanti, an-
geli in miniatura da dove spuntavate? Da qui
o da altrove?
Voi graziose ragazze, voi brillanti di freschezza
pure col viso sporco e spettinate.
[...]
Nessuna madre cullera' un bambino, non morira'
ne' nascera' nessuno tra gli yidn.
[...]
Guai a me, ora non c' e' nessuno. C' e' stato un po-
polo, c' e' stato, e non esiste piu'. C'e' stato un po-
polo, c' e' stato, e adesso niente.
[...]



15,16,17 gennaio 1944





Itzak Katzenelson nacque nel 1886 in Bielorussia ma trascorse la maggior parte della sua vita a Lod, in Polonia,. Per anni fu insegnante in un ginnasio. Scrisse in ebraico e in yiddish, drammi, poemi liriche. Il manoscritto del testo noto sinora in italia come "Il canto del popolo ebraico massacrato", sotterrato nel campo francese di Vittel e ritrovato nel 1945 grazie alle indicazioni della sopravvisuta Miriam Novitch, fu pubblicato per la prima volta a Parigi nello stesso anno.

Giornata della Memoria, il Golem raccontato da Elie Wiesel



Mi piace ricordare il Giorno della Memoria con il Golem , raccontato da Elie Wiesel, premio Nobel per la pace nel 1986.


Chi era il "Golem fatto d' argilla", questo strano essere che, secondo la tradizione popolare ebraica, fu creato dal misterioso Maharal, Rabbi Yehuda Loew, capo della comunita' ebraica della Praga del sedicesimo secolo?


Alcuni versioni di questa leggenda dipingono il Golem come un simpatico e goffo individuo; altre come un mostro, un Frankestein che si ribello' al suo creatore.


Nel suo libro "Il Golem", illustrato da Mark Podwal, pittore che ha opere tra l' altro al Louvre, edito da Giuntina, ha raccolto molte delle storie che si tramandano su questa enigmatica figura e le ha raccontate di nuovo, viste attraverso gli occhi di un vecchio becchino che, da bambino, avrebbe assistito ai numerosi miracoli attribuiti dalla leggenda al Golem.


"Io, Reuven, figlio di Yaakov, dichiaro sotto giuramento che 'Yossel il muto', il 'Golem fatto d' argilla', merita di essere ricordato dal notro popolo perseguitato e assassinato eppure immortale. E' un nostro dovere nei suoi confronti evocare il suo destino con amore e gratitudine".


Dopo dieci anni dalla sua creazione il Golem ,poiche' aveva compiuto il suo destino e aveva salvato tante vite, fu messo a dormire dal Maharal: "Che il tuo sonno sia dolce, mio caro Yossel; non preoccuparti, nessuno ti disturbera', te lo prometto''. [...] "Quando il tormentato volto di argilla scomparve dietro il tallèth (scialle da preghiera, nota dello scrivente) strappato, il Maharal sospiro' tristemente. Il giorno seguente fu un giorno senza sole per gli abitanti ebrei di Praga".
Per conservare il mistero sul Golem, il Maharal proibi', sotto pena di scomunica, ogni accesso alla soffitta della sinagoga dove si trovava. Non dette alcuna spiegazione tranne che sarebbe stato pericoloso.


Il Golem di Reuven non e' ne' uno sciocco ne' un mostro, ma un essere pieno di intuito, di intelligenza e di compassione, creato per proteggere gli ebrei dai loro innumerevoli nemici. Un essere che, un giorno, potremo anche incontrare...


Questa la conclusione del libro di Wiesel:
"[...]Ma un vagabondo mendicante che ho incontrato recentemente mi ha dato, in pegno del segreto, la sua spiegazione: il Maharal aveva proibito l' accesso alla soffitta perche', in realta', il Golem era ancora vivo. E aspetta di essere chiamato.
In quanto a me, vorrei sapere".

domenica 25 gennaio 2009

Meditazioni Metafisiche

‘’Castle
Forse.
Non riconosco il luogo. Sono in pieno centro. Cammino.
E’ un lunedi’ mattina.
Forse e’ Castle, perche’ tutti i lunedi’ sono sempre in questa località’. Forse e’ Castle perche’ e’ una citta’ a me molto cara. La amo. Sono innamorato delle sue strade, dei suoi palazzi, della sua gente. La desidero. Camminare per le sue vie m’inebria. Parlare con la sua gente mi emoziona. Quando sono in questa citta’ talora giro senza una meta prefissata. Guardo i negozi dalle vetrine allegre, le ragazze, con il broncio, le forme dei loro corpi, statuari e fanciulleschi, le donne, belle, giovani, le loro silhouette, adocchiate da pappagalli allupati, le vecchie, avvizzite, da tempo scordate. Resto incantato a guardarle sfilare come in parata.
Mi fermo sui marciapiedi, talora al tavolino di un caffe’, l’ Old Cafe’, in Constitution Square, fumo il mio toscano. Ascolto la sua voce e quella della sua vasta umanita’ con il cuore gonfio di felicita’. Con le narici alla strada cerco di riconoscere i suoi odori.
Potete scommetterci la testa e’ inebriante. Mi piace tanto cosi’. E’ il mio grande amore. E’ l’ essenza primordiale.
E’ giorno. Guardo l’ orologio, segna le dieci del mattino. Il sole splende. Mi piace la luce del giorno. Detesto vedere il sole che tramonta la sera. Si’, non amo vedere la luce del sole che lentamente cala. La sera, le prime ombre della sera, le ombre che allungano le immagini non mi piacciono. Il sole che tramonta, la luce che sparisce, mi fanno pensare al mio ultimo giro.
Castle
Non so, non riconosco i luoghi.
Castle.
Forse.
Forse perche’ cammino con piacere, come solo mi accade quando sono nella mia citta’. Non riconosco pero’ i posti, le strade, i negozi, i caffe’, i bar, le persone.
Forse non ci sono posti, strade, negozi, caffe’, bar, persone.
Non sono solo. Accanto a me una figura femminile. Sono in compagnia di una donna. E’ una figura indeterminata, non chiara. Il viso non si distingue, e’ in ombra. Forse non c’ e’, non ha volto.
Non parla. Non ha bocca.
Cammina senza guardare la strada e me che le sono a fianco. Non ha occhi.
Va al lavoro. Si affretta. Va ad infilarsi in una vischiosa giornata di lavoro.
Provo ad insegnarle la differenza tra il bene e il male. Provo a spiegarle l’ amore, la liberta’. Le mie parole si allargano. La mia voce e’ chiara, come la luce del sole, come il cielo azzurro di Castle.
Parlo. Non ascolta. Non ha orecchie.
Anche lei all’ ultimo giro.
Ad un certo punto mi accorgo di indossare un abbigliamento sportivo, calzoncini, maglietta e scarpe da corsa.
Mi metto a correre. Vado spedito, piu’ di quanto non abbia mai fatto, anche quando ero in pieno allenamento.
Mi allontano dalla persona che era con me.
Corro piu’ forte di quanto un uomo possa fare. Mi allontano sempre piu’ da questa donna. Non voglio fermarmi, perdere tempo. Il mondo mi aspetta.
Mi dico: guarda come corri, meglio di prima. Le mie ginocchia sembrano a posto. Il mio menisco rotto, i miei legamenti strappati non mi danno fastidio. Non ho piu’ male. Non sono state mai cosi’ bene, mi sembra di essere un ragazzo da quanto corro veloce. In
effetti sono giovane. Ho l’ eta’ di quando, studente liceale in Toscana, partecipavo alla campestre scolastica.
Mi sento bene, le mie gambe sono a posto.
Corro su per la collina. Galoppo verso la spiaggia di Castle? Non so. Forse.
Il posto e’ dolce e sono felice. Sono fuori di me per la gioia. Il cuore e’ gonfio di piacere, d’allegrezza. Esulto.
Programmo, mentre volo con grandi falcate, di riprendere gli allenamenti per prepararmi non piu’ per percorsi medio-lunghi, ma per una maratona.
Vado lontano, da qualche parte, lontano, oltre lei, ora nel buio. Verso la luce che m’inonda. Un richiamo per la vita
Corro a rotta di collo finche’ qualcuno non mi sveglia.
E’ meglio che stia ancora nel mio letto.
Nel mio sogno.
Dorato.
Vero.
Felice della mia libertà’’.
Ho finito il mio racconto.
Resto in silenzio.
Continuo a restare sdraiato sul lettino della mia psicanalista.
La dottoressa Monique Touch e dietro di me, come al solito durante la mia seduta. Ascolta in silenzio. Ogni tanto prende appunti. Qualche volta espone la sua interpretazione del sogno. Applica le teorie freudiane, una tecnica psicologica che consente di interpretare i sogni, e che, applicando questo metodo, ogni sogno si rivela come una formazione psichica densa di significato, che va inserita in un punto determinabile dell’ attivita’ psichica della veglia. Spiega, ogni tanto, che i processi da cui derivano la stranezza e l’ oscurita’ del sogno per dedurre la natura delle forze psichiche dalla cui cooperazione o il contrasto da cui il sogno trae origine.
- In questo sogno, afferma, e’ possibile costatare che i suoi contenuti riportano alla vita normale. Anche questa volta ha sognato cio’ che ha visto, detto, desiderato o fatto, solo un po’ piu’ particolareggiato. Lei come altre volte ha sognato le cose oggetto delle sue piu’ ardenti passioni. Questo pero’ non ci porta a dire, come lei afferma, che e’ un serial killer. Vede anche le descrizioni delle sue azioni cruente, che mi ha raccontato nelle precedenti sedute, talora accompagnate da citazioni, da poesie, da canzoni, musiche, non sono altro che la manifestazione della sua vita intellettuale.. Il suo e’ solo lavoro onirico. Niente di originale. L’ occuparsi del proprio corpo in modo immaginifico e’ caratteristico dei suoi sogni. I suoi si servono di simbolizzazioni gia’ pronte nel pensiero inconscio, perche’ meglio rispondono, per la loro raffigurabilita’ e per lo piu’ anche perche’ esenti da censura, alle esigenze della sua creazione onirica.
Ascolto in silenzio.
In precedenti sedute ho sempre spiegato che non si tratta di sogni ma di realta’. La mia psicanalista ha sempre ribattuto che i fatti da me descritti non sono altro che tipi di sogni che si presentano spesso nel corso delle psicoanalisi e solo di rado fuori di queste.
Sono andato la prima volta dalla dottoressa Monique Touch per comprendere se sia affetto da paranoia, cioe’ da una psicosi cronica caratterizzata da un delirio piu’ o meno, meglio o peggio, sistematizzato. Lei ha sempre ascoltato con attenzione le mie esperienze, affermando che non si tratta altro della conflittualita’ dell’ io borghese in crisi. Sicuramente sogni, fenomeni di espressione che si intricano a tal punto che facilmente li si confonde con la realta’.
Non le ho mai detto di essere stato sempre perseguitato dall’ incredulita’ altrui, anche se l’ ho sempre tenuta in buon conto.
- Peter, mi dice, nel congedarmi, lei non e’ un serial killer. Quando vuole venga a trovarmi per raccontare le sue fantasie oniriche. Si ricordi quello che ha scritto Jean-Paul Sartre, nella “Nausea”: “Ma quando si racconta la vita, tutto cambia, soltanto e’ un cambiamento che nessuno nota: la prova e’ che si parla di storie vere. Come se potessero esserci storie vere; i fatti avvengono in un senso e noi li raccontiamo in senso inverso”.
Lascio lo studio della dottoressa Touch e a piedi mi avvio verso il centro di Castle.
Arrivo all’ Old Cafe’. Mi siedo a un tavolino e accendo un mezzo “Soldati”. Il toscano mi aiuta a riflettere.
Ricordo quello che afferma Michel Foucault: ‘’Il sogno profetico rappresenta l’ alternativa al cammino lineare della filosofia, e’ un’ altra esperienza della stessa verità. Il sogno e’ come la rappresentazione della grazia’’.
Anche io ritengo che il sogno e’ la rappresentazione della grazia, quella eterna che come serial killer dono alle donne.
F. Tistan l’ Hermite, nel suo “La Mariane” fa dire ad Erode “Cio’ che il destino scrive non puo’ essere cancellato…”. Un personaggio dell’ “Adraste”, di L. Ferrier de la Martinière, afferma :”Nel cielo e’ scritta la nostra morte”. Nell’ “Osman” di Tristan l’ Hermite e’ detto:

“Ma in ogni momento, durante il sonno,
il cielo puo’ sconvolgere la nostra mente per darci consigli,
L’ esito del nostro destino
Non sempre e’ determinato dai suoi responsi”.

E ancora Tristan fa dire a uno dei suoi personaggi nella “Mariane”

“Il tal modo ciascuno scopre dormendo
I tratti nascosti della propria indole”

Ma i miei non sono tratti nascosti ma evidenti, molto evidenti, della mia indole. Sono l’ accesso alle profondita’ del mio spirito e le mie azioni sono le coordinate fondamentali che determinano la traiettoria stessa della mia esistenza e di quella delle donne che vengono liberate dalla mia leppa, dalla sua iridescente lama nel culmine del momento piu’ gratificante: l’ amore. Non si tratta di trama di immaginazione, di surrogato della realta’, ma di realta’ che si sostituisce alla immaginazione.
REALTA’.
ASSOLUTA’ REALTA’.
A distrarmi dai miei pensieri quell’ insulsa compilation che esce dagli altoparlanti dell’ Old Cafe’. Dovro’ parlare con mio cugino, proprietario del locale. Non si possono mettere insieme Subsonica, Guccini, Dylan, Armstrong, De Andre’, Giusy Ferreri, Giovanni Allevi, Van Morrison, Negramaro, Morandi. Si salva soltanto per avere infilato uno dietro l’ altro Charlie Parker, Cab Calloway, Bill Evans, Diango Reinhardt&Stephane Grappelli Nuages.
Con la musica non e’ il caso di scherzare. Penso. Faccio un sorrisino poco rilevante.
Con le mie confessioni non e’ il caso di scherzare. Penso. Con calma, direi una calma glaciale. Faccio di nuovo un sorrisino poco rilevante.
Mi faccio portare un caffe’ e un bicchiere d’ acqua minerale con le bollicine. Li bevo uno dopo l’ altro come in un’ unica sorsata. Indugio a contemplare la piazza.
Improvvisamente mi alzo.
Ho deciso.
Tornero’ dalla dottoressa Touch.
Ho trovato il modo per far ricredere la mia psicanalista dalla sua convinzione.
SONO UN SERIAL KILLER.
Dovra’ convincersi.
Non dovra’ piu’ avere dubbi possibili.
Da un fiorista acquisto un mazzolino di fiori.
Arrivo davanti al suo studio alle 20. Dovrebbe essere sola. Il suo ultimo cliente dovrebbe essere andato via da circa un’ ora. E’ molto metodica. Dopo l’ ultimo colloquio resta in studio a pensare ai casi ascoltati. Me lo aveva detto un giorno.
- Oh Peter, come mai di nuovo qui, dice aprendo la porta, mostrandosi sorpresa e manifestando una impercettibile contarieta’.
- Avevo necessita’ di illustrarle ancora un aspetto del mio sogno. Per farmi perdonare per essermi presentato senza appuntamento e fuori orario le ho portato questi.
Sorride nel vedere i fiori e il suo viso si allarga in un sorriso benevolo.
Mi fa entrare.
- Un attimo e sono subito da lei. Il tempo di mettere i fiori in un vasetto.
Si avvia verso il bagno.
La seguo.
Sono alle sue spalle.
Con il pollice e l’ indice esercito una leggera pressione sulla sua giugulare.
E’ una mossa imparata dai monaci in un convento del Tibet.
La manovra serve a far perdere i sensi alle persone. L’ effetto dura pochi minuti.
Le sue ginocchia si piegano a meta’ e la sostengo per impedire che cada nel corridoio e che nel suo corpo si possano trovare segni di caduta.
Trascino il corpo della psicanalista in bagno.
Devo fare in fretta.
Indosso guanti da chirurgo,
Prendo la mia leppa dalla lama affilatissima.
Incido profondamente i polsi della dottoressa fino a recidere le sue arterie.
Il sangue esce a fiotti. Aspetto finche’ il battito del cuore si ferma. Allora metto il coltello a serramanico nella mano sinistra di Monique Touch, che’ e’ mancina. Insceno un suicidio.
Raccolgo i fiori. Infilo i guanti in un sacchetto di carta, Butto tutto in un cassonetto dei rifiuti.
Finito, tutto finito ora.
Mi viene da ridere. Dovra’ per forza credermi ora.
PSICANALISTA SUICIDA NEL SUO STUDIO
Titolano i giornali locali l’ indomani.
Nella cronaca l’ ipotesi del suicidio e’ convalidata dal medico legale che ha esaminato il corpo e non ha rilevato segni che possano far propendere per un omicidio. Un’ amica psichiatra ricorda di avere ricevuto, nei giorni appena trascorsi una sua confidenza: ‘’Sono stressata dal lavoro. I clienti mi stanno uccidendo’’.
La verita’.
Ad avvalorare la tesi del suicidio un appunto, di suo pugno, scritto nell’ agenda appuntamenti proprio il giorno della sua morte:
“La meditazione che feci ieri m’ ha riempito lo spirito di tanti dubbi, che, ormai, non piu’ in mio potere dimenticarli. E tuttavia non vedo in qual maniera potro’ risolverli; come se tutt’a un tratto fossi caduta in un’ acqua profondissima, sono talmente sorpresa, che non posso ne’ poggiare i piedi sul fondo, ne’ nuotare per sostenermi alla superficie’’. (Cartesio, Meditazioni metafisiche, Seconda meditazione).

venerdì 23 gennaio 2009

Torino, "Cinema in citta' per il giorno della Memoria"












CINEMA IN CITTÀ PER IL GIORNO DELLA MEMORIA
Torino, 26 e 27 gennaio 2009

In occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, il Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà organizza il 26 e il 27 gennaio 2009 un programma di proiezioni cinematografiche gratuite in 5 sale cittadine, rivolto alla cittadinanza e alle scuole (per le quali sono già aperte le prenotazioni), curato da Aiace Torino in collaborazione con Agis Piemonte, con il sostegno della Città di Torino e del Consiglio Regionale del Piemonte – Comitato per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana.

I film proposti nella ricorrenza istituita in ricordo del 27 gennaio 1945, giorno in cui vennero abbattuti i cancelli del campo di Auschwitz, offrono al vasto pubblico intergenerazionale uno spunto immediato di riflessione e costituiscono un invito, rivolto soprattutto ai più giovani, a non dimenticare la tragedia della Shoah, lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

I sei titoli in cartellone alternano grandi classici e produzioni recenti. Il 26 gennaio verrà presentata in anteprima nazionale la versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale di L’oro di Roma, il film diretto da Carlo Lizzani nel 1961. La proiezione, organizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, sarà introdotta da Sergio Toffetti, conservatore della Cineteca Nazionale di Roma.

Le successive proiezioni del 27 gennaio – Il falsario - Operazione Bernhard di Stefan Ruzowitzky, La tregua di Francesco Rosi, Arrivederci ragazzi di Louis Malle, Hotel Meina di Carlo Lizzani, Il grande dittatore di Charlie Chaplin – saranno precedute da una presentazione a cura di un critico cinematografico dell’Aiace; gli spettacoli mattutini prevedono la testimonianza di studenti torinesi che hanno partecipato a viaggi-studio nei campi di sterminio nazisti.

L’ingresso a tutte le proiezioni è libero, fino a esaurimento dei posti disponibili.

Per le classi e i gruppi è indispensabile la prenotazione al numero verde
Museiscuol@: 800 55 31 30, dal lunedì al giovedì, ore 9 - 14; venerdì ore 9 -13.
Informazioni al pubblico:
Aiace Torino, tel. 01...
Ufficio stampa AiaceTorino
Giuliana Martinat
tel. 01...
ufficiostampa@aiacetorino.it
Ufficio stampa Museo Nazionale del Cinema
Veronica Geraci
tel. 01... - fax 011 8138558
geraci@museocinema.it

Arrivederci Ragazzi

Hotel Meina

Il falsario






Il grande dittatore










giovedì 22 gennaio 2009


La sorellina Annarita Ruberto mi ha donato due poesie che io volentieri pubblico in questo blog.
La prima dedicata ad un' amica viene presentata dalla stessa Annarita.

''Le amicizie vere hanno una parte così importante nelle vite che si avverte il bisogno, a volte, di esprimere i propri sentimenti al di là delle convenzioni. A questa amica, a questa sorella che è diventata lo specchio di me stessa, ho donato parole''.



PER UN'AMICA

A te
che hai saputo vedere
gli occhi del cielo
consegno la mia ombra
perché tu ne conservi
nitidi i contorni.
Ai cerchi liquidi del tuo pensiero
affido il valore
delle idee coraggiose.
A te
che hai imparato
a liberare la speranza
dal dolore
dono le linee sinuose
dei ricordi paralleli:
con esse aiutami
a tracciare il disegno
del nostro presente

Ecco la seconda, la presentazione e' sempre della sorellina
Ci sono momenti così perfetti, i quali non chiedono altro che diessere vissuti, senza domande, senza dubbi, senza il pensiero deldomani. Una prova dell'amore più intenso è quella di guardare insiemele stesse cose, consapevoli di percepirle in egual maniera, in silenzio.



GIORNO
Lame
di sole
feriscono
la penombra calda
a levante.
Quel che resta
di una notte segreta
toni
ombre
silenzi,
si perde
e si congiunge
a poco a poco
al vago e ancora sfuggente
promettersi di una luce
volubile e vincente.
Lascia vicino al mio
il tuo sguardo
e non dire.


mercoledì 21 gennaio 2009

Nullum esse librum tam male ut non aliqua parte prodesset

’This is the end, the redemption from Wilderness, way for the Wonderer, House sought for All, black handkerchief washed clean by weeping – page beyond Psalm – Last change of mine and Naomi – to God’s perfect Darkness – Death, stay thy phantoms!’’

Sono seduto in soggiorno, leggo Allen Ginsberg e penso come diavolo organizzare le prossime ore.
Squilla il telefono.
La telefonata arriva alle nove del mattina. Non avevo ancora deciso niente.
Il solito rompiscatole penso, alzo la cornetta e rispondo
- Pronto
- Hello Peter, Rosy speaking, I hope you remember me. We met in London, in a seminar Anthony…
Una voce di donna, giovane, direi. Non so perche’ mi immagino una biondina, slavata, magra da far paura.
- Ti ricordi? …dice passando a un buon italiano, molto meglio del mio poor English, ma con un evidente accento esotico.
- Of course I remember you.
Non e’ vero che ricordo questa Rosy ma perche’ deludere una donna che si ricorda di te.
- I’ m in Castle. I would really like to met you
- Ok
Decidiamo di incontrarci a mezzogiorno all’ Old Cafe’, in pieno centro, non lontano dal suo hotel, per un aperitivo e poi andare pranzo in uno dei ristorantini sulla spiaggia della citta’.
Chi sara’ questa Rosy comparsa all’ improvviso nel mio orizzonte di una giornata dedicata alla lettura di un testo di cui dovevo scrivere una recensione per una casa editrice.
Lavoro improbo.
Non avevo voglia di leggere un mattone esoterico. Mi era stato sufficiente arrivare a meta’ della prima pagina per capire di avere colpito nel segno.
Ma niente da fare. Dovevo.
Rosy.
Telefonata salvavita.
Certe volte ti accadono cose fantastiche.
Rosy, fatina benefica, aveva risolto la seccatura.
Rosy?
Chi e’?
Certo mi conosce!
Ha il mio numero di telefono.
Ormai e’ fatta. Avevo accettato al buio un appuntamento da una donna di cui non sapevo nulla. Mi aveva convinto il non avere voglia di continuare a leggere il romanzo ‘’Il viaggio nell’ oceano della notte’’, sulla mitologia occidentale e le maschere di Dio. Dalla prima pagina gia’ catalogato come mattone sull’ indagine della storia dell’ uomo, delle sue radici, dell’ origine del pensiero. Una specie di trama kafkiana che si svolge all’ interno di una vascello immenso, che naviga sull’ oceano in una notte di tempesta. Una storia assurda che non aveva senso anche se veniva letta come una allegoria.
Rosy era arrivata a tempo debito.
Meglio un incontro con una sconosciuta che spararsi nel cervello quel dannato malloppo di storia demenziale.
Arrivo all’ Old Cafe’ mezz’ ora prima dell’ appuntamento. Non amo fare tardi. Mi siedo fuori. Mi allungo sulla poltroncina. In attesa.
Il locale deve molto del suo fascino anche alle vicende che ormai si è lasciato alle spalle; qui Sibilla Aleramo attendeva il suo innamorato seduta ad un tavolo vicino al bancone; con lei, Grazia Deledda, Emilio Lussu, D.H. Lawrence, Gabriele D’Annunzio, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini e Beniamino Gigli, sono solo alcuni dei personaggi illustri che lo hanno frequentato e amato.
Oggi e’ frequentato da giovani.
La musica emessa dagli altoparlanti lo dimostra. E’ una confusa domestica compilation che mischia Bob Dylan con Urricane a i Gun’ N’ Roses con Chinese democracy, Chet Baker, Herbie Ancock, i Negramaro, gli MGMT.
E’ da una vita che lo sostengo: la qualita’ e’ quantificabile. Tutta buona musica, presa singolarmente, ma compilation raffazzonata.
Aspetto.
Mezzogiorno meno un quarto.
Eccola.
Non e’ difficile riconoscerla. E’ l’ unica bionda, dal classico aspetto anglosassone, che indossa, a gennaio, anche se e’ una bella giornata di sole, un completo di lino color crema che mette in risalto l’ abbronzatura. Ha poi un cappellino, sempre crema, che farebbe morire d’ invidia la sua regina.
Non so chi e’. Non la ricordo.
Decisa viene verso di me.
Santo cielo.
Avanza verso di me come una creatura mitologica.
Si ferma davanti a me.
- Ciao Peter, che piacere rivederti, dice nel suo buon italiano con inflessioni inglesi.
Avvicina il suo viso al mio e, con le labbra languidamente protese, mi stampa due baci sulle guancie.
- Anche io sono contento di rincontrarti. Cosa ti posso offrire, il barman prepara dei cocktail pazzeschi.
- Ne voglio subito uno, allora. Cosa mi fai preparare?
- Ci penso io, rispondo cercando di immaginare i suoi gusti.
Chiamo il cameriere e ordino due Negroni.
- Ti piace?
- D’ accordo.
Mentre gusta il Negroni, ricorda che ci siamo conosciuti a Londra nel 2004. Entrambi eravamo nello staff di Anthony Robbins, il guru della next generation, il piu’ grande formatore del mondo, coach tra gli altri di Andre’ Agassi, Bill Clinton.
Nonostante mi sforzi non riesco a ricordarla.
E’ una bella donna. Alta, slanciata, magra, ma non scheletrica. Un po’ forte di culo.
Decidiamo di andare a pranzo. Scarto i ristorantini sulla spiaggia e decido per First Opera’, un locale non molto lontano. Lei prende una tagliata di manzo con patatine fritte, io un ottimo fritto di mare del golfo. Il tutto accompagnato da un rosso Sandalyon.
Durante il pranzo ricordiamo i quattro giorni trascorsi insieme. Il nostro impegno nel fire team, quello preposto a preparare e predisporre le lingue di fuoco per la camminata sui carboni ardenti, la prima importante prova dei partecipanti al seminario di Anthony.
Usciamo.
Camminiano, senza fretta, sotto i portici di Rome Street. Di fronte a noi il mare e il porto di Castle.
- Andiamo a casa tua, dice, voglio vedere dove vive un serial killer e dove tu scrivi le sue fantastiche storie. Sono fantasie?
Silenzio, mio.
Non rispondo.
- Non hai risposto alla mia domanda. Forse sapevi gia’ che te l’ ho avrei chiesto.
- Potrebbe. Come fai a saperlo?
- Perche’ quando l’ ho detto non mi sei sembrato affatto sorpreso.
- Com’ e’ che conosci il serial killer?
- Ho letto le tue storie, storie, in my space, nel tuo blog.
- Vuoi la verita’?
- Si’ per favore.
- Andiamo.
Arrivati in Station Square prendiamo un taxi e ci facciamo portare alla Sun Residence, dove abito.
- Benvenuta nel mio piccolo antro, Rosy. Scuserai il disordine. Non sono ricco e non posso permettermi una collaboratrice domestica che riordini tutti i giorni. Quel che vedi qui e’ l’ espressione della mia personalita’. Libri, libri, tanti, saggi, romanzi. Dischi, cd, molti, classica, jazz, country, etnica, rock. Sono la mia volutta’. Accomodati sul dondolo mentre vado a preparare una tisana. Va bene il karkade’?
La piccola cucina e’ attigua al soggiorno-studio, quindi e’ facile proseguire la nostra conversazione mentre armeggio con bollitore e tisaniera.
- Vivi proprio in un posto meraviglioso. E’ da molto che vivi qui?
- Mi sono trasferito tre anni fa, immediatamente dopo la mia separazione dall’ ultima delle mie mogli.
Rosy mi raggiunge in cucina. Accosta il suo corpo al mio in una improvvisa intimita’.
La guardo.
E’ affascinante.
I suoi occhi sono come di velluto blu. Ha ciglia lunghe e folte.
Mi da un bacetto sulle labbra.
Porta il suo indice sulla bocca come a chiuderla.
- Shhh. Mi sei subito piaciuto quando ti ho conosciuto a Londra, ma eravamo troppo impegnati nel lavoro di staff.
L’ abbraccio e di rimando sono abbracciato.
Una delle mie convinzioni piu’ profonde era che una vita priva di effusioni fisiche, anche ingenue, quasi non valeva la pena di essere vissuta.
Mia madre era stata un vero talento nel toccare, coccolare, nello scompigliare i capelli, nel dare pacche affettuose.
Sorseggiamo il karkade’.
- Ti ho chiamato non solo perche’ voglio sapere del serial killer, ma, soprattutto, per stare con te. Ti ho sempre desiderato, ammette.
Fa una pausa per accendersi una Marlboro Super extra Light.
Due boccate e poi schiaccia la sigaretta nel posacenere per spegnerla.
Si avvicina e mi abbraccia. Con trasporto. Fisicita’.
Un sano appettito sessuale.
Mi bacia con passione. La sua lingua si fa strada tra le mie labbra e va voluttuosamente a cercare la mia lingua e l’ avvolge.
- Senti, pensavo che potremmo andare in camera da letto.
Il suo corpo si fa ancora piu’ attaccato al mio. Le sue labbra sfiorarono lievemente il mio orecchio. Dopo, mentre arriviamo sul letto, comincia a mordicchiarlo.
Ci spogliamo con passione.
I nostri corpi nudi aderiscono, si attorcigliano, si contorcono l’ uno sull’ altro. Ogni parte del mio corpo e toccato da ogni centimetro quadrato del suo. Tutto viene percepito col tatto. Nel fradicio calore del letto ci dimeniamo dolcemente, traendo da ogni movimento nuove ondate di piacere.
Improvvisamente nella sua mano compare una leppa. La sua lama iridescente brilla nella semioscurita’ della stanza.
L' appoggia dolcemente sul mio petto.
La affonda con decisione.
Sorride.
- Amore, delizia, passione, sensualita’, dice.
Faccio per parlare. Dalla mia bocca esce un fiotto di sangue, come ottuse parole. Suoni bassi, inarticolati.
Un giorno sbalorditivo.
Un’ ondata di luce sgargiante.
Uno sprazzo.
Il buio.
La vita e’ cosi!
Mi sveglia lo squillo del telefono.
La telefonata arriva alle nove del mattina.
Il solito rompiscatole penso, alzo la cornetta e rispondo
- Pronto
- Hello Peter, Katherine speaking, I hope you remember me. We met in London, in a seminar Anthony…
- I’ m sorry, I don’t remember you, and I’m not interested in …
Riattacco.
Devo finire di leggere il romanzo ‘’Il viaggio nell’ oceano della notte’’, sulla mitologia occidentale e le maschere di Dio.
Un vero mattone, ma come scriveva Plinio il giovane
‘’Nullum esse librum tam male ut non aliqua parte prodesset’’.